Secondo viaggio missionario

Paolo ad Atene: discorso sull'Aeropago


ATTI DEGLI APOSTOLI
1
7:16-34

 

 

Mentre Paolo li aspettava ad Atene, lo spirito gli s'inacerbiva dentro nel vedere la città piena di idoli.

Frattanto discorreva nella sinagoga con i Giudei e con le persone pie; e sulla piazza, ogni giorno, con quelli che vi si trovavano.

E anche alcuni filosofi epicurei e stoici conversavano con lui.

Alcuni dicevano: «Che cosa dice questo ciarlatano?»

E altri: «Egli sembra essere un predicatore di divinità straniere», perché annunciava Gesù e la risurrezione.

Presolo con sé, lo condussero su nell'Areòpago, dicendo: «Potremmo sapere quale sia questa nuova dottrina che tu proponi? Poiché tu ci fai sentire cose strane. Noi vorremmo dunque sapere che cosa vogliono dire queste cose».

Or tutti gli Ateniesi e i residenti stranieri non passavano il loro tempo in altro modo che a dire o ad ascoltare novità.

E Paolo, stando in piedi in mezzo all'Areòpago, disse:

«Ateniesi, vedo che sotto ogni aspetto siete estremamente religiosi. Poiché, passando, e osservando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un altare sul quale era scritto: Al dio sconosciuto.

Orbene, ciò che voi adorate senza conoscerlo, io ve lo annuncio.

Il Dio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d'uomo; e non è servito dalle mani dell'uomo, come se avesse bisogno di qualcosa; lui, che dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa.

Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione, affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché egli non sia lontano da ciascuno di noi.

Difatti, in lui viviamo, ci moviamo, e siamo, come anche alcuni vostri poeti hanno detto: "Poiché siamo anche sua discendenza". Essendo dunque discendenza di Dio, non dobbiamo credere che la divinità sia simile a oro, ad argento, o a pietra scolpita dall'arte e dall'immaginazione umana. Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano, perché ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell'uomo ch'egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti, risuscitandolo dai morti».

Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni se ne beffavano; e altri dicevano: «Su questo ti ascolteremo un'altra volta».

Così Paolo uscì di mezzo a loro.

Ma alcuni si unirono a lui e credettero; tra i quali anche Dionisio l'areopagita, una donna chiamata Damaris, e altri con loro.

 

***

 Atene

Era la città più famosa della Grecia.

Fondata da Cecrope e da una colonia egizia circa 1556 anni prima di Cristo, era posta sotto la protezione di Minerva ch'era in modo tutto speciale quivi adorata.

Ai tempi ai quali ci conduce il nostro racconto, Atene non era più pagana di altre città meno celebri, anzi si può dire, che l'insegnamento libero e contradditorio che vi si dava dei diversi sistemi di filosofia, vi minava le tradizionali credenze religiose.

Ma se questo è vero, è pur vero che in nessun luogo il gusto dell'arte ed il lusso del l'architettura avevano, come in Atene, largamente profuso i simboli di coteste credenze.

Ed è appunto questo vederla "piena d'idoli" che inacerbisce lo spirito di Paolo.

Petronio diceva che in Atene "era più facile trovare un dio che un uomo" (Sat. XVII).

 

***

Mentre Paolo li aspettava ad Atene, lo spirito gli s'inacerbiva dentro nel vedere la città piena di idoli.

Frattanto discorreva nella sinagoga con i Giudei e con le persone pie; e sulla piazza, ogni giorno, con quelli che vi si trovavano.

Paolo nell’attesa dell’arrivo di Silvano e Timoteo studia la città di Atene, non si avventura subito nella sinagoga di Atene predicando come le altre volte in modo diretto.

Da uomo di fede e di saggezza aspetta l’arrivo dei suoi collaboratori, sa che l’unione fa la forza, sa di avere bisogno dei fratelli, sa che l’opera di Dio non è affidata a lui solo.

In questo vediamo la sapiente umiltà di Paolo, la coscienza di avere bisogno dell’aiuto dei fratelli, il concetto di “corpo” e la limitata azione che un uomo solo può compiere.

Paolo non è un esaltato e conosce i suoi limiti.

Ciò non toglie che la sua testimonianza c’è, magari non diretta e “violenta” come nelle altre occasioni, ma il suo discorrere nella sinagoga con i Giudei e con le persone pie (presumibilmente il sabato), ed ogni giorno sulla piazza con quelli che vi si trovavano era sicuramente un’opera preparatoria.

 

È la prima volta che troviamo l'evangelo di fronte all'arte.

Non sappiamo tutte le impressioni che Paolo provò dinnanzi alle ineffabili creazioni dell'arte greca, che Atene conteneva; ma sappiamo che Paolo è preoccupato di una cosa sola: della salvezza degli ateniesi.

Paolo, anzi, osserva queste statue idolatrate e conosce che il Signore aveva (con la Legge) insegnato come il cuore dell’uomo fosse incline all’adorazione delle immagini:

Non avere altri dèi oltre a me.

Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra.

Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l'iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso bontà, fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. (Esodo 20:3-6)

Tutto questo stato di cose, suscitano in Paolo un sentimento di rabbia, egli s'inacerbiva dentro nel vedere la città piena di idoli, non viveva con superficiale disinteresse, né con spirito di “comprensione e tolleranza”.

 

È anche la prima volta che l'evangelo si trova di fronte alla filosofia.

Al pari dell’arte, anche la filosofia è una sorta di idolatria astratta, Paolo la apostroferà in questo modo:

…infatti le armi della nostra guerra non sono carnali, ma hanno da Dio il potere di distruggere le fortezze, poiché demoliamo i ragionamenti e tutto ciò che si eleva orgogliosamente contro la conoscenza di Dio, facendo prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo; (2 Corinzi 10:4-5)

 

Con quali occhi noi ammiriamo l’arte e la filosofia?

Spesso rimaniamo ammirati dalla bellezza delle sculture o ci lasciamo affascinare dei ragionamenti “elevati”… ma Gesù, davanti ai Suoi discepoli che volevano farlo “stupire” con le belle arti dice:

Mentre Gesù usciva dal tempio e se ne andava, i suoi discepoli gli si avvicinarono per fargli osservare gli edifici del tempio.

Ma egli rispose loro: «Vedete tutte queste cose? Io vi dico in verità: Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sia diroccata». (Matteo 24:1-2)

 

Oggi diremmo che Gesù aveva un “pessimo gusto artistico” ed era un disfattista!

Davanti alla sapienza umana Gesù disse:

In quel tempo Gesù prese a dire: «Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli.  Sì, Padre, perché così ti è piaciuto. (Matteo 11:25-26)

Oggi diremmo che Gesù era un “ignorante” ed era un anticulturale!

Proviamo a considerare le cose con la mente di Cristo!

 

***

E anche alcuni filosofi epicurei e stoici conversavano con lui.

Luca da buon greco di buona cultura, non soprassiede nel descrivere con quali categorie di filosofi Paolo si imbatte in Atene: Epicurei e Stoici.

Queste due scuole annoveravano un gran numero di aderenti anche fra quelli che non erano propriamente, uomini di studio.

Chiunque aveva ricevuto una educazione letteraria, anche superficiale, secondo le disposizioni morali che aveva e secondo le condizioni di spirito in cui si trovava, si ritrovava in una di queste due scuole di pensiero.

 

La scuola epicurea ebbe il nome dal suo fondatore Epicuro (342-270 a.C.).

Le speculazioni di Epicuro comprendevano ad un tempo una soluzione fisica ed etica dei problemi dell'universo.

Ecco alcune grandi linee dell'insegnamento di Epicuro:

-          Prima linea:

Gli dei, nella loro eterna tranquillità, sono troppo lontani dall'uomo per occuparsi dei suoi dolori o dei suoi peccati.

Essi non hanno bisogno di sacrifici e non rispondono alle preghiere.

-          Seconda linea:

Riconoscere che la felicità consiste nel massimo aggregato di emozioni gradevoli.

 

Siccome l'epicureismo non ammetteva le legge scritta nei cuori, e considerava le leggi umane come tanti ordinamenti convenzionali ognuno doveva unilateralmente stimare e giudicare le cose che, gli avrebbero portato piacere; la maggior parte degli uomini si abbandonava così ad una vita disordinata; a volte, tenuta a freno dal calcolo; a volte, perduta in braccio della voluttà più sfrenata.

Per quel che riguarda il concetto fisico del mondo, Epicuro è stato precursore di parecchi dei risultati della scienza moderna.

Epicuro esclude ogni idea di creazione.

La materia è eterna e gli atomi infiniti di cui è composta, per l'azione di forze d'attrazione e di ripulsione a noi ancora ignote, è passata per tante e diverse combinazioni, e, da queste combinazioni, come ultimo stadio della evoluzione, è uscito il mondo della natura che noi oggi contempliamo.

Gli epicurei, ritenevano pertanto che fosse inutile cercare la verità pura per mezzo della ragione, andavano allora piuttosto alla ricerca del piacere che soltanto l’esperienza poteva procurare ed in ogni caso evitare il dolore sotto qualsiasi forma.

Dobbiamo ammettere che questa corrente filosofica è “molto avanti”, molto moderna e forse Paolo pensava proprio a loro quando scriverà così a Timoteo:

Or sappi questo: negli ultimi giorni verranno tempi difficili; perché gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, irreligiosi, insensibili, sleali, calunniatori, intemperanti, spietati, senza amore per il bene, traditori, sconsiderati, orgogliosi, amanti del piacere anziché di Dio, aventi l'apparenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la potenza.

Anche da costoro allontànati! (2 Timoteo 3:4-5)

 

La scuola stoica non ebbe nome dal suo fondatore, che fu Zenone di Cizio in Cipro ( 336-264 a.C. ), ma dal Pecile ('h poikilh stoa ), al celebre portico d'Atene.

 

Ecco le linee principali dell'insegnamento stoico:

-          La vera sapienza consiste nel rendersi superiori, non schiavi, delle circostanze.

Le cose che non sono entro i limiti delle nostre possibilità, non sono cose da ricercare o da temere; ma cose da accettarsi con passività.

La vera sapienza sta quindi nel diventare indifferente tanto al piacere quanto al dolore ed ha come obiettivo una assoluta apatia.

Dal punto di vista teologico, gli stoici parlavano di una Mente divina che pervade l'universo e regola tutte le cose per la sua Provvidenza.

Essi riconoscevano il governo di questa Provvidenza nella vita delle nazioni e degli individui.

Gli stoici fondavano la loro filosofia sulla concezione di un uomo perfettamente autosufficiente su una rigorosa disciplina e sulla solidarietà del genere umano.

Dobbiamo ammettere che anche questa corrente filosofica è “molto avanti”, molto moderna se pensiamo ai concetti della New Age.

Questi concetti li vediamo profetizzati negli scritti dell’apostolo Paolo, parlando ai fratelli di Tessalonica, circa la venuta dell’anticristo:

Nessuno vi inganni in alcun modo; poiché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l'apostasia e non sia stato manifestato l'uomo del peccato, il figlio della perdizione, l'avversario, colui che s'innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando se stesso e proclamandosi Dio. (2 Tessalonicesi 2:3-4)

 

***

Alcuni dicevano: «Che cosa dice questo ciarlatano?»

E altri: «Egli sembra essere un predicatore di divinità straniere», perché annunciava Gesù e la risurrezione.

Paolo viene additato da alcuni come un ciarlatano, che letteralmente vuole dire “raccoglitore di semi”.

Alcuni ateniesi videro in Paolo un filosofo dilettante, un libero pensatore, il quale non avendo posizione proprie, cercava di elaborare una filosofia del tutto priva di spessore.

 

…un predicatore di divinità straniere

 

Per gli ateniesi il Creatore dei Cieli e della Terra è una divinità straniera…

Per questo Paolo parlerà dei tempi dell’ignoranza:

Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano… (Atti 17:30)

Paolo rivelerà invece la conoscenza di quel Dio che loro ignoravano, che rispondeva alle posizioni sostenute proprio da queste due categorie di filosofi.

Da un lato Paolo rivela agli epicurei che la Verità esiste e si trova solo nel Dio Creatore dei cieli e della Terra ed in nessun altro in quanto Egli è il creatore di ogni cosa, sostiene ogni cosa, dirige ogni cosa e l’uomo non è in balia di se stesso e dei suoi piaceri.

Dall’altro lato Paolo rivela agli stoici che l’uomo non è sufficiente a se stesso ma deve rendere conto non ad “una mente divina” ma al Dio Creatore dei cieli e della Terra.

 

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Presolo con sé, lo condussero su nell'Areòpago, dicendo: «Potremmo sapere quale sia questa nuova dottrina che tu proponi? Poiché tu ci fai sentire cose strane. Noi vorremmo dunque sapere che cosa vogliono dire queste cose».

Il rumore della piazza pubblica impedisce ai filosofi ateniesi ed altri intellettuali stranieri, di udire bene quello che Paolo dice; quindi, lo conducono in un posto più isolato e più tranquillo, all'Areopago, che era un luogo elevato, nelle vicinanze dell'Acropoli, dove si tenevano anche le udienze del tribunale.

L’areopago era un luogo consacrato al dio Marte.

Questa gente vuole fare parlare Paolo, lo vuole ascoltare con tutta comodità; vuole soddisfare quella curiosità che Luca, d'accordo in questo con tutti gli antichi, dà come un tratto caratteristico degli ateniesi: non passavano il loro tempo in altro modo che a dire o ad ascoltare novità.

 

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Or tutti gli Ateniesi e i residenti stranieri non passavano il loro tempo in altro modo che a dire o ad ascoltare novità.

E’ utile notare come Luca, greco convertito a Cristo, considerasse ormai i suoi connazionali… è sintomatico della superiorità che l’autore degli Atti dava agli insegnamenti della Parola di Dio,  rispetto alla cultura che lo circondava (e parliamo della cultura greca)

Abbiamo anche noi lo stesso pensiero circa la cultura del nostro tempo?

Oggi siamo più che mai sommersi da informazioni tecniche, scientifiche che affascinano i nostri occhi e le nostre sensazioni… quanto queste ci distraggono dalla Sapienza divina?

Paolo, uomo di cultura, scriveva così della scienza dei suoi tempi:

O Timoteo, custodisci il deposito; evita i discorsi vuoti e profani e le obiezioni di quella che falsamente si chiama scienza; alcuni di quelli che la professano si sono allontanati dalla fede. La grazia sia con voi. (1 Timoteo 6:20-21)

 

Luca, medico greco, diceva così dei sapienti ateniesi:

non passavano il loro tempo in altro modo che a dire o ad ascoltare novità.

La cultura ateniese ci è molto più prossima di quanto crediamo, Paolo, scrivendo a Timoteo circa gli uomini degli ultimi tempi scriverà:

Ti scongiuro, davanti a Dio e a Cristo Gesù che deve giudicare i vivi e i morti, per la sua apparizione e il suo regno: predica la parola, insisti in ogni occasione favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza. Infatti verrà il tempo che non sopporteranno più la sana dottrina, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero secondo le proprie voglie, e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole. (2 Timoteo 4:1-4)

 

***

E Paolo, stando in piedi in mezzo all'Areòpago, disse:

«Ateniesi, vedo che sotto ogni aspetto siete estremamente religiosi. Poiché, passando, e osservando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un altare sul quale era scritto: Al dio sconosciuto. Orbene, ciò che voi adorate senza conoscerlo, io ve lo annuncio.

A differenza dei suoi discorsi tenuti con gli ebrei, dove parte dalla Scrittura per rivelare l’opera di Cristo (rivelazione particolare), qui Paolo parte da molto più lontano, e parla agli ateniesi della rivelazione generale, dal Dio creatore.

Paolo vede, in mezzo alle aberrazioni politeistiche del paganesimo che lui chiama “gli oggetti del vostro culto”, le tracce di un bisogno religioso (adoratore degli dei), dal quale comincia l’annuncio del Vangelo.

Egli vede il sentimento religioso degli ateniesi, ma vede che manca loro l’intelligenza delle cose, in quel dio sconosciuto, egli vede la loro ignoranza il loro adorare qualcuno senza conoscerlo.

Per questo, nonostante abbia l’animo inacerbito dal loro paganesimo, presenta l’evangelo con attenzione, prudenza e precisione.

Paolo, mettendo in evidenza il loro spirito “religioso”, evidenzia la loro sete di Dio, di quel Dio sconosciuto, ignoto, quel Dio che può colmare quel vuoto che c’è nel cuore dell’uomo:

Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell'eternità, sebbene l'uomo non possa comprendere dal principio alla fine l'opera che Dio ha fatta. (Ecclesiaste 3:11)

 

Per Paolo, quell’altare al dio sconosciuto è il sintomo di una ricerca, di domande che attendono una risposta, di un bisogno spirituale insoddisfatto e inappagato.

Gli ateniesi sono un popolo che indaga, discute, riflette, critica, che è pronto al confronto con i pensieri emergenti e Paolo non si tira indietro nella sua testimonianza, non si sottrae al confronto, non guarda le cose con spirito da turista, al contrario, si getta nella mischia con il carattere missionario pronto a comunicare la Buona Novella a gente assetata.

Per testimonianza di autori classici si sa che c'erano ad Atene degli altari recanti la iscrizione menzionata nel nostro testo (al dio sconosciuto).

La spiegazione più probabile dell’origine di questi altari, è che si trattava di un omaggio di propiziazione da rendere, durante una pubblica calamità, a una divinità che non si poteva determinare, perché non si sapeva esattamente quale di esse, nella sua ira, avesse mandato il flagello che si voleva allontanare.

È un fatto però che questi altari non uscivano dalla cerchia delle idee del politeismo nazionale, ma Paolo interpreta l'iscrizione in senso monoteista; egli suppone nella iscrizione la presenza dell'articolo, (al Dio sconosciuto) e attribuisce agli ateniesi una aspirazione, un presentimento di qualche verità religiosa, di cui egli si propone di fare loro conoscere.

 

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Il Dio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d'uomo; e non è servito dalle mani dell'uomo, come se avesse bisogno di qualcosa; lui, che dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa.

Paolo, nel rivelare agli ateniesi il dio sconosciuto, da loro intelligenza per conoscere l’unico vero Dio:

Sappiamo pure che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza per conoscere colui che è il Vero; e noi siamo in colui che è il Vero, cioè, nel suo Figlio Gesù Cristo. Egli è il vero Dio e la vita eterna. (1 Giovanni 5:20)

 

…Dio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso

Paolo inizia la sua testimonianza rivelando il Creatore dei Cieli e della Terra, proprio conformemente alla  Rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli diede… (cfr Apocalisse 1:1) e le lodi che seguono:

Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza: perché tu hai creato tutte le cose, e per tua volontà furono create ed esistono. (Apocalisse 4:11)

 

…Signore del cielo e della terra

Paolo dichiara la Signoria universale di Dio, come Gesù Cristo sarà rivelato alla sua seconda venuta:

…ti ordino di osservare questo comandamento da uomo senza macchia, irreprensibile, fino all'apparizione del nostro Signore Gesù Cristo, la quale sarà a suo tempo manifestata dal beato e unico sovrano, il Re dei re e Signore dei signori, il solo che possiede l'immortalità e che abita una luce inaccessibile; che nessun uomo ha visto né può vedere; a lui siano onore e potenza eterna. (1 Timoteo 6:14-16)

 

Combatteranno contro l'Agnello e l'Agnello li vincerà, perché egli è il Signore dei signori e il Re dei re; e vinceranno anche quelli che sono con lui, i chiamati, gli eletti e i fedeli. (Apocalisse 17:14)

E sulla veste e sulla coscia porta scritto questo nome: RE DEI RE E SIGNORE DEI SIGNORI.    (Apocalisse 19:16)

 

…non abita in templi costruiti da mani d'uomo

Paolo, proprio come disse Stefano, la cui testimonianza resa agli ellenisti, evidentemente rimase fortemente incisa nel cuore dell’apostolo, dichiara:

L'Altissimo però non abita in edifici fatti da mano d'uomo, come dice il profeta: "Il cielo è il mio trono, e la terra lo sgabello dei miei piedi.

Quale casa mi costruirete, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo? Non ha la mia mano creato tutte queste cose?" (Atti 7:48)

 

D’altronde lo stesso Gesù disse alla donna samaritana:

La donna gli disse: «Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato su questo monte, ma voi dite che a Gerusalemme è il luogo dove bisogna adorare».

Gesù le disse: «Donna, credimi; l'ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.

Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità». (Giovanni 4:19-24)

 

…non è servito dalle mani dell'uomo, come se avesse bisogno di qualcosa;

Paolo rivela che il Dio da lui annunciato non è paragonabile ai loro dei, capricciosi e bisognosi dei servizi resi loro dagli uomini, Dio è sufficiente a se stesso…

Ben si addicono al riguardo le parole di Eliù:

Considera i cieli, e vedi! Guarda le nuvole, come sono più in alto di te!

Se pecchi, quale inconveniente gli procuri?

Se moltiplichi i tuoi misfatti, che danno gli arrechi?

Se sei giusto, che gli dai? Che riceve egli dalla tua mano?

La tua malvagità non nuoce che al tuo simile, e la tua giustizia non giova che ai figli degli uomini. (Giobbe 35:5-8)

 

…lui, che dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa.

Paolo dichiara apertamente che il Dio da lui annunciato è il Creatore dei cieli e della Terra e non ve ne sono altri.

Isaia dipinge così il nostro Dio:

A chi vorreste assomigliare Dio? Con quale immagine lo rappresentereste?

Un artista fonde l'idolo, l'orafo lo ricopre d'oro e vi salda delle catenelle d'argento.
Colui che la povertà costringe a offrir poco sceglie un legno che non marcisca, e si procura un abile artigiano, per fare un idolo che non vacilli.

Ma non lo sapete? Non l'avete sentito?  Non vi è stato annunciato fin dal principio?

Non avete riflettuto sulla fondazione della terra?

Egli è assiso sulla volta della terra, da lì gli abitanti appaiono come cavallette; egli distende i cieli come una cortina e li spiega come una tenda per abitarvi; egli riduce i prìncipi a nulla, e annienta i giudici della terra; appena piantati, appena seminati, appena il loro fusto ha preso radici in terra, egli vi soffia contro, e quelli inaridiscono e l'uragano li porta via come stoppia.

«A chi dunque mi vorreste assomigliare, a chi sarei io uguale?» dice il Santo.

Levate gli occhi in alto e guardate: Chi ha creato queste cose?

Egli le fa uscire e conta il loro esercito, le chiama tutte per nome; per la grandezza del suo potere e per la potenza della sua forza, non ne manca una. (Isaia 40:18-26)

 

Non lo sai tu? Non l'hai mai udito?

Il SIGNORE è Dio eterno, il creatore degli estremi confini della terra; egli non si affatica e non si stanca; la sua intelligenza è imperscrutabile. (Isaia 40:28)

Così parla Dio, il SIGNORE, che ha creato i cieli e li ha spiegati, che ha disteso la terra con tutto quello che essa produce, che dà il respiro al popolo che c'è sopra e lo spirito a quelli che vi camminano. (Isaia 42:5)

Così parla il SIGNORE, il Santo d'Israele, colui che l'ha formato: «Voi m'interrogate circa le cose future! Mi date degli ordini circa i miei figli e circa l'opera delle mie mani! Io ho fatto la terra e ho creato l'uomo su di essa; io, con le mie mani, ho spiegato i cieli e comando tutto il loro esercito. (Isaia 45:11-12)

 

E questo è motivo dell’adorazione da parte dei ventiquattro anziani in presenza delle quattro creature viventi (rappresentanti della creazione), davanti al trono di Dio:

Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza: perché tu hai creato tutte le cose, e per tua volontà furono create ed esistono. (Apocalisse 4:11)

 

Ed è anche il motivo per cui il Salmista loda cantando:

Alleluia. Lodate Dio nel suo santuario, lodatelo nella distesa dove risplende la sua potenza.

Lodatelo per le sue gesta, lodatelo secondo la sua somma grandezza.

Lodatelo con il suono della tromba, lodatelo con il saltèrio e la cetra.

Lodatelo con il timpano e le danze, lodatelo con gli strumenti a corda e con il flauto.
Lodatelo con cembali risonanti, lodatelo con cembali squillanti.

Ogni creatura che respira, lodi il SIGNORE. Alleluia. (Salmo 150)

 

***

Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione, affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché egli non sia lontano da ciascuno di noi.

 

…Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra

La Parola di Dio è chiara su questo argomento:  

L'uomo chiamò sua moglie Eva, perché è stata la madre di tutti i viventi. (Genesi 3:20)

 

Se analizziamo questo discorso di Paolo, possiamo apprezzare come stia dando piena dignità e credibilità al racconto della creazione di Genesi 1 e 2.

Questo ci fa comprendere come non possiamo prescindere dal considerare reale e non “simbolico” o “figurato”, il racconto della creazione che è parte integrante della dottrina cristiana.

Oggi molte sono le forzature, anche in seno al “mondo cristiano”, nel cedere alle opposizioni di quella che “falsamente si chiama scienza” (cfr 1 Timoteo 6:20-21), ma l’autore della lettera agli ebrei ci dice che:

Per fede comprendiamo che i mondi sono stati formati dalla parola di Dio; così le cose che si vedono non sono state tratte da cose apparenti. (Ebrei 11:3)

Per fede comprendiamo, non “accettiamo di credere”!

…avendo determinato le epoche loro assegnate

Dio è il Dio della storia, nulla avviene a caso.

Possiamo notare l’esempio del re persiano Baldassar:

E tu, Baldassar, suo figlio, non hai umiliato il tuo cuore, benché tu sapessi tutto questo, ma ti sei innalzato contro il Signore del cielo. Ti sono stati portati i vasi della casa di Dio e in essi avete bevuto tu, i tuoi grandi, le tue mogli e le tue concubine; tu hai lodato gli dèi d'argento, d'oro, di bronzo, di ferro, di legno e di pietra, i quali non vedono, non odono e non comprendono, e non hai glorificato il Dio che ha nella sua mano il tuo soffio vitale, e dal quale dipendono tutte le tue vie. Perciò egli ha mandato quel pezzo di mano che ha tracciato quello scritto. Ecco le parole che sono state scritte: Mené, Mené, Téchel, U-Parsin. Questa è l'interpretazione delle parole: Mené, Dio ha fatto il conto del tuo regno e gli ha posto fine; Téchel, tu sei stato pesato con la bilancia e sei stato trovato mancante. Perès, il tuo regno è diviso e dato ai Medi e ai Persiani».

Allora, per ordine di Baldassar, Daniele fu vestito di porpora, gli fu messa al collo una collana d'oro e fu proclamato terzo nel governo del regno.

In quella stessa notte Baldassar, re dei Caldei, fu ucciso. (Daniele 5:22-30)

 

Sempre il libro di Isaia ci illumina in tale senso:

Come la mia mano è giunta a colpire i regni degli idoli dove le immagini erano più numerose che a Gerusalemme e a Samaria, non posso io forse, come ho fatto a  Samaria e ai suoi idoli, fare anche a Gerusalemme e alle sue statue?

Ma quando il Signore avrà compiuto tutta la sua opera sul monte Sion e a Gerusalemme, «io», dice il SIGNORE, «punirò il re d'Assiria per il frutto della superbia del suo cuore e dell'arroganza dei suoi sguardi alteri.

Infatti egli dice: "Io l'ho fatto grazie alla forza della mia mano e alla mia saggezza,  perché sono intelligente; ho rimosso i confini dei popoli, ho saccheggiato i loro tesori;  e, potente come sono, ho detronizzato dei re.

La mia mano ha trovato, come un nido, le ricchezze dei popoli; e come uno raccoglie delle uova abbandonate, così io ho raccolto tutta la terra; e nessuno ha mosso l'ala o aperto il becco o mandato un grido"».

La scure si vanta forse contro colui che la maneggia?

La sega si inorgoglisce forse contro colui che la muove?

Come se la verga facesse muovere colui che l'alza, come se il bastone alzasse colui che non è di legno! (Isaia 10:10-15)

 

Anche Maria, nel suo cantico riconosce questa realtà:

Egli ha operato potentemente con il suo braccio; ha disperso quelli che erano superbi  nei pensieri del loro cuore; ha detronizzato i potenti, e ha innalzato gli umili; ha colmato di beni gli affamati, e ha rimandato a mani vuote i ricchi. (Luca 1:51-53)

 

Gesù stesso ricordò la stessa cosa a Pilato:

Allora Pilato gli disse: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di liberarti e il potere di crocifiggerti?»

Gesù gli rispose: «Tu non avresti alcun'autorità su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall'alto; perciò chi mi ha dato nelle tue mani, ha maggior colpa». (Giovanni 10:10-11)

 

E Paolo ci illumina circa la presenza di queste “autorità”:

Ogni persona stia sottomessa alle autorità superiori; perché non vi è autorità se non da Dio; e le autorità che esistono sono stabilite da Dio.

Perciò chi resiste all'autorità si oppone all'ordine di Dio; quelli che vi si oppongono si attireranno addosso una condanna; (Romani 13:1-2)

 

…i confini della loro abitazione

Quando Dio parlò a Giobbe dal seno della tempesta, parlando delle acque (che metaforicamente sono biblicamente paragonate alle nazioni), disse:

Chi chiuse con porte il mare balzante fuori dal grembo materno, quando gli diedi le nubi come rivestimento e per fasce l'oscurità, quando gli tracciai dei confini, gli misi sbarre e porte?

Allora gli dissi: "Fin qui tu verrai, e non oltre; qui si fermerà l'orgoglio dei tuoi flutti".

(Giobbe 38:8-11)

 

…affinché cerchino Dio,

Lo scopo ultimo della manifestazione della signoria di Dio sul creato e sulla storia dell’uomo è una sola: affinché cerchino Dio.

Per il popolo di Israele questa ricerca di Dio era promossa dalla Legge, per i pagani dal creato.

 

…se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché egli non sia lontano da ciascuno di noi.

Paolo riconosce che la ricerca di Dio è cosa ardua, l’uomo caduto nel suo smarrimento è in una condizione difficile.

Già Salomone scriveva:

Figlio mio, se ricevi le mie parole e serbi con cura i miei comandamenti, prestando orecchio alla saggezza e inclinando il cuore all'intelligenza; sì, se chiami il discernimento e rivolgi la tua voce all'intelligenza, se la cerchi come l'argento e ti dai a scavarla come un tesoro, allora comprenderai il timore del SIGNORE e troverai la scienza di Dio.

Il SIGNORE infatti dà la saggezza; dalla sua bocca provengono la scienza e l'intelligenza. (Proverbi 2:1-6)

 

Gesù stesso, parlando della strada e della porta che conduce alla Vita, dirà:

Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa.

Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano.       (Matteo 7:13-14)

 

***

Difatti, in lui viviamo, ci moviamo, e siamo, come anche alcuni vostri poeti hanno detto: "Poiché siamo anche sua discendenza".

…in lui viviamo, ci moviamo, e siamo

Paolo scriverà così ai Colossesi:

Dio ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio. In lui abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati. Egli è l'immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura; poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potestà; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui. Egli è il capo del corpo, cioè della chiesa; è lui il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato. Poiché al Padre piacque di far abitare in lui tutta la pienezza e di riconciliare con sé tutte le cose per mezzo di lui, avendo fatto la pace mediante il sangue della sua croce; per mezzo di lui, dico, tanto le cose che sono sulla terra, quanto quelle che sono nei cieli. (Colossesi 1:13-20)

 

…alcuni dei vostri poeti

La citazione dell'apostolo è la metà d'un esametro, che può essere di Arato, poeta di Tarso, 272 circa, av. Cr., o di Cleante, altro poeta greco del 300 a.C.

Il brano d'Arato dov'è la citazione, dice:

"Di lui, di Giove, son pieni tutti sentieri per cui passiamo, e tutti i mercati degli uomini pieni son di lui pure il mare ed ogni seno ed ogni baia e tutti quanti, per ogni cosa, abbiam bisogno dell'aiuto di Giove, perché noi pure siam progenie di lui!"    (Fenom. 1-5).

 

E il brano di Cleante:

"Te, o Giove, sovrano della Natura, che guidi con la tua mano tutto quello che esiste, te salutiamo e lodiamo. A te è giusto che i mortali si rivolgano unanimi poichè siam tua progenie".  (Inno a Giove)

 

Il messaggio cristiano raggiunge i “religiosi” ateniesi rivelando tutte le debolezze della “religione”.

Nella religione il protagonista è l’uomo, le sue opere, i suoi valori, nel cristianesimo il protagonista è Cristo, la Sua opera, la Sua potenza.

La religione è un prodotto umano, l’evangelo è la rivelazione divina.

Nella religione l’uomo vuole arrivare a Dio, l’evangelo è Dio che ha raggiunto l’uomo, per questo nella religione ci sono domande, dubbi, incertezze e insoddisfazioni.

L’evangelo invece è la rivelazione dell’opera di Dio compiuta in Gesù Cristo.

La religione è una domanda, l’evangelo è una risposta!

 

***

Essendo dunque discendenza di Dio, non dobbiamo credere che la divinità sia simile a oro, ad argento, o a pietra scolpita dall'arte e dall'immaginazione umana. Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano, perché ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell'uomo ch'egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti, risuscitandolo dai morti».

L'esordio del discorso è un capolavoro d'arte retorica.

Le idee fondamentali del discorso, nel loro nesso logiche sono queste:

1) C'è un Dio unico, Creatore dell'universo (Atti 17:24).

2) Questo Dio è in modo assoluto indipendente dal mondo materiale, e il culto a cui ha diritto, dev'essere un culto conforme a questo principio (Atti 17:24-25), conformemente a quanto insegnato da Gesù stesso:

Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità. (Giovanni 4:23-24)

3) Gli uomini son tutti proceduti da "un uomo solo creato da Dio a Sua immagine e somiglianza" e non possono quindi avere che un solo e medesimo Dio (Atti 17:26), questa affermazione poteva essere vista dai greci come un affronto, visto che loro consideravano tutti gli altri dei “barbari”.

4) Le differenze nazionali dipendenti da circostanze di tempo e di luogo, sono regolate dalla suprema volontà di Dio, che è l'arbitro sovrano dei destini umani.

Esse non impediscono che lo scopo comune degli uomini, lo scopo che agli uomini e proposto da Dio, sia uno solo e molto al disopra dei loro interessi materiali.

Essi devono arrivare tutti alla conoscenza di Dio; e le loro vicende rappresentano l'educazione per la quale Dio li conduce alla volta di questo scopo (Atti 17:26-27), come d’altronde lo stesso Paolo insegnerà:

Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità.

Infatti c'è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, che ha dato se stesso come prezzo di riscatto per tutti (1 Timoteo 2:3-6)

5) Questa conoscenza di Dio, era personale prima della caduta dell’uomo, ora è diventata “difficile”, ma Cristo è la Via, la Verità e la Vita per ritornare a Dio.

In Cristo, Dio è vicino a noi; è in noi.

C'è comunque nella natura umana un “qualcosa di divino”, un legame che congiunge l'uomo al cielo; e questa idea alcuni dei poeti pagani hanno già da tempo espressa (Atti 17:28) come anche dice l’Ecclesiaste:

Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell'eternità, sebbene l'uomo non possa comprendere dal principio alla fine l'opera che Dio ha fatta. (Ecclesiaste 3:11)

6) Non è dunque che per una deplorevole aberrazione dello spirito, che l'uomo ha potuto assimilare la divinità alle invenzioni dell'arte ed alla materia plasmata dalla sua mano (Atti 17:29), e questo è un peccato che fa scatenare l’ira di Dio e che ha fatto inacerbire lo stesso animo di Paolo in quei giorni, lo stesso Paolo scriverà più tardi:

L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l'ingiustizia; poiché quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato loro; infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle opere sue; perciò essi sono inescusabili, perché, pur avendo conosciuto Dio, non l'hanno glorificato come Dio, né l'hanno ringraziato; ma si sono dati a vani ragionamenti e il loro cuore privo d'intelligenza si è ottenebrato.

Benché si dichiarino sapienti, sono diventati stolti, e hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Per questo Dio li ha abbandonati all'impurità, secondo i desideri dei loro cuori, in modo da disonorare fra di loro i loro corpi; essi, che hanno mutato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore, che è benedetto in eterno. Amen.

(Romani 1:18-25)

7) Nondimeno, l'apostolo non si presenta oggi a castigare queste aberrazioni, egli annuncia la Buona Notizia; annuncia che Dio vuole dimenticare il passato, proprio come scriverà ai romani:

…tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio  ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù.

Dio lo ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato, al tempo della sua divina pazienza; e per dimostrare la sua giustizia nel tempo presente affinché egli sia giusto e giustifichi colui che ha fede in Gesù. (Romani 3:23-26)

 

Si tratta dunque di spingere gli sguardi negli orizzonti del futuro; si tratta di cominciare una vita nuova e di romperla, una volta per sempre, con delle credenze che non fanno altro se non allontanare l'uomo dal Vero ed Unico Dio, dal suo dovere, dalla sua felicità (cfr Atti 17:30).

A quest'ultima considerazione si rifanno naturalmente gli elementi del vangelo; il giudizio, il Cristo, la Sua risurrezione, considerata come prova della sua missione (Atti 17:31).

Ma questi elementi, schiettamente evangelici, pur confutando di fatto le due linee filosofiche degli epicurei e degli stoici, non fanno presa sulla intelligenza dei greci; non hanno alcuna relazione con la filosofia contemporanea, e il discorso è interrotto nel modo che s'è visto.

 

…non dobbiamo credere che la divinità sia simile a oro, ad argento, o a pietra scolpita dall'arte e dall'immaginazione umana

L’adorazione delle immagini è sempre stata una forte tentazione per l’uomo, Dio lo vietò al popolo di Israele proprio per fare emergere questa loro naturale tendenza imparata nel paese d’Egitto e manifestata già nel deserto del Sinai (cfr Esodo 32).

Successivamente le influenze pagane portarono il popolo alla completa idolatria che il profeta Isaia descriveva così:

A chi vorreste assomigliare Dio? Con quale immagine lo rappresentereste?

Un artista fonde l'idolo, l'orafo lo ricopre d'oro e vi salda delle catenelle d'argento.

Colui che la povertà costringe a offrir poco sceglie un legno che non marcisca, e si procura un abile artigiano, per fare un idolo che non vacilli. (Isaia 40:18-20)

 

Così parla il SIGNORE, re d'Israele e suo redentore, il SIGNORE degli eserciti: "Io sono il primo e sono l'ultimo, e fuori di me non c'è Dio. Chi, come me, proclama l'avvenire fin da quando fondai questo popolo antico?

Che egli lo dichiari e me lo provi! Lo annuncino essi l'avvenire, e quanto avverrà!

Non vi spaventate, non temete! Non te l'ho io annunciato e dichiarato da tempo?

Voi me ne siete testimoni. C'è forse un Dio fuori di me? Non c'è altra Rocca; io non ne conosco nessuna"».

Quelli che fabbricano immagini scolpite sono tutti vanità; i loro idoli più cari non giovano a nulla; i loro testimoni non vedono, non capiscono nulla, perché essi siano coperti di vergogna.

Chi fabbrica un dio o fonde un'immagine che non gli serva a nulla?

Ecco, tutti quelli che vi lavorano saranno coperti di vergogna, e gli artefici stessi non sono che uomini!

Si radunino tutti, si presentino!... Saranno spaventati e coperti di vergogna tutti insieme.
Il fabbro lima il ferro, lo mette nel fuoco, forma l'idolo a colpi di martello e lo lavora con braccio vigoroso; soffre perfino la fame e la forza gli vien meno; non beve acqua e si affatica.

Il falegname stende la sua corda, disegna l'idolo con la matita, lo lavora con lo scalpello, lo misura con il compasso, ne fa una figura umana, una bella forma d'uomo,
perché abiti una casa.

Si tagliano dei cedri, si prendono degli elci, delle querce, si fa la scelta fra gli alberi della foresta, si piantano dei pini che la pioggia fa crescere.

Poi tutto questo serve all'uomo per fare fuoco, ed egli ne prende per riscaldarsi, ne accende anche il forno per cuocere il pane; e ne fa pure un dio e lo adora,
ne scolpisce un'immagine, davanti alla quale si inginocchia.

Ne brucia la metà nel fuoco, con l'altra metà prepara la carne, la fa arrostire, e si sazia.

Poi si scalda e dice: «Ah! mi riscaldo, godo a veder questa fiamma!»

Con l'avanzo si fa un dio, il suo idolo, gli si prostra davanti, lo adora, lo prega
e gli dice: «Salvami, perché tu sei il mio dio!»

Non sanno nulla, non capiscono nulla; hanno impiastrato loro gli occhi perché non vedano, e il cuore perché non comprendano.

Nessuno rientra in se stesso e ha conoscimento e intelletto per dire: «Ne ho bruciato la metà nel fuoco, sui suoi carboni ho fatto cuocere il pane, vi ho arrostito la carne che ho mangiata; con il resto farei un idolo abominevole?

Mi inginocchierei davanti a un pezzo di legno?»

Un tal uomo si pasce di cenere, il suo cuore sviato lo inganna al punto che non può liberarsene e dire: «Ciò che stringo nella mia destra non è forse una menzogna?»

(Isaia 44:6-20)

Sono passati millenni, ci siamo “evoluti”… …ma il cuore dell’uomo è sempre lo stesso!

 

…Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza

Dio è paziente verso gli ignoranti… …ma oggi si rivela, Paolo confermerà questo pensiero nella lettera ai romani:

avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato, al tempo della sua divina pazienza (Romani 3:25-26)

Ma è anche vero che oggi abbiamo la Sua Parola:

Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che egli ha costituito erede di tutte le cose, mediante il quale ha pure creato i mondi… (Ebrei 1:1-2)

Oggi, dove la Parola di Dio è arrivata, non siamo più nei tempi dell’ignoranza!

 

…ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano,

Ora Dio comanda il ravvedimento… …è un ordine di Dio, perché…

 

…perché ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell'uomo ch'egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti, risuscitandolo dai morti

 

Ora non è più il tempo dell’ignoranza è il tempo dell’attesa del giusto giudizio di Dio al quale si scampa solo aggrappandosi alla Sua Grazia offerta in Cristo Gesù.

Sono chiare le Parola di Gesù a Nicodemo:

…Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.

Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.

Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. (Giovanni 3:16-19)

 

E il giudizio avverrà per mano di Gesù Cristo, l’Uomo perfetto:

Inoltre, il Padre non giudica nessuno, ma ha affidato tutto il giudizio al Figlio, affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato. In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.

(Giovanni 5:22-24)

 

***

Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni se ne beffavano; e altri dicevano: «Su questo ti ascolteremo un'altra volta».

Così Paolo uscì di mezzo a loro.

Ma alcuni si unirono a lui e credettero; tra i quali anche Dionisio l'areopagita, una donna chiamata Damaris, e altri con loro.

Finchè Paolo, in qualche modo fa, secondo loro “sfoggio di cultura”, gli uditori lo ascoltano, ma appena egli comincia a presentare Gesù Cristo, il servo di Dio glorificato per mezzo della resurrezione, la loro attenzione improvvisamente cade e interrompono il discorso di Paolo.

Ecco la spensierata ironia dell'intelletto greco che abbiamo ereditato noi europei, che non sente neppure il bisogno di impegnarsi in una lotta seria con questa realtà.

Si limita ad una formula sarcastica di convenienza sociale per sviare un insegnamento, contro il quale, in seguito, quando la dialettica non basterà più, dovrà scatenare le ire ufficiali.

La scena raccontata qui è in qualche modo commentata da Paolo stesso nella sua prima lettera ai Corinzi:

Infatti Cristo non mi ha mandato a battezzare ma a evangelizzare; non con sapienza di parola, perché la croce di Cristo non sia resa vana.

Poiché la predicazione della croce è pazzia per quelli che periscono, ma per noi, che veniamo salvati, è la potenza di Dio; infatti sta scritto: «Io farò perire la sapienza dei saggi e annienterò l'intelligenza degli intelligenti».

Dov'è il sapiente? Dov'è lo scriba? Dov'è il contestatore di questo secolo? Non ha forse Dio reso pazza la sapienza di questo mondo?

Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione.

I Giudei infatti chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per gli stranieri pazzia; ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; poiché la pazzia di Dio è più saggia degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini.

 (1 Corinzi 1:18-25)

 

Per un greco era veramente una sciocchezza credere che un morto potesse alzarsi dalla tomba e vivere per sempre, per questo alcuni si beffarono, ma tra tutti quelli che non accettarono questa “pazzia”, ci furono alcuni che si convertirono, tra i quali Luca cita Dionosio, un membro dell’areopago ed una donna chiamata Damaris.

La predicazione di Paolo ad Atene fu un fallimento?

Direi di no in quanto fu una predicazione fedele!

 

Gianni Marinuzzi