CONOSCERE BENE PER CAMMINARE DEGNAMENTE
INTRODUZIONE E SALUTI
La lettera agli efesini, fu scritta da Paolo
mentre era prigioniero, o a Cesarea sotto custodia cautelare di Felice (cfr
Atti 23) oppure a Roma, negli anni 60-62 d.C. in regime di “arresti
domiciliari”, con molta probabilità nello stesso periodo in cui furono
scritte le altre lettere destinate ai fratelli di Filippi, Colosse e a
Filemone, per questo motivo sono state chiamate “le lettere della
prigionia”.
La lettera fu inoltre, con molta probabilità portata da Tichico,
accompagnato da Onesimo, insieme a quelle ai Colossesi ed a Filemone:
Affinché anche voi
sappiate come sto e quello che faccio,
Tichico, il caro fratello e fedele
servitore nel Signore, vi informerà di tutto.
Ve l'ho mandato apposta perché abbiate
conoscenza del nostro stato ed egli consoli i vostri cuori.
(Efesini 6:21-22)
Tutto ciò che mi riguarda
ve lo farà sapere Tichico, il caro
fratello e fedele servitore, mio compagno di servizio nel Signore.
Ve l'ho mandato appunto perché conosciate la
nostra situazione ed egli consoli i vostri cuori;
e con lui ho mandato il fedele e caro fratello Onesimo, che è dei vostri.
Essi vi faranno sapere tutto ciò che
accade qui.
(Colossesi 4:7-9)
Efeso era un centro importante dell’impero romano e Paolo aveva passato tre
periodi distinti nei suoi viaggi:
- un primo breve periodo nel
ritorno ad Antiochia insieme ad Aquila e Priscilla, durante il secondo
viaggio missionario:
Quanto a Paolo, dopo
essersi trattenuto ancora molti giorni, prese commiato dai fratelli e, dopo
essersi fatto radere il capo a Cencrea, perché aveva fatto un voto,
s'imbarcò per la Siria con Priscilla e Aquila.
Quando giunsero a Efeso, Paolo li lasciò là;
poi, entrato nella sinagoga, si mise a discorrere con i Giudei.
Essi lo pregarono di
rimanere da loro più a lungo, ma egli non acconsentì; e dopo aver preso
commiato e aver detto che, Dio
volendo, sarebbe tornato da loro un'altra volta, salpò da Efeso; giunto
a Cesarea, salì a Gerusalemme; e, salutata la chiesa, scese ad Antiochia.
(Atti 18:18-22)
- un secondo periodo di circa tre
anni, durante il terzo viaggio missionario, come si evince dalle sue
parola agli anziani di Efeso:
Perciò vegliate,
ricordandovi che per tre anni,
notte e giorno, non ho cessato di ammonire ciascuno con lacrime.
(Atti 20:31)
In questo secondo periodo avvennero diversi avvenimenti rilevanti che Luca
racconta:
- Paolo battezzò una decina di discepoli di Giovanni Battista che
ricevettero lo Spirito Santo come il giorno della pentecoste:
Mentre Apollo era a
Corinto, Paolo, dopo aver attraversato le regioni superiori del paese,
giunse a Efeso; e vi trovò alcuni discepoli, ai quali disse: «Riceveste lo Spirito Santo quando credeste?»
Gli risposero: «Non
abbiamo neppure sentito dire che ci sia lo Spirito Santo».
Egli disse loro: «Con
quale battesimo siete dunque stati battezzati?»
Essi risposero: «Con il
battesimo di Giovanni».
Paolo disse: «Giovanni
battezzò con il battesimo di ravvedimento, dicendo al popolo di credere in
colui che veniva dopo di lui, cioè, in Gesù».
Udito questo, furono battezzati nel nome del Signore Gesù; e, avendo Paolo
imposto loro le mani, lo Spirito Santo scese su di loro ed essi parlavano in
lingue e profetizzavano.
Erano in tutto circa
dodici uomini.
(Atti 19:1-7)
- Paolo ebbe l’opportunità di compiere una potente opera evangelistica ad
Efeso, nei due anni che insegnò nella casa di Tiranno (dopo aver cercato di
portare alla Verità i giudei insegnando per tre mesi nella sinagoga), dando,
probabilmente, proprio qui vita alle chiese dell’Asia (Smirne, Pergamo,
Tiatiri, Sardi, Filadelfia, Laodicea e Colosse), geograficamente vicine ad
Efeso:
Poi
entrò nella sinagoga, e qui parlò con molta franchezza per tre mesi,
esponendo con discorsi persuasivi le cose relative al regno di Dio.
Ma siccome alcuni si
ostinavano e rifiutavano di credere dicendo male della nuova Via davanti
alla folla, egli, ritiratosi da loro, separò i discepoli
e insegnava ogni giorno nella scuola di Tiranno.
Questo durò due anni.
Così
tutti coloro che abitavano nell'Asia,
Giudei e Greci, udirono la Parola del Signore.
(Atti 19:8-10)
- Avvennero dei segni miracolosi straordinari che
confermavano la testimonianza
apostolica, nonostante le simulazioni sataniche di altri “esorcisti
itineranti”:
Dio intanto faceva
miracoli straordinari per mezzo
di Paolo; al punto che si mettevano
sopra i malati dei fazzoletti e dei grembiuli che erano stati sul suo corpo,
e le malattie scomparivano e gli spiriti maligni uscivano.
Or alcuni esorcisti
itineranti giudei tentarono anch'essi d'invocare il nome del Signore Gesù su
quelli che avevano degli spiriti maligni, dicendo: «Io vi scongiuro, per
quel Gesù che Paolo annuncia».
Quelli che facevano
questo erano sette figli di un certo Sceva, ebreo, capo sacerdote.
Ma lo spirito maligno
rispose loro: «Conosco Gesù, e so chi è Paolo; ma voi chi siete?»
E l'uomo che aveva lo
spirito maligno si scagliò su due di loro; e li trattò in modo tale che
fuggirono da quella casa, nudi e feriti.
Questo fatto fu risaputo
da tutti, Giudei e Greci, che abitavano a Efeso; e tutti furono presi da
timore, e il nome del Signore Gesù
era esaltato.
(Atti 19:11-17)
- Ci fu una delle più esaltanti testimonianze pubbliche di conversione:
Molti di quelli che avevano creduto venivano a confessare e a dichiarare le
cose che avevano fatte.
Fra quanti avevano esercitato le arti magiche molti portarono i loro libri,
e li bruciarono in presenza di tutti; e, calcolatone il prezzo, trovarono
che era di cinquantamila dramme d'argento.
Così la Parola di Dio cresceva e si affermava potentemente.
(Atti 19:18-20)
- Questo “fuoco” iniziale, provocò l’ira degli “artigiani del sacro”, che
guidati da un certo Demetrio, scatenarono un grande tumulto che convinse
Paolo alla partenza (che stava peraltro meditando in cuor suo per poter
portare una offerta per i fratelli della chiesa di Gerusalemme che stavano
attraversando un periodo di forte vessazione di tipo economico – cfr Atti
19:21):
In quel periodo
vi fu un gran tumulto a proposito
della nuova Via.
Perché un tale, di nome
Demetrio, orefice, che faceva tempietti di Diana in argento, procurava non
poco guadagno agli artigiani.
Riuniti questi e gli
altri che esercitavano il medesimo mestiere, disse: «Uomini, voi sapete che
da questo lavoro proviene la nostra prosperità; e voi vedete e udite che
questo Paolo ha persuaso e sviato molta gente non solo a Efeso, ma in quasi
tutta l'Asia, dicendo che quelli costruiti con le mani, non sono dèi. Non
solo vi è pericolo che questo ramo della nostra arte cada in discredito, ma
che anche il tempio della grande dea Diana non conti più, e che sia perfino
privata della sua maestà colei che tutta l'Asia e il mondo adorano».
Essi, udite queste cose,
accesi di sdegno, si misero a gridare: «Grande è la Diana degli Efesini!»
E tutta la città fu piena
di confusione; e trascinando con sé a forza Gaio e Aristarco, macedoni,
compagni di viaggio di Paolo, si precipitarono tutti d'accordo verso il
teatro.
Paolo voleva presentarsi al popolo, ma i discepoli glielo impedirono.
Anche alcuni magistrati
dell'Asia, che gli erano amici, mandarono a pregarlo di non avventurarsi nel
teatro. Intanto, chi gridava una cosa, chi un'altra; infatti l'assemblea era
confusa; e i più non sapevano per quale motivo si fossero riuniti. Dalla
folla fecero uscire Alessandro, che i Giudei spingevano avanti. E
Alessandro, fatto cenno con la mano, voleva tenere un discorso di difesa
davanti al popolo.
Ma quando si accorsero
che era ebreo, tutti, per quasi due ore, si misero a gridare in coro:
«Grande è la Diana degli Efesini!»
Allora il segretario,
calmata la folla, disse: «Uomini di Efeso, c'è forse qualcuno che non sappia
che la città degli Efesini è la custode del tempio della grande Diana e
della sua immagine caduta dal cielo? Queste cose sono incontestabili; perciò
dovete calmarvi e non fare nulla in modo precipitoso; voi infatti avete
condotto qua questi uomini, i quali non sono né sacrileghi, né bestemmiatori
della nostra dea. Se dunque Demetrio e gli artigiani che sono con lui hanno
qualcosa contro qualcuno, ci sono i tribunali e ci sono i proconsoli: si
facciano citare gli uni e gli altri. Se poi volete ottenere qualcos'altro,
la questione si risolverà in un'assemblea regolare. Infatti corriamo il
rischio di essere accusati di sedizione per la riunione di oggi, non
essendovi ragione alcuna con la quale poter giustificare questo tumulto».
Detto questo, sciolse l'assemblea.
Cessato il tumulto, Paolo fece chiamare i discepoli e, dopo averli
esortati, li salutò e partì per la Macedonia.
(Atti 19:23 / 20:1)
- un terzo incontro fu al
termine del suo terzo viaggio missionario, Paolo lo ebbe solo con gli
anziani della chiesa e fu un commovente saluto, colmo di esortazioni:
Da Mileto mandò a Efeso a
chiamare gli anziani della chiesa.
Quando giunsero da lui,
disse loro:
«Voi sapete in quale
maniera, dal primo giorno che giunsi in Asia, mi sono sempre comportato con
voi, servendo il Signore con ogni umiltà, e con lacrime, tra le prove
venutemi dalle insidie dei Giudei; e come non vi ho nascosto nessuna delle
cose che vi erano utili, e ve le ho annunciate e insegnate in pubblico e
nelle vostre case, e ho avvertito solennemente Giudei e Greci di ravvedersi
davanti a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù Cristo.
Ed ecco che ora, legato
dallo Spirito, vado a Gerusalemme, senza sapere le cose che là mi
accadranno.
So soltanto che lo
Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e
tribolazioni. Ma non faccio nessun conto della mia vita, come se mi fosse
preziosa, pur di condurre a termine la mia corsa e il servizio affidatomi
dal Signore Gesù, cioè di testimoniare del vangelo della grazia di Dio.
E ora, ecco, io so che
voi tutti fra i quali sono passato predicando il regno, non vedrete più la
mia faccia.
Perciò io dichiaro
quest'oggi di essere puro del sangue di tutti; perché non mi sono tirato
indietro dall'annunciarvi tutto il consiglio di Dio.
Badate a voi stessi e a
tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti
vescovi, per pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata con il proprio
sangue.
Io so che dopo la mia
partenza si introdurranno fra di voi lupi rapaci, i quali non risparmieranno
il gregge; e anche tra voi stessi sorgeranno uomini che insegneranno cose
perverse per trascinarsi dietro i discepoli.
Perciò vegliate,
ricordandovi che per tre anni, notte e giorno, non ho cessato di ammonire
ciascuno con lacrime.
E ora, vi affido a Dio e
alla Parola della sua grazia, la quale può edificarvi e darvi l'eredità di
tutti i santificati.
Non ho desiderato né
l'argento, né l'oro, né i vestiti di nessuno.
Voi stessi sapete che
queste mani hanno provveduto ai bisogni miei e di coloro che erano con me.
In ogni cosa vi ho mostrato che bisogna venire in aiuto ai deboli lavorando
così, e ricordarsi delle parole del Signore Gesù, il quale disse egli
stesso: "Vi è più gioia nel dare che nel ricevere"».
Quand'ebbe dette queste
cose, si pose in ginocchio e pregò con tutti loro.
Tutti scoppiarono in un
gran pianto; e si gettarono al collo di Paolo, e lo baciarono, dolenti
soprattutto perché aveva detto loro che non avrebbero più rivisto la sua
faccia; e l'accompagnarono alla nave.
(Atti 20:17-38)
Successivamente alla partenza di Paolo (e molto probabilmente anni dopo la
sua morte), giunse ad Efeso l’apostolo Giovanni, che conobbe personalmente i
fratelli della chiesa, alla quale, dopo il suo esilio forzato nell’isola di
Patmos, scrisse la sua terza lettera.
Una ultima considerazione va fatta, leggendo la lettera che il Signore Gesù
Cristo, fa scrivere, proprio da Giovanni, all’angelo della chiesa di Efeso:
«All'angelo
della chiesa di Efeso scrivi:
Queste cose dice colui che tiene le
sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro:
"Io conosco le tue opere,
la tua fatica, la tua costanza; so che non puoi sopportare i malvagi e hai
messo alla prova quelli che si chiamano apostoli ma non lo sono
e che li hai trovati
bugiardi.
So che hai costanza, hai
sopportato molte cose per amor del mio nome
e non ti sei stancato.
Ma ho questo contro di
te: che hai abbandonato il tuo primo amore.
Ricorda dunque da dove
sei caduto, ravvediti, e compi le opere di prima; altrimenti verrò presto da
te e rimoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non ti ravvedi.
Tuttavia hai questo, che
detesti le opere dei Nicolaiti, che anch'io detesto.
Chi ha orecchi ascolti
ciò che lo Spirito dice alle chiese.
A chi vince io darò da
mangiare dell'albero della vita, che è nel paradiso di Dio".
(Apocalisse 2:1-7)
Già nella terza lettera di Giovanni (con Diotrefe), ed ancor più in questo
messaggio del libro dell’Apocalisse, vediamo come quanto profetizzato da
Paolo avvenne effettivamente, egli infatti avvertì gli anziani che si
sarebbero introdotti “lupi rapaci, i quali non risparmieranno il gregge; e anche tra voi
stessi sorgeranno uomini che insegneranno cose perverse per trascinarsi
dietro i discepoli”, ma i fratelli di Efeso erano riusciti ad
arginare questo problema e tenere lontano i falsi insegnanti “provandoli”.
Questa presente lotta spirituale è anche confermata nella prima lettera che
Paolo scrisse a Timoteo, durante il suo soggiorno ad Efeso:
Ti ripeto l'esortazione
che ti feci mentre andavo in Macedonia, di
rimanere a Efeso per ordinare ad
alcuni di non insegnare dottrine diverse e di non occuparsi di favole e di
genealogie senza fine, le quali suscitano discussioni invece di promuovere
l'opera di Dio, che è fondata sulla fede.
Lo scopo di questo
incarico è l'amore che viene da un cuore puro, da una buona coscienza e da
una fede sincera.
Alcuni hanno deviato da queste cose e si sono abbandonati a discorsi senza
senso.
Vogliono essere dottori della legge ma in realtà non sanno né quello che
dicono né quello che affermano con certezza.
(1 Timoteo 1:3-7)
Paolo ha sempre insegnato un Vangelo molto pratico, proprio in opposizione
alla filosofia greca che aveva davanti, un Vangelo che “sapeva di sudore”, possiamo vedere nella sua seconda lettera a
Timoteo come egli paragona il cristiano impegnato nella fede a tre figure:
Uno che va alla guerra
non s'immischia in faccende della vita civile, se vuol piacere a colui che
lo ha arruolato. Allo
stesso modo quando uno lotta come
atleta non riceve la corona, se non ha lottato secondo le regole.
Il lavoratore che fatica
dev'essere il primo ad avere la sua parte dei frutti.
(2 Timoteo 2:4-6)
Il Vangelo non è filosofia, non è nemmeno argomento da salotto…
il Vangelo è guerra, lotta, fatica.
Lo scopo della lettera di
Paolo agli Efesini è la descrizione della realizzazione dell’Amore di Dio
che il cristiano è chiamato a conoscere sempre più in modo completo per
poter a sua volta vivere pienamente il suo camminare nello Spirito.
Per potere camminare in modo degno, un cristiano deve avere una piena
consapevolezza di chi è in Cristo, della sua posizione spirituale in Cristo,
deve conoscere bene quale sia la Volontà di Dio e deve essere consapevole
della sua dignità ed autorità spirituale in questo mondo a lui conferita da
Dio stesso, unitamente all’incarico da Lui ricevuto.
La lettera inizia con il
concetto di Amore
espresso nel piano di
salvezza e benedizione
operato dal Padre per
mezzo del Figlio e suggellato dalla Spirito Santo,
che si riflette, in modo
visibile, nel cristiano santificato.
Possiamo schematizzare la lettera come segue:
Indice:
- Introduzione e saluti (1:1-2)
- La chiamata della Chiesa:
- Le benedizioni spirituali in Cristo
(1:3-14)
- Preghiera per la Sapienza e la Rivelazione
(1:15-23)
- La personale posizione in Cristo
(2:1-10)
- La collettiva posizione in Cristo
(2:11-22)
- Il Mistero di Dio
(3:1-13)
- Preghiera di intercessione
(3:14-21)
- La condotta nella Chiesa:
- Camminare nell’Unità
(4:1-16)
- Camminare nella Santità
(4:17-32)
- Camminare nell’Amore
(5:1-6)
- Camminare nella Luce
(5:7-14)
- Camminare nella Sapienza
(5:15 / 6:9)
- Camminare nel Combattimento della Fede
(6:10-20)
- Conclusione (6:21-24)
INTRODUZIONE - SALUTI
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, ai santi che sono in Efeso e ai fedeli in Cristo Gesù.
Grazia a voi e pace da Dio, nostro Padre, e dal
Signore Gesù Cristo.
Paolo…
È la firma nella forma
più semplice che l'apostolo adoperi in queste sue lettere.
Egli non ha bisogno di
aggiungere altro; il nome basta, ad Efeso Paolo ha lasciato un segno
indelebile nei suoi tre anni di intenso servizio.
Non è un estraneo che
abbia bisogno di presentarsi ai suoi lettori, come deve fare quando scrive
ai romani (cfr
Romani 1:1).
Non ha dei nemici che ne
contestino la posizione come quando scrive ai fratelli della Galazia (cfr
Galati 1:1).
…apostolo di Cristo Gesù…
L’apostolo è un
ambasciatore, un mandato con un messaggio o con un incarico speciale; e la
parola si trova con questo suo
significato primitivo e naturale in altre lettere di Paolo:
-
riferito ai fratelli inviati per raccogliere le offerte:
-
riferito a Epafrodito, inviato dai fratelli di Filippi per provvedere alle
necessità di Paolo:
Però ho ritenuto necessario mandarvi Epafròdito, mio fratello, mio compagno
di lavoro e di lotta, inviatomi
da voi per provvedere alle mie
necessità;
(Filippesi 2:25)
Secondo l’autore della
lettera agli Ebrei, Gesù Cristo è
l’apostolo per eccellenza,
l’ambasciatore di Dio:
Perciò, fratelli santi, che siete partecipi della celeste vocazione,
considerate Gesù, l'apostolo e il
sommo sacerdote della fede che
professiamo, il quale è
fedele a colui che lo ha costituito,
come anche lo fu Mosè, in tutta la casa di Dio. (Ebrei
3:1-2)
…per volontà di Dio…
Paolo, dichiara con ferma
convinzione, di essere stato mandato
direttamente da Dio.
Proprio come gli undici
apostoli sul monte della Galilea (cfr Matteo 28:16-20), ha ricevuto, sulla
via di Damasco,
un mandato diretto di Gesù Cristo:
Àlzati, entra nella
città e ti sarà detto ciò che devi fare.
(Atti 9:6)
Queste parole, ferme e
convinte si trovano anche in altri scritti di Paolo:
Paolo, chiamato a essere apostolo di
Cristo Gesù per volontà di Dio…
(1 Corinzi 1:1)
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà
di Dio…(2 Corinzi 1:1 / Colossesi 1:1 / 2 Timoteo 1:1)
Paolo era perfettamente conscio che questo incarico gli era stato affidato
non per i suoi meriti, ma per una grazia speciale della ineffabile
provvidenza di Dio e per la dimostrazione della Potenza di Dio:
Poiché vi ho prima di tutto
trasmesso, come l'ho ricevuto anch'io, che Cristo morì per i nostri
peccati, secondo le Scritture; che
fu seppellito; che è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le
Scritture; che apparve a Cefa,
poi ai dodici.
Poi apparve a più di cinquecento fratelli in una volta, dei quali la maggior
parte rimane ancora in vita e alcuni sono morti.
Poi apparve a Giacomo, poi a tutti gli apostoli; e,
ultimo di tutti, apparve anche a me, come all'aborto; perché
io sono il minimo degli apostoli, e non sono degno di essere chiamato
apostolo, perché ho perseguitato la chiesa di Dio. Ma per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua verso di
me non è stata vana; anzi, ho faticato più di tutti loro; non io però,
ma la grazia di Dio che è con me.
(1 Corinzi 15:1-10)
A me,
dico, che sono il minimo fra tutti i
santi, è stata data questa grazia
di annunciare agli stranieri le insondabili ricchezze di Cristo e
di manifestare a tutti quale sia il piano seguito da Dio riguardo al
mistero che è stato fin dalle più remote età nascosto in Dio, il
Creatore di tutte le cose; affinché i principati e le potenze nei luoghi
celesti conoscano oggi, per mezzo della chiesa, la infinitamente varia
sapienza di Dio, secondo il
disegno eterno che egli ha attuato mediante il nostro Signore, Cristo Gesù;
nel quale abbiamo la libertà di accostarci a Dio, con piena fiducia,
mediante la fede in lui.
(Efesini 3:8-12)
Ma per questo mi è stata fatta
misericordia, affinché Gesù Cristo dimostrasse in me, per primo, tutta la
sua pazienza, e io servissi di esempio a quanti in seguito avrebbero creduto
in lui per avere vita eterna.
(1 Timoteo 1:16)
…ai santi che sono in Efeso e ai fedeli in Cristo Gesù.
La lettera è destinata
ai santi, ovvero
ai fratelli, ai rigenerati, alle
pecore del gregge del Signore che sono in Efeso (come città) e
ai fedeli che evidentemente potevano leggere questa lettera ma
che abitavano nei dintorni di Efeso stessa ma facevano parte della chiesa
locale con sede in una della chiese dell’Asia (Smirne, Pergamo, Tiatiri,
Sardi, Filadelfia, Laodicea e Colosse).
Non è pertanto una lettera rivolta a coloro che non sono tali, né una
lettera di evangelizzazione, anzi se letta da un estraneo al
corpo di Cristo potrebbe creare non pochi fraintendimenti, se non siamo
dei figli di Dio chiudiamo la lettera, non è posta per noi!
Purtroppo dobbiamo
constatare che nel gregge del Signore vi sono anche le capre, i cani, i
maiali e i lupi rapaci:
Le capre sono molto simili alle pecore ma si
distinguono per il loro naturale istinto selvaggio,
trovano duro seguire il pastore,
hanno bisogno di avventurarsi per conto loro,
entrano ed escono dal gregge e questa lettera risveglierà in loro
questo istinto.
I cani (molto diverso era il concetto dei cani in quei tempi rispetto al tempo
attuale), erano innanzi tutto degli
animali impuri per il popolo di Israele, e
rappresentano coloro che si avvicinano con disprezzo o con poca stima
alla santità, essi non apprezzeranno questa lettera, probabilmente
torneranno al loro “vomito” (cfr 2 Pietro 2:22).
Anche
i maiali
erano animali impuri per il popolo di Israele e
rappresentano coloro che si
avvicinano alle cose sante con la stessa attitudine con la quale si
avvicinano alle cose sporche, sudice,
non hanno alcun discernimento,
per loro il sacro ed il profano sono
uguali, buono uno come buono
l’altro, leggendo questa lettera la riterranno buona come qualsiasi
altra cosa, la riterranno profana e dopo averla udita, torneranno con
semplicità al loro “rotolarsi nel fango” (cfr 2 Pietro 2:22).
Paolo sapeva bene che
nella chiesa di Efeso (come in tutte le chiese del Signore) ci sono
i
lupi rapaci, lo aveva loro lui
stesso profetizzato (cfr 20:29-30), questi
lupi rapaci non sopporteranno
questa lettera, l’autorità della Parola la vedranno come una sfida alla loro
autorità, non è posta nemmeno per loro.
Gesù nella parabola delle zizzanie spiega molto bene questo aspetto e spiega
anche come bisogna comportarsi:
Egli propose loro un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a
un uomo che aveva seminato buon seme nel suo campo. Ma
mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò le zizzanie in
mezzo al grano e se ne andò.
Quando l'erba germogliò ed ebbe fatto frutto, allora apparvero anche le
zizzanie.
E i servi del padrone di casa vennero a dirgli: "Signore, non avevi seminato
buon seme nel tuo campo? Come mai, dunque, c'è della zizzania?"
Egli disse loro: "Un nemico ha fatto questo".
I servi gli dissero: "Vuoi che andiamo a coglierla?"
Ma egli rispose: "No, affinché, cogliendo le zizzanie, non sradichiate insieme con
esse il grano. Lasciate
che tutti e due crescano insieme fino alla mietitura; e, al tempo della
mietitura, dirò ai mietitori: 'Cogliete prima le zizzanie, e legatele in
fasci per bruciarle; ma il grano, raccoglietelo nel mio granaio'"».
(Matteo 13:24-30)
Allora Gesù, lasciate le folle, tornò a casa; e i suoi discepoli gli si
avvicinarono, dicendo: «Spiegaci la parabola delle zizzanie nel campo».
Egli rispose loro: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo; il
campo è il mondo; il buon seme sono i figli del regno;
le zizzanie sono i figli del maligno; il
nemico che le ha seminate, è il diavolo; la mietitura è la fine dell'età
presente; i mietitori sono angeli.
Come dunque si raccolgono le zizzanie e si bruciano con il fuoco, così
avverrà alla fine dell'età presente.
Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli che raccoglieranno dal suo regno
tutti gli scandali e tutti quelli che commettono l'iniquità, e
li getteranno nella fornace ardente. Lì sarà il pianto e lo stridor dei
denti.
Allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha
orecchi oda.
(Matteo 13:36-43)
Non basta “frequentare”
una chiesa per essere cristiani (pecore del gregge).
Non basta nemmeno
“seguire formalmente, uniformarsi alle usanze” una chiesa per essere
cristiani (pecore del gregge).
Per essere
pecore del Signore, bisogna
nascere
pecore del Signore,
nascere di nuovo,
cambiare la natura, e
le pecore del Signore seguiranno
naturalmente il Buon Pastore e riconosceranno naturalmente la Sua Voce (la
Sua Parola).
Sono quindi
le pecore del Signore i
destinatari di questa lettera, coloro
che ascoltano e seguono per natura la
Voce del Buon Pastore (cfr Giovanni 10:1-18), la trovano familiare,
autorevole e sicura:
…le pecore lo seguono,
perché conoscono la sua voce…
(Giovanni 10:4)
…è loro che devono
prendere pienamente coscienza della
loro posizione in Cristo per poter camminare come Egli camminò e seguirlo in
questa benedetto viaggio!
La lettera è quindi
destinata solo a questa categoria di
persone presenti nella chiesa, per gli altri, mi spiace ma non è posta
per voi!
Paolo usa qui due termini
distintivi dei figli di Dio:
Santi:
Con questo termine si
vuole identificare colui che è “messo
a parte”, “consacrato al servizio
di Dio”.
Anche i componenti del
popolo di Dio del Nuovo Patto (come quelli preparatori del Vecchio Patto),
per essere veramente tali, devono portare scritto in fronte: «Santità al Signore»,
devono essere «Separati dal male e consacrati al bene».
Questo deve essere il motto della vita del
credente, l'essenza della
santità cristiana, nonché
il desiderio profondo del cuore
rigenerato, ma per vivere questa aspirazione alla santità in modo reale
e non spegnerla in un inconcludente sospiro,
Paolo ci rivela dove troviamo il
compimento dell’Opera di Dio in noi:
Ed è grazie a lui che voi siete
in Cristo Gesù, che da Dio è
stato fatto per noi sapienza,
giustizia, santificazione e
redenzione…
(1 Corinzi 1:30)
Le pecore del signore
sono sante innanzi tutto perché
sono le pecore del Santo, poi perché godono di tutta l’attenzione del Buon
Pastore che si cura della loro alimentazione, del loro abbeveramento, della
loro salute, della loro pulizia, del loro “camminare dietro a Lui”.
Fedeli:
Con questo termine si
vuole identificare colui che, una volta risposto alla chiamata divina,
cammina con perseveranza in modo
degno della celeste vocazione.
Paolo, in prima persona,
ci da l’esempio di come il cristiano
è chiamato a camminare, anzi
correre, con perseveranza la vita
cristiana:
Non che io abbia già ottenuto tutto questo o sia già arrivato alla
perfezione; ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono
anche stato afferrato da Cristo Gesù. Fratelli,
io non ritengo di averlo già afferrato; ma
una cosa faccio: dimenticando le cose
che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro
verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in
Cristo Gesù.
Sia questo dunque il sentimento di quanti siamo maturi;
se in qualche cosa voi pensate altrimenti, Dio vi rivelerà anche quella.
Soltanto, dal punto a cui siamo
arrivati, continuiamo a camminare per la stessa via. Siate miei
imitatori, fratelli, e guardate quelli che camminano secondo l'esempio che
avete in noi.
(Filippesi 3:12-17)
Le pecore del signore
sono fedeli innanzi tutto perché
sono le pecore del Fedele, poi perché camminando dietro a Lui ed ascoltando
la Sua Voce, sono perseveranti nel cammino.
Proprio pensando a queste
due caratteristiche del credente che questo studio si può intitolare:
Conoscere bene per camminare
degnamente!
Ma queste caratteristiche
di
santità e di
fedeltà non sono il frutto di
uno sforzo “umano”… …sono molto più simili al “coraggio”
di Gedeone (cfr Giudici 6:11-16), alla “forza”
di Sansone (cfr Giudici 13:25), o allo “zelo”
di Zorobabele (cfr Zaccaria 4:6-7), ma lo sono in modo molto più completo,
in quanto per loro era una esperienza “limitata” dalla presenza temporanea
dello Spirito Santo, per le pecore del Signore è garantita “tutti i giorni,
sino alla fine dell'età presente”,
Gesù disse:
…Io sono con voi tutti i giorni,
sino alla fine dell'età presente.
(Matteo 28:20)
Nessuno può pensare di
essere
santo o
fedele, se non
in Cristo Gesù, la
Sorgente della Santità e della
Fedeltà del cristiano.
Questo sarà proprio l’argomento filo-conduttore della lettera agli efesini.
***
…Grazia a voi…
La
grazia è la base dell’Opera di
Gesù Cristo, è
venuta con Lui:
…la
grazia
e la verità sono venute per mezzo di
Gesù Cristo.
(Giovanni 1:17)
E’ il motore del proposito di Dio
verso di noi:
Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata,
non a motivo delle nostre opere, ma
secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù
fin dall'eternità…
(2 Timoteo 1:9)
E’ la base del perdono di Dio:
In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue,
il perdono dei peccati secondo le
ricchezze della sua grazia…
(Efesini 1:7)
E’ la base della nostra
giustificazione:
… tutti
hanno peccato e sono privi della gloria di Dio ma
sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la
redenzione che è in Cristo Gesù. (Romani 3:23-24)
E’ la base della nostra guarigione
spirituale:
…ci
ha vivificati con Cristo (è per grazia che siete stati salvati)
(Efesini 2:5 e 2:8)
Ci libera dal potere del peccato:
…infatti il peccato non avrà più
potere su di voi; perché non
siete sotto la legge ma sotto la
grazia.
(Romani 6:14)
In Lei abbiamo
una identità spirituale ben
precisa:
Ma per la grazia di Dio io sono quello che
sono…
(1 Corinzi 15:10)
Per Lei
noi siamo figli ed eredi (abbiamo
accesso al tesoro) di Dio:
Così tu non sei più servo, ma figlio; e
se sei figlio, sei anche erede per
grazia di Dio.
(Galati 4:7)
Sotto il Suo impulso
noi lodiamo Dio:
La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente, ammaestrandovi ed
esortandovi gli uni gli altri con ogni sapienza,
cantando di cuore a Dio, sotto l'impulso della grazia, salmi, inni e
cantici spirituali.
(Colossesi 3:16)
Ci insegna
a vivere in questo mondo:
Infatti la grazia di Dio, salvifica
per tutti gli uomini, si è manifestata, e
ci insegna a rinunciare all'empietà e
alle passioni mondane, per vivere
in questo mondo moderatamente, giustamente e in modo santo, aspettando
la beata speranza e l'apparizione della gloria del nostro grande Dio e
Salvatore, Cristo Gesù.
Egli ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli
appartenga, zelante nelle opere buone.
(Tito 2:11-14)
Pietro scrive circa la “moltiplicazione
della Grazia di Dio”:
…grazia e pace vi siano moltiplicate.
(1 Pietro 1:2)
…grazia
e pace vi siano moltiplicate nella conoscenza di Dio e di Gesù, il nostro
Signore.
(2 Pietro 1:2)
Scrive ancora circa la
sua “varietà”
che si manifesta nei doni spirituali:
Come buoni amministratori della
svariata grazia di Dio, ciascuno,
secondo il dono che ha ricevuto, lo metta a servizio degli altri.
(2 Pietro 1:2)
Paolo esorta Timoteo
a fortificarsi nella Grazia di Dio:
Tu dunque, figlio mio, fortìficati nella grazia che
è in Cristo Gesù…
(2 Timoteo 2:1)
Pietro, ci invita a non
accontentarci di quello che conosciamo ma ci esorta
a crescere nella Grazia e nella
Conoscenza di Gesù Cristo:
Voi dunque, carissimi, sapendo già queste cose, state in guardia per non essere trascinati
dall'errore degli scellerati e scadere così dalla vostra fermezza; ma
crescete nella grazia e nella
conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.
(2 Pietro 3:17-18)
…e pace…
Isaia tuonava:
“Non
c'è pace per gli empi”, dice il
mio Dio. (Isaia
57:21)
Paolo nella sua lettera ai romani ce lo conferma, ma ci presenta
La Soluzione definitiva del
problema:
- dopo aver dichiarato
lo stato d’ira di Dio verso tutti
gli uomini a causa del peccato;
scrive infatti così:
Or la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri
cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto
per gli empi.
Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una persona buona
qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio
invece mostra la grandezza del
proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori,
Cristo è morto per noi.
Tanto più dunque,
essendo ora giustificati per il suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati
dall'ira.
Se infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante
la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo
salvati mediante la sua vita.
Non solo, ma ci gloriamo anche in Dio
per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, mediante il quale
abbiamo ora ottenuto la
riconciliazione.
(Romani 5:1-11)
La Pace di Dio è una pace veramente universale,
Paolo infatti scrive così ai fratelli di Colosse:
Poiché al Padre piacque di far
abitare in lui tutta la pienezza e
di riconciliare con sé tutte le cose
per mezzo di lui, avendo fatto la pace mediante il sangue della sua croce;
per mezzo di lui, dico, tanto le
cose che sono sulla terra, quanto quelle che sono nei cieli.
E voi, che un tempo eravate estranei e nemici a causa dei vostri pensieri e
delle vostre opere malvagie, ora
Dio vi ha riconciliati nel corpo della carne di lui, per mezzo della sua
morte, per farvi comparire davanti a sé santi, senza difetto e
irreprensibili, se
appunto perseverate nella fede,
fondati e saldi e senza lasciarvi smuovere dalla speranza del vangelo
che avete ascoltato, il quale è stato predicato a ogni creatura sotto il
cielo e di cui io, Paolo, sono diventato servitore.
(Colossesi 1:19-23)
La pace è, di fatto, lo
scopo della fede, possiamo anche vederlo in un episodio esemplare tra Gesù e
i Suoi discepoli:
Gesù, nel momento forse
più drammatico per i discepoli (il loro tradimento generale davanti alla sua
passione), è preoccupato per loro, per
la pace che potrebbero
perdere, per il turbamento che potrebbe sopraffarli, in particolare per
Pietro che si stava esponendo in modo più plateale.
Proprio in quel momento
Gesù disse loro:
Il vostro cuore non sia turbato;
abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me!
(Giovanni 14:1)
Gesù ha pregato per
Pietro e per quel momento, affinché lui non perdesse
la fede e di conseguenza
la pace:
«Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il
grano; ma
io ho pregato per te, affinché la
tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i
tuoi fratelli».
(Luca 22:31-32)
E nel momento del
tradimento, lo sguardo attento di
Gesù è proprio per Pietro:
E subito, mentre parlava ancora, il gallo cantò.
E il Signore, voltatosi, guardò Pietro;
e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detta: «Oggi,
prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte».
E, andato fuori, pianse amaramente.
(Luca 22:60-62)
Che meraviglia!
La Fede che ci dona il nostro
Signore ci porta
La Pace
che è più forte e più salda di qualsiasi nostra caduta!
Questo non deve
incoraggiarci a “vivere” nel peccato, altrimenti vorrebbe dire che non abbiamo
compreso proprio nulla dell’Amore di Dio, ma possiamo essere certi che,
custoditi dalla Grazia di Dio,
viventi per Cristo e
guidati dallo Spirito Santo,
abbiamo ed avremo sempre Pace con Dio, ..nonostante le nostre cadute, i
nostri “incidenti di percorso” (non sicuramente il nostro “stile di vita”!)
Paolo fa questa considerazione scrivendo ai romani:
Rimarremo forse nel peccato affinché la grazia abbondi?
No di certo! Noi che siamo morti al
peccato, come vivremmo ancora in esso?
(Romani 6:1-2)
…da Dio, nostro Padre, e
dal Signore Gesù Cristo.
Non sono solo importanti
i doni (la Grazia e la Pace) ma è fondamentale capire
l’Origine di tali doni.
Paolo, da buon discepolo di Gesù Cristo, non perde occasione per dichiarare
la fonte delle benedizioni, anche dal
punto di vista dell’insegnamento:
Tu, invece, persevera nelle cose che hai imparate e di cui hai acquistato
la certezza, sapendo da chi le hai
imparate…
(2 Timoteo 3:14)
Questo non è affatto
scontato, molti confondono il dono
con il donatore oppure cercano semplicemente il dono, non importa quale sia
il donatore, ed in campo spirituale questo atteggiamento è molto pericoloso…
Paolo ci conforta qui esortandoci a trovare la
Grazia e la Pace
da Dio, nostro
Padre, e dal Signore Gesù Cristo.
***
CONCLUSIONE
I destinatari di questa
lettera, per il fatto che erano dei «santi»
e dei «fedeli», avevano
sicuramente già gustato le primizie
della Grazia salvifica di cui Paolo parla anche a Tito:
Infatti la grazia di Dio, salvifica
per tutti gli uomini, si è manifestata, e
ci insegna a rinunciare all'empietà e
alle passioni mondane, per vivere
in questo mondo moderatamente, giustamente e in modo santo, aspettando
la beata speranza e l'apparizione della gloria del nostro grande Dio e
Salvatore, Cristo Gesù.
Egli ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli
appartenga, zelante nelle opere buone.
(Tito 2:11-14)
I destinatari di questa
lettera, per il fatto che erano dei «santi»
e dei «fedeli», avevano
sicuramente già gustato le primizie
della Pace di Dio che sorpassa ogni intelligenza, come scrive Paolo ai
fratelli di Filippi:
E la pace di Dio, che
supera ogni intelligenza,
custodirà i vostri cuori e i vostri
pensieri in Cristo Gesù.
(Filippesi 4:7)
Il desiderio di Paolo è quello di vedere i fratelli avanzare nella loro esperienza e
nella loro conoscenza più vasta e più
profonda delle benedizioni spirituali che scaturiscono in modo
inesauribile ed eterno
da Dio, nostro Padre, e dal Signore Gesù Cristo.
Un cristiano che si
accontenta di “vivacchiare” in una situazione di staticità spirituale, non
cresce, non matura, non si forma, non ricerca la santificazione, non
desidera la consacrazione, si accontenta di varcare appena la soglia della
casa di Dio… …sarà un credente patologicamente immaturo, carnale, soggetto
ad essere sballottato qua e là da ogni vento di dottrina,
non onorerà la causa e tantomeno Colui che lo ha riscattato, poi
non gusterà la sempre più profonda
dimensione della Grazia e della Pace di Dio.
Dobbiamo inoltre considerare e comprendere che in Dio,
nulla è “finito”, tutto è “eterno”!
E noi, rigenerati dal Suo Spirito, siamo chiamati a vivere le cose
celesti in modo eterno, pensare che quello che abbiamo visto,
vissuto, provato, del Signore sia tutto, è ragionare con la mente
carnale, le benedizioni di Dio (tra cui
la compassione)
si rinnovano ogni mattina (cfr
Lamentazioni 3:23), così come la Sua Grazia e la Sua Pace.
Questo è anche quel modo “diverso” di dare la Pace a cui si riferiva Gesù:
Vi lascio pace;
vi
do la mia pace. Io non vi do come
il mondo dà.
(Giovanni 14:7)
La
Grazia e la
Pace di cui scrive qui l'apostolo parla non devono essere per
noi una aspirazione vaga ed incerta ma un
incrollabile fatto di esperienza
se, avendo creduto in Gesù, noi siamo
veramente riconciliati con Dio.
Ma non basta,
noi non siamo che sulla riva e
davanti a noi si estende l'oceano infinito di quella Grazia e di quella
Pace, che procedono da Dio e dal Signore Gesù Cristo.
E’ su questo oceano che
Paolo ci vuole portare in questa lettera che
profuma della sua maturità spirituale, dove il vento dello Spirito
Santo ci sospinge e che fa sì che di giorno in giorno
grazia e pace ci siano
moltiplicate!