La lettera alla chiesa di Tiatiri
LA CHIESA DELLA TOLLERANZA E DEL COMPROMESSO
«All'angelo della chiesa di Tiatiri
scrivi:
Queste cose dice il Figlio di Dio,
che ha gli occhi come fiamma di fuoco, e i piedi simili a bronzo
incandescente:
"Io conosco le tue opere, il tuo
amore, la tua fede, il tuo servizio, la tua costanza; so che le tue ultime
opere sono più numerose delle prime.
Ma ho questo contro di te: che tu
tolleri Iezabel, quella donna che si dice profetessa e insegna e induce i
miei servi a commettere fornicazione, e a mangiare carni sacrificate agli
idoli.
Le ho dato tempo perché si
ravvedesse, ma lei non vuol ravvedersi della sua fornicazione.
Ecco, io la getto sopra un letto di
dolore, e metto in una grande tribolazione coloro che commettono adulterio
con lei, se non si ravvedono delle opere che ella compie.
Metterò anche a morte i suoi figli; e
tutte le chiese conosceranno che io sono
colui che scruta le reni e i cuori, e darò a ciascuno di voi
secondo le sue opere.
Ma agli altri di voi, in Tiatiri, che
non professate tale dottrina e non avete conosciuto le profondità di Satana
(come le chiamano loro), io dico: Non vi impongo altro peso.
Soltanto, quello che avete, tenetelo
fermamente finché io venga.
A chi vince e persevera nelle mie
opere sino alla fine, darò potere
sulle nazioni, ed egli le
reggerà con una verga di ferro e le frantumerà come vasi d'argilla,
come anch'io ho ricevuto potere dal Padre mio; e gli darò la stella del
mattino.
Chi ha orecchi ascolti ciò che lo
Spirito dice alle chiese".
APOCALISSE 2:18-29
La città di Tiatiri (
oggi Akhissar ), era situata a circa 30 Km a sud est da Pergamo,
nell’interno della regione, nella valle di Lico su una via rivolta a sud est
che conduce a Sardi, Filadelfia e Laodicea ed era una città molto piccola.
Era celebre per la
produzione di stoffe di colore porpora, colore della regalità e del
sacerdozio.
Vi era un tempio
dedicato ad Apollo come “dio sole” sotto il soprannome di Trymnos, vi si
offriva anche il culto ad Artemide ( Diana ), come del resto in tutta l’asia
minore.
Lidia, la prima
cristiana d’Europa, battezzata da Paolo a Filippi, venditrice di porpora era
originaria di Tiatiri:
Perciò, salpando da Troas, puntammo
diritto su Samotracia, e il giorno seguente su Neapolis; di là ci recammo a
Filippi, che è colonia romana e la città più importante di quella regione
della Macedonia; e restammo in quella città alcuni giorni.
Il sabato andammo fuori dalla porta,
lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse un luogo di preghiera; e sedutici
parlavamo alle donne là riunite.
Una donna della città di Tiatiri,
commerciante di porpora, di nome Lidia, che temeva Dio, ci
stava ad ascoltare. Il Signore le aprì il cuore, per renderla attenta alle
cose dette da Paolo.
Dopo che fu battezzata con la sua
famiglia, ci pregò dicendo: «Se avete giudicato ch'io sia fedele al Signore,
entrate in casa mia, e alloggiatevi». E ci costrinse ad accettare.
Mentre andavamo al luogo di
preghiera, incontrammo una serva posseduta da uno spirito di divinazione.
Facendo l'indovina, essa procurava molto guadagno ai suoi padroni.
Costei, messasi a seguire Paolo e
noi, gridava: «Questi uomini sono servi del Dio altissimo, e vi annunciano
la via della salvezza».
Così fece per molti giorni; ma Paolo,
infastidito, si voltò e disse allo spirito: «Io ti ordino, nel nome di Gesù
Cristo, che tu esca da costei».
Ed egli uscì in quell'istante.
(Atti 16:11-18)
All'angelo della chiesa di Tiatiri scrivi:
Queste cose dice il Figlio di Dio, che ha gli occhi come fiamma di fuoco, e
i piedi simili a bronzo incandescente:
Gesù si presenta al
messaggero della chiesa di Tiatiri come:
-
il Figlio di Dio, ovvero come Colui
che ha una stirpe divina e perfetta, senza peccato ( da contrapporre ai
figli nati da fornicazione ), questa presentazione fa supporre evidentemente
che la chiesa aveva necessità di ritrovare la vera autorità spirituale
e doveva essere purificata, forse aveva perso il concetto dell’ordine
di Dio:
Siate santi, perché io sono santo
( 1 Pietro 1:16 );
-
Colui che ha gli occhi
come fiamma di fuoco, ovvero Colui che tutto conosce e prova i cuori fino in
fondo e nulla è nascosto al Suo sguardo.
I suoi occhi come fiamma di fuoco
sono l’emblema della onniscienza che tutto investiga e tutto penetra, nei
cuori e nelle chiese, e che denunzia e folgora tutto ciò che non è santo e
buono.
Abacuc 1:13 dice:” Tu hai gli occhi
troppo puri per sopportare la vista del male “.
-
Colui che ha i
piedi simili a bronzo incandescente, in tutta la persona splende la gloria del Figliuol
dell'uomo, ovvero Colui che ha camminato per un tempo fra noi ed è stato
provato come un metallo nella fornace ed è stato trovato puro, il rame ci
parla del giusto giudizio di Dio che è passato su di Lui ed è ora pienamente
capace di giudicare il male.
Io conosco le tue opere, il tuo amore, la tua fede, il tuo servizio, la tua
costanza; so che le tue ultime opere sono più numerose delle prime.
“Io conosco”, questa dichiarazione che traduce in
parole il senso del simbolo degli occhi simili ad una fiamma di fuoco, è
ripetuta letteralmente, o in termini equivalenti, al principio di ognuna
delle lettere.
Io conosco le tue
opere:
Come abbiamo visto
precedentemente le opere sono la prova della fede, e queste non mancavano.
Anzi vedremo che non
solo non mancavano, ma erano progressivamente cresciute, almeno in numero.
Il concetto di “opere”,
riferito alla chiesa, racchiude il risultato della fede operante degli
appartenenti, sarebbe insensato parlare della “fede” della chiesa; la fede è
del singolo e si traduce in “opere”.
In tutta la Parola di
Dio non abbiamo un esempio di fede fine a se stessa che non si traduce in
“fede operante”.
E’ sicuramente vero che
nessuno sarà salvato per le opere, ma senza le opere siamo sicuri di essere
salvati?
Ovvero senza una vera
fede che si traduce in un diverso modo di vivere, che si concretizza in
opere che dimostrano la fede, siamo sicuri di avere la fede autentica?
Io conosco il tuo
amore:
A differenza della
chiesa di Efeso, che aveva perso il primo amore, questo non sembra essere
successo alla chiesa di Tiatiri.
Io conosco la tua
fede:
La chiesa di Tiatiri
nutriva fede, una fede sicuramente vera, quella fede che fa vivere il
cristiano e gli permette di camminare ( operare ) alla luce di Dio!
Io conosco il tuo
servizio:
Anche il servizio era
presente, i doni di governo venivano esaltati e ben coordinati.
Io conosco la tua
costanza:
In tutto questo, la
chiesa di Tiatiri si dimostrava costante, non soffriva di “alti e bassi”.
La costanza è la
perseveranza nel sopportare senza stancarsi.
Molte volte il servizio
è caratterizzato dalle lamentele, senza nessuna costanza, si inizia con
entusiasmo ma presto si ritorna a trascinarsi dietro lamentele continue.
Ciò che rende costante
il lavoratore è la retribuzione che riceverà per il suo lavoro, se noi non crediamo che un
giorno mieteremo, saremo
sicuramente scoraggiati nel nostro
seminare.
Non vi ingannate; non ci si può
beffare di Dio; perché quello che l'uomo avrà seminato, quello pure mieterà.
Perché chi semina per la sua carne,
mieterà corruzione dalla carne; ma chi semina per lo Spirito mieterà dallo
Spirito vita eterna.
Non ci scoraggiamo di fare il bene; perché, se non ci stanchiamo, mieteremo a suo tempo.
(Galati 6:7-9)
Io conosco che le
tue ultime opere sono più numerose
delle prime:
Come abbiamo già visto,
le opere della chiesa di Tiatiri erano in progressione positiva, non aveva
“perso il primo amore” come era successo alla chiesa di Efeso.
Dall’esame che Gesù fa
del messaggero della Chiesa di Tiatiri si rileva che:
-
Le opere dimostravano
la sua fede sincera e genuina;
-
Il suo amore lo
identifica come vero cristiano;
-
La sua fede era la
forza motrice delle sue opere e dell’amore;
-
Il suo servizio (
diakonia ) dimostrava una attenta cura pratica verso i fratelli;
-
La sua costanza
dimostrava il coraggio e la capacità di sopportare le difficoltà;
-
Le sue opere erano in
crescendo.
Cosa dire di una Chiesa
così?
Eppure nonostante
queste dimostrazioni di una vera condotta cristiana, vi era un problema.
Ma ho questo contro di te: che tu tolleri Izebel, quella donna che si dice
profetessa e insegna e induce i miei servi a commettere fornicazione, e a
mangiare carni sacrificate agli idoli.
Il problema del
messaggero della chiesa di Tiatiri era la tolleranza verso Izebell, ovvero
probabilmente la presenza nella chiesa di questa profetessa che come Izebell,
la moglie di Acab re di Israele ai tempi di Elia, insegnava e indiceva i
servi del Signore alla fornicazione e a mangiare carni sacrificate agli
idoli.
Per capire meglio
questa analogia, occorre conoscere a fondo la Izebell moglie di Acab re di
Israele.
Acab, figlio di Omri, cominciò a
regnare sopra Israele l'anno trentottesimo di Asa, re di Giuda; e regnò a
Samaria, sopra Israele, per ventidue anni.
Acab, figlio di Omri, fece ciò che è
male agli occhi del SIGNORE più di tutti quelli che l'avevano preceduto.
Come se fosse stato per lui poca cosa
abbandonarsi ai peccati di Geroboamo, figlio di Nebat,
prese in moglie Izebel, figlia di
Etbaal, re dei Sidoni, andò ad adorare Baal, a prostrarsi davanti a lui,
e innalzò un altare a Baal, nel tempio di Baal, che costruì a Samaria.
Acab fece anche l'idolo d'Astarte.
Acab fece più di quello che avevano
fatto tutti i precedenti re d'Israele per provocare lo sdegno del SIGNORE,
Dio d'Israele.
Al tempo di lui, Chiel, di Betel,
ricostruì Gerico; ne gettò le fondamenta su Abiram, suo primogenito, e ne
rizzò le porte su Segub, il più giovane dei suoi figli, secondo la parola
che il SIGNORE aveva pronunciata per bocca di Giosuè, figlio di Nun.
(1 Re 16:29-34)
Lei era di origine
fenicia, figlia di Etball, re di Sidone (1 Re 16:31), il quale, secondo la
tradizione, era sacerdote del culto di Baal e di Astarte.
BAAL
Baal fu una divinità della mitologia fenicia, figura centrale della
religiosità dell'antica Ugarit.
Per i Cananei dell'Antico Testamento il
nome fu ereditato, ad indicare sinonimo di dio, e, solamente intorno al XIV secolo a.C., passò a indicare il
maggiore degli dèi e il signore dell'universo, e quindi successivamente come
falso dio.
Con il passaggio al monoteismo giudaico, fu quindi indicato con una
statuetta materiale, simbolo della idolatria dell'uomo verso i falsi dei.
Secondo il mito fenicio, la sua
residenza fu il monte Casio, antico Sapanu,
ed era il tradizionale dio semitico della tempesta, a cui corrispondevano anche il
controllo della fertilità e della fecondità.
Nella mitologia greca Baal
veniva associato al nome di Crono, poi Saturno dai Romani.
Nei testi di Ras Shamra, Baal viene chiamato padre
degli anni e dell'uomo, ed è
considerato il progenitore degli Dei.
Si riteneva abitasse il Monte
del Nord, identificato nel monte Cassius (oggi denominato el-Akra),
geograficamente collocato a nord di Ras
Shamra e
definito anche come l'ombelico
della terra. Si è ipotizzato che la scelta di questa montagna come sede
del dio, sia derivata dal fatto che essa è la più alta della Siria.
Il monte è considerato anche il luogo d'incontro delle
acque del firmamento superiore
con quelle del firmamento inferiore.
Questa struttura viene ripresa nel Giardino
dell'Eden ebraico,
delimitato e bagnato dai fiumi
Pihon e Gihon.
Altri luoghi sono stati dichiarati sede del Dio Baal, tra i più conosciuti
possiamo citare: Sheizar e Sapan,
località nella quale Baal si fermò dopo la vittoriosa battaglia con molti
morti Mot.
Ba'al Ammone era il dio supremo dei Cartaginesi ( ex fenici ) ed è
generalmente identificato, dagli studiosi moderni, sia con il dio semitico
del nord-ovest El sia
conDagon,
mentre nella mitologia
greca è
assimilato a Crono e
in quella romana a Saturno.
Nonostante i suoi attributi magniloquenti, Baal-Ammon (parte della triade
cartaginese con Tanit ed Eshmun)
non era la divinità più importante di Cartagine; intorno al VI
secolo a.C. iniziò
a prendere spazio e maggiore popolarità il culto di Tanit, dea della Luna,
delle messi e della buona fortuna.
ASTARTE
Astarte era la Grande
Madre fenicia e cananea,
sposa di Adone,
legata alla fertilità, alla fecondità ed alla guerra e connessa con l'Ishtarbabilonese.
I maggiori centri di culto furono Sidone, Tiro e Biblo.
Era venerata anche a Malta,
a Tharros in Sardegna,
ed Erice in Sicilia,
dove venne identificata con Venere Ericina.
Sempre in Sicilia, il nome Mistretta,un
paese sui Nebrodi deriva dal fenicio AM-ASHTART,ossia città di Astarte.
Astarte entrò a far parte dalla XVIII dinastia
egizia anche del
pantheon egizio, dove venne identificata con Iside,Sekhmet ed Hathor. In epoca
ellenistica fu
accomunata alla dea greca Afrodite (Venere per
i Romani), come Urania e Cipride (da Cipro, uno dei maggiori centri di culto di Astarte) e alla dea siriaca Atargartis (Syria
per i Romani).
Suoi simboli erano il leone, il cavallo, la sfinge e
la colomba. Nelle raffigurazioni compare
spesso nuda ed in quelle egiziane con ampie corna ricurve, sull'esempio di
Hathor. Il nome Astarte o Ashtoret compare
spesso nell'Antico Testamento. La differenza di
pronuncia nell'ebraico biblico (‘Aštōret invece
di ‘Ašteret) deriverebbe
dalla sostituzione delle vocali del nome della divinità fenicia con quelle
del termine bōshet ("vergogna").
A volte, come in Giudici 10:6,
si incontra la forma plurale ‘Aštērōt,
termine indicante probabilmente divinità femminili di origine straniera,
come i "Ba‘alim" per Baal.
Molto tempo dopo, nel corso del terzo anno, la parola del SIGNORE fu rivolta a Elia,
in questi termini: «Va', presèntati ad Acab, e io manderò la pioggia sul
paese».
Elia andò a presentarsi ad Acab.
La carestia era grave in Samaria.
E Acab mandò a chiamare Abdia, che
era il sovrintendente del palazzo.
Abdia era molto timorato del SIGNORE;
e quando Izebel sterminava i profeti del SIGNORE, Abdia aveva preso
cento profeti, li aveva nascosti cinquanta in una spelonca e cinquanta in
un'altra, e li aveva nutriti con pane e acqua. Acab disse ad Abdia: «Va' per
il paese, verso tutte le sorgenti e tutti i ruscelli; forse troveremo
dell'erba e potremo conservare in vita i cavalli e i muli, e non avremo
bisogno di uccidere parte del bestiame».
Si spartirono dunque il paese da
percorrere; Acab andò da una parte e Abdia dall'altra.
Mentre Abdia era in viaggio, gli
venne incontro Elia; e Abdia, avendolo riconosciuto, si prostrò con la
faccia a terra, e disse: «Sei tu il mio signore Elia?»
Quegli rispose: «Sono io; va' a dire
al tuo signore: "Ecco qua Elia"».
Ma Abdia replicò: «Che peccato ho mai
commesso, ché tu dia il tuo servo nelle mani di Acab perché egli mi uccida?
Com'è vero che il SIGNORE, il tuo
Dio, vive, non c'è nazione né regno dove il mio signore non abbia mandato a
cercarti; e quando gli si diceva: "Egli non è qui", faceva giurare il regno
e la nazione, che davvero non ti avevano trovato.
E ora tu dici: "Va' a dire al tuo
signore: 'Ecco qua Elia!'".
Succederà che quando io ti avrò
lasciato, lo Spirito del SIGNORE ti trasporterà non so dove; io andrò a fare
l'ambasciata ad Acab, ed egli, non trovandoti, mi ucciderà. Eppure il tuo
servo teme il SIGNORE fin dalla sua giovinezza!
Non ti hanno riferito quello che io
feci quando Izebel uccideva i profeti del SIGNORE?
Come io nascosi cento uomini di quei
profeti del SIGNORE, cinquanta in una spelonca e cinquanta in un'altra, e li
sostentai con pane e acqua?
E ora tu dici: "Va' a dire al tuo
signore: 'Ecco qua Elia!'". Ma egli m'ucciderà!»
Elia rispose: «Com'è vero che vive il
SIGNORE degli eserciti di cui sono servo, oggi mi presenterò ad Acab».
Abdia dunque andò a trovare Acab, e
gli fece l'ambasciata; e Acab andò incontro a Elia.
Appena Acab vide Elia, gli disse:
«Sei tu colui che mette scompiglio in Israele?»
Elia rispose: «Non sono io che metto
scompiglio in Israele, ma tu e la casa di tuo padre, perché avete
abbandonato i comandamenti del SIGNORE, e tu sei andato dietro ai Baali.
Adesso, fa' radunare tutto Israele
presso di me sul monte Carmelo, insieme ai quattrocentocinquanta profeti
di Baal e ai quattrocento profeti di Astarte che mangiano alla mensa
di Izebel».
(1 Re 18:1-19)
Izebell, una volta
insediata nel regno, si mise a sterminare i profeti di Dio ( cfr 1 R 18:4 )
ed il profeta Elia riprese il popolo dicendo:
Fino a quando zoppicherete dai due
lati? Se il SIGNORE è Dio, seguitelo; se invece lo è Baal, seguite lui (
1 Re 18:21 ).
Izebel aveva
praticamente sostituito i profeti del Signore con i profeti di Baal e di
Astarte.
Questo non avvenne
subito ma in un processo di circa 3 anni.
Questa progressione
dell’invasione del male deve farci riflettere, satana non attacca in modo da
sconvolgere, scioccare il popolo di Dio, lo adesca con progressività, senza
grossi turbamenti, fino a che non ha occupato il posto del potere.
In questo possiamo
anche vedere come nella chiesa alla chiesa di Efeso si parla di “opere” dei
nicolaiti, nella chiesa di Pergamo si parla della “dottrina” dei nicolaiti,
ed in Tiatiri si parla di “profezia e insegnamento” ovvero una sorte di
“sacerdozio satanico”.
Delle cattive opere,
possono diventare dottrine fino ad essere tradizionalmente inconfutabili.
La figura di Izebel non
può non ricordarci il culto mariano, dei morti, dei santi e di tutto quello
che si pone sul piano spirituale in antagonismo al culto del solo vero Dio.
Elia sfidò apertamente
i profeti del dio Baal ( dio della tempesta ) pregando e impedendo alla
pioggia di bagnare la terra per tre anni e sei mesi procurando una grave
carestia ( Astarte era il dio della fertilità ) che cessò solamente dopo la
sua preghiera ( cfr 1 Re 17:1, 18:42-45 - Giacomo 5:17-18 ), e per
dimostrare la completa superiorità di Dio rispetto ai dei pagani, compì quel
miracolo eccezionale sul monte Carmelo con il conseguente sterminio dei 450
falsi profeti (cfr 1 Re 18:20-45).
Dopo questo,
Acab raccontò a Izebel tutto quello che Elia aveva fatto, e come aveva
ucciso con la spada tutti i profeti. Allora Izebel mandò un messaggero a
Elia per dirgli: «Gli dèi mi trattino con tutto il loro rigore, se domani a
quest'ora non farò della vita tua quel che tu hai fatto della vita di ognuno
di quelli». (1 Re 19:1-2)
Izebell perseguitò Elia
per tutto il tempo che visse, si comportò in modo estremamene malvagio verso
il popolo di Dio.
Nabot d'Izreel aveva una vigna a
Izreel presso il palazzo di Acab, re di Samaria.
Acab parlò a Nabot, e gli disse:
«Dammi la tua vigna, di cui voglio farmi un orto, perché è contigua alla mia
casa; e al suo posto ti darò una vigna migliore; o, se preferisci, te ne
pagherò il valore in denaro».
Ma Nabot rispose ad Acab: «Mi guardi
il SIGNORE dal darti l'eredità dei miei padri!»
E Acab se ne tornò a casa sua triste
e irritato per quella parola dettagli da Nabot d'Izreel: «Io non ti darò
l'eredità dei miei padri!» Si gettò sul suo letto, voltò la faccia verso il
muro, e non prese cibo.
Allora Izebel, sua moglie, andò da
lui e gli disse: «Perché hai lo spirito così abbattuto, e non mangi?»
Acab le rispose: «Perché ho parlato a Nabot d'Izreel e gli ho detto:
"Dammi la tua vigna per il denaro che vale; o, se preferisci, ti darò
un'altra vigna invece di quella"; ed egli m'ha risposto: "Io non ti darò la
mia vigna!"»
Izebel, sua moglie, gli disse: «Sei
tu, sì o no, che eserciti la sovranità sopra Israele? Àlzati, mangia, e
sta' di buon animo; la vigna di Nabot d'Izreel te la farò avere io».
Scrisse delle lettere a nome di Acab, le sigillò con il sigillo di lui, e le mandò agli anziani e ai
notabili che abitavano nella città di Nabot.
In quelle lettere scrisse così:
«Bandite un digiuno, e fate sedere Nabot in prima fila davanti al popolo;
mettetegli di fronte due malfattori, i quali depongano contro di lui,
dicendo: Tu hai maledetto Dio e il re; poi portatelo fuori dalla città,
lapidatelo, e così muoia».
La gente della città di Nabot, gli
anziani e i notabili che abitavano nella città, fecero come Izebel aveva
loro ordinato, scrivendo le lettere che aveva loro
mandate. Bandirono il digiuno, e fecero sedere Nabot davanti al popolo. Poi
vennero i due malfattori. Si misero di fronte a lui, e deposero così
contro di lui, davanti al popolo: «Nabot ha maledetto Dio e il re».
Allora lo condussero fuori dalla città, lo lapidarono, ed egli morì.
Poi mandarono a dire a Izebel: «Nabot
è stato lapidato ed è morto».
Quando Izebel udì che Nabot era stato
lapidato ed era morto, disse ad Acab: «Àlzati, prendi possesso della vigna
di Nabot d'Izreel, che egli rifiutò di darti per denaro; poiché Nabot non
vive più, è morto». Quando Acab udì che Nabot era morto, si alzò per
scendere alla vigna di Nabot d'Izreel, e prenderne possesso.
Allora la parola del SIGNORE fu
rivolta a Elia, il Tisbita, in questi termini: «Àlzati, va' incontro ad Acab,
re d'Israele, che sta a Samaria; egli è nella vigna di Nabot, dov'è sceso
per prenderne possesso.
E gli parlerai in questo modo: "Così
dice il SIGNORE: Dopo aver commesso un omicidio, vieni a prendere possesso?"
E gli dirai: "Così dice il SIGNORE: 'Nello stesso luogo dove i cani hanno
leccato il sangue di Nabot, i cani leccheranno anche il tuo'"».
Acab disse a Elia: «Mi hai trovato,
nemico mio?»
Elia rispose: «Sì ti ho trovato,
perché ti sei venduto a fare ciò
che è male agli occhi del SIGNORE.
Ecco, io ti farò cadere addosso una
sciagura, ti spazzerò via, e sterminerò ogni uomo della tua casa, schiavo o
libero che sia, in Israele; e ridurrò la tua casa come la casa di Geroboamo,
figlio di Nebat, e come la casa di Baasa, figlio di Aiia, perché tu hai
provocato la mia ira e hai fatto peccare Israele. Anche riguardo a Izebel
il SIGNORE parla e dice: "I cani divoreranno Izebel sotto le mura d'Izreel.
Quelli di Acab che moriranno in città
saranno divorati dai cani, e quelli che moriranno nei campi saranno divorati
dagli uccelli del cielo"».
In verità non c'è mai stato
nessuno che, come Acab, si sia
venduto a fare ciò che è male agli occhi del SIGNORE,
perché era istigato da sua moglie Izebel.
Si comportò in modo tanto
abominevole, andando dietro agli idoli, come avevano fatto gli Amorei che il
SIGNORE aveva cacciati davanti ai figli d'Israele.
Quando Acab udì queste parole, si
stracciò le vesti, si coprì con un sacco, e digiunò; dormiva avvolto nel
sacco, e camminava a passo lento.
E la parola del SIGNORE fu rivolta a
Elia, il Tisbita, in questi termini: «Hai visto come Acab si è umiliato
davanti a me? Poiché egli si è umiliato davanti a me, io non farò venire la
sciagura mentre egli è ancora vivo; ma manderò la sciagura sulla sua casa,
durante la vita di suo figlio».
(1 Re 21:1-29)
Molto tempo dopo:
Allora il profeta Eliseo chiamò uno dei discepoli dei profeti, e gli disse:
«Cingiti i fianchi, prendi con te questo vasetto d'olio, e va' a Ramot di
Galaad.
Quando vi sarai
arrivato, cerca di vedere Ieu, figlio di Ieosafat, figlio di Nimsi; entra,
fallo alzare in mezzo ai suoi fratelli, e conducilo in una camera appartata.
Poi prendi il vasetto
d'olio, versaglielo sul capo e digli: "Così dice il SIGNORE: Io ti ungo re
d'Israele". Poi apri la porta e fuggi senza indugiare».
Così quel giovane, il
giovane profeta, partì per Ramot di Galaad.
Quando vi giunse, i
capitani dell'esercito stavano seduti assieme; e disse: «Capitano, ho da
dirti una parola». Ieu chiese: «A chi di noi?» Quegli rispose: «A te,
capitano».
Ieu si alzò, ed entrò
in casa; e il giovane gli versò l'olio sul capo dicendogli: «Così dice il
SIGNORE, Dio d'Israele: "Io ti ungo re del popolo del SIGNORE d'Israele.
Tu colpirai la casa di
Acab, tuo signore, e io vendicherò il sangue dei profeti miei servi e il
sangue di tutti i servi del SIGNORE, sparso dalla mano di Izebel.
Tutta la casa di Acab
perirà, e io sterminerò dalla casa di Acab fino all'ultimo uomo, tanto chi è schiavo quanto chi è libero in Israele.
Ridurrò la casa di Acab
come la casa di Geroboamo, figlio di Nebat, e come la casa di Baasa, figlio
di Aiia.
I cani divoreranno
Izebel nel campo d'Izreel, e non vi sarà chi le dia sepoltura"».
Poi il giovane aprì la
porta, e fuggì.
Quando Ieu uscì per
raggiungere i servitori del suo signore, gli dissero: «Va tutto bene? Perché
quel pazzo è venuto da te?» Egli rispose loro: «Voi conoscete l'uomo e i
suoi discorsi!»
Ma quelli dissero: «Non
è vero! Su, diccelo!» Ieu rispose: «Egli m'ha parlato così e così, e m'ha
detto: "Così dice il SIGNORE: Io ti ungo re d'Israele"».
Allora ognuno di essi
si affrettò a togliersi il mantello e a stenderlo sotto Ieu su per i nudi
gradini; poi suonarono la tromba, e dissero: «Ieu è re!»
Ieu, figlio di Ieosafat,
figlio di Nimsi, fece una congiura contro Ioram. Ioram, con tutto Israele,
stava difendendo Ramot di Galaad contro Azael, re di Siria; ma il re Ioram
era tornato a Izreel per farsi curare le ferite causategli dai Siri,
combattendo contro Azael, re di Siria. E Ieu disse: «Se siete d'accordo,
badate che nessuno esca e fugga dalla città per andare a portare la notizia
a Izreel».
Poi Ieu montò sopra un
carro e partì per Izreel, perché Ioram si trovava là, a letto; e Acazia, re
di Giuda, vi era andato per visitare Ioram.
La sentinella che stava
sulla torre di Izreel, scorse la schiera numerosa di Ieu che veniva, e
disse: «Vedo una schiera numerosa!» Ioram disse: «Prendi un cavaliere, e
mandalo incontro a loro a dire: "Portate pace?"»
Un uomo a cavallo andò
dunque incontro a Ieu, e gli disse: «Così dice il re: "Portate pace?"»
Ieu rispose: «Che
importa a te della pace? Passa dietro a me».
E la sentinella fece
rapporto, dicendo: «Il messaggero è giunto fino a loro, ma non torna
indietro». Allora Ioram mandò un secondo cavaliere che, giunto da loro,
disse: «Così dice il re: "Portate pace?"» Ieu rispose: «Che
importa a te della pace? Passa dietro a me».
E la sentinella fece
rapporto, dicendo: «Il messaggero è giunto fino a loro, e non torna
indietro.
A vederlo guidare il
carro, si direbbe che è Ieu, figlio di Nimsi; perché guida come un pazzo».
Allora Ioram disse:
«Attaccate il carro!» Il suo carro venne attaccato e Ioram, re d'Israele, e
Acazia, re di Giuda
( figlio di Acab ),
uscirono ciascuno sul suo carro per andare incontro a Ieu, e lo trovarono
nel campo di Nabot d'Izreel.
Quando Ioram vide Ieu,
gli disse: «Ieu, porti pace?»
Ieu rispose: «Che
pace vi può essere finché durano le prostituzioni di Izebel, tua madre, e le
sue innumerevoli stregonerie?»
Allora Ioram si voltò
indietro, e fuggì, dicendo ad Acazia: «Siamo traditi, Acazia!»
Ma Ieu impugnò l'arco e
colpì Ioram fra le spalle, in modo che la freccia gli uscì trapassando il
cuore, ed egli stramazzò nel suo carro.
Poi Ieu disse a Bidcar,
suo aiutante: «Prendilo, e buttalo nel campo di Nabot d'Izreel; poiché,
ricordalo, quando tu e io cavalcavamo assieme al seguito di Acab, suo padre,
il SIGNORE pronunciò contro di lui questa sentenza: "Com'è vero che ieri
vidi il sangue di Nabot e il sangue dei suoi figli, dice il SIGNORE, io ti
renderò il contraccambio qui in questo campo!", dice il SIGNORE.
Prendilo dunque e
buttalo in quel campo, secondo la parola del SIGNORE».
Acazia, re di Giuda,
veduto questo, fuggì per la strada di Bet-Gan; ma Ieu gli andò dietro, e
disse: «Tirate anche a lui sul carro!» E lo colpirono alla salita di Gur,
che è vicino a Ibleam.
E Acazia fuggì a
Meghiddo e là morì. I suoi servitori lo trasportarono sopra un carro a
Gerusalemme, e lo seppellirono nella sua tomba, con i suoi padri, nella
città di Davide.
Acazia aveva cominciato
a regnare su Giuda l'undicesimo anno di Ioram, figlio di Acab.
Poi Ieu giunse a Izreel.
Izebel, che lo seppe,
si diede il belletto agli occhi, si acconciò la capigliatura, e si mise alla
finestra a guardare.
Mentre Ieu entrava per
la porta della città, lei gli disse: «Porti pace, nuovo Zimri,
uccisore del tuo signore?»
Ieu alzò gli occhi
verso la finestra, e disse: «Chi è per me? chi?» E due o tre funzionari,
affacciatisi, volsero lo sguardo verso di lui.
Egli disse: «Buttatela
giù!» Quelli la buttarono; e il suo sangue schizzò contro il muro e
contro i cavalli. Ieu le passò sopra, calpestandola; poi entrò, mangiò e
bevve, quindi disse: «Andate a vedere quella maledetta donna e sotterratela,
poiché è figlia di un re».
Andarono dunque per sotterrarla, ma non trovarono di lei
altro che il cranio, i piedi e le mani.
E tornarono a riferir
la cosa a Ieu, il quale disse: «Questa è la parola del SIGNORE pronunciata
per mezzo del suo servo Elia il Tisbita, quando disse: "I cani divoreranno
la carne di Izebel nel campo d'Izreel; e
il cadavere di Izebel sarà, nel
campo d'Izreel, come letame sulla superficie del suolo, in modo che non si
potrà dire: 'Questa è Izebel'"».
C'erano a Samaria
settanta figli di Acab. Ieu scrisse delle lettere, e le mandò a Samaria
ai capi della città, agli anziani, e ai tutori dei figli di Acab; in esse
diceva: «Appena avrete ricevuto questa lettera, poiché avete con voi i figli
del vostro signore e avete a vostra disposizione carri e cavalli, nonché una
città fortificata e delle armi, scegliete il migliore e il più adatto tra i
figli del vostro signore, mettetelo sul trono di suo padre, e combattete per
la casa del vostro signore».
Ma quelli ebbero una
gran paura, e dissero: «Ecco, due re che non gli hanno potuto resistere;
come potremo resistergli noi?» Il sovrintendente del palazzo, il governatore
della città, gli anziani e i tutori dei figli di Acab mandarono a dire a Ieu:
«Noi siamo tuoi servi, e faremo tutto quello che ci ordinerai; non
eleggeremo nessuno come re; fa' tu quel che ti piace».
Allora Ieu scrisse loro
una seconda lettera, nella quale diceva: «Se voi siete per me e volete
ubbidire alla mia voce, prendete le teste di quegli uomini, figli del vostro
signore, e venite da me, domani a quest'ora, a Izreel». I settanta figli del
re stavano dai notabili della città, che li educavano.
Appena questi ebbero
ricevuta la lettera, presero i figli del re, li sgozzarono tutti e settanta;
poi misero le loro teste in ceste, e le mandarono a Ieu, a Izreel.
Un messaggero andò da
Ieu a recargli la notizia, dicendo: «Hanno portato le teste dei figli del
re».
Ieu rispose: «Mettetele
in due mucchi all'entrata della porta della città, fino a domattina».
La mattina dopo, egli
uscì; e, fermatosi, disse a tutto il popolo: «Voi siete giusti; ecco, io
congiurai contro il mio signore, e l'uccisi; ma chi ha ucciso tutti questi?
Riconoscete dunque che non cade a terra neppure una delle
parole che il SIGNORE pronunciò contro la casa di Acab; il SIGNORE ha fatto
quello che predisse per mezzo del suo servo Elia».
E Ieu fece morire tutti
quelli che erano rimasti della casa di Acab a Izreel, tutti i suoi nobili, i
suoi amici e i suoi consiglieri; non ne scampò neppure uno.
Poi si alzò e partì per
andare a Samaria. Strada facendo, giunto alla casa di ritrovo dei pastori,
Ieu s'imbattè nei fratelli di Acazia, re di Giuda, e disse: «Chi
siete voi?»
Quelli risposero:
«Siamo i fratelli di Acazia, e scendiamo a salutare i figli del re e i figli
della regina». Ieu disse ai suoi: «Prendeteli vivi!» E quelli li presero
vivi, e li sgozzarono presso la cisterna della casa di ritrovo. Erano
quarantadue, e non ne scampò neppure uno.
Ieu partì di là e trovò
Ionadab, figlio di Recab, che gli veniva incontro; lo salutò, e gli disse:
«Il tuo cuore è leale verso il mio, come il mio verso il tuo?» Ionadab
rispose: «Lo è». «Se è così», disse Ieu, «dammi la mano». Ionadab gli diede
la mano; Ieu lo fece salire vicino a sé sul carro, e gli disse: «Vieni con
me, e vedrai il mio zelo per il SIGNORE!» Così lo portò via nel suo carro.
Giunto a Samaria,
Ieu colpì tutti quelli che rimanevano della casa di Acab a Samaria, finché
l'ebbe distrutta, secondo la parola che il SIGNORE aveva detta per mezzo di
Elia.
Poi Ieu radunò tutto il
popolo, e gli parlò così: «Acab ha servito un poco Baal; Ieu lo servirà
molto di più.
Convocate presso di me
tutti i profeti di Baal, tutti i suoi servitori, tutti i suoi sacerdoti; non
ne manchi neppure uno! Poiché voglio fare un grande sacrificio a Baal; chi
mancherà non vivrà».
Ma Ieu faceva questo
con astuzia, per distruggere gli adoratori di Baal.
Disse: «Bandite una
festa solenne in onore di Baal!» E la festa fu bandita.
Ieu inviò dei
messaggeri per tutto Israele; e tutti gli adoratori di Baal vennero, e
neppure uno mancò; entrarono nel tempio di Baal, e il tempio di Baal fu
pieno da un capo all'altro.
Ieu disse a colui che
aveva in custodia il vestiario: «Metti fuori i paramenti per tutti gli
adoratori di Baal». E quegli mise fuori i paramenti.
Allora Ieu, con Ionadab,
figlio di Recab, entrò nel tempio di Baal, e disse agli adoratori di Baal: «Cercate
bene, e guardate che non ci sia qui con voi nessun servo del SIGNORE, ma ci
siano soltanto gli adoratori di Baal». Quelli entrarono per offrire
sacrifici e olocausti.
Or Ieu teneva appostati
fuori dal tempio ottanta uomini, ai quali aveva detto: «Colui che lascerà
fuggire qualcuno degli uomini che io metto in vostro potere, pagherà con la
sua vita la vita di quello». Quando fu finita l'offerta dell'olocausto,
Ieu disse ai soldati e ai capitani: «Entrate, uccideteli, e non ne esca
neppure uno!» Essi li passarono a fil di spada; poi, soldati e capitani
ne buttarono là i cadaveri, e penetrarono nell'edificio del tempio di Baal;
portarono fuori le statue del tempio di Baal, e le bruciarono; mandarono in
frantumi la statua di Baal; demolirono il tempio di Baal e ne fecero un
immondezzaio che dura fino a oggi.
( 2 Re 9:1 /10:27 )
Applicando la storia di
Izebell a quanto rimprovera Gesù al messaggero della chiesa di Tiatiri,
possiamo dire che vi era nella chiesa evidentemente un problema serio che
stava portando alla fornicazione molti della chiesa e quello che ha contro
il messaggero è il suo “tollerare”
il male.
Se nella lettera alla
chiesa di Efeso, il “non tollerare i
malvagi” fu motivo di lode, in questa lettera “ il tollerare Izebell” è
il serio rimprovero!
Il cristiano, chiamato
ad essere santo, non deve avere alcuna tolleranza verso il male, come
abbiamo visto a Izebell ed ai suoi “istigati” continuavano a chiedere a Ieu:
“ porti pace?”, ma la risposta di Ieu fu
lapidaria: Che pace vi può
essere finché durano le prostituzioni di Izebel, tua madre, e le sue
innumerevoli stregonerie?
Il male prodotto da
Izebell, possiamo paragonarlo ad un virus che debilita il corpo, lo rende
debole, fino a farlo morire, chi di noi userebbe “tolleranza” verso questo
virus?
Ci fideremmo di un
medico che nel nome della non violenza verso i virus, ci direbbe di
sopportare con pazienza l’evolversi della malattia, anzi magari diventare un
corpo di coltura di questi virus?
Penso proprio di no!
Anzi prenderemo dei seri e radicali provvedimenti medici per debellare
questo virus, come mai invece siamo così “pronti” a tollerare il male?
E’ impressionante
vedere sotto i “colpi” dei “che male c’è?”, dei “l’importante è l’unità
della chiesa”, degli “ amiamoci gli uni gli altri ( anche se non nella
verità) ”, accettiamo il male, la menzogna che ci debiliterà spiritualmente,
fino alla morte ( vedasi la lettera alla chiesa di Sardi ).
Oggi, nel pensiero
relativista moderno, un tale
pensiero di intolleranza è deprecabile, nel nome dell’amore e della
tolleranza siamo tutti caldamente invitati a sopportare tutto, anzi
condividerlo.
Ricordiamoci che il
profeta Abacuc dichiara che “Dio ha
gli occhi troppo puri per sopportare la vista del male” (Abacuc 1:13),
questa purezza, deve essere anche una caratteristica dei Suoi discepoli.
La chiesa di Tiatiri, a
differenza della chiesa di Efeso, è stata una chiesa indifferente di fronte
al male che ha cercato di penetrare in essa.
Vi è stata in lei una
insana tolleranza verso la fornicazione spirituale che compromettevano il
buon nome della chiesa di fronte ai pagani e inquinavano la sua stessa vita.
L’insegnamento di Paolo
è chiaro:
Vi ho scritto nella mia lettera di
non mischiarvi con i fornicatori; non del tutto però con i fornicatori di
questo mondo, o con gli avari e i ladri, o con gl'idolatri; perché
altrimenti dovreste uscire dal mondo; ma quel che vi ho scritto è di non
mischiarvi con chi, chiamandosi fratello, sia un fornicatore, un avaro, un
idolatra, un oltraggiatore, un ubriacone, un ladro; con quelli non dovete
neppure mangiare. Poiché, devo forse giudicare quelli di fuori? Non
giudicate voi quelli di dentro?
Quelli di fuori li giudicherà Dio.
Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi.
(1 Corinzi 5:9-13).
Abbiamo un esempio
emblematico di sana intolleranza verso i falsi fratelli in atti 5:1-11 (Anania
e Saffira) ed un altro verso un caso di esplicita immoralità in 1 Corinzi
5:1-5 ( lo scandalo di Corinto). Ai “buonisti” bisognerebbe chiedere dove
sia la “grazia” di Dio in questi casi, ma la Grazia di Dio si manifesta
proprio in questo, Egli vuole mantenere uno stato di purezza all’interno
della Sua Chiesa.
In apocalisse 21:27 vi
è scritto che nella nuova Gerusalemme “nulla
di impuro vi entrerà”, a che titolo quindi Dio dovrebbe tollerare il
male nella Sua Chiesa?
“ Che diremo dunque? Rimarremo forse
nel peccato affinchè la grazia abbondi? NO DI CERTO! Noi che siamo morti al
peccato, come vivremo ancora in esso? ” ( Romani 6:1-2 )
Il concetto di “vivere
in esso”, non significa “cadere, sporcarsi”, ma “nutrirsi, compiacersi,
non provare alcun imbarazzo” davanti al male.
Il problema della
chiesa di Tiatiri non era un problema esterno ma interno alla chiesa.
Izebell viene detto che
si fa atteggia come “profetessa ed
insegnante” e dietro queste sue profezie e insegnamenti indiceva i
fratelli alla fornicazione.
Dal prosieguo della
lettera si può anche supporre che gli insegnamenti di questa sedicente
“profetessa” si fondassero su una presunta “conoscenza
delle profondità di satana”.
Come interpretare
correttamente queste affermazioni?
Nella Parola di Dio e
più precisamente nel Nuovo Patto, abbiamo l’esempio di donne pie che
insegnavano e profetizzavano da parte di Dio:
-
In atti 2:17-21
troviamo scritto :
"Avverrà negli ultimi giorni", dice Dio, "che io spanderò il
mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie
profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni, e i vostri vecchi
sogneranno dei sogni.
Anche sui miei servi e sulle mie
serve, in quei giorni, spanderò il mio Spirito, e profetizzeranno.
Farò prodigi su nel cielo, e segni
giù sulla terra, sangue e fuoco, e vapore di fumo.
Il sole sarà mutato in tenebre, la
luna in sangue, prima che venga il grande e glorioso giorno del Signore.
E avverrà che chiunque avrà invocato
il nome del Signore sarà salvato
-
Priscilla, unitamente
al marito Aquila erano fedeli collaboratori di Paolo ai tempi del suo arrivo
a Corinto ( Atti 18:1-3 ) ed erano entrambi molto afferrati nelle Scritture,
capaci anche di insegnare ed istruire un fratello di grande capacità come
era Apollo poco prima dell’arrivo di Paolo a Efeso ( Atti 18:26 ), erano
inoltre i probabili fondatori di una chiesa in Roma ( Romani 16:3-5 – 1
Corinzi 16:19 ) e ritornarono ancora ad Efeso e collaborarono probabilmente
con Timoteo ( 2 Timoteo 4:19 ).
Cosa si intende per
“profetizzare” ?
Nell’antico Patto,
quando lo Spirito Santo non era dato agli uomini se non in modo sporadico e
discontinuo, il profeta era colui che parlava da parte di Dio e proferiva
oracoli o profezie che Dio stesso gli ordinava di dire.
Nel nuovo Patto, il
credente ha lo Spirito Santo con sé, come caparra della salvezza futura,
Gesù stesso ha detto:
«Se
voi mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre, ed
Egli vi darà un altro consolatore, perché stia con voi per sempre, lo
Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e
non lo conosce. Voi lo conoscete, perché dimora con voi, e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani; tornerò da
voi.
Ancora un po', e il mondo non mi
vedrà più; ma voi mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno
conoscerete che io sono nel Padre mio, e voi in me e io in voi.
Chi ha i miei comandamenti e li
osserva, quello mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò
e mi manifesterò a lui».
Giuda (non l'Iscariota) gli domandò:
«Signore, come mai ti manifesterai a noi e non al mondo?»
Gesù gli rispose: «Se uno mi ama,
osserverà la mia parola; e il Padre mio l'amerà, e noi verremo da lui e
dimoreremo presso di lui.
Chi non mi ama non osserva le mie
parole; e la parola che voi udite non è mia, ma è del Padre che mi ha
mandato.
Vi ho detto queste cose, stando
ancora con voi; ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre
manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello
che vi ho detto. Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il
mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti.
(Giovanni 14:15-27)
Ho ancora molte cose da dirvi; ma non
sono per ora alla vostra portata; quando però sarà venuto lui, lo Spirito
della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non
parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà
le cose a venire.
Egli mi glorificherà perché
prenderà del mio e ve lo annuncerà.
Tutte le cose che ha il Padre, sono
mie; per questo ho detto che prenderà del mio e ve lo annuncerà.
(Giovanni 16:12-15)
Profetizzare oggi, significa parlare da parte di
Dio e Dio come parla oggi?
Dio, dopo aver parlato anticamente
molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in
questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che egli ha
costituito erede di tutte le cose, mediante il quale ha pure creato i mondi.
Egli, che è splendore della sua
gloria e impronta della sua essenza, e che sostiene tutte le cose con la
parola della sua potenza, dopo aver fatto la purificazione dei peccati, si è
seduto alla destra della Maestà nei luoghi altissimi.
(Ebrei 1:1-3)
Con la chiusura della
rivelazione di Dio terminata con testimonianza degli apostoli ( fondamento
degli apostoli ), Dio ha cessato di rivelare altro, oggi pertanto il profeta
( o la profetessa, velata a motivo degli angeli ) è colui ( o colei ) che
annuncia la Parola di Dio che è in lui.
Diversa cosa è
l’insegnamento.
L’insegnamento è un
applicazione della Parola rivelata, alle precise circostanze, che necessita
di una delega di autorità.
Questa delega,
nell’ordine stabilito da Dio è affidata agli uomini in senso fisico e non
alle donne, ad esse non è concesso di avere autorità sull’uomo ma, per
essere nella sua posizione ideale nel pensiero di Dio, deve essere
sottomessa sia al marito che alle altre autorità maschili della chiesa.
Per questo non è mai
parlato di anziani o diaconi della chiesa in senso femminile.
La donna impari in silenzio con ogni
sottomissione. Poiché non
permetto alla donna d'insegnare, né di usare autorità sul marito, ma
stia in silenzio.
(1 Timoteo 2:11-12)
Bisogna dunque che il vescovo
sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, prudente,
dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino né violento, ma
sia mite, non litigioso, non attaccato al denaro, che governi bene la
propria famiglia e tenga i figli sottomessi e pienamente rispettosi (perché
se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà aver cura della
chiesa di Dio?), che non sia convertito di recente, affinché non diventi
presuntuoso e cada nella condanna inflitta al diavolo. Bisogna inoltre che
abbia una buona testimonianza da quelli di fuori, perché non cada in
discredito e nel laccio del diavolo…
Ti scrivo queste cose sperando di venir presto da te, affinché tu sappia, nel caso che
dovessi tardare, come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la
chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità…
…
Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni
apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a
dottrine di demòni, sviati dall'ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da
un marchio nella propria coscienza.
( tratto da 1 Timoteo
3:2 – 4:2 )
Quindi modificare
queste regole date da Paolo a Timoteo affinchè si sappia come bisogna
comportarsi nella casa di Dio, significa dare retta a spiriti seduttori e a
dottrine di demoni, proprio quello che ha fatto Iezabell con il popolo di
Dio.
Le ho dato tempo perché si ravvedesse, ma lei non vuol ravvedersi della sua
fornicazione.
Ecco, io la getto sopra un letto di dolore, e metto in una grande
tribolazione coloro che commettono adulterio con lei, se non si ravvedono
delle opere che ella compie.
Metterò anche a morte i suoi figli; e tutte le chiese conosceranno che io
sono colui che scruta le reni e i
cuori, e darò a ciascuno di voi secondo le sue opere.
Ravvedimento, nella
teologia cristiana, traduce il termine
greco μετανοια, che significa "trasformazione della mente", e che è spesso
usato nella
Septuaginta per
tradurre il termine tardo
ebraico
nacham.
Definito in questo modo,
"ravvedimento" potrebbe apparire qualcosa di esclusivamente intellettuale.
Non è così, in quanto gli scrittori della
Bibbia erano fortemente consapevoli dell'unità
della personalità umana.
"Trasformare la mente" era
essenzialmente modificare il nostro atteggiamento e così, almeno in
principio, cambiare il nostro modo di agire e l'intero modo di vivere.
Il ravvedimento è un principio
importante nella predicazione biblica (Geremia
25, 1-7;
Marco
1,15;
Marco
6,12;
Luca
1,16 e sgg.;
Atti
2,38 ecc.).
Un brano dell'Antico Testamento che non usa questa
parola, esprime bene il suo significato: "Chi copre le sue colpe non
prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia" (Proverbi
28,13).
Il ravvedimento è un aspetto della
conversione,
l'altro è la
fede.
Essi sono due aspetti di un'unica
esperienza, quella in cui un uomo o una donna abbandona ciò che
Dio considera
peccato e si affida
completamente a
Cristo.
L'iniziale ravvedimento dovrebbe
condurre alla rinuncia abituale al
peccato.
Il ravvedimento, propriamente detto,
non dovrebbe essere confuso con la penitenza, termine che spesso, nelle
versioni cattoliche romane della Bibbia traduce lo stesso μετανοια.
L'idea che
penitenza suggerisce è, infatti, più l'esecuzione di atti
prescritti dalla
Chiesa
per espiare peccati post-battesimali, ma quest'idea non trova riscontro come
tale nel
Nuovo Testamento,
ma fa parte di un'evoluzione posteriore del concetto.
(Fonte Wikipedia)
Gesù ha dato tempo a
questa donna di ravvedersi dalla sua fornicazione, ma lei non vuole.
C’è un espresso rifiuto
a ritornare alla sana dottrina, è una questione di volontà non di ignoranza!
L’intervento di Gesù è
triplice:
-
Izebell sarà gettata su
un letto di dolore;
-
I suoi seguaci in una
grande tribolazione;
-
I suoi figli dovranno
morire.
E questo al fine di
fare conoscere a tutte le chiese che Egli è colui che scruta le reni ed i
cuori.
Poiché non permetto alla donna
d'insegnare, né di usare autorità sul marito, ma stia in silenzio.
Infatti Adamo fu formato per primo, e
poi Eva; e Adamo non fu sedotto; ma la donna, essendo stata sedotta, cadde
in trasgressione; tuttavia sarà salvata partorendo figli, se
persevererà nella fede, nell'amore e nella santificazione con
modestia.
(1 Timoteo 2:12-15)
Le donne cristiane
dovrebbero quindi ricevere l’istruzione da parte dei conduttori uomini, in
silenzio e in sottomissione, non dovrebbero cercare di capovolgere la
situazione pretendendo di essere anch’esse insegnanti all’interno
dell’assemblea o tentando di esercitare autorità sugli uomini.
Il termine
hesychia qui tradotto
silenzio non significa “senza
parlare”, ma significa piuttosto mitezza, tranquillità, disciplina ( stesso
termine usato in Atti 22:2 e 2 Tessalonicesi 3:12), il termine “tacere”
sarebbe stato sigao.
Con il riferimento alla
creazione nell’Eden, Paolo sta spiegando i diversi ruoli che l’uomo e la
donna hanno nel piano di Dio, l’uomo è la guida e la donna è l’aiuto
convenevole.
L’inversione dei ruoli
nell’Eden ( la donna, essendo
sedotta prese l’iniziativa e Adamo assecondò la guida di Eva ) produsse
la caduta della creazione.
La salvezza della donna
è quindi legata alla sua posizione corretta nell’ordine di Dio.
La sua perseveranza
nella fede, nell’amore e della santificazione con modestia, sarà la sua
salvezza!
Più che mai oggi, le
donne cristiane sono esposte alla terribile tentazione di porsi alla pari
degli uomini, perdendo il loro ruolo benedetto da Dio e sovvertendo l’ordine
di Dio, con tutte le conseguenze che ne scaturiscono per loro, per chi le
segue e per i loro figli!
L’esempio di Acab e
della Izebell dell’antico Patto deve farci riflettere:
In verità non c'è mai stato
nessuno che, come Acab, si sia venduto a fare ciò che è male agli occhi
del SIGNORE, perché era istigato da sua moglie Izebel.
Si comportò in modo tanto abominevole, andando dietro agli idoli, come
avevano fatto gli Amorei che il SIGNORE aveva cacciati davanti ai figli
d'Israele.
(1 Re 21:25-26)
Il rimprovero fatto al
messaggero della chiesa di Tiatiri è proprio questo, il non sapere
contrastare le istigazioni di questa donna maledetta.
La fine della Izebell
dell’antico patto molto particolare:
…la buttarono; e il suo sangue
schizzò contro il muro e contro i cavalli. Ieu le passò sopra,
calpestandola; poi entrò, mangiò e bevve, quindi disse: «Andate a vedere
quella maledetta donna e sotterratela, poiché è figlia di un re».
Andarono dunque per sotterrarla, ma
non trovarono di lei altro che il cranio, i piedi e le mani.
(2 Re 9:33-35)
Il fatto che il corpo
di Izebell fu lasciato alla vista, squartato e divorato dai cani, è un
sinistro aspetto di quanto dichiarato nella lettera alla chiesa di Tiatiri:
Metterò anche a morte i suoi figli; e
tutte le chiese conosceranno che io sono
colui che scruta le reni e i cuori,
e darò a ciascuno di voi secondo le sue opere.
I 450 profeti di Baal
morirono per mano di Elia e il corpo di Izebell fu sventrato con gli organi
interni ben esposti e divorati dai cani.
Ma agli altri di voi, in Tiatiri, che non professate tale dottrina e non
avete conosciuto le profondità di Satana (come le chiamano loro), io dico:
Non vi impongo altro peso.
Soltanto, quello che avete, tenetelo fermamente finché io venga.
La voce di Gesù, in
questo caso, non è più rivolta al messaggero di Tiatiri, ma direttamente a
coloro i quali non professano tale dottrina e non conoscono quelle che
ironicamente Egli chiama le “profondità di satana “.
Questo può fare pensare
che il messaggero di Tiatiri in qualche modo era stato quasi sfiduciato,
vista la sua incapacità di opporsi a Izebell.
Ai fratelli “ortodossi”
di Tiatiri comunque, Gesù non pone altro peso se non quello di tenere
fermamente quello che hanno fino al Suo ritorno.
A chi vince e persevera nelle mie opere sino alla fine,
darò potere sulle nazioni,
ed egli le reggerà con una verga di
ferro e le frantumerà come vasi d'argilla, come anch'io ho ricevuto
potere dal Padre mio; e gli darò la stella del mattino.
Tiatiri era una chiesa
molto ricca di opere, ma Gesù ci tiene a puntualizzare di perseverare nelle
“Sue opere” sino alla fine, non tutte le nostre opere sono le Sue opere.
La problematica della
chiesa di Tiatiri era l’autorità e visto che la prova superata dai fratelli
di Tiatiri è il giusto governo della chiesa, Gesù promette loro la
condivisione del potere sulle nazioni.
Certa è quest’affermazione: se siamo
morti con lui, con lui anche vivremo; se abbiamo costanza, con lui anche
regneremo; se lo rinnegheremo anch’egli ci rinnegherà; se siamo
infedeli, egli rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.
(2 Timoteo 2:11-13)
La citazione della
stella del mattino ci riporta a quanto scritto nel libro di Daniele:
I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento e quelli che avranno insegnato a molti la
giustizia risplenderanno come le stelle in eterno.
(Daniele 12:3)
Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese.
L’avvertimento finale,
presente in tutte le lettere alle sette chiese, richiama l’attenzione di
chiunque è in grado di ascoltare, pertanto va oltre i destinatari della
singola chiesa alla quale è indirizzato il messaggio.
Ciascun messaggio
esprime il pensiero di Cristo di fronte allo stato particolare della chiesa
cui è rivolto; ma ognuno che abbia orecchio per udire cose spirituali, saprà
applicare al proprio stato gli incoraggiamenti, le esortazioni, i biasimi e
le promesse contenute nella varie lettere.
I messaggi sono parola
di Cristo: “ Queste cose dice Colui…
“ e sono ugualmente Parola dello Spirito Santo: “
ciò che lo Spirito dice alle chiese “.