CONOSCERE BENE PER CAMMINARE DEGNAMENTE

 

 

LA condotta DELLA CHIESA -

Camminare nell'unità

 

 

Io dunque, il prigioniero del Signore, vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta, con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri con amore, sforzandovi di conservare l'unità dello Spirito con il vincolo della pace. 

Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione. 

V'è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti.

Ma a ciascuno di noi la grazia è stata data secondo la misura del dono di Cristo. 

Per questo è detto: «Salito in alto, egli ha portato con sé dei prigionieri e ha fatto dei doni agli uomini».

Ora, questo «è salito» che cosa vuol dire se non che egli era anche disceso nelle parti più basse della terra? 

Colui che è disceso, è lo stesso che è salito al di sopra di tutti i cieli, affinché riempisse ogni cosa. 

È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo, fino a che tutti giungiamo all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo; 

affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l'astuzia loro nelle arti seduttrici dell'errore; ma, seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo,

cioè Cristo. 

Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l'aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell'amore.

 

***

Avendo spiegato il mistero dell’unione spirituale dei giudei e dei pagani entrambi convertiti in un unico corpo (la Chiesa) e sotto un unico Spirito, ed avendo specificato quale sia il Mistero di Cristo, la sua dispensazione, la sua rivelazione, le sue caratteristiche e quale sia la sua personale posizione di fronte a questo Mistero, la sua funzione affidatagli da Dio, lo svolgimento e lo scopo di tale incarico, Paolo passa ora all’applicazione di questi concetti teorici fino ad ora espressi, portando sul piano pratico l’insegnamento prima esposto e per il quale ha chiesto l’intercessione di Dio.

  

Paolo è ben cosciente di quello che dice, fino ad ora ha esposto la chiamata invisibile della Chiesa ma ora vuole aiutare i fratelli a capire che questa chiamata invisibile all’occhio umano deve diventare visibile attraverso la loro testimonianza, proprio come scritto nella lettera agli ebrei:

Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono. (Ebrei 11:1)

La Chiesa è innanzi tutto un Corpo, e come corpo dobbiamo condurci (in modo degno della nostra vocazione), ognuno, responsabilmente, secondo il dono ricevuto da Dio.

Chi legge la Bibbia isolando singoli versi può anche cogliere qualche insegnamento prezioso qua e là, ma certamente non sarà in grado di apprezzare la bellezza della Scrittura nel suo insieme e il suo senso logico.

I versi che abbiamo appena letto, ad esempio, sono belli e ricchi di insegnamento in sé stessi, ma diventano ancora più belli se si considera il modo in cui l’apostolo Paolo è giunto fino a qui; infatti, in questa lettera, Paolo si è rivolto in modo particolare agli stranieri per farli sentire parte della famiglia di Dio, incoraggiandoli ad apprezzare ciò che Dio ha preparato anche per loro prima della creazione del mondo.

Essi devono sentirsi uniti (in Cristo) ai loro fratelli ebrei, salvati per grazia proprio come loro attraverso l’opera di Gesù, l’Unto re di Israele che finalmente era venuto come promesso.

Essi erano uniti alla comunità dei figli di Dio (assemblea, chiesa) e tutti insieme, attraverso l’opera dello Spirito Santo in loro, potevano abbracciare l’amore senza limiti che Dio aveva manifestato in Gesù.

Pertanto:

- vista la premessa che Paolo ha spiegato nei dettagli;

- viste le grandi cose che Dio ha operato per loro e in loro;

- visto i grandi privilegi a cui sono stati chiamati;

è logico ciò che Paolo si aspetta da loro esortandoli a comportarsi in modo degno della vocazione che era stata loro rivolta.

 

Ma cosa si aspettava Paolo da loro?

Si aspettava che manifestassero le caratteristiche proprie di chi è stato trasformato da Dio, un impegno serio  in ogni umiltà, mansuetudine, pazienza e sopportazione amorevole, uno sforzo per conservare quell’unità spirituale, ovvero le medesime attitudini che hanno caratterizzato la vita di Gesù sulla terra.

Se Gesù Cristo, il Sommo Maestro, ha manifestato queste caratteristiche nei confronti degli uomini, ci si aspetta che i Suoi discepoli, coloro che Lo hanno conosciuto, manifestino anch’essi tali attitudini gli uni verso gli altri. 

 

***

Io dunque, il prigioniero del Signore, vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta, con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri con amore, sforzandovi di conservare l'unità dello Spirito con il vincolo della pace. 

 

Io dunque, il prigioniero del Signore…

L'apostolo non si chiama così per sollecitare la simpatia dei suoi lettori o per esortarli a consolarlo nella sua solitudine con la loro ubbidienza, lo fa per l’autorità delle sue parole.

Paolo non parla qui da un pulpito, nemmeno seduto su una comoda sedia o poltrona, si dà come esempio e parla dal campo di battaglia, dalla prigione nella quale è rinchiuso a causa della testimonianza!

Paolo si è sempre prestato come esempio, non ha temuto le critiche, le accuse di presuntuosità, le calunnie degli invidiosi, egli sa (come gli ha insegnato il Maestro), di essere un esempio per gli altri e esorta gli altri fratelli ad esserlo a loro volta:

 

Quando dunque ebbe loro lavato i piedi ed ebbe ripreso le sue vesti, si mise di nuovo a tavola, e disse loro: «Capite quello che vi ho fatto? 

Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. 

Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 

Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io. 

In verità, in verità vi dico che il servo non è maggiore del suo signore, né il messaggero è maggiore di colui che lo ha mandato. Se sapete queste cose, siete beati se le fate. (Giovanni 13:12-17)

 

Siate miei imitatori, fratelli, e guardate quelli che camminano secondo l'esempio che avete in noi. (Filippesi 3:17)

 

Voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore, avendo ricevuto la parola in mezzo a molte sofferenze, con la gioia che dà lo Spirito Santo, tanto da diventare un esempio per tutti i credenti della Macedonia e dell'Acaia. (1 Tessalonicesi 1:6-7)

 

  abbiamo voluto darvi noi stessi come esempio, perché ci imitaste. (2 Tessalonicesi 3:9)

 

Certa è quest'affermazione e degna di essere pienamente accettata: che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. 

Ma per questo mi è stata fatta misericordia, affinché Gesù Cristo dimostrasse in me, per primo, tutta la sua pazienza, e io servissi di esempio a quanti in seguito avrebbero creduto in lui per avere vita eterna. (1 Timoteo 1:15-16)

 

Nessuno disprezzi la tua giovane età; ma sii di esempio ai credenti, nel parlare, nel comportamento, nell'amore, nella fede, nella purezza. (1 Timoteo 4:12)

 

Esorta ugualmente i giovani a essere saggi, presentando te stesso in ogni cosa come esempio di opere buone; mostrando nell'insegnamento integrità, dignità, linguaggio sano, irreprensibile, perché l'avversario resti confuso, non avendo nulla di male da dire contro di noi. (Tito 2:6-8)

 

E questa attitudine la sottolinea anche Pietro:

Ma se soffrite perché avete agito bene, e lo sopportate pazientemente, questa è una grazia davanti a Dio.  Infatti a questo siete stati chiamati, poiché anche Cristo ha sofferto per voi, lasciandovi un esempio, perché seguiate le sue orme. (1 Pietro 2:20-21)

 

…vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta…

L’esortazione è autorevole in quanto data da un esempio di vita che sta soffrendo per il Vangelo; egli esorta a comportarsi in modo degno della vocazione che rivolta…

La vocazione è l'atto di Dio con cui comincia la nostra vita cristiana, l'atto con il quale Dio invita il peccatore a ravvedersi, a credere ed a perseverare sulla via della santificazione.

Non si tratta dunque di una teoria filosofica alla quale aderire intellettualmente, di una legge che l'uomo dà a se stesso, è un qualcosa che, una volta realizzato, deve influenzare la nostra vita sotto tutti i punti di vista, dobbiamo imparare a comportarci, a camminare in modo degno di Cristo!

La parola “degno” (axios) significa “uguale peso”, la chiamata e la condotta di un credente dovrebbero bilanciarsi.

Dal contesto della lettera dobbiamo considerare primariamente queste esortazioni riferite al  fatto della fusione di tutte le nazionalità in una unica e grande famiglia di Dio in Cristo.

Paolo quindi raccomanda in primo luogo ai fratelli di Efeso una condotta degna della unione spirituale in Cristo, perchè l'apostolo sa molto bene che le abitudini contratte, le antipatie secolari precedenti sono cose che non scompaiano facilmente (purtroppo), anche nella Chiesa!

 

L'unità dello spirito, che in teoria è la caratteristica speciale della famiglia cristiana deve essere vissuta praticamente, nella pazienza, nella reciproca sopportazione, nello sforzarsi di mantenere l’unità dello Spirito con il vincolo della pace.

Un comportamento degno della chiamata di Dio si caratterizza proprio

nel “vincolare la Pace” come bene superiore alle incomprensioni.

Ciò che molti non comprendono è che l’amore richiede impegno.

 

Infatti la comunità cristiana è composta da persone di ogni etnia, di ogni ceto sociale, di ogni età e sesso. 

Come possiamo pensare che un insieme così variegato di persone possa funzionare bene se ognuno non fa la sua parte? 

È facile mostrare amore verso chi la pensa sempre esattamente come noi, ha le nostre stesse abitudini, e magari ci dà sempre ragione, ma il vero esercizio consiste nel mostrare amore verso chi la pensa diversamente da noi, verso chi ha gusti e modi di fare diversi dai nostri. 

Ecco perché Paolo dice di sopportarsi gli uni gli altri con amore!

Ovviamente Paolo sta parlando qui di conservare l’unità dello Spirito come realtà ben superiore alle divisioni culturali, razziali, tradizionali; non sta sicuramente esortando i fratelli a conservare una unità di spirito con la menzogna o con la tolleranza verso il peccato, l’ingiustizia, l’immoralità o l’infedeltà!

 

…con ogni umiltà e mansuetudine…

L’umiltà per i greci non era assolutamente una virtù, anzi ricordava lo stato del servo, ma Paolo dichiara loro che il credente è chiamato a camminare con ogni umiltà e mansuetudine.

L'umiltà è l'anima del carattere cristiano, un cristiano senza umiltà è una contraddizione!

Più il cristiano si rende conto di quello che egli era e più medita sul fatto che quello che egli è lo è per la grazia di Dio, più tiene il proprio “io” davanti allo specchio immacolato della santità di Cristo; meno sente il bisogno di gloriarsi e di elevarsi sugli altri.

L’apostolo fa subito seguire alla esortazione un atteggiamento indispensabile per non cadere nell’orgoglio, con ogni umiltà e mansuetudine; il Maestro a cui Paolo fa riferimento è un esempio di umiltà e mansuetudine suprema:

 

Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini;  trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. (Filippesi 2:5-8)

 

Gesù stesso si dichiarò consapevolmente e senza falsa ed inutile modestia così:

imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; (Matteo 11:29)

 

Spesso noi schiviamo volentieri queste espressioni, non ci poniamo come esempio per gli altri, non per modestia (perché poi siamo estremamente orgogliosi su altri aspetti), ma semplicemente perché sappiamo di non essere un esempio, e (cosa ancora più grave) non vogliamo esserlo per non rinunciare alla nostra carnalità!

E’ notevole che Paolo parli di umiltà e mansuetudine (facendo riferimento anche a Gesù), ponendosi egli stesso come esempio, evidentemente dobbiamo imparare qualcosa sul concetto di orgoglio e umiltà!

I credenti non dovrebbero promuovere la “falsa umiltà”, dovrebbero riconoscere che essi si trovano nel Piano di Dio:

  Bisogna che egli cresca, e che io diminuisca. (Giovanni 3:30)

Per la grazia che mi è stata concessa, dico quindi a ciascuno di voi che non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio, secondo la misura di fede che Dio ha assegnata a ciascuno. (Romani 12:3)

Per esercitare e vivere questa umiltà, il cristiano non è solo chiamato a lodare Gesù Cristo per le Sue qualità (cosa giusta e santa), ma è chiamato a camminare come Lui:

  Infatti a questo siete stati chiamati, poiché anche Cristo ha sofferto per voi, lasciandovi un esempio, perché seguiate le sue orme. (1 Pietro 2:21)

 

Da questo sappiamo che l'abbiamo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Io l'ho conosciuto», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente completo.

Da questo conosciamo che siamo in lui: chi dice di rimanere in lui, deve camminare com'egli camminò. (1 Giovanni 2:3-6)

Ci rendiamo conto della pesantezza di queste Parole?

 

Paolo elenca per prima questa virtù in quanto essa è direttamente collegata allo sperimentare l’unione del corpo di Cristo.

D’altronde l’orgoglio promuove la divisione, l’umiltà promuove l’unità!

La mansuetudine non è qui una disposizione naturale alla mitezza, all'arrendevolezza; ma è la virtù per la quale il cristiano applica l'umiltà nelle relazioni che ha con il mondo o comunque con chi è più “debole” di lui.

La mansuetudine non è nemmeno sinonimo di debolezza, anzi, è una dote che denota una completa padronanza delle proprie emozioni e delle proprie reazioni!

Il cristiano mansueto, anche quando è frainteso, trattato spietatamente, oppresso e perseguitato, non diventa vendicativo, egli sa per esperienza che cosa e quanta sia la corruzione del cuore umano; e considera quindi colui che lo insulta, lo assale, inveisce contro di lui, come un disgraziato invaso dal male.

Per questo motivo è paziente perché sa che anche il Signore è stato ed è paziente con Lui e risponde all’affronto con la preghiera di intercessione, perché sa che con quella stessa misericordia, Dio ha guardato e guarda anche Lui.

Sa altresì che come Dio ha salvato lui stesso da quella situazione di peccato, può salvare da quello stesso stato anche quelli che ora lo insultano, lo trattano spietatamente, l'opprimono e lo perseguitano.

La mansuetudine è quella dolcezza quale frutto dello Spirito (cfr Galati 5:22) che è richiesta quale attitudine indispensabile per poter esercitare un servizio cristiano:

Il servo del Signore non deve litigare, ma deve essere mite con tutti, capace di insegnare, paziente.

Deve istruire con mansuetudine gli oppositori nella speranza che Dio conceda loro di ravvedersi per riconoscere la verità, in modo che, rientrati in se stessi, escano dal laccio del diavolo, che li aveva presi prigionieri perché facessero la sua volontà. (2 Timoteo 2:24-26)

…con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri con amore…

La pazienza o “longanimità” è l'opposto della irritabilità di chi perde presto la pazienza.

La pazienza è il sentimento per il quale il cristiano, pur potendo punire i falli altrui, non lo fa, ma aspetta e sopporta.

Sopporta non per debolezza, non per apatia, non serbando il veleno nel cuore, ma amando sempre di quell'amore forte, tipico del carattere di Dio.

Il cristiano sa quale sia la pazienza della quale egli stesso fu ed è ancora l'oggetto da parte di Dio.

È paziente colui che sa possedere il proprio corpo e le proprie reazioni, in modo da prendere con calma quelli che non sanno contenersi e regolarsi come lui, o che gli danno addosso con ostinazione turbolenta ed iraconda.

È paziente colui che sa sorridere ed aspettare finchè gli altri siano disposti a sentire ed ubbidire in modo più genuino e volontario.

Questa pazienza ci porta quindi a sopportarci gli uni gli altri con amore.

 

“Sopportandovi”, la parola greca, nella sua forma media, vuol dire: “Tenersi su, in alto, in sospeso” quindi più prossima a supportarsi, non a “sopportare il peccato tollerandolo” (come spesso viene erroneamente applicato questo passo)!

Essere pazienti e supportarsi o sostenersi a vicenda con amore, questo è quello che ci viene chiesto.

 

…sforzandovi di conservare l'unità dello Spirito con il vincolo della pace. 

L’unità dello Spirito non è “opera d’uomo”, non è un qualcosa che possiamo creare noi, perché tale unità è stata creata da Dio che ha dato ad ogni credente il medesimo Spirito Santo: tuttavia la conservazione dell’unità attraverso il vincolo della pace richiede impegno da parte di ogni cristiano. 

L’esercizio dell’’umiltà, della mansuetudine e della pazienza favoriscono un godimento completo dell’unità del Corpo di Cristo.

Non siamo chiamati a “formare l’unità del Corpo” (in quanto quella è garantita direttamente da Dio) ma a conservare l'unità dello Spirito, ovvero ciò che Dio ha iniziato in noi, nell’uomo nuovo spirituale che si va formando (ora noi siamo salvati nello Spirito, il corpo sarà redento alla manifestazione dei figli di Dio ed è così anche per la Chiesa).

Questo è lo scopo di questa esortazione.

 

Lo sforzo che il cristiano è tenuto a fare con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza e supporto reciproco è finalizzato alla conservazione dell'unità dello Spirito con il vincolo della pace e se lo Spirito è uno solo, come possiamo noi non conservarLo così?

La parola “vincolo” fa pensare ad una corda, ad un legame che tiene uniti e la pace è proprio quel vincolo che ci tiene uniti gli uni agli altri conservando (e sperimentando) così quell’unità che Dio ha creato.

 

La comunità cristiana funzionerà tanto meglio quanto più ogni singolo individuo si lascerà volontariamente vincolare agli altri nella pace, conservando quindi l’unità dello Spirito.

Purtroppo non sempre questo avviene, spesso e volentieri non ci si sforza sufficientemente per mantenere la pace con gli altri, spesso “ci si accontenta” di amare e mantenere la pace solo con coloro con i quali ci si sente più in sintonia ma, se ci pensiamo bene, non c’è nulla di spirituale in questo, infatti anche le persone che vivono senza Dio sono in grado di andare d’accordo quando c’è uniformità di vedute!

In cosa si distinguerebbero allora i figli di Dio?

Da cosa si vedrà l’azione dello Spirito Santo in loro?

 

Ricordiamoci che Gesù disse:

Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete?

Non fanno lo stesso anche i pubblicani?

E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario?

Non fanno anche i pagani altrettanto?

Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste. (Matteo 5:46-48)

Il vero segno di maturità cristiana consiste nell’essere in grado di amare e mantenere la pace non con chi vive la fede al 100% come noi o interpreta la Bibbia al 100% come noi, ma con chi ha il medesimo Spirito che abbiamo noi! 

È nostra responsabilità, come cristiani, saper riconoscere che c’è un solo corpo di Cristo, un solo Spirito, una sola Speranza che accomuna tutti i figli di Dio.

Coloro che hanno queste cose in comune con noi, indipendentemente dal fatto che ci diano sempre ragione e la pensino sempre esattamente come noi, che ci piacciano oppure no, sono nostri fratelli che dobbiamo sopportare con amore, sforzandoci di mantenere l’unità dello Spirito con il vincolo della pace.

Più la comunità cristiana nel suo insieme riuscirà a perseguire questo obiettivo, più efficace sarà la testimonianza verso il mondo che essa renderà al suo Messia Gesù.

Questo brano ci pone quindi di fronte ad una sfida importante, una sfida che solo un cristiano davvero maturo riuscirà a superare.

Sicuramente il pensiero prioritario di Paolo era quello delle divisioni che si potevano creare tra i cristiani provenienti di origine giudaica e quelli di origine pagana, nel momento che sarebbero passati insegnamenti come quelli propinati nella Galazia, questa unione poteva essere effettivamente traballare; ed in questo contesto troviamo tutti gli insegnamenti di tolleranza reciproca circa l’esercizio della libertà (cfr 1 Corinzi 8/14) ma non troviamo invece questa esortazione nei confronti di coloro che, chiamandosi fratellivivonoin uno stato di peccato.

Per assurdo troviamo una decisa riprensione dell’apostolo fatta ai corinzi che erano uniti in una unica assemblea e nello stesso tempo divisi in fazioni interne, uniti nel tollerare uno stato di peccato:

Si ode addirittura affermare che vi è tra di voi fornicazione, una tale fornicazione che non si trova neppure fra i pagani; al punto che uno si tiene la moglie di suo padre! 

E voi siete gonfi, e non avete invece fatto cordoglio, perché colui che ha commesso quell'azione fosse tolto di mezzo a voi!... 

…Nel nome del Signore Gesù, essendo insieme riuniti voi e lo spirito mio, con l'autorità del Signore nostro Gesù, ho deciso che quel tale sia consegnato a Satana, per la rovina della carne, affinché lo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù. (tratto da 1 Corinzi 5:1-5)

 

Vi ho scritto nella mia lettera di non mischiarvi con i fornicatori; non del tutto però con i fornicatori di questo mondo, o con gli avari e i ladri, o con gl'idolatri; perché altrimenti dovreste uscire dal mondo; ma quel che vi ho scritto è di non mischiarvi con chi, chiamandosi fratello, sia un fornicatore, un avaro, un idolatra, un oltraggiatore, un ubriacone, un ladro; con quelli non dovete neppure mangiare. 

Poiché, devo forse giudicare quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? 

Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi. (1 Corinzi 5:9-13)

 

Anche ai fratelli di Tessalonica Paolo fa una esortazione degna di nota:

Quanto a voi, fratelli, non vi stancate di fare il bene. 

E se qualcuno non ubbidisce a ciò che diciamo in questa lettera, notatelo, e non abbiate relazione con lui, affinché si vergogni. 

Però non consideratelo un nemico, ma ammonitelo come un fratello. (2 Tessalonicesi 3:13-15)

 

Dobbiamo quindi sforzarci di conservare l'unità dello Spirito (lo Spirito della Verità) con il vincolo della pace, ricordandoci però che Non c'è pace per gli empi (Isaia 57:21).

Se poi vogliamo comprendere nello specifico, a cosa si riferiva Paolo quando parlava di “divergenze da superare”, possiamo fare riferimento alle varie lettere che scrisse alle chiese, dove le stesse esortazioni erano tutte riferite a questioni di carattere prettamente terreno, relative:

- a scrupoli relativi ai cibi o a giorni stabiliti:

 

Accogliete colui che è debole nella fede, ma non per sentenziare sui suoi scrupoli.

Uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l'altro che è debole, mangia verdure. Colui che mangia di tutto non disprezzi colui che non mangia di tutto; e colui che non mangia di tutto non giudichi colui che mangia di tutto, perché Dio lo ha accolto.

Chi sei tu che giudichi il domestico altrui? Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone; ma egli sarà tenuto in piedi, perché il Signore è potente da farlo stare in piedi.

Uno stima un giorno più di un altro; l'altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente.

Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore; e chi mangia di tutto, lo fa per il Signore, poiché ringrazia Dio; e chi non mangia di tutto fa così per il Signore, e ringrazia Dio…

…Ma tu, perché giudichi tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi tuo fratello?

Poiché tutti compariremo davanti al tribunale di Dio; infatti sta scritto: «Come è vero che vivo», dice il Signore, «ogni ginocchio si piegherà davanti a me, e ogni lingua darà gloria a Dio».

Quindi ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio…

…Ora, se a motivo di un cibo tuo fratello è turbato, tu non cammini più secondo amore. Non perdere, con il tuo cibo, colui per il quale Cristo è morto!

Ciò che è bene per voi non sia dunque oggetto di biasimo; perché il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo. Poiché chi serve Cristo in questo, è gradito a Dio e approvato dagli uomini.

Cerchiamo dunque di conseguire le cose che contribuiscono alla pace e alla reciproca edificazione.

Non distruggere, per un cibo, l'opera di Dio.

Certo, tutte le cose sono pure; ma è male quando uno mangia dando occasione di peccato.

È bene non mangiare carne, né bere vino, né fare cosa alcuna che porti il tuo fratello a inciampare.

Tu, la fede che hai, serbala per te stesso, davanti a Dio. Beato colui che non condanna se stesso in quello che approva.

Ma chi ha dei dubbi riguardo a ciò che mangia è condannato, perché la sua condotta non è dettata dalla fede; e tutto quello che non viene da fede è peccato (tratto da Romani 14:1-23)

 

- a scrupoli relativi ai cibi provenienti da sacrifici pagani:

Quanto alle carni sacrificate agli idoli, sappiamo che tutti abbiamo conoscenza. La conoscenza gonfia, ma l'amore edifica.

Se qualcuno pensa di conoscere qualcosa, non sa ancora come si deve conoscere; ma se qualcuno ama Dio, è conosciuto da lui.

Quanto dunque al mangiare carni sacrificate agli idoli, sappiamo che l'idolo non è nulla nel mondo, e che non c'è che un Dio solo.

Ma non in tutti è la conoscenza; anzi, alcuni, abituati finora all'idolo, mangiano di quella carne come se fosse una cosa sacrificata a un idolo; e la loro coscienza, essendo debole, ne è contaminata.

Ora non è un cibo che ci farà graditi a Dio; se non mangiamo, non abbiamo nulla di meno; e se mangiamo non abbiamo nulla di più.

Ma badate che questo vostro diritto non diventi un inciampo per i deboli.

Perché se qualcuno vede te, che hai conoscenza, seduto a tavola in un tempio dedicato agli idoli, la sua coscienza, se egli è debole, non sarà tentata di mangiare carni sacrificate agli idoli?

Così, per la tua conoscenza, è danneggiato il debole, il fratello per il quale Cristo è morto.

Ora, peccando in tal modo contro i fratelli, ferendo la loro coscienza che è debole, voi peccate contro Cristo.

Perciò, se un cibo scandalizza mio fratello, non mangerò mai più carne, per non scandalizzare mio fratello. (tratto da 1 Corinzi 8:1-13)

 

Ogni cosa è lecita, ma non ogni cosa è utile; ogni cosa è lecita, ma non ogni cosa edifica.

Nessuno cerchi il proprio vantaggio, ma ciascuno cerchi quello degli altri.

Mangiate di tutto quello che si vende al mercato, senza fare inchieste per motivo di coscienza; perché al Signore appartiene la terra e tutto quello che essa contiene.

Se qualcuno dei non credenti v'invita, e voi volete andarci, mangiate di tutto quello che vi è posto davanti, senza fare inchieste per motivo di coscienza.

Ma se qualcuno vi dice: «Questa è carne di sacrifici», non ne mangiate per riguardo a colui che vi ha avvertito e per riguardo alla coscienza; alla coscienza, dico, non tua, ma di quell'altro; infatti, perché sarebbe giudicata la mia libertà dalla coscienza altrui?

Se io mangio di una cosa con rendimento di grazie, perché sarei biasimato per quello di cui io rendo grazie?

Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio.

Non date motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla chiesa di Dio; così come anch'io compiaccio a tutti in ogni cosa, cercando non l'utile mio ma quello dei molti, perché siano salvati. (1 Corinzi 10:23-33)

 

***

Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione. 

V'è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti.

 

Qui dobbiamo tornare al principio generale che ha ispirato questa esortazione e che Paolo elenca qui:

- un solo Corpo e un solo Spirito

- una sola Speranza, quella della vocazione

- un solo Signore

- una sola Fede

- un solo Dio e Padre di tutti che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti.

 

L'idea fondamentale della unità della Chiesa è l'idea dominante in tutta la lettera:

…un corpo solo e un solo Spirito..

 

E’ molto caro a Paolo questo esempio, ne parla anche nella sua prima lettera ai Corinzi:

Poiché, come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano molte, formano un solo corpo, così è anche di Cristo. 

Infatti noi tutti siamo stati battezzati in un unico Spirito per formare un unico corpo, Giudei e Greci, schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un solo Spirito.

Infatti il corpo non si compone di un membro solo, ma di molte membra. 

Se il piede dicesse: «Siccome io non sono mano, non sono del corpo», non per questo non sarebbe del corpo.  Se l'orecchio dicesse: «Siccome io non sono occhio, non sono del corpo», non per questo non sarebbe del corpo.  Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l'udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l'odorato?  Ma ora Dio ha collocato ciascun membro nel corpo, come ha voluto.  Se tutte le membra fossero un unico membro, dove sarebbe il corpo?  Ci sono dunque molte membra, ma c'è un unico corpo; l'occhio non può dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; né il capo può dire ai piedi: «Non ho bisogno di voi».  Al contrario, le membra del corpo che sembrano essere più deboli, sono invece necessarie; e quelle parti del corpo che stimiamo essere le meno onorevoli, le circondiamo di maggior onore; le nostre parti indecorose sono trattate con maggior decoro, mentre le parti nostre decorose non ne hanno bisogno; ma Dio ha formato il corpo in modo da dare maggior onore alla parte che ne mancava, perché non ci fosse divisione nel corpo, ma le membra avessero la medesima cura le une per le altre. Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui.

Ora voi siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua. (1 Corinzi 12:12-27)

 

La Chiesa quindi è un unico corpo complesso composto da innumerevoli membra tutte utili al buon funzionamento ed alla buona salute del corpo stesso, ha la sua unità e la sua vitalità dalla presenza e dall'azione dell'unico Spirito di Dio.

 

…una sola speranza, quella della vostra vocazione. 

V'è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo…

 

Paolo dichiara che l’unità della Chiesa è basata sulla unità della persona di Cristo (v’è un solo Signore e quindi un solo corpo), che è il Salvatore, l’unico Salvatore che ci ha dato una sola Speranza (uguale per tutti), attraverso una sola vocazione ed un solo Signore!

Vi è una sola fede, che è una per natura ed essenza e che ha un unico Salvatore per oggetto, non vi sono altre fedi fondate su altre persone o cose, per sincere che siano!

Vi è un solo battesimo, il battesimo è quella dichiarazione di consacrazione a Cristo, il risultato e la espressione di quell’Unica Fede in un Unico Signore e al tempo stesso, è l'unico modo con cui l'Unico Spirito dichiara i credenti membra di quell'Unico corpo che è la Chiesa.

  

…un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti.

L'apostolo vuole fare comprendere che ogni membro della Chiesa ha da Dio la sua missione particolare nella grande comunità; e per compierla con frutto, riceve dalla grazia di Dio dei doni speciali (quelli che Gesù ha paragonato a dei talenti, a delle somme di denaro) che vanno fatti fruttare per l’utile dell’unico corpo.

 

Quel solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti, si serve degli uomini come di strumenti per portare a termine il Suo disegno; come di collaboratori o di operai, è quindi Lui che dà loro i mezzi di agire nel senso della sua volontà e a condizione che a Lui ne rendano poi conto.

Ricordiamo che Paolo ha già spiegato come siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo (Efesini 2:10), quindi siamo stati creati per fare la Sua volontà, ovvero compiere quelle buone opere già preparate, dobbiamo solo praticarle.

Questi mezzi sono vari come sono varie le funzioni assegnate a ciascuno, come diverse sono le funzioni delle membra di un corpo; e sono anche diseguali, sia relativamente alla loro energia ed ai loro risultati immediati, sia per rispetto al posto che nella società procurano agli individui.

 

Ma lo scopo e l'origine di questi mezzi sono gli stessi per tutti, Paolo ne parla ai fratelli di Corinto:

Ora vi è diversità di doni, ma vi è un medesimo Spirito.

Vi è diversità di ministeri, ma non v'è che un medesimo Signore.

Vi è varietà di operazioni, ma non vi è che un medesimo Dio, il quale opera tutte le cose in tutti.

Ora a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune. (1 Corinzi 12:4-7)

 

E lo conferma nella lettera ai romani, i quali esorta anche ad avere un concetto sobrio della propria funzione nel corpo di Cristo:

Per la grazia che mi è stata concessa, dico quindi a ciascuno di voi che non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio, secondo la misura di fede che Dio ha assegnata a ciascuno.

Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e tutte le membra non hanno una medesima funzione, così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo in Cristo, e, individualmente, siamo membra l'uno dell'altro.

Avendo pertanto doni differenti secondo la grazia che ci è stata concessa, se abbiamo dono di profezia, profetizziamo conformemente alla fede; se di ministero, attendiamo al ministero; se d'insegnamento, all'insegnare; se di esortazione, all'esortare; chi dà, dia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le faccia con gioia. (Romani 12:3-8)

 

L'essenziale è che ciascuno ne faccia buon uso, che non dimentichi che sono un dono gratuito di Dio e di Cristo e che per quel che concerne la sorgente da dove derivano e la responsabilità che implicano, non c'è tra loro alcuna distinzione

Il problema è che non tutti sanno fare buon uso dei doni ricevuti; il dono non è stato dato per edificare “se stesso”, è stato dato per il bene comune.

Paolo aveva già ripreso in tal senso i fratelli di Corinto che pur non mancando di alcun dono (cfr 1 Corinzi 1:7), ne facevano un uso scorretto, non edificavano la Chiesa ma se stessi “gonfiandosi di orgoglio” e mancando la loro vocazione; dovremmo riflettere molto su questo!

Paolo esorta quindi tutti i credenti, tutti i membri della comunità cristiana, a sforzarsi di conservare l’unità dello Spirito preoccupandosi di perseguire la pace con gli altri membri della comunità.

Ma dopo aver parlato delle cose comuni, si sente spinto ad osservare in quale modo si manifesta l’infinitamente varia sapienza di Dio.

 

***

Ma a ciascuno di noi la grazia è stata data secondo la misura del dono di Cristo. 

L'apostolo passa qui dal generale al particolare, ha parlato finora del “corpo”, adesso parla dei “singoli individui”.

Nell'unità del corpo c’è posto per una immensa varietà di membra; tutte quante le membra che lo costituiscono, hanno la loro funzione, spesso ognuna diversa dall’altra e non una è dimenticata o trascurabile.

Ma a ciascuno di noi la grazia è stata data secondo la misura del dono di Cristo vale a dire, la grazia che egli possiede, il dono speciale, la speciale funzione, come l'apostolo ci dirà fra poco, è stata data secondo la misura del dono di Cristo.

Il dono è dunque misurato; ed ogni individuo lo riceve nella misura che piace alla sovrana volontà del supremo donatore:

 

…ma tutte queste cose le opera quell'unico e medesimo Spirito, distribuendo i doni a ciascuno in particolare come vuole. (1 Corinzi 12:11)

 

Ogni credente deve “funzionare” nel Corpo di Cristo secondo il dono ricevuto da Dio, ne più, ne meno,  non esistono persone che hanno il dono di “fare tutto” o persone che hanno il dono di “non fare nulla”, questo presuppone che nella Chiesa siano esercitati doni diversi da tutti i credenti, con un unico scopo: l’edificazione comune (il corpo di Cristo).

Paolo aveva già parlato dell’utilità comune dei doni nella lettera ai fratelli di Corinto:

  Ora a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune. (1 Corinzi 12:7)

 

***

Per questo è detto: «Salito in alto, egli ha portato con sé dei prigionieri e ha fatto dei doni agli uomini».

Ora, questo «è salito» che cosa vuol dire se non che egli era anche disceso nelle parti più basse della terra? Colui che è disceso, è lo stesso che è salito al di sopra di tutti i cieli, affinché riempisse ogni cosa. 

 

L’immagine che l’apostolo Paolo utilizza per introdurre tale distribuzione dei doni da parte di Gesù il Messia è molto particolare, infatti in questi versi Paolo utilizza un brano dell’antico testamento, il salmo 68, facendone un’applicazione davvero molto bella.

Tale salmo ha per protagonista assoluto il Signore, il Creatore di ogni cosa, che trionfa sui suoi nemici e benedice il suo popolo.

È un salmo di Davide che celebra proprio il trionfo di Dio come un Re, con tanto di corteo che accompagna il vincitore e riporta alla mente un momento storico importante, quello in cui Davide spostò la capitale del suo regno da Ebron a Gerusalemme, dopo aver conquistato quest’ultima e averla chiamata città di Davide (cfr 2 Samuele 5:9).

In seguito Davide portò anche l’arca di Dio a Gerusalemme (cfr 2 Samuele 6).

 

Da quel momento il monte Sion a Gerusalemme diventò la sede non solo del Re Davide ma anche la sede simbolica del Re dei Re, il Creatore dei cieli e della terra, il Signore, come si comprende chiaramente da ciò che Davide scrisse al verso 16, riferendosi al monte Sion: “perché, o monti dalle molte cime, guardate con invidia al monte che Dio ha scelto per sua dimora? Sì, il SIGNORE vi abiterà per sempre.”

Il Signore attraverso il suo rappresentante terreno, il Re Davide, aveva riportato una grande vittoria.

E Davide immagina proprio il Signore che vittorioso entra trionfante in Gerusalemme, per porre la sua dimora in Sion, che diventa il suo santuario, portando con sé i nemici prigionieri, e avendo con sé il bottino frutto della conquista (Salmo 68:17-18).

Il fatto che Paolo evochi quel salmo è davvero molto bello perché egli applica quelle parole a Gesù, discendente di Davide, il Re Messia che aveva riportato una vittoria ancora più grande di quella di Davide, sconfiggendo dei nemici ancora più temibili come è scritto ad esempio in Colossesi 2:15: “ha spogliato i principati e le potenze, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce.” o in Ebrei 2:14: “Poiché dunque i figli hanno in comune sangue e carne, egli pure vi ha similmente partecipato, per distruggere, con la sua morte, colui che aveva il potere sulla morte, cioè il diavolo”.

Non si poteva scegliere un brano migliore per descrivere la vittoria di Gesù, paragonandolo a Dio stesso che trionfa sui nemici e regna dalla sua sede in Gerusalemme. 

Come il Signore aveva trionfato e aveva spogliato i propri nemici, così Gesù sulla croce ha trionfato sulla morte e sui suoi nemici per risorgere come un Re vittorioso.

 

Per poter trionfare, per poter salire alla destra di Dio, come il Re dei Re che regna per sempre sull’intera creazione, Gesù è disceso sulla terra, è passato attraverso la morte ed è rimasto tre giorni nel “ventre della terra” (cfr Matteo 12:40) prima di risorgere.

Egli è salito ma, per amore dell’umanità, è anche disceso nelle parti più basse della terra come Paolo ha evidenziato in questi versi. 

Anche Pietro ci illumina su questo aspetto poco conosciuto della redenzione operata da Gesù Cristo:

Anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio. Fu messo a morte quanto alla carne, ma reso vivente quanto allo spirito.

E in esso andò anche a predicare agli spiriti trattenuti in carcere, che una volta furono ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava, al tempo di Noè, mentre si preparava l'arca, nella quale poche anime, cioè otto, furono salvate attraverso l'acqua.   (1 Pietro 3:18-20)

 

Ma Paolo va oltre e descrive i doni che Dio dà ai credenti proprio come la distribuzione del bottino del Re trionfante.

Il bottino frutto dello spogliamento dei nemici (indicato nel salmo 68 come “doni ricevuti”) si trasforma in un bottino che viene distribuito (“doni dati” agli uomini).

L'apostolo desidera qui illustrare quanto ha detto, con un testo scritturale ed egli cita il passo di Salmi 68:19, nel quale è parlato di un trionfatore che, salito in alto, distribuisce dei doni.

Ovviamente questo trionfatore è Gesù Cristo, il solo che sia ad un tempo disceso e salito; e siccome egli vi risiede definitivamente, è Colui che distribuisce i doni dello Spirito, come spiegò Pietro il giorno della Pentecoste:

 

Egli dunque, essendo stato esaltato dalla destra di Dio e avendo ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, ha sparso quello che ora vedete e udite. (Atti 2:33)

Forse non abbiamo mai pensato in questi termini ai doni spirituali che abbiamo ricevuto come credenti, ma esercitando i nostri doni, partecipiamo in qualche modo al trionfo di Gesù che ha vinto la morte e, attraverso la comunità cristiana, mostra al mondo le primizie della nuova creazione.

In attesa che Egli torni per stabilire il suo regno definitivo, in attesa di nuovi cieli e nuova terra, vogliamo onorarlo utilizzando nel miglior modo possibile ciò che egli ci ha donato.

Un corpo funziona bene se tutte le sue parti svolgono la propria funzione e, soprattutto, se “la testa funziona bene” e Paolo specifica bene come la Chiesa è un corpo di cui Gesù è il capo.

Considerando che uno dei problemi di ogni comunità umana è quello di stabilire chi è che comanda, questa similitudine ci toglie subito ogni dubbio in proposito.

Infatti, se Gesù è il capo, possiamo essere certi che è lui a comandare mentre tutti noi, indipendentemente dai doni e dalle responsabilità che abbiamo, siamo membra del corpo che rispondono direttamente a Lui del proprio operato.

Se un corpo funziona bene, cresce fino a raggiungere il suo sviluppo definitivo: l’altezza della statura perfetta di Cristo.

Insomma quando la chiesa funziona bene, ogni singolo membro cresce fino a diventare uomo fatto, ovvero maturo, ovvero sempre più simile a Gesù.

Ma come avviene tale crescita armoniosa?

 

Essa può avvenire solo se ogni membro svolge appunto la sua funzione corretta rimanendo ben attaccato al capo, cioè a Gesù.

Il corpo si sviluppa attraverso il contributo di ogni singola parte e tale contributo è rappresentato proprio dal dono spirituale che ognuno ha ricevuto e mette a disposizione degli altri con amore.

 

…affinché riempisse ogni cosa.

Di questa verità profetica Paolo ne ha già parlato ai fratelli di Efeso e ne parla anche ai Corinzi:

Ogni cosa egli ha posta sotto i suoi piedi e lo ha dato per capo supremo alla chiesa, che è il corpo di lui, il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti.   (Efesini 1:22-23)

Quando ogni cosa gli sarà stata sottoposta, allora anche il Figlio stesso sarà sottoposto a colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti.       (1 Corinzi 15:28)

 

***

È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo, fino a che tutti giungiamo all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo; affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l'astuzia loro nelle arti seduttrici dell'errore; ma, seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. 

 

In questo brano Paolo non ha lo scopo di indicare tutti i doni spirituali possibili ma si sofferma in particolare sui doni fondamentali per la nascita e lo sviluppo della chiesa.

Questo specificare la diversità di doni, è inoltre legato al principio che sta portando avanti qui l’apostolo, ovvero l’unità del corpo con tutto quello che gli appartiene sia come membra che come eredità, in quest’ottica trova tutto il suo senso quanto l’apostolo stesso affermava nella lettera ai corinzi:

 

Nessuno dunque si vanti degli uomini, perché tutto vi appartiene.

Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, le cose presenti, le cose future, tutto è vostro! E voi siete di Cristo; e Cristo è di Dio. (1 Corinzi 3:21-23)

 

È lui che ha dato…

Riprendendo quanto precedentemente citato nel Salmo 68:19, esalta la generosità e ricchezza di Gesù Cristo nel dare i doni, nonchè definisce in modo inequivocabile il mittente: Gesù Cristo.

Il fautore della discesa dello Spirito Santo è stato Gesù Cristo:

Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro consolatore, perché stia con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce.

Voi lo conoscete, perché dimora con voi, e sarà in voi.

Non vi lascerò orfani; tornerò da voi.

Ancora un po', e il mondo non mi vedrà più; ma voi mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno conoscerete che io sono nel Padre mio, e voi in me e io in voi.

Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò e mi manifesterò a lui». Giuda (non l'Iscariota) gli domandò: «Signore, come mai ti manifesterai a noi e non al mondo?»

Gesù gli rispose: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l'amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi udite non è mia, ma è del Padre che mi ha mandato.

Vi ho detto queste cose, stando ancora con voi; ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto. (Giovanni 14:15-26)

 

D’altronde fu Lui stesso a scegliere ed inviare i dodici:

Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. (Matteo 10:16)

 

Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga (Giovanni 15:16)

Paolo cita quindi apostoli (letteralmente “inviati”) che erano mandati da parte di Dio per fondare le prime comunità locali, evangelisti dotati in maniera particolare per predicare la buona notizia di Gesù a chi ancora non la conosceva, profeti che avevano la responsabilità di esortare e parlare da parte di Dio, pastori che avevano la capacità di curare il gregge prendendosi cura dei credenti, e dottori che avevano la responsabilità di insegnare in maniera sistematica la parola di Dio.

L’efficacia di questi doni primari avrebbe portato alla crescita, all’edificazione del corpo che quindi avrebbe portato anche tutti gli altri credenti ad essere pronti per svolgere il proprio servizio e per contribuire a loro volta all’edificazione ed in questo modo tutto il corpo sarebbe cresciuto nella fede e nella conoscenza di Gesù in maniera unitaria, armoniosa, verso la maturità prefissata.

 

Uno degli effetti benefici di una buona crescita che avviene seguendo questi principi è la resistenza verso i falsi insegnamenti, infatti Paolo evidenzia che, quando i membri della comunità maturano, non sono più bambini, sono uniti nella fede e conoscono meglio Gesù, quindi sono meno soggetti ad essere influenzati dalle false dottrine.

Considerando quanti falsi insegnamenti cercano di introdursi nella chiesa ancora oggi, ci si rende conto di quanto sia essenziale la crescita del corpo, ovvero della comunità cristiana, attraverso l’esercizio dei doni spirituali di ogni singolo membro.

Anche oggi ci sono tanti “venti di dottrina” e ci sono veri e propri artisti della seduzione che utilizzano il cappello del “cristianesimo” per introdurre insegnamenti che non hanno nulla a che fare con Gesù Cristo così come è rivelato nella Scrittura ed i neofiti in particolare rischiano di essere confusi dalla varietà di insegnamenti che allontanano dalla semplicità del Vangelo.

Solo una comunità ben connessa al capo, che cresce tramite l’apporto di tutte le giunture e persegue la verità con amore (l’ingrediente che non deve mai mancare), può restare una comunità davvero unita nella fede ed efficace nel proteggere anche i membri più deboli dai falsi insegnamenti.

 

…alcuni come apostoli…

Per apostoli si intende “messo”, “mandato o inviato”, “messaggero”, “missionario”.

Possiamo fare un distingue tra un apostolato generico e un apostolato speciale.

Abbiamo nella Scrittura degli esempi di apostoli “generici”:

- Barnaba e Paolo:

Anche a Iconio Paolo e Barnaba entrarono nella sinagoga dei Giudei e parlarono in modo tale che una gran folla di Giudei e di Greci credette.

Ma i Giudei che avevano rifiutato di credere aizzarono e inasprirono gli animi dei pagani contro i fratelli. Tuttavia rimasero là per molto tempo, predicando con franchezza e confidando nel Signore che rendeva testimonianza alla Parola della sua grazia e concedeva che per mano loro avvenissero segni e prodigi.

Ma la popolazione della città era divisa: gli uni tenevano per i Giudei, e gli altri per gli apostoli…

…La folla, veduto ciò che Paolo aveva fatto, alzò la voce, dicendo in lingua licaonica: «Gli dèi hanno preso forma umana, e sono scesi fino a noi».

E chiamavano Barnaba Giove, e Paolo Mercurio, perché era lui che teneva il discorso.

Il sacerdote di Giove, il cui tempio era all'entrata della città, condusse davanti alle porte tori e ghirlande, e voleva offrire un sacrificio con la folla.

Ma gli apostoli Barnaba e Paolo, udito ciò, si strapparono le vesti, e balzarono in mezzo alla folla, gridando: «Uomini, perché fate queste cose? (Tratto da Atti 14:1-15)

 

- Giacomo il fratello del Signore, testimone oculare della resurrezione e autore della lettera:

Poi apparve a Giacomo, poi a tutti gli apostoli; e, ultimo di tutti, apparve anche a me, come all'aborto (1 Corinzi 15:7-8)

Poi, dopo tre anni, salii a Gerusalemme per visitare Cefa e stetti da lui quindici giorni; e non vidi nessun altro degli apostoli; ma solo Giacomo, il fratello del Signore. (Galati 1:18-19)

 

- Silvano o Sila, difatti Paolo scrivendo ai tessalonicesi dei loro incontri avuti con Lui e Sila si esprime così:

Difatti, non abbiamo mai usato un parlare lusinghevole, come ben sapete, né pretesti ispirati da cupidigia; Dio ne è testimone. E non abbiamo cercato gloria dagli uomini, né da voi, né da altri, sebbene, come apostoli di Cristo, avessimo potuto far valere la nostra autorità; invece, siamo stati mansueti in mezzo a voi, come una nutrice che cura teneramente i suoi bambini. (1 Tessalonicesi 2:5-7)

 

- Apollo:

Ora, fratelli, ho applicato queste cose a me stesso e ad Apollo a causa di voi, perché per nostro mezzo impariate a praticare il non oltre quel che è scritto e non vi gonfiate d'orgoglio esaltando l'uno a danno dell'altro.

Infatti, chi ti distingue dagli altri? E che cosa possiedi che tu non abbia ricevuto?

E se l'hai ricevuto, perché ti vanti come se tu non l'avessi ricevuto?

Già siete sazi, già siete arricchiti, senza di noi siete giunti a regnare! E fosse pure che voi foste giunti a regnare, affinché anche noi potessimo regnare con voi!

Poiché io ritengo che Dio abbia messo in mostra noi, gli apostoli, ultimi fra tutti, come uomini condannati a morte; poiché siamo diventati uno spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. (1 Corinzi 4:6-9)

 

- Andronico e Giunia della chiesa di Roma:

Salutate Andronico e Giunia, miei parenti e compagni di prigionia, i quali si sono segnalati fra gli apostoli ed erano in Cristo già prima di me. (Romani 16:7)

 

Dalle caratteristiche e dalle funzioni svolte da questi fratelli possiamo dedurre che “apostolo in senso generico” era considerato colui che portava il messaggio del Vangelo con l’autorità di Dio.

Abbiamo inoltre un apostolato “speciale” costituito dai “dodici apostoli”:

A tale riguardo ricordiamo che le mura della Gerusalemme celeste è proprio fondata sui loro dodici nomi:

Le mura della città avevano dodici fondamenti, e su quelli stavano i dodici nomi di dodici apostoli dell'Agnello. (Apocalisse 21:14)

 

…altri come profeti…

Il profeta è colui che parla, annuncia, espone, colui per mezzo del quale Dio parla, ma è anche uno che ha il dono divino di conoscere in modo soprannaturale.

Il profeta non è un interprete ma è unicamente un mezzo per il quale Dio parla, a differenza del dottore che è colui che in qualche modo spiega.

 

A maggior chiarimento possiamo vedere come la figura del profeta sia contemplata nella Scrittura neotestamentaria:

In quei giorni, alcuni profeti scesero da Gerusalemme ad Antiochia.

E uno di loro, di nome Agabo, alzatosi, predisse mediante lo Spirito che ci sarebbe stata una grande carestia su tutta la terra; la si ebbe infatti durante l'impero di Claudio. (Atti 11:27-28)

 

Giuda e Sila, anch'essi profeti, con molte parole li esortarono e li fortificarono.

Dopo essersi trattenuti là diverso tempo, i fratelli li lasciarono ritornare in pace a coloro che li avevano inviati.  (Atti 15:32-33)

 

Eravamo là da molti giorni, quando scese dalla Giudea un profeta, di nome Agabo.

Egli venne da noi e, presa la cintura di Paolo, si legò i piedi e le mani e disse: «Questo dice lo Spirito Santo: "A Gerusalemme i Giudei legheranno così l'uomo a cui questa cintura appartiene, e lo consegneranno nelle mani dei pagani"». (Atti 21:10-11)

Chi profetizza, invece, parla agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione. (1 Corinzi 14:3)

 

I profeti erano considerati coloro che rivelavano la Parola e la Volontà di Dio alla Chiesa in un periodo nel quale la Parola di Dio non era ancora scritta, in quanto gli apostoli e i profeti dovevano porre il fondamento, confermato da almeno due testimoni oltre al Dio stesso che confermava con segni e prodigi, in quanto la Legge prescrive che “ogni Parola sia confermata da due o tre testimoni” (cfr Deuteronomio 17:6; 19:15; Ebrei 10:28), tale “formula” viene anche richiamata nel Nuovo Patto (cfr Matteo 18:16; 1 Timoteo 5:19) e sarà ulteriormente utilizzata nel Giorno del Signore (cfr Apocalisse 11:3)

Possiamo anche dire che il corrispondente moderno dell'antico “profeta” è il predicatore cristiano che edifica, esorta, consola (cfr. 1Corinzi 14:3Atti 15:32).

 

…altri come evangelisti…

Gli evangelisti sono degli annunciatori del Vangelo, quelli che portano il buon annuncio della salvezza per mezzo di Cristo.

Essi vanno di luogo in luogo ed entrano in contatto con quelli che non sono raggiungibili in modo “classico” (non frequentano la comunità), li esortano, li supplicano di accettare Cristo come loro Salvatore, senza alcuna preoccupazione relativa a dettagli di organizzazione, di rituali, di disciplina ecclesiastica.

Il termine “evangelista” si trova solo altre due volte soltanto nel Nuovo Testamento e riferito al diacono Filippo ed a Timoteo:

Ripartiti il giorno dopo, giungemmo a Cesarea; ed entrati in casa di Filippo l'evangelista, che era uno dei sette, restammo da lui. (Atti 21:8)

Ma tu sii vigilante in ogni cosa, sopporta le sofferenze, svolgi il compito di evangelista, adempi fedelmente il tuo servizio. (2 Timoteo 4:5)

 

La figura di evangelista è quindi oggi paragonata a coloro che svolgono un lavoro missionario.

 

…altri come pastori e dottori… 

A differenza degli evangelisti che svolgono un ministerio più “itinerante”, i pastori e dottori svolgono un ministero all’interno della Chiesa locale.

Il pastore è colui che conduce e pasce il gregge e quindi colui che si prende cura delle pecore, della loro salute spirituale è un sorvegliante che vigila sulla chiesa locale, in quanto il Pastore per eccellenza del popolo di Dio è Gesù Cristo.

Il pascere un gregge non significa farlo semplicemente “ingrassare”, significa renderlo capace di pascere altri e di partecipare a questa costruzione spirituale!

Il dottore è invece colui che insegna, che insegna “con metodo” nell’ambito della chiesa locale.

I pastori e dottori devono allevare altri credenti e devono, con il loro esempio e con la loro conoscenza della Parola, formare gli altri per poter entrare a loro volta nel ministero e contribuire all'edificazione del corpo di Cristo, non limitarsi a presiedere meramente le “funzioni religiose” o “organizzare eventi”!

 

…per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo… 

Lo scopo di tutta questa diversità di ministeri è solo uno:  il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo.

Non è quindi l’esaltazione di una persona.

 

Non è quindi una questione di “carriera spirituale”, è un servizio con uno scopo preciso, fallito lo scopo non ha altro senso!

Il corpo di Cristo è la sintesi dei credenti. I credenti sono le membra del corpo di Cristo.

L'idea dell’edificare, del continuare a costruire il corpo di Cristo, ci porta a considerare quanto sia essenziale portare avanti le nuove generazioni nella testimonianza!

Questo dimostra in modo inequivocabile che tutti i santi (non solo alcuni) sono responsabili e sono chiamati a contribuire secondo il dono che (sicuramente) hanno ricevuto!

 

…fino a che tutti giungiamo all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo… 

L’obiettivo è portare tutti i santi ad uno stato di maturità spirituale che si esprime in una fede condivisa e completa nella conoscenza del Figlio di Dio e quindi allo stato di uomini fatti (non immaturi o “carnali”), all'altezza della statura perfetta di Cristo

…affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l'astuzia loro nelle arti seduttrici dell'errore…

Il non raggiungere uno standard come quello proposto da Paolo circa l'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo, porta il credente a vivere come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l'astuzia loro nelle arti seduttrici dell'errore.

 

Dio non vuole che rimaniamo dei bambini naturalmente più degli altri esposti ad ogni sorta di influenze e sono sballottati qua e lì e portati via da ogni vento di dottrina.

Abbiamo delle altre esortazioni in tal senso:

Fratelli miei, considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate, sapendo che la prova della vostra fede produce costanza.

E la costanza compia pienamente l'opera sua in voi, perché siate perfetti e completi, di nulla mancanti.

Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data.

Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un'onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là.

Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore, perché è di animo doppio, instabile in tutte le sue vie. (Giacomo 1:2-8)

Non vi lasciate trasportare qua e là da diversi e strani insegnamenti; perché è bene che il cuore sia reso saldo dalla grazia, non da pratiche relative a vivande, dalle quali non trassero alcun beneficio quelli che le osservavano. (Ebrei 13:9)

 

Ricordiamoci inoltre che la instabilità è una delle caratteristiche dei falsi dottori:

Essi sono delle macchie nelle vostre agapi quando banchettano con voi senza ritegno, pascendo se stessi; nuvole senza acqua, portate qua e là dai venti; alberi d'autunno senza frutti, due volte morti, sradicati; onde furiose del mare, schiumanti la loro bruttura; stelle erranti, a cui è riservata l'oscurità delle tenebre in eterno. (Giuda 12-13)

Quello che si rischia nello stare in questo stato di “immaturità patologica” è l’essere l’oggetto della frode degli uomini, per l'astuzia loro nelle arti seduttrici dell'errore, sotto varie forme di gioghi di carattere spirituale (abusi, sopraffazioni e altre simili cose).

 

…ma, seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo.

Saldi nella nostra posizione che ci tende ad essere uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo, possiamo essere certi di seguire la verità nell'amore.

Non esiste una Verità divina senza l’Amore e non esiste l’Amore senza la Verità divina, separarle è una profanazione che ha delle conseguenze devastanti!

 

Questo camminare degnamente ci porta ad una crescita in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo.

in ogni cosa, perché tutta la nostra vita è protesa in quella direzione e tutte le “nostre cose” sono viste secondo la Sua Luce.

 

…verso colui che è il capo, cioè Cristo.

La nostra crescita non deve avere altri obiettivi, è Lui il perfetto esempio di fede, è Lui che ha marcato le orme che noi dobbiamo seguire, è Lui il traguardo della nostra corso spirituale!

 

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Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l'aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell'amore.

Paolo ritorna all’immagine dell’Unità del Corpo; è questo l’insegnamento che sta trasmettendo ai fratelli di Efeso e a noi.

Si potrebbe anche dire Da lui tutto il corpo ben coordinato

 

… mediante l'aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell'amore.

Possiamo veramente apprezzare qui quale sia l’importanza di ogni parte del corpo di Cristo, non esiste giuntura, articolazione, osso, tessuto, organo, pelo, che non contribuisca al benessere, allo sviluppo ed al vigore del corpo di Cristo, ma nell'amore, non nell’autogratificazione o peggio ancora nella sopraffazione.

 

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CONCLUSIONE

 

Spiegate dettagliatamente le caratteristiche spirituali del Corpo di Cristo, Paolo è passato ora all’applicazione pratica di questi concetti e lo fa non da un pulpito ma dalle mura di un carcere nel quale è rinchiuso proprio a motivo dello svolgimento del suo servizio in questo senso.

L’esortazione è per la conduzione di una vita degna della chiamata ricevuta: siamo stati chiamati ad un solo Corpo, quindi camminiamo nell’unità!

Ma non si tratta di una unità a tutti i costi e senza regole, è una Unità sotto un solo Capo: Gesù Cristo quale Autorità assoluta.

 

Per camminare in questo modo dobbiamo:

- vivere la nostra vita cristiana con l’umiltà, la mansuetudine, la pazienza che sono le caratteristiche che Dio stesso ha mostrato e mostra nei nostri confronti;

 

- sforzarci di conservare questa Unità di Spirito con il vincolo della Pace, in quanto nella nostra carnalità questa unione non è affatto “normale” e neppure dobbiamo illuderci che lo sia.

 

Dobbiamo imparare a camminare insieme come un solo corpo, perché:

- siamo un solo spirito;

- abbiamo in comune una sola speranza;

- abbiamo un solo Signore;

- abbiamo una sola fede;

- abbiamo un solo battesimo;

- abbiamo un solo Dio e Padre di tutti che è al di sopra di tutti ed in tutti!

 

Proprio perché siamo molte membra e siamo questa Unità, dobbiamo saper vivere e saper far convivere le nostre diverse caratteristiche e funzioni che abbiamo tutti ricevuto come doni spirituali da Gesù Cristo per l’utile comune.

 

Tutti servono e tutti hanno bisogni di tutti, non vi è spazio all’interno del corpo di Cristo per il protagonismo; tutti hanno pari dignità perché è la dignità che non hanno ricevuto per meriti ma per dono finalizzato all’utile comune.

 

Il camminare in modo degno della nostra vocazione (vivere nell’Unità in Cristo), ci porterà ad una crescita collettiva ed individuale che ci renderà stabili, maturi, solidi e solidali, massicci verso le burrasche che il nostro avversario inevitabilmente ci soffierà addosso.

 

 Gianni Marinuzzi