CONOSCERE BENE PER CAMMINARE DEGNAMENTE

 

LA condotta nella CHIESA -

CONCLUSIONE

 

 

Affinché anche voi sappiate come sto e quello che faccio, Tichico, il caro fratello e fedele servitore nel Signore, vi informerà di tutto.

Ve l'ho mandato apposta perché abbiate conoscenza del nostro stato ed egli consoli i vostri cuori.

Pace ai fratelli e amore con fede, da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.

La grazia sia con tutti quelli che amano il nostro Signore Gesù Cristo con amore inalterabile.

 

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Abbiamo finora visto come Paolo (cfr Efesini capitoli da 1 a 3), ha rivelato chiaramente come la Chiesa è un Unico Corpo spirituale che testimonia di Dio, proprio come aveva pregato Gesù:

Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. (Giovanni 17:20-21)

E questa unità spirituale è il risultato della Gloria di Dio, il Suo Amore rivelato e testimoniato:

Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell'unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li ami come hai amato me. (Giovanni 17:22-23)

E questo stato spirituale di perfetta unità è il risultato che si ottiene soltanto nella conoscenza di Gesù Cristo come il Cristo di Dio:

questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato; e io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché l'amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro. (Giovanni 17:25-26)

Ma una volta compresa questa meravigliosa realtà spirituale, noi tutti siamo chiamati a viverla, praticarla, camminare in modo degno di quello che siamo realmente, altrimenti rimane solo una teoria mai vissuta, mai goduta, insoddisfacente e vana.

Per questo Paolo, pienamente consapevole della realtà del Corpo di Cristo realizzato nella Chiesa, ci esorta vivamente ad imitare Dio in ogni cosa, vivere proprio come è Lui, vivere mediante le ricchezze dei Suoi doni spirituali ed ambire alle meravigliose Sua caratteristiche:

- Dio (nelle Sue manifestazioni) è perfettamente unito, non vi è in Lui alcuna separazione spirituale, e noi dobbiamo camminare nell’Unità (cfr Efesini 4:1-16);

- Dio è Santo, e noi dobbiamo camminare nella santità (cfr Efesini 4:17-32);

- Dio è Amore, e noi dobbiamo camminare nell’amore (cfr Efesini 5:1-6);

- Dio è Luce, e noi dobbiamo camminare nella luce (cfr Efesini 5:7-14).

 

Abbiamo poi visto come Dio è Saggio e ci chiama ad essere saggi come Lui.

Abbiamo anche visto come possiamo definire la saggezza come la capacità di mettere veramente in pratica in modo intelligente quanto si è imparato fin nelle più consuete azioni quotidiana e nei rapporti più elementari e usali della nostra vita!

Abbiamo infine visto, come appendice all’esortazione di camminare nella saggezza, troviamo questa esortazione al buon combattimento spirituale che si combatte rivestendoci della completa armatura di Dio, costituita da:

 

  - la Verità per cintura dei fianchi

  - la Giustizia come corazza

  - lo Zelo come calzatura

  - la Fede come scudo

  - la Salvezza come elmo

  - la Parola di Dio come spada

  - la Preghiera come azione

Ma per rendere efficace questa armatura come “corpo di Cristo” dobbiamo considerare come la reciproca informazione sia indispensabile per poter combattere come un solo uomo!

 

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Paolo non parla di cose che non conosce e non esperimenta, egli stesso stava combattendo la sua battaglia e lo stava facendo in prima linea. 

La battaglia spirituale nel mondo invisibile, nel suo caso, si stava manifestando attraverso la persecuzione nel mondo visibile, infatti stava pagando con la prigionia la sua scelta di ubbidire a Dio annunciando con franchezza il Vangelo.

Egli, per nulla spaventato dagli avversari (cfr Filippesi 1:28) era determinato ad andare avanti ad annunciare il Vangelo, il Grande Mistero che Dio gli aveva rivelato in maniera straordinaria.

Il suo unico scopo di vita era quello di continuare a parlare del Regno che il Re Gesù aveva inaugurato con la Sua venuta, annunciare la Sua morte e la Sua resurrezione, cui tutti gli uomini, siano essi ebrei o stranieri.

Egli era un ambasciatore di Dio e avrebbe continuato a svolgere il suo compito anche se in catene (ma certamente il suo desiderio era quello di essere rilasciato per poter avere più libertà nel suo raggio di azione e poter essere quindi ancora più efficace).

Ed è per questo unico motivo che chiede ai suoi fratelli di pregare per lui!

 

Paolo quindi conferma come la preghiera è parte integrante della battaglia spirituale in vista della quale lui li aveva appena esortati a rivestire la completa armatura di Dio. 

Il compito di un buon soldato di Cristo è rivestire la completa armatura di Dio e pregare!

Paolo ha introdotto l’insegnamento pratico di questa lettera con una bella preghiera per i suoi destinatari:

Per questo motivo piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende nome, affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell'uomo interiore, e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, perché, radicati e fondati nell'amore, siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità dell'amore di Cristo e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

Or a colui che può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente di più di quel che domandiamo o pensiamo, a lui sia la gloria nella chiesa, e in Cristo Gesù, per tutte le età, nei secoli dei secoli. Amen. (Efesini 3:14-21)

Ora chiude l’insegnamento chiedendo loro di pregare per tutti gli altri credenti e in particolare di combattere per lui con perseveranza in preghiera perché è la preghiera che ci permette di confidare e dipendere da Dio per ottenere la vittoria.

Qualunque battaglia spirituale affrontata basandoci sulle nostre forze sarebbe destinata al fallimento e Paolo lo sapeva bene; ecco perché, prima dei saluti finali, chiude questa lettera esortando i credenti a combattere proprio attraverso la preghiera.

Solo chi piega le sue ginocchia davanti a Dio saprà restare in piedi nel giorno malvagio!

 

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Affinché anche voi sappiate come sto e quello che faccio, Tichico, il caro fratello e fedele servitore nel Signore, vi informerà di tutto.

Ve l'ho mandato apposta perché abbiate conoscenza del nostro stato ed egli consoli i vostri cuori.

Paolo aveva lasciato gli anziani della chiesa di Efeso a Mileto, dopo un bellissimo e profetico discorso (cfr Atti 20:17-36) nel quale disse loro che non avrebbero più visto la sua faccia, ma questo non fa cessare la comunione spirituale, anzi la rafforza!

Paolo, probabilmente nel suo soggiorno di Cesarea, agli arresti domiciliari da due anni, sotto la custodia cautelare di Felice, (oppure nel successivo periodo della prigionia a Roma), scrive questa lettera e la manda per le mani del fratello Tichico, partito con lui e con altri sette fratelli da Troas per il viaggio verso Gerusalemme.

E Paolo ci insegna anche che, per poter pregare gli uni per gli altri, è necessario conoscere e condividere i pesi gli uni con gli altri, ed è per questo che manda loro il fratello Tichico, per far loro sapere come sta ed informarli su cosa fa. 

 

È bene che anche noi credenti moderni impariamo a non vivere nell’isolamento ma a condividere e pregare gli uni per gli altri perché la battaglia spirituale non è solo individuale ma va affrontata tutti insieme.

In un mondo che esalta l’individualismo è bello chiudere le riflessioni su questa lettera proprio ricordando anche la dimensione collettiva della fede che ci unisce in Cristo.

Proprio in coerenza con tutto l’insegnamento dato fin ora, Paolo come membra del corpo desidera informare le altre membra della sua situazione (come sto) e di quello che fa (quello che faccio)!

Dovremmo anche noi avere la stessa premura, informare gli altri fratelli del nostro stato e di quello che facciamo; come segno di appartenenza, di comunione, per essere da loro sostenuti.

Che differenza con il concetto di “privacy” che ci pervade oggi, dove nella chiesa nessuno sa cosa fa l’altro; spesso ci si trincera dietro la riservatezza educata che puzza tanto di indifferenza se non addirittura di invidie e gelosie!

Le chiese moderne, spesso settorizzate in “gruppo bambini”, “gruppo giovani”, “coppie”, “single”, “diaconi” (quando ci sono), “anziani”, sembrano tante membra che si muovono in modo scollegato, nessun gruppo comunica con l’altro e il corpo sembra un corpo spastico, se non addirittura in competizione fra loro.

Ma il sano desiderio della reciproca informazione, nasce da una profonda consapevolezza di essere parte di un Corpo: del Corpo di Cristo!

Non solo, essendo un corpo è bene che le informazioni circolino, come in un corpo vero e proprio (a meno che un membro stia nascondendo qualcosa perché non sta collaborando o addirittura sta rovinando il corpo stesso!)

Tichico viene definito da Paolo il caro fratello e fedele servitore nel Signore; quanta stima in queste parole!

Egli sarà anche il messo della lettera ai colossesi, ai laodicesi (non presente nel canone) e della lettera a Filemone, scritte tutte probabilmente nello stesso periodo:

Tutto ciò che mi riguarda ve lo farà sapere Tichico, il caro fratello e fedele servitore, mio compagno di servizio nel Signore.

Ve l'ho mandato appunto perché conosciate la nostra situazione ed egli consoli i vostri cuori; e con lui ho mandato il fedele e caro fratello Onesimo, che è dei vostri.

Essi vi faranno sapere tutto ciò che accade qui. (Colossesi 4:7-9)

Di lui sappiamo che sarà al fianco di Paolo fino a Roma, mentre scrive a Tito e a Timoteo (tesi che avvalora l’invio del fratello con la lettera agli efesini):

  Tichico l'ho mandato a Efeso. (1 Timoteo 4:12)

Quando ti avrò mandato Artemas o Tichico, fa' il possibile per venire da me a Nicopoli, perché ho deciso di passarci l'inverno.  (Tito 3:12)

La preoccupazione di Paolo è di consolare i cuori dei fratelli in modo che non si scoraggino nelle persecuzioni che stavano evidentemente subendo, portando il proprio esempio come incoraggiamento e sostegno.

 

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Pace ai fratelli e amore con fede, da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.

La grazia sia con tutti quelli che amano il nostro Signore Gesù Cristo con amore inalterabile.

Paolo aveva dedicato una sezione importante della lettera descrivendo la pace con Dio e la pace che i credenti hanno gli uni con gli altri amandosi a vicenda, indipendentemente dalla loro appartenenza etnica.

Anche gli stranieri erano infatti i benvenuti nella famiglia di Dio come Paolo aveva rimarcato (cfr Efesini 2:19).

Pace e amore sono gli ingredienti fondamentali della famiglia di Dio ed è bello che Paolo concluda proprio auspicandosi che i suoi fratelli abbiano pace e amore, nel vivere la loro fede, una pace e un amore che possono venire solo da un rapporto con Dio Padre e con il Signore Gesù Cristo.

Il Padre ha benedetto i credenti con ogni benedizione spirituale in Cristo (cfr Efesini 1:3), quindi Paolo era certo che Dio avrebbe continuato ad inondare con la sua grazia tutti coloro che avevano ricambiato l’amore di Cristo ed erano diventati essi stessi veicoli di quell’amore verso gli altri.

Questo è un saluto classico di Paolo che è degno di essere esaminato, non è solo una formalità; è un insegnamento!

La Pace è per i fratelli; gli altri sono sotto l’ira di Dio!

L’amore di Dio è strettamente legato alla Fede!

La Grazia di Dio è con

tutti quelli che amano il nostro Signore Gesù Cristo con amore inalterabile!

Non sono perle per porci (cfr Matteo 7:6)!

 

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CONCLUSIONE

 

Paolo ha sperimentato una chiamata “invisibile” sulla via di Damasco; lui l’ha resa “visibile” con una vita consacrata; così è per noi!

Paolo in questa lettera ha descritto la vocazione che ci è stata rivolta come Chiesa, come Corpo di Cristo, ci ha descritto:

- le benedizioni spirituali della Chiesa in Cristo:

- la elezione della Chiesa nel disegno benevolo di Dio;

- la sua perfezione e irreprensibilità;

- la predestinazione all’adozione;

- la redenzione, la liberazione da ogni schiavitù;

- il dono della Sapienza e della Conoscenza del Mistero di Dio rivelato;

- la predestinazione ad essere eredi, partecipi delle ricchezze di Dio.

Tutte benedizioni garantite da Dio stesso mediante il sigillo dello Spirito Santo che è pegno fino alla piena redenzione ed alla manifestazione dei figli di Dio.  (Efesini 1:3-14)

 

- per questo prega affinchè i credenti conoscano pienamente questa vocazione e prendano effettivamente coscienza della ricchezza delle benedizioni che Dio ci ha elargite abbondantemente in Cristo. (Efesini 1:15-22)

- per fare meglio rendere conto del dono di Dio, ha poi ricordato ai fratelli l’opera che Dio ha compiuto nei loro confronti, l’opera di “vivificazione” dalla morte spirituale, da quello stato che per natura porta l’uomo a seguire l’andazzo di questo mondo.

Dio spinto dall’amore per le anime, ha vivificato, ha risuscitato, ha fatto sedere nei luoghi celesti (ha tratto fuori dal mondo), per mostare nei tempi futuri la ricchezza della Sua Grazia che sarà dimostrata dalle buone opere preparate da Lui e compiute da coloro che sono stati “ricreati” a questo scopo. (Efesini 2:1-10)

- nel proseguimento della rappresentazione dell’opera compiuta da Dio, descrive come l’opera redentrice di Gesù Cristo ha dato vita a quel corpo nuovo risuscitato nato dalla riconciliazione dei pagani (precedentemente esclusi dalle promesse e dai patti) e del popolo di Israele (precedentemente oggetto delle promesse e dei patti che aveva tradito), per edificare un tempio spirituale che ha da servire come dimora di Dio per mezzo dello Spirito. (Efesini 2:11-22)

- Paolo descrive quindi questo Mistero di Dio svelato nella persona e nell’opera di Gesù Cristo nella infinitamente varia sapienza di Dio, fino ad allora sconosciuto e nascosto, dell’unicità dell’eredità come medesimo corpo tra i credenti convertitesi dal paganesimo ed i credenti convertitesi dal giudaesimo. (Efesini 3:1-13)

- chiude infine con una solenne preghiera di intercessione affinchè i fratelli si riconoscano in questo disegno di Dio, nel quale fondino le loro radici per poter così abbracciare l’amore di Dio in tutta la sua dimensione e sapienza e non limitandosi ad una visione limitata. (Efesini 3:14-21)

Fatta questa descrizione della vocazione “invisibile” della Chiesa, passa poi in una descrizione più pratica circa l’impegno che ogni credente, parte integrante della Chiesa di Cristo, dell’edificio spirituale, è tenuto a vivere per camminare in modo degno della vocazione che gli è stata rivolta.

 

In coerenza con la descrizione premessa, Paolo esorta quindi i fratelli:

- a camminare nell’unità: un corpo unito deve camminare unito e con l’ausilio di ogni singolo membro; (Efesini 4:1-16)

- a camminare nella santità: un corpo santo deve camminare nella santità, non più secondo l’immagine di questo mondo ma secondo l’immagine di Dio in giustizia e santità che si manifestano:

- nel bandire la menzogna e dire la verità;

- nel non covare odio e meditare vendette;

- nel lavorare onestamente con un occhio sempre attento alla solidarietà;

- nell’usare un linguaggio che edifica il prossimo;

- nel vivere secondo lo Spirito Santo esercitando la sua espressione nella benevolenza, nella misericordia e nel perdono. (Efesini 4:17-32)

- a camminare nell’amore: in quanto figli di Dio che è amore, in una sorta di imitazione di un figlio nei confronti del padre.

 

Questo camminare nell’amore si manifesta praticamente:

- non contaminando il corpo di Cristo con:

- la fornicazione (adulterio);

- l’impurità;

- l’avarizia (idolatria).

Questa attitudine alla dimostrazione del vero amore (che non è tolleranza verso il male) deve essere preservata anche allontanando chi invece, senza ritegno, porta queste contaminazioni nella chiesa. (Efesini 5:1-6)

 

- a camminare nella luce: in quanto figli di Luce.

Questa luce deve essere vissuta esaminando che cosa sia gradito al Signore, non partecipando alle opere infruttuose ma anzi, come figli di Luce denunciarle per quelle che sono per dimostrarne la inutilità e “tossicità”.  (Efesini 5:7-14)

- a camminare nella sapienza: avendo una mente lucida, guidata ed illuminata dalla Parola di Dio applicata fin nelle cose più “familiari”:

              - nei rapporti coniugali

              - nei rapporti figli/genitori

              - nei rapporti servo/padrone (Efesini 5:15 / 6-9)

- camminare uniti in battaglia, nel buon combattimento della fede, indossando la completa armatura di Dio, sia singolarmente che collettivamente. (Efesini 6:10-20)

Il cristiano è quindi esortato a conoscere la propria vocazione, conoscerla in modo completo, prenderne pienamente coscienza per poi camminare di conseguenza in modo degno di tale posizione spirituale.

Che sia per noi motivo di studio attento, non sterile e fine a se stesso ma costruttivo e propedeutico ad un degno cammino di fede!

 

Ricordiamoci di Enoc:

Enoc, dopo aver generato Metusela, camminò con Dio trecento anni e generò figli e figlie.

Tutto il tempo che Enoc visse fu di trecentosessantacinque anni.

Enoc camminò con Dio; poi scomparve, perché Dio lo prese. (Genesi 5:22-24)

Anche per costoro profetizzò Enoc, settimo dopo Adamo, dicendo: «Ecco, il Signore è venuto con le sue sante miriadi per giudicare tutti; per convincere tutti gli empi di tutte le opere di empietà da loro commesse e di tutti gli insulti che gli empi peccatori hanno pronunciati contro di lui». (Giuda 14-15)

Per fede Enoc fu rapito perché non vedesse la morte; e non fu più trovato, perché Dio lo aveva portato via; infatti prima che fosse portato via ebbe la testimonianza di essere stato gradito a Dio. (Ebrei 11:5)

 

Paolo, scrivendo ai fratelli di Tessalonica che aspettavano con impazienza l’imminente ritorno del Signore, fa una considerazione che in qualche modo riassume il fine di questo insegnamento circa il conoscere bene per camminare degnamente:

 

Or il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l'intero essere vostro, lo spirito, l'anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. (1 Tessalonicesi 5:23)

Impariamo ad adoperarci (mediante ciò che il Signore ci ha ampiamente donato e fornito) a conservare il nostro intero corpo per il giorno del Sua ritorno!

 

 Gianni Marinuzzi