L'arresto degli apostoli

 

ATTI DEGLI APOSTOLI 5:12-42

 

 

Molti segni e prodigi erano fatti tra il popolo per le mani degli apostoli; e tutti di comune accordo si ritrovavano sotto il portico di Salomone.

Ma nessuno degli altri osava unirsi a loro; il popolo però li esaltava.

E sempre di più si aggiungevano uomini e donne in gran numero, che credevano nel Signore; tanto che portavano perfino i malati nelle piazze, e li mettevano su lettucci e giacigli, affinché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra ne coprisse qualcuno.

La folla accorreva dalle città vicine a Gerusalemme, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi; e tutti erano guariti.

Il sommo sacerdote e tutti quelli che erano con lui, cioè la setta dei sadducei, si alzarono, pieni di invidia, e misero le mani sopra gli apostoli e li gettarono nella prigione pubblica.

Ma un angelo del Signore, nella notte, aprì le porte della prigione e, condottili fuori, disse: «Andate, presentatevi nel tempio e annunciate al popolo tutte le parole di questa vita».

Essi, udito ciò, entrarono sul far del giorno nel tempio, e insegnavano.

Ora il sommo sacerdote e quelli che erano con lui vennero, convocarono il sinedrio e tutti gli anziani del popolo d'Israele, e mandarono alla prigione per far condurre davanti a loro gli apostoli.

Ma le guardie che vi andarono non li trovarono nella prigione; e, tornate, fecero il loro rapporto, dicendo: «La prigione l'abbiamo trovata chiusa con ogni diligenza, e le guardie in piedi davanti alle porte; abbiamo aperto, ma non abbiamo trovato nessuno dentro».
Quando il capitano del tempio e i capi dei sacerdoti udirono queste cose, rimasero perplessi sul conto loro, non sapendo cosa ciò potesse significare.

Ma sopraggiunse uno che disse loro: «Ecco, gli uomini che voi metteste in prigione sono nel tempio, e stanno insegnando al popolo».

Allora il capitano, con le guardie, andò e li condusse via, senza far loro violenza, perché temevano di essere lapidati dal popolo.

Dopo averli portati via, li presentarono al sinedrio; e il sommo sacerdote li interrogò, dicendo: «Non vi abbiamo forse espressamente vietato di insegnare nel nome di costui? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina, e volete far ricadere su di noi il sangue di quell'uomo».

Ma Pietro e gli altri apostoli risposero: «Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini.

Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù che voi uccideste appendendolo al legno e lo ha innalzato con la sua destra, costituendolo Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a Israele, e perdono dei peccati.

Noi siamo testimoni di queste cose; e anche lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli ubbidiscono».

Ma essi, udendo queste cose, fremevano d'ira, e si proponevano di ucciderli.

Ma un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della legge, onorato da tutto il popolo, alzatosi in piedi nel sinedrio, comandò che gli apostoli venissero un momento allontanati.

Poi disse loro: «Uomini d'Israele, badate bene a quello che state per fare circa questi uomini.

Poiché, prima d'ora, sorse Teuda, dicendo di essere qualcuno; presso di lui si raccolsero circa quattrocento uomini; egli fu ucciso, e tutti quelli che gli avevano dato ascolto furono dispersi e ridotti a nulla.

Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, ai giorni del censimento, e si trascinò dietro della gente; anch'egli perì, e tutti quelli che gli avevano dato ascolto furono dispersi.

E ora vi dico: tenetevi lontani da loro, e ritiratevi da questi uomini; perché, se questo disegno o quest'opera è dagli uomini, sarà distrutta; ma se è da Dio, voi non potrete distruggerli, se non volete trovarvi a combattere anche contro Dio».

Essi furono da lui convinti; e chiamati gli apostoli, li batterono, ingiunsero loro di non parlare nel nome di Gesù e li lasciarono andare.

Essi dunque se ne andarono via dal sinedrio, rallegrandosi di essere stati ritenuti degni di essere oltraggiati per il nome di Gesù.

E ogni giorno, nel tempio e per le case, non cessavano di insegnare e di portare il lieto messaggio che Gesù è il Cristo.

 

***

Il tragico fatto di Anania e Saffira non rimane senza effetto né per la Chiesa né per quelli di fuori.

La Chiesa, invasa da un santo timore di Dio (cfr Atti 5:11), impara a sorvegliarsi con diligenza e con cura; "quelli di fuori" imparano (cfr Atti 5:11,33) che, prima di unirsi alla Chiesa, è bene che ci pensino su due volte per vedere se abbiano o no le disposizioni volute per compiere un atto così importante e solenne.

La Chiesa è un luogo dove c’è il timore di Dio?

La Chiesa fa oggi questo effetto sul mondo?

Il concetto di Grazia degli apostoli è forse cambiato?

Il timore di Dio fa parte della Grazia?

Sono tutte domande che faremmo bene a porci continuamente in un momento storico della Chiesa che ricorda molto l’apostasia profetizzata.

Sono rimaste le apparenze della pietà (timore di Dio), ma prive di sostanza (potenza), come scriverà Paolo a Timoteo:

Or sappi questo: negli ultimi giorni verranno tempi difficili; perché gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, irreligiosi, insensibili, sleali, calunniatori, intemperanti, spietati, senza amore per il bene, traditori, sconsiderati, orgogliosi, amanti del piacere anziché di Dio, aventi l'apparenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la potenza. Anche da costoro allontànati!

(2 Timoteo 3:1-5)

 

***

Molti segni e prodigi erano fatti tra il popolo per le mani degli apostoli; e tutti di comune accordo si ritrovavano sotto il portico di Salomone.

 

La Chiesa aveva pregato Iddio di "porgerle la mano" e di manifestare la sua presenza per via "di guarigioni, o di segni e di prodigi" (cfr Atti 4:30).

Il Signore è fedele e risponde alla preghiera gradita in quanto conforme alla Sua volontà ed ecco in questi nostri versetti la risposta alla preghiera!

L’atteggiamento degli apostoli e dei discepoli era (agli occhi dei loro intimidatori) alquanto provocatorio, essi salivano al tempio alle ore della preghiera e si ritrovavano sotto il portico detto di Salomone per incoraggiarsi, esortarsi a vicenda, ed anche per evangelizzarvi il popolo, se la occasione provvidenziale di farlo si presentasse, proprio come avevano fatto fin ad allora (cfr Atti 3:1-9).

Ma nella realtà questa non è provocazione, è semplicemente fermezza.

Anche Daniele si dimostrò fermo davanti all’editto di Dario:

Parve bene a Dario di affidare l'amministrazione del suo regno a centoventi satrapi distribuiti in tutte le province del regno.

Sopra di loro nominò tre capi, uno dei quali era Daniele, perché i satrapi rendessero conto a loro e il re non dovesse soffrire alcun danno.

Questo Daniele si distingueva tra i capi e i satrapi, perché c'era in lui uno spirito straordinario; il re pensava di stabilirlo sopra tutto il suo regno.

Allora i capi e i satrapi cercarono di trovare un'occasione per accusare Daniele circa l'amministrazione del regno, ma non potevano trovare alcuna occasione né alcun motivo di riprensione, perché egli era fedele e non c'era in lui alcuna mancanza da potergli rimproverare.

Quegli uomini dissero dunque: «Noi non avremo nessun pretesto per accusare questo Daniele, se non lo troviamo in quello che concerne la legge del suo Dio».

Allora capi e satrapi vennero tumultuosamente presso il re e gli dissero: «Vivi in eterno, o re Dario! Tutti i capi del regno, i prefetti e i satrapi, i consiglieri e i governatori si sono accordati perché il re promulghi un decreto e imponga un severo divieto: chiunque, per un periodo di trenta giorni, rivolgerà una richiesta a qualsiasi dio o uomo tranne che a te, o re, sia gettato nella fossa dei leoni. Ora, o re, promulga il divieto e firma il decreto, perché sia immutabile conformemente alla legge dei Medi e dei Persiani, che è irrevocabile».

Il re Dario quindi firmò il decreto e il divieto.

Quando Daniele seppe che il decreto era firmato, andò a casa sua; e, tenendo le finestre della sua camera superiore aperte verso Gerusalemme, tre volte al giorno si metteva in ginocchio, pregava e ringraziava il suo Dio come era solito fare anche prima. (Daniele 6:1-10)

 

Possiamo notare molte similitudini tra questo passo di Daniele e il passo di Atti, ma penso che non è al momento in caso di soffermarci (120 satrapi come i 120 della camera alta; tre capi nominati e Pietro, Giovanni e Giacomo; la sfida di Dario… .. il tutto trasformato da Dio per spiegare qualcosa e insegnare al Giustizia).

 

***

Ma nessuno degli altri osava unirsi a loro; il popolo però li esaltava.

E sempre di più si aggiungevano uomini e donne in gran numero, che credevano nel Signore; tanto che portavano perfino i malati nelle piazze, e li mettevano su lettucci e giacigli, affinché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra ne coprisse qualcuno.

 

Coloro che avrebbero dovuto riconoscere i segni dei tempi, non osavano unirsi agli apostoli.

D’altronde il fatto di Anania e Saffira, ipocriti smascherati da Pietro e dagli altri apostoli, era un severo ammonimento per gli eventuali intrusi “non troppo convinti”…

Coloro che si uniscono sono le persone semplici, libere da schemi religiosi che li imprigionano sotto una veste che li lega… …come viene in aiuto in questo passo, quanto dichiarò Gesù sul monte:

Gesù, vedendo le folle, salì sul monte e si mise a sedere.

I suoi discepoli si accostarono a lui, ed egli, aperta la bocca, insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli.

Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati.

Beati i mansueti, perché erediteranno la terra.

Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli.

Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia.

Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi. (Matteo 5:1-12)

 

Circa le guarigioni operate, Luca non dice che l'ombra di Pietro operasse realmente alcun miracolo; non c'è nulla, nel testo, che fa intendere che l'ombra dell'apostolo avesse tali “poteri”.

Luca cita qui l'opinione popolare, e nulla più; la folla era giunta a tal punto di entusiasmo e di eccitamento da credere che l'ombra stessa di Pietro possedesse un “qualcosa di magico”.

Luca cita la cosa, come farebbe un cronista; non prova, né critica.

 

***

Il sommo sacerdote e tutti quelli che erano con lui, cioè la setta dei sadducei, si alzarono, pieni di invidia, e misero le mani sopra gli apostoli e li gettarono nella prigione pubblica.

 

Come abbiamo già visto, i più grandi accaniti nemici degli apostoli sono i sadducei che non credevano nella resurrezione, evento del quale i nostri apostoli erano assolutamente testimoni veri e zelanti!

 

***

Ma un angelo del Signore, nella notte, aprì le porte della prigione e, condottili fuori, disse:

«Andate, presentatevi nel tempio e annunciate al popolo tutte le parole di questa vita».

L'angelo apre agli apostoli le porte della prigione, e nello stesso tempo dice:

"Andate, presentatevi nel tempio e annunciate al popolo tutte le parole di questa vita" (Atti 5:19-20)

 

La guarigione dalle nostre infermità, la liberazione dalle nostre difficoltà dobbiamo considerarle non come se ci fossero concesse per godere dei piaceri della vita.

Esse ci sono concesse affinché onoriamo il nostro Dio con la consacrazione di tutto quello che siamo e di tutto quello che abbiamo.

 

“tutte le parole di questa vita”

Con questa espressione la sana dottrina che gli apostoli insegneranno e che ci è pervenuta nella Parola Scritta di Dio.

Innanzi tutto queste “parole” sono il messaggio del Vangelo:

Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non a motivo delle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall'eternità, ma che è stata ora manifestata con l'apparizione del Salvatore nostro Cristo Gesù, il quale ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l'immortalità mediante il vangelo… (2 Timoteo 1:9-10)

 

E la testimonianza è questa: Dio ci ha dato la vita eterna, e questa vita è nel Figlio suo. Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita.  (1 Giovanni 5:11-12)

Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo.  (Giovanni 17:3)

Ma anche gli insegnamenti degli apostoli sono gli insegnamenti di Dio, Paolo lo ribadirà ai Corinzi:

Se qualcuno pensa di essere profeta o spirituale, riconosca che le cose che io vi scrivo sono comandamenti del Signore. (1 Corinzi 14:37)

La liberazione è reale, non si tratta d'un sogno, non d'un terremoto, non di un “agente segreto” dei cristiani; si tratta di un angelo vero e proprio, se si vuole stare a quello che il testo veramente dice.

 

***

Essi, udito ciò, entrarono sul far del giorno nel tempio, e insegnavano.

Ora il sommo sacerdote e quelli che erano con lui vennero, convocarono il sinedrio e tutti gli anziani del popolo d'Israele, e mandarono alla prigione per far condurre davanti a loro gli apostoli.

 

L’obbedienza degli apostoli all’angelo è perentoria, nonostante avessero passato la notte in prigione (probabilmente insonne e sicuramente non “ben riposati”), i nostri fratelli si recano immediatamente nel tempio a svolgere il loro incarico.

Il Sinedrio era la suprema corte civile ed ecclesiastica dei Giudei.

Era composto di settantuno membri.

Aveva due presidenti, dei quali uno era il sommo sacerdote e l'altro uno dei rabbini più dotti.

Evidentemente questi inquisitori non dubitavano minimamente che gli apostoli fossero custoditi in prigione… …ma Dio li stupisce ancora una volta!

 

*** 

Ma le guardie che vi andarono non li trovarono nella prigione; e, tornate, fecero il loro rapporto, dicendo: «La prigione l'abbiamo trovata chiusa con ogni diligenza, e le guardie in piedi davanti alle porte; abbiamo aperto, ma non abbiamo trovato nessuno dentro».
Quando il capitano del tempio e i capi dei sacerdoti udirono queste cose, rimasero perplessi sul conto loro, non sapendo cosa ciò potesse significare.

Ma sopraggiunse uno che disse loro: «Ecco, gli uomini che voi metteste in prigione sono nel tempio, e stanno insegnando al popolo».

Allora il capitano, con le guardie, andò e li condusse via, senza far loro violenza, perché temevano di essere lapidati dal popolo.

 

Lo stupore è totale e questo porta grande confusione mentale sul sinedrio!

Neanche le guardie poste in piedi davanti alla prigione si sono rese conto di quanto è avvenuto, proprio come per la resurrezione di Gesù!

Proprio quell’atto di resurrezione che tanto li turba continua a tormentarli… …il Signore è meraviglioso ed i Suoi segni precisi, coerenti, minuziosamente perfetti!

Notiamo le similitudini con il passo della resurrezione di Gesù:

Mentre quelle andavano, alcuni della guardia vennero in città e riferirono ai capi dei sacerdoti tutte le cose che erano avvenute.

Ed essi, radunatisi con gli anziani e tenuto consiglio, diedero una forte somma di denaro ai soldati, dicendo: «Dite così: "I suoi discepoli sono venuti di notte e lo hanno rubato mentre dormivamo". E se mai questo viene alle orecchie del governatore, noi lo persuaderemo e vi solleveremo da ogni preoccupazione».

Ed essi, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute e quella diceria è stata divulgata tra i Giudei, fino al giorno d'oggi. (Matteo 28:11-15)

Gli apostoli avevano dalla loro il favore del popolo e i leviti temevano una insurrezione popolare, nella quale, senza, dubbio, le autorità giudaiche, avrebbero avuto la peggio anche perché responsabili dell’ordine pubblico nei confronti dei romani.

 

***

Dopo averli portati via, li presentarono al sinedrio; e il sommo sacerdote li interrogò, dicendo: «Non vi abbiamo forse espressamente vietato di insegnare nel nome di costui? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina, e volete far ricadere su di noi il sangue di quell'uomo».

 

Il sommo sacerdote non chiede come abbiano fatto a “scappare” di prigione.

Visti i precedenti di circa due mesi prima… …è un argomento che scotta… …meglio e lasciarlo da parte.

Anche il nome di Gesù e nome che gli scotta sulle labbra; quindi, invece di pronunciarlo, dirà: “costui”, “il sangue dell’uomo”!

Le parole del sommo sacerdote agli apostoli tradiscono una coscienza punta dal rimorso.

È duro, per il sommo sacerdote, pronunciare il nome di Gesù e schiverà questo Nome con ogni sorta di pseudo-sinonimi.

 

***

Ma Pietro e gli altri apostoli risposero: «Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini.

Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù che voi uccideste appendendolo al legno e lo ha innalzato con la sua destra, costituendolo Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a Israele, e perdono dei peccati.

Noi siamo testimoni di queste cose; e anche lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli ubbidiscono».

Pietro non risponde direttamente al rimprovero del sommo sacerdote.

Egli si difende esponendo la missione che ha ricevuto da Dio, e di riassumere in breve la sua predicazione; ma la sua difesa si cambia in un vero e proprio atto d'accusa, che provoca nell'assemblea un movimento.

Pietro si definisce testimone sostanzialmente di tre avvenimenti:

1) della crocifissione;

2) della risurrezione;

3) dell'ascensione.

 

La testimonianza dello Spirito Santo consiste in questo: lo Spirito Santo parla per la bocca degli apostoli; conferma nel cuore degli apostoli la verità dei fatti di cui essi testimoniano, e ne rivela loro la profondità del significato.

"E noi gli siamo testimoni di queste cose che diciamo" Atti 5:32. La testimonianza degli apostoli è sempre testimonianza positiva ed ha per oggetto i grandi fatti che stanno a base del cristianesimo:

1. la crocifissione;

2. la risurrezione;

3. l'ascensione di Gesù.

 

…lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli ubbidiscono

Pietro, fedele servo di Dio dichiara che lo Spirito Santo non e monopolio di nessuno; neppure degli apostoli.

Lo Spirito Santo non è dato però a tutti nel senso più generale del termine; è dato a quelli soltanto, che ubbidiscono a Dio; dal che consegue che chi non lo ha ricevuto, o rifiuta d'ascoltarlo, è un ribelle a Dio.

Ed è qui specialmente che la difesa di Pietro si trasforma in un vero e proprio atto d'accusa.

Se possiamo ubbidire a Dio e nello stesso tempo ubbidire coscienziosamente agli uomini, tanto meglio; ma tutte le volte che ci troviamo nel bivio degli apostoli, nel caso, cioè, di dovere scegliere fra l'ubbidienza a Dio e l'ubbidienza agli uomini, la santa ed eroica risposta degli apostoli ci sia viva nel cuore e determini la nostra decisione.

 

***

Ma essi, udendo queste cose, fremevano d'ira, e si proponevano di ucciderli.

Il verbo “fremevano” ( διεπριοντο) vuol dire propriamente “segare” ed accenna qui ad un "laceramento dell'animo", ad una "violenta perturbazione del cuore".

***

Ma un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della legge, onorato da tutto il popolo, alzatosi in piedi nel sinedrio, comandò che gli apostoli venissero un momento allontanati.

 

Tre fatti sono qui indicati relativamente a Gamaliele:

1. Egli era un membro del Sinedrio;

2. Apparteneva al partito farisaico;

3. Era un dottor della legge; un legista; un νομοδιδασκαλος; un uomo di quelli che insegnavano la legge.

Dalla lettura di Atti 22:3 sappiamo che egli fu, con molta probabilità, il maestro di Saulo di Tarso.

 

***

Poi disse loro: «Uomini d'Israele, badate bene a quello che state per fare circa questi uomini.

L’avvertimento di Gamaliele è solenne, invita i suoi illustri “colleghi” a riflettere bene su quello che stanno per compiere.

Evidentemente ha capito che tutto quello che sta succedendo comincia ad essere “troppo strano”… …questi popolani hanno una saggezza ed una conoscenza che li sovrasta, il favore di tutto il popolo comincia a preoccupare…  …lasciamo passare un po’ di tempo…

 

***

Poiché, prima d'ora, sorse Teuda, dicendo di essere qualcuno; presso di lui si raccolsero circa quattrocento uomini; egli fu ucciso, e tutti quelli che gli avevano dato ascolto furono dispersi e ridotti a nulla.

Giuseppe Flavio (Antich. 20:8) parla di un falso profeta, per nome Teuda, che fu capo di una insurrezione, e che, assalito dalla cavalleria del procuratore romano Cuspio Fado, fu sopraffatto, preso e decapitato.

Il Teuda del testo non può essere però quello di cui parla Giuseppe Flavio; perché ei non apparve che verso il 44; cioè, dopo la morte del re Agrippa, che è narrata in Atti 12:18-23.

Si tratta dunque di un altro Teuda, che ci è ignoto.

E la cosa è facilmente ammissibile se si pensa che, nei tempi ai quali allude Gamaliele, queste insurrezioni erano frequenti.

Si conoscono, per esempio, di quei tempi, tre capi d'insorti per nome Giuda, e quattro per nome Simone.

 

***

Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, ai giorni del censimento, e si trascinò dietro della gente; anch'egli perì, e tutti quelli che gli avevano dato ascolto furono dispersi.

 

Sappiamo da Giuseppe Flavio (Antich. 18:1; 20:5; Guerre Giudaiche 11. 8, 17) che Giuda, il Gaulonita, detto il Galileo, alzò la bandiera della ribellione l'anno sesto dell'era cristiana, quando, deposto Archelao, l'imperatore Augusto ridusse la Giudea in provincia romana ed ordinò il primo censimento (ai dì della rassegna, dice il nostro vers. 37), che doveva servire di base all'amministrazione finanziaria del paese Luca 2:2.

Giuda era uomo di focosa eloquenza e di energia disperata.

La sua parola d'ordine era questa: "Il popolo non deve servire ai romani, non deve ai romani pagare alcun tributo, né ha altro padrone che Dio".

La lotta fu lunga e sanguinosa; e dal partito di Giuda, che si chiamava degli zelanti, o degli zeloti, o dei Cananiti (che è l'equivalente aramaico di zeloti) uscì Simone, che fu uno dei dodici apostoli (cfr Matteo 10:4; Marco 3:18; Luca 6:15; Atti 1:13).

 

***

E ora vi dico: tenetevi lontani da loro, e ritiratevi da questi uomini; perché, se questo disegno o quest'opera è dagli uomini, sarà distrutta; ma se è da Dio, voi non potrete distruggerli, se non volete trovarvi a combattere anche contro Dio».

 

Il benevolo “dubbio” che insinua Gamaliele nel cuore dei religiosi è che se si tratta della volontà di Dio " voi non potrete distruggerli, se non volete trovarvi a combattere anche contro Dio ".

Questa espressione di Gamaliele, è in realtà un profetico avvertimento soprattutto per il suo allievo e discepolo Saulo, che nella sua determinazione e caparbietà, dovette proprio trovare sulla sua strada Gesù:

E durante il viaggio, mentre si avvicinava a Damasco, avvenne che, d'improvviso, sfolgorò intorno a lui una luce dal cielo e, caduto in terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?»

Egli domandò: «Chi sei, Signore?»

E il Signore: «Io sono Gesù, che tu perseguiti. Àlzati, entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». (Atti 9:3-6)

 

*** 

Essi furono da lui convinti; e chiamati gli apostoli, li batterono, ingiunsero loro di non parlare nel nome di Gesù e li lasciarono andare.

 

I sadducei, senza dubbio, avrebbero preferito un qualcosa di più radicale; ma il partito farisaico era forte nel Sinedrio, e il consiglio di Gamaliele, date le condizioni dell'ambiente e la popolarità di cui godevano gli apostoli fu accolto.

"Furono da lui convinti" dunque, ma fino ad un certo punto.

La "battitura" alla quale furono condannati gli apostoli è più che probabile consistesse, "nei quaranta colpi meno uno", di cui si parla in Deuteronomio 25:3 ed in 2 Corinzi 11:24.

 

***

 Essi dunque se ne andarono via dal sinedrio, rallegrandosi di essere stati ritenuti degni di essere oltraggiati per il nome di Gesù.

E ogni giorno, nel tempio e per le case, non cessavano di insegnare e di portare il lieto messaggio che Gesù è il Cristo.

Il Sommo Maestro insegnò così:

Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia.

Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi. (Matteo 5:11-12)

Era la prima esperienza che gli apostoli facevano di quella "gioia" e di quel "giubilo", di cui Gesù aveva loro parlato.

Il soffrire per il nome e per la causa di Dio ed il partecipare e ai martiri degli eroi della fede che ci hanno preceduti non sono senza lacrime e senza angosce; ma Dio asciuga le lacrime e lenisce le angosce del credente che vive in comunione con Cristo, dandoli una inspiegabile gioia, che diventerà perfetta ed eterna quando sarà giunto a godere della gloriosa ed immediata visione del suo Salvatore.

Proprio Pietro, anni più tardi scriverà:

Carissimi, non vi stupite per l'incendio che divampa in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Anzi, rallegratevi in quanto partecipate alle sofferenze di Cristo, perché anche al momento della rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare.

Se siete insultati per il nome di Cristo, beati voi! Perché lo Spirito di gloria, lo Spirito di Dio, riposa su di voi.

Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida, o ladro, o malfattore, o perché si immischia nei fatti altrui; ma se uno soffre come cristiano, non se ne vergogni, anzi glorifichi Dio, portando questo nome.

Infatti è giunto il tempo in cui il giudizio deve cominciare dalla casa di Dio; e se comincia prima da noi, quale sarà la fine di quelli che non ubbidiscono al vangelo di Dio? E se il giusto è salvato a stento, dove finiranno l'empio e il peccatore?

Perciò anche quelli che soffrono secondo la volontà di Dio affidino le anime loro al fedele Creatore, facendo il bene. (1 Pietro 4:12-19)

 

Anche Paolo scriverà:

Perché la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria, mentre abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; poiché le cose che si vedono sono per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne. (2 Corinzi 4:17-18)

Gianni Marinuzzi