La lettera alla chiesa di Laodicea
LA CHIESA ILLUSA
«All'angelo della chiesa di Laodicea scrivi:
Queste cose dice l'Amen, il testimone fedele e veritiero, il principio della
creazione di Dio:
"Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh, fossi tu pur
freddo o fervente!
Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente, io ti vomiterò
dalla mia bocca.
Tu dici: 'Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!'
Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e
nudo.
Perciò io ti consiglio di comperare da me dell'oro purificato dal fuoco, per
arricchirti; e delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la
vergogna della tua nudità; e del collirio per ungerti gli occhi e vedere.
Tutti quelli che amo, io li riprendo e li correggo; sii dunque zelante e
ravvediti.
Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la
porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me.
Chi vince lo farò sedere presso di me sul mio trono, come anch'io ho vinto e
mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono.
Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese"».
Il termine Laodicea significa “
giustizia al popolo “ oppure “
il popolo parla “, dal solo significato del nome abbiamo una chiara
situazione di quello che sarà il tenore della lettera al messaggero della
chiesa.
Non meno di sei città portavano anticamente il nome di Laodicea; quella di
cui si tratta nell'Apocalisse si chiamava perciò Laodicea sul Lico, perchè
situata sulle rive di quell'affluente del Meandro, ad oriente di Efeso, non
lontano da Colosse e da Ierapoli.
Il nome le era stato dato da Antioco II re di Siria (261-246 A. C.), che
l'aveva riedificata e aveva voluto che ricordasse sua moglie Laodice.
Era una città opulenta, centro di commerci e di banche, celebre per i suoi
tessuti di lana e per la sua scuola di medicina.
Da quel che Paolo dice di Epafra in Colossesi 4:12-13, risulta se non la
certezza, la probabilità che quell'evangelista fosse il fondatore della
chiesa nella sua città natale.
“Epafra, che è dei vostri ed è servo di Cristo Gesù, vi saluta.
Egli lotta sempre per voi nelle sue preghiere perché stiate saldi,
come uomini compiuti, completamente disposti a fare la volontà di Dio.
Infatti gli rendo testimonianza che si dà molta pena per voi,
per quelli di Laodicea e per quelli di Ierapoli.”
(Colossesi 4:12-13)
Paolo che non vi era mai stato, si preoccupa della prosperità di quella
comunità e prescrive ai Colossesi di far leggere ai cristiani di Laodicea
quel, ch'egli scrive a Colosse e di leggere essi stessi la lettera che
verrebbe lor mandata da Laodicea e che si suppone esser l'Epistola circolare
detta in Colossesi 4:16.
“Desidero infatti che sappiate quale arduo combattimento sostengo per voi,
per quelli di Laodicea e per tutti quelli che non mi hanno mai visto di
persona, affinché siano consolati i loro cuori e, uniti mediante l'amore,
siano dotati di tutta la ricchezza della piena intelligenza per
conoscere a fondo il mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale tutti i
tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti.
Dico questo affinché nessuno vi inganni con parole seducenti; perché,
sebbene sia assente di persona, sono però con voi spiritualmente, e mi
rallegro vedendo il vostro ordine e la fermezza della vostra fede in Cristo.
Come dunque avete ricevuto Cristo Gesù, il Signore, così camminate in
lui; radicati, edificati in lui e rafforzati dalla fede, come vi è stata
insegnata, abbondate nel ringraziamento.
Guardate che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vani
raggiri secondo la tradizione degli uomini e gli elementi del mondo e non
secondo Cristo; perché in lui abita corporalmente tutta la pienezza
della Deità; e voi avete tutto pienamente in lui, che è il capo di
ogni principato e di ogni potenza; in lui siete anche stati circoncisi di
una circoncisione non fatta da mano d'uomo, ma della circoncisione di
Cristo, che consiste nello spogliamento del corpo della carne: siete stati
con lui sepolti nel battesimo, nel quale siete anche stati risuscitati con
lui mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti.”
Laodicea fu sede nel 364 del Concilio che fissò il canone biblico quale
l'abbiamo.
Fu distrutta nel 1402 dai Turchi e il villaggio esistente presso alle sue
rovine porta oggi il nome Eski-hissar.
Laodicea era famosa per la sua fiorente scuola medica, specializzata
nella preparazione di due preparati terapeutici:
- la "polvere frigia" (tefra frugia, tefra frighia), un impiastro che
si applicava sugli occhi, esportato sotto forma di morbidi panetti in tutto
il bacino del Mediterraneo;
- un unguento per le orecchie, a base di nardo.
Grazie al volume di affari prodottosi, la città divenne sede di cospicue
operazioni bancarie, era
praticamente la banca della regione, ricca e orgogliosa del benessere
economico raggiunto; aveva persino una propria zecca.
Reperti archeologici rinvenuti a Laodicea indicano che, oltre a Giove, vi si
adoravano anche Esculapio (nome latino del dio greco della medicina Asclepio), Apollo
e gli imperatori.
Nei pressi di Laodicea c'era anche un famoso tempio dedicato al dio lunare
Men Karou, dio primordiale della valle, il cui santuario rappresentava un
centro amministrativo, commerciale e religioso.
In nome di questo dio si teneva un mercato, forse all'interno del cortile
del tempio, presso il quale la gente della valle si incontrava e trafficava.
Nonostante la ricchezza raggiunta, Laodicea per il proprio
approvvigionamento idrico dipendeva dalle sorgenti termali di Ierapoli, distanti
circa 6 miglia a sud della città, e
da quelle di Colosse, a 11 miglia a ovest.
Fonti antiche affermano esplicitamente che l'acqua di Laodicea era piena di
sedimenti minerali (Strabone, Geogr.,
XIII, 4, 14; Vitruvio, De
Architectura, VIII, 3); per tentare di ovviare all'inconveniente, gli
ingegneri romani installavano dei filtri che limitavano l'accumulo di
calcare, evitando che le tubature si otturassero.
Per ridurre al minimo le probabilità che queste scoppiassero, si cercava di
dare al flusso idrico una velocità uniforme, con vari sistemi di
incanalamento e trasporto, come la creazione di archi.
L'acqua bollente proveniente dalle fonti di Ierapoli si
intiepidiva durante il percorso verso Laodicea, ma i depositi calcarei che
conteneva le davano un sapore sgradevole.
L'acqua con carbonato di calcio ha un cattivo sapore e ha prosperità
emetiche.
Viceversa, le fresche acque sorgive di Colosse, provenienti dal vicino monte
Cadmo, quando raggiungevano Laodicea, avevano perso la freschezza e quindi
erano prive delle loro proprietà dissetanti.
Il termine greco, zestoj (zestos) significa "caldo", "bollente".
La parola si riferisce pertanto all'acqua che sgorga dalle fonti termali, la
cui temperatura generalmente si aggira intorno ai 95° e più.
“«All'angelo della chiesa di Laodicea scrivi:
Queste cose dice l'Amen, il testimone fedele e veritiero, il principio della
creazione di Dio…”
L'aggettivo ebraico amen, vale 'fermo, saldo, quindi in senso morale
fedele', VERITA’ DI DIO.
Usato come avverbio significa: 'in
verità,' e sotto la forma 'amen,
amen' lo si incontra 25 volte nel Vangelo di Giovanni.
Qui l'Amen esprime in forma ebraica la stessa idea del
'testimone fedele e verace';
Cristo è la verità, incrollabile, la fedeltà assoluta, personificata.
Già in Apocalisse 1:5 è chiamato 'il
fedel testimone'.
La testimonianza che sta per dare riguardo allo stato della chiesa di
Laodicea non sarà piacevole, ma sarà conforme a verità.
L'espressione il principio della creazione di Dio (ἡ
αρχη της κτισεως τ. θ.) è stata intesa dagli ariani e dai razionalisti nel
senso di 'prima creatura' di Dio o 'capolavoro' della creazione; ma questo
senso non risponde al concetto che ci è dato di Cristo nel messaggio a
Laodicea e, in genere, nell'Apocalisse e negli altri scritti del Nuovo
Testamento.
Se Cristo fosse una semplice creatura, come mai sarebbe l'Amen, come
possederebbe l'onniscenza presupposta nel
'conosco le tue opere', come
sarebbe la fonte d'ogni bene spirituale Apocalisse 3:18, come sarebbe
presente quale educatore e gioia di ogni fedele Apocalisse 3:20, come loro
giudice Apocalisse 3:16, come partecipe della potenza divina del Padre?
Se fosse una semplice creatura come sarebbe Egli l'alfa e l'omega, il
principio e la fine, il primo e l'ultimo, e come sarebbe Egli adorato da
tutte le creature? (Cfr. Apocalisse 1:5-7; 5:11-14; 22:1-21).
Se invece intendiamo la parola principio in senso attivo, viene a
significare che Cristo è anteriore alla creazione e n'è l'originatore, la
causa efficiente o, per dirla con Giovanni, è Colui ch'era nel principio con
Dio e per mezzo del quale è stata fatta ogni cosa (Giovanni 1:1-3; Cfr.
Colossesi 1:15-17; 2:9; Ebrei 1).
Come tale egli ha il potere di adempiere ogni promessa ed anche ogni
minaccia contenuta nel suo messaggio.
"Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh, fossi tu pur
freddo o fervente!
Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente, io ti vomiterò
dalla mia bocca.
“Io conosco”, questa dichiarazione
che traduce in parole il senso del simbolo degli occhi simili ad una fiamma
di fuoco, è ripetuta letteralmente, o in termini equivalenti, al principio
di ognuna delle lettere.
Il concetto di “opere”, riferito alla chiesa, racchiude il risultato della
fede operante degli appartenenti, sarebbe insensato parlare della “fede”
della chiesa; la fede è del singolo e si traduce in “opere”.
In tutta la Parola di Dio non abbiamo un esempio di fede fine a se stessa
che non si traduce in “fede operante”.
'Esser freddo è lo stato dell'uomo naturale, inconvertito, estraneo
alla vita dello Spirito di Dio; essere fervente è l'essere penetrato
interamente dal fuoco dello Spirito che santifica per Dio gli affetti più
ardenti Romani 12:11.
Il tiepido è colui che conosce il Vangelo, ma che i mezzi di grazia, l'amore
infinito del Salvatore non son riusciti a strappare al mondo e a se stesso.
Non v'è nè zelo nè entusiasmo nel suo cristianesimo.
Non è contrario alla religione, ma non è neppure acceso di ardore per la
verità, di amore per Dio e per i suoi simili: si adagia nella mediocrità di
un cuore diviso.
Oh fossi tu pur freddo o fervente!
S'intende il vivo desiderio del Signore che la chiesa diventi fervente; il
voto ch'essa sia piuttosto fredda che tiepida si spiega col fatto
d'esperienza che v'è maggior speranza di chi ignora il Vangelo, o vi è
contrario perchè lo conosce male, che non di chi, dopo averlo conosciuto,
sia rimasto tiepido.
Un Saulo può esser nella sua ignoranza, un persecutore, ma quando Cristo si
rivela all'anima sua sincera, si arrende, e diventa un ardente apostolo.
Come l'acqua tiepida provoca il
vomito, così la tiepidezza spirituale e morale di fronte all'amore
infinito di Colui che diede la propria vita per gli uomini, provoca nel cuor
di lui ripugnanza e disgusto.
Il giudizio minacciato alla chiesa tiepida, se non si pente, comprende la
reiezione di essa, in epoca più o meno lontana, e la condanna dei singoli
suoi membri restati indifferenti e soddisfatti di se stessi.
Cfr. Matteo 6:24; 12:30: 'Chi non è
con me è contro di me'; Giacomo 4:4:
'Chi vuol essere amico del mondo si
rende nemico di Dio'.
Il cristiano deve crescere nella grazia e manifestare con sempre maggior
costanza il frutto dello Spirito ( cfr Galati 5:22-24 ).
Se questo non avviene non si deve presumere che siano “normale”, è anomalo e
scandaloso!
Il rischio di abbandonarsi a questo stato è l’essere vomitato dalla bocca di
Dio.
Gesù dice che nel giorno della “resa dei conti” si presenteranno a Lui molti
illusi che Lui chiama “malfattori”:
«Guardatevi dai falsi profeti i
quali vengono verso di voi in vesti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci.
Li riconoscerete dai loro frutti. Si raccoglie forse uva dalle spine,
o fichi dai rovi? Così, ogni albero buono fa frutti buoni, ma l'albero
cattivo fa frutti cattivi.
Un albero buono non può fare frutti cattivi, né un albero cattivo fare
frutti buoni.
Ogni albero che non fa buon frutto è tagliato e gettato nel fuoco.
Li riconoscerete dunque dai loro frutti.
«Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi
fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Molti mi diranno in quel giorno: "Signore, Signore, non abbiamo noi
profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo
molte opere potenti?" Allora dichiarerò loro: "Io non vi ho mai conosciuti;
allontanatevi da me, malfattori!"
(Matteo 7:15-23)
“Tu dici: 'Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!'
Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e
nudo.”
La convinzione del presunto stato di Laodicea, viene da quello che essa
stessa dice di sé.
La Parola di Dio invece dice: “Non ti
stimare savio da te stesso, temi il Signore e allontanati dal male.”
(Proverbi 3:7)
“Non vi stimate saggi da voi stessi.”
(Romani 12:16)
“Infatti se uno pensa di essere qualcosa pur non essendo nulla, inganna
se stesso. Ciascuno esamini invece l'opera propria; così avrà
modo di vantarsi in rapporto a se stesso e non perché si paragona agli
altri.”
(Galati 6:3)
La sua forza è nella sua presunta ricchezza, come di una persona illusa di
essere miliardaria, questo stato di illusione è penoso, in quanto nel
momento di “usare” questa presunta ricchezza realizzerà il suo profondo
stato di miseria.
Giacomo nella sua lettera esorta così i fratelli:
“Ma mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto,
illudendo voi stessi.
Perché, se uno è ascoltatore della parola e non esecutore, è simile a un
uomo che guarda la sua faccia naturale in uno specchio; e quando si è
guardato se ne va, e subito dimentica com'era.
Ma chi guarda attentamente nella legge perfetta, cioè nella legge della
libertà, e in essa persevera, non sarà un ascoltatore smemorato ma uno che
la mette in pratica; egli sarà felice nel suo operare.”
( Giacomo 1:22-25 )
Questo versetto spiega il perché viene detto della infelicità di Laodicea.
Pietro invece spiega il concetto di cecità spirituale:
“La sua potenza divina ci ha donato tutto ciò che riguarda la vita e la
pietà mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la propria
gloria e virtù.
Attraverso queste ci sono state elargite le sue preziose e grandissime
promesse perché per mezzo di esse voi diventaste partecipi della natura
divina dopo essere sfuggiti alla corruzione che è nel mondo a causa della
concupiscenza.
Voi, per questa stessa ragione, mettendoci da parte vostra ogni impegno,
aggiungete alla vostra fede la virtù; alla virtù la conoscenza; alla
conoscenza l'autocontrollo; all'autocontrollo la pazienza; alla pazienza la
pietà; alla pietà l'affetto fraterno; e all'affetto fraterno l'amore.
Perché se queste cose si trovano e abbondano in voi, non vi renderanno né
pigri, né sterili nella conoscenza del nostro Signore Gesù Cristo.
Ma colui che non ha queste cose, è cieco oppure miope, avendo
dimenticato di essere stato purificato dei suoi vecchi peccati.
Perciò, fratelli, impegnatevi sempre di più a render sicura la vostra
vocazione ed elezione; perché, così facendo, non inciamperete mai.
In questo modo infatti vi sarà ampiamente concesso l'ingresso nel regno
eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.”
(2 Pietro 1:3-11)
Questo passo di Pietro ci spiega l’errore della chiesa di Laodicea e
l’errore che ancora oggi viene vissuto in molte chiese.
1)
La Potenza divina ci ha donato, mediante la conoscenza di Colui che ci ha
chiamati con la propria gloria e virtù:
-
Tutto ciò che riguarda la vita e la pietà
2)
Attraverso la vita e la pietà ci sono state elargite le Sue promesse per
mezzo delle quali diventiamo partecipi della natura divina dopo essere
sfuggiti alla corruzione
3)
Noi, forti di questa posizione in Cristo siamo chiamati, con tutto il nostro
impegno, ad aggiungere:
-
Fede, Virtù, Conoscenza, Autocontrollo, Pazienza, Pietà, Amor fraterno,
Amore in questa esatta sequenza;
Queste cose, nella esatta sequenza ( e non invertendo i valori ) non ci
renderanno né pigri e né sterili ( infruttosi ) nella conoscenza di Gesù
Cristo.
Lo stato della chiesa di Laodicea deriva probabilmente dal fatto che si era
fermata al punto 2, credendosi ricca, arricchita e pienamente appagata,
rinunciando di fatto al processo di santificazione in quanto presumibilmente
ottenuto al punto 2.
La ragione profonda della tiepidezza
sta nel fatto che i cristiani di Laodicea non hanno coscienza della loro
miseria e sono soddisfatti di sè.
Sono come il debitore della parabola che ama poco perchè non ha più
coscienza della grandezza del debito condonatogli Luca 7:41-50.
Laodicea non ricorda più il suo peccato, ha dimenticato le angosce del
pentimento e le gioie del perdono.
Non ha se non una nozione vaga ed imperfetta dell'altezza dell'ideale
cristiano; quindi è contenta del suo semi-cristianesimo, della sua
mediocrità spirituale.
Io son ricco,
dice, e s'intende di beni spirituali, e
non ho bisogno di nulla.
Probabilmente l'abbondanza di beni materiali aveva contribuito ad
affievolire il senso morale; perciò non sente quanto sia lontana dall'essere
quel che dovrebbe.
Sono le chiese più progredite spiritualmente che sentono più vivamente le
loro lacune e deficienze. Laodicea s'illude grossolanamente.
Così Corinto che tollerava un incestuoso e criticava l'apostolo, è
flagellata per il suo orgoglio: «Già
siete saziati, già siete arricchiti, senza di noi siete giunti a
regnare... Noi siamo pazzi a cagione di Cristo, ma voi siete savi, noi siamo
deboli, ma voi siete forti, voi siete gloriosi e noi sprezzati...» (1
Corinzi 4:8; 13:1)
Il Signore flagella l'orgoglio di Laodicea rappresentata dal suo conduttore:
Non sai che tu sei l'infelice per eccellenza, il miserabile
che fa compassione perchè povero di veri beni, cieco riguardo al tuo proprio
stato e nudo spiritualmente agli occhi di Dio.
“Perciò io ti consiglio di comperare da me dell'oro purificato dal fuoco,
per arricchirti; e delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la
vergogna della tua nudità; e del collirio per ungerti gli occhi e vedere.”
C'è dell'ironia in questo consiglio.
Solo Cristo può dare a Laodicea i veri beni di cui ha necessità.
Cristo l'esorta a comprare da lui questi beni, non perchè l'uomo ch'è
bisognoso abbia di che pagare dei beni spirituali di valore infinito, ma
perchè l'uomo deve pur soddisfare a certe condizioni morali senza le quali
le ricchezze della grazia divina non possono essergli donate.
Prima fra queste condizioni è quella di sentir la propria povertà: «Beati
i poveri in ispirito...».
Chi sente la sua miseria è disposto a ricevere con fede e riconoscenza quel
che può soddisfare pienamente i suoi bisogni ed è qui rappresentato dall'oro
affinato.
Oro purificato dal fuoco,
quell’oro che è passato attraverso quel processo di purificazione di cui
parla Paolo:
“Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come esperto architetto, ho
posto il fondamento; un altro vi costruisce sopra. Ma ciascuno badi a come
vi costruisce sopra; poiché nessuno può porre altro fondamento oltre a
quello già posto, cioè Cristo Gesù.
Ora, se uno costruisce su questo fondamento con oro, argento, pietre di
valore, legno, fieno, paglia, l'opera di ognuno sarà messa in luce; perché
il giorno di Cristo la renderà visibile; poiché quel giorno apparirà come un
fuoco; e il fuoco proverà quale sia l'opera di ciascuno.
Se l'opera che uno ha costruita sul fondamento rimane, egli ne riceverà
ricompensa; se l'opera sua sarà arsa, egli ne avrà il danno; ma egli stesso
sarà salvo; però come attraverso il fuoco.”
(1 Corinzi 3:10-15)
“…e delle vesti bianche affinchè tu ti vesta e non apparisca la vergogna
della tua nudità.”
Sotto una diversa immagine, Cristo offre qui gli stessi beni rappresentati
dall'oro.
A chi è spiritualmente povero, Cristo offre dell'oro puro; a chi è
spiritualmente nudo Cristo offre delle mesti bianche per coprir la
sua nudità.
In Apocalisse 3:4-5 le vesti bianche rappresentano la gloria della
perfezione di cui saranno coperti coloro che avranno vinto con Cristo.
Così in Apocalisse 7:9,14.
In Apocalisse 19:8 il lino fino di cui è vestita la sposa di Cristo
'sono le opere giuste dei santi'.
Qui, se si vuol specificare, rappresenterebbero piuttosto le vesti del
perdono divino che coprono le vergogne del peccato, o le virtù cristiane
procedenti da un cuor rinnovato e che tolgono l'onta di una vita inutile,
egoista., spoglia di ogni bene morale.
Anche questo procede da Cristo che comunica all'anima una vita nuova.
“…e del collirio per ungertene gli occhi, affinchè tu vegga.”
Laodicea era conosciuta per un unguento speciale da applicare sugli occhi.
Il collirio rappresenta qui lo spirito di verità che fa l'uomo capace
di conoscere il suo vero stato innanzi a Dio, e gli rivela Cristo qual
perfetto Salvatore. Cfr. Giovanni 14:26; 16:8-15;1Giovanni 2:20-27.
“Tutti quelli che amo, io li riprendo e li correggo; sii dunque zelante e
ravvediti.”
La severità rivolta a Laodicea non procede da risentimento o da odio, come
potrebbe sembrare; ma procede dall'amore di Cristo che adopera ogni mezzo,
anche i più severi, per salvare le anime.
Cristo agisce come un padre che vuole il bene dei suoi figli. Cfr. Proverbi
3:11-12; Ebrei 12:5-16.
Il riprendere (ελεγχειν) è il rappresentare ad uno il suo torto in
modo da convincerlo; castigare (παιδευω) vale propriamente 'educare
dei fanciulli' sottoponendoli alla necessaria disciplina che comprenda la
riprensione, ma si estende anche ai castighi.
All'amorevole per quanto severa disciplina del Signore, i Laodicesi devono
rispondere col loro zelo e col ravvedimento.
Si potrebbe tradurre: 'spiega fervore e ravvediti', perchè il verbo
ha la stessa radice dell'aggettivo tradotto 'fervente' a Apocalisse 3:15.
L'interno ardore di amore che si traduce in zelo nelle opere è appunto quel
che fa difetto a Laodicea.
Il ravvivare lo zelo sarà di necessità accompagnato dal ravvedimento
rispetto alla triste tiepidezza mostrata fin qui.
Sii dunque zelante!
Quello che mancava era lo zelo.
Cos’è lo zelo?
E’ quell’impegno instancabile sostenuto da una forte passione ed entusiasmo.
Ravvediti.
Ravvedimento,
nella
teologia cristiana, traduce il termine greco μετανοια, che
significa "trasformazione della mente", e che è spesso usato nella
Septuaginta per tradurre il termine tardo
ebraico nacham.
Definito in questo modo, "ravvedimento" potrebbe apparire qualcosa di
esclusivamente intellettuale. Non è così, in quanto gli scrittori della
Bibbia erano fortemente consapevoli dell'unità della personalità
umana.
"Trasformare la mente" era essenzialmente modificare il nostro atteggiamento
e così, almeno in principio, cambiare il nostro modo di agire e l'intero
modo di vivere.
Il ravvedimento è un principio importante nella predicazione biblica (Geremia
25, 1-7;
Marco
1,15;
Marco
6,12;
Luca
1,16 e sgg.;
Atti
2,38 ecc.).
Un brano dell'Antico
Testamento che non usa questa parola, esprime bene il suo
significato: "Chi copre le sue colpe non prospererà, ma chi le confessa e le
abbandona otterrà misericordia" (Proverbi
28,13).
Il ravvedimento è un aspetto della
conversione, l'altro è la
fede.
Essi sono due aspetti di un'unica esperienza, quella in cui un uomo o una
donna abbandona ciò che
Dio considera
peccato e si affida completamente a
Cristo.
L'iniziale ravvedimento dovrebbe condurre alla rinuncia abituale al
peccato.
Il ravvedimento, propriamente detto, non dovrebbe essere confuso con la
penitenza, termine che spesso, nelle versioni cattoliche romane della Bibbia
traduce lo stesso μετανοια.
L'idea che penitenza
suggerisce è, infatti, più l'esecuzione di atti prescritti dalla
Chiesa per espiare peccati post-battesimali, ma quest'idea non
trova riscontro come tale nel
Nuovo Testamento, ma fa parte di un'evoluzione posteriore del
concetto. (Fonte Wikipedia)
“Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la
porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me.”
Non vi è nelle sette lettere, alcuna immagine che abbia più di queste
carattere intimo, individuale e commovente.
Il Signore non esorta soltanto a pentimento; fa di più, si accosta ad ogni
individuo e cerca di entrar nel suo cuore; si presenta perciò umilmente alla
porta del cuore e picchia: picchia cogli inviti della sua Parola e del suo
Spirito, picchia anche colle sue riprensioni facendo appello alla libertà,
alla responsabilità, alla sete di pace e di felicità di ogni persona.
Se uno presta ascolto alla voce di Cristo e lo accoglie con fede come
Salvatore ed amico, egli gusta le gioie della comunione personale col
Signore.
Cristo che si è abbassato fino alla croce per salvarci, si abbassa pure fino
a picchiare alla porta del cuore degli inconvertiti e dei tiepidi, chiedendo
d'entrarvi.
Si noti che egli picchia alla porta e aspetta la risposta; non, la sfonda a
forza, perchè non salva nessuno contro al suo volere.
Egli rispetta la libertà umana.
Tocca all'uomo, anzi ad ogni individuo ( visto che la salvezza è cosa
individuale ) il dare ascolto alla voce che lo chiama, tocca all'uomo aprire
la porta del cuore al Salvatore.
Solo allora godrà della comunione personale e beata col Datore di ogni bene,
sarà da Lui reso vittorioso e fatto partecipe della Sua celeste gloria.
Queste gioie sono rappresentate qui dal cenare insieme, il che,
specialmente, in Oriente, è segno d'amicizia. Cfr. Giovanni 14:23, e le
parabole che rappresentano le gioie celesti sotto l'immagine d'un convito.
“Chi vince lo farò sedere presso di me sul mio trono, come anch'io ho vinto
e mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono.”
L'ultima delle promesse fatte a
chi vince nei messaggi di Cristo alle chiese è una delle più gloriose
contenute nell'Apocalisse, poichè assicura a chi riporta la vittoria
lottando contro al peccato, al mondo e a Satana, la partecipazione alla
potestà regale ed alla gloria celeste del Figliuol di Dio.
Che cosa ciò implichi esattamente, la mente nostra non può per ora
comprenderlo.
Certo si è che, sotto diverse forme, una tal promessa s'incontra spesso
nelle Scritture:
“Or voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; e io
dispongo che vi sia dato un regno, come il Padre mio ha disposto che fosse
dato a me, affinché mangiate e beviate alla mia tavola nel mio regno, e
sediate su troni per giudicare le dodici tribù d'Israele.”
(Luca 22:28-30)
“Se siam costanti, con lui altresì regneremo.”
(2 Timoteo 2:12)
“E Gesù disse loro: «Voi certo berrete il calice che io bevo e sarete
battezzati del battesimo del quale io sono battezzato; ma quanto al sedersi
alla mia destra o alla mia sinistra, non sta a me concederlo, ma è per
quelli a cui è stato preparato»”
(Marco 10:39-40)
“Beato e santo è colui che partecipa
alla prima risurrezione.
Su di loro non ha potere la morte seconda, ma saranno sacerdoti di Dio e di
Cristo e regneranno con lui quei mille anni.”
(Apocalisse 20:6)
“Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese.”
L’avvertimento finale, presente in tutte le lettere alle sette chiese,
richiama l’attenzione di chiunque è in grado di ascoltare, pertanto va oltre
i destinatari della singola chiesa alla quale è indirizzato il messaggio.
Ciascun messaggio esprime il pensiero di Cristo di fronte allo stato
particolare della chiesa cui è rivolto; ma ognuno che abbia orecchio per
udire cose spirituali, saprà applicare al proprio stato gli incoraggiamenti,
le esortazioni, i biasimi e le promesse contenute nella varie lettere.
I messaggi sono parola di Cristo: “
Queste cose dice Colui… “ e sono ugualmente Parola dello Spirito Santo:
“ ciò che lo Spirito dice alle chiese
“.
Le chiese d'Asia del primo secolo sono un tipo compiuto della Chiesa
universale in tutti i tempi e in tutti i luoghi.
La voce di Gesù domina tutti i secoli della storia e la storia spirituale
dei primi tempi si ripete in tutti i tempi.
Ecco dunque, nei messaggi alle sette chiese, un quadro del passato che serve
di ammonimento per l'avvenire.
Ecco uno specchio nel quale ogni chiesa ed ogni anima può specchiarsi.
1.
Quelli che nelle sette chiese d'Asia vedono caratterizzate profeticamente le
varie epoche successive della Chiesa, trovano una singolare rispondenza tra
lo stato della chiesa di Laodicea e quello della chiesa cristiana dei nostri
tempi.
Non c'è nella maggioranza di coloro che si professano cristiani nè ignoranza
completa del vangelo, nè opposizione ad esso: non sono freddi.
Ma non c'è neppure una fede personale vivente, una fiamma d'amore che arda
nel cuore per Cristo e per gli uomini, una energia decisa ed attiva nel
testimoniar della verità, nello spargerla, nel crescer in conoscenza e in
pietà, nel combattere il male in sè e negli altri, nel procurare il bene dei
fratelli e di tutti: non sono ferventi.
C'è invece un mezzo cristianesimo e una vita anemica: sono tiepidi.
Non c'è stata nè una profonda coscienza di peccato, nè un radicale
pentimento; c'è stata, una mezza conversione seguita da una mezza
consacrazione che non ha toccato gl'interdetti del cuore nè determinato veri
rinunce da fare; c'è stata quindi una debole esperienza della grazia e un
amore senza calore, una vita senza ideale alto, paga della sua mediocrità,
incosciente delle proprie lacune, senza entusiasmi e senza ardore di zelo.
Una tale tiepidezza da al mondo un'idea falsa del cristianesimo, non rende
felice chi vi si adagia, e ispira a Colui che ha dato se stesso per noi con
abnegazione intera, un senso di nausea e di disgusto.
2.
Per quanto ripugni all'anima di Cristo la tiepidezza orgogliosa di Laodicea,
pure Egli non l'abbandona a se stessa, ma nel suo amore infinito la riprende
severamente per trarla a salvezza, squarciando le illusioni in cui trascina
la vita:
-
Ti credi buon cristiano e non vedi che ti manca tutto per esserlo.
-
Ti manca la conoscenza di te stesso, la sete di giustizia, la fede, il cuor
nuovo, l'amore, lo zelo.
Tutto questo lo potrai aver gratuitamente da me e da me soltanto, se scuoti
1a tua pigrizia, se riconosci la tua miseria, e ti penti sul serio.