LETTERA DI PAOLO AI FILIPPESI -

La gioia del combattimento

 

 

"Desidero che voi sappiate, fratelli, che quanto mi è accaduto ha piuttosto contribuito al progresso del vangelo; al punto che a tutti quelli del pretorio e a tutti gli altri è divenuto noto che sono in catene per Cristo; e la maggioranza dei fratelli nel Signore, incoraggiati dalle mie catene, hanno avuto più ardire nell'annunciare senza paura la parola di Dio.

Vero è che alcuni predicano Cristo anche per invidia e per rivalità;

ma ce ne sono anche altri che lo predicano di buon animo.

Questi lo fanno per amore, sapendo che sono incaricato della difesa del vangelo;  ma quelli annunciano Cristo

con spirito di rivalità, non sinceramente, pensando di provocarmi qualche afflizione nelle mie catene.

Che importa? Comunque sia, con ipocrisia o con sincerità, Cristo è annunciato; di questo mi rallegro, e mi rallegrerò ancora; so infatti che ciò tornerà a mia salvezza, mediante le vostre suppliche e l'assistenza dello Spirito di Gesù Cristo, secondo la mia viva attesa e la mia speranza di non aver da vergognarmi di nulla; ma che con ogni franchezza,

ora come sempre, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia con la vita, sia con la morte.

Infatti per me il vivere è Cristo e il morire guadagno.

Ma se il vivere nella carne porta frutto all'opera mia, non saprei che cosa preferire.

Sono stretto da due lati: da una parte ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio;

 ma, dall'altra, il mio rimanere nel corpo è più necessario per voi.

Ho questa ferma fiducia: che rimarrò e starò con tutti voi per il vostro progresso e per la vostra gioia nella fede,

affinché, a motivo del mio ritorno in mezzo a voi, abbondi il vostro vanto in Cristo Gesù.

Soltanto, comportatevi in modo degno del vangelo di Cristo, affinché, sia che io venga a vedervi sia che io resti lontano, senta dire di voi che state fermi in uno stesso spirito, combattendo insieme con un medesimo animo per la fede del vangelo, per nulla spaventati dagli avversari.

Questo per loro è una prova evidente di perdizione; ma per voi di salvezza; e ciò da parte di Dio.

Perché vi è stata concessa la grazia, rispetto a Cristo, non soltanto di credere in lui, ma anche di soffrire per lui,

 sostenendo voi pure la stessa lotta che mi avete veduto sostenere e nella quale ora sentite dire che io mi trovo."

(Filippesi 1:12-30)

 

***

Paolo ha prima scritto circa l’opera di Dio iniziata tra i fratelli di Filippi e del suo compimento certo perché nella mani forti di Dio ed ha pregato per la loro crescita in conoscenza e discernimento spirituale affinchè potessero investire al meglio la loro vita intera su questa terra.

Ora, senza perdere di vista l’obiettivo della Gloria di Dio, vuole fare comprendere ai fratelli che non solo il compimento della loro salvezza è nella mani forti di Dio, ma anche tutte le circostanze, tutte le sofferenze che stanno soffrendo e che soffriranno ancora, sono sotto la attenta sorveglianza del Signore, perché in ogni cosa ed in ogni situazione Lui è sempre al comando e contribuirà alla Sua e alla nostra gloria, e questo, nonostante tutte le difficoltà (che risultano leggere rispetto al peso della futura gloria) che un figlio di Dio può incontrare è una grande fonte di gioia,  come scriveva, tra l’altro ai fratelli di Corinto:

…la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria, mentre abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; poiché le cose che si vedono sono per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne. (2 Corinzi 4:17-18)

E questo è stato anche il sentimento che ha sorretto il nostro Signore Gesù nelle sue sofferenze terrene:

Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l'infamia…  (Ebrei 12:2)

Ed è una gioia che soddisfa:

Dopo il tormento dell'anima sua vedrà la luce e sarà soddisfatto; per la sua conoscenza, il mio servo, il giusto, renderà giusti i molti, si caricherà egli stesso delle loro iniquità.

Perciò io gli darò in premio le moltitudini, egli dividerà il bottino con i molti, perché ha dato se stesso alla morte ed è stato contato fra i malfattori; perché egli ha portato i peccati di molti e ha interceduto per i colpevoli.  (Isaia 53:11-12)

Ma Paolo, che comprende la debolezza umana, era preoccupato che i fratelli di Filippi, così premurosi nei suoi confronti, potessero temere che una prigionia così prolungata come la sua, finisse col vanificare l’opera apostolica iniziata e vuole rassicurarli in tal senso facendo loro notare che proprio questa sua  prigionia, subìta per il nome di Cristo, è utile alla divulgazione del Vangelo, in quanto è divenuta nota in tutta la caserma pretoriana e anche oltre quelle mura e che proprio in seguito a questo si era sviluppato un forte movimento missionario fra i cristiani di Roma.

Non nasconde loro che non tutti lavoravano nel medesimo spirito, ve ne erano di quelli che annunciavano Cristo con dei sentimenti non particolarmente riverenti verso di lui, ma ve ne erano anche degli altri che lo annunciavano con il suo stesso spirito.

In tutto questo però Paolo è convinto che anche quelli che lavorano pensando di ostacolare la sua opera, in realtà, contribuiscono alla propagazione della conoscenza di Cristo e questo è, per lui, motivo di gioia, perché è consapevole che non sta portando avanti una sua opera ma l’Opera di Dio e questa divulgazione del Vangelo contribuisce comunque all’edificazione del Corpo di Cristo.

Questo è il sentimento che Paolo vive nella sua condizione attuale:

Cristo è tutto per lui; quindi:

- morire, equivale ad andare da Lui, il che è egoisticamente un guadagno;

- vivere, equivale a portare del frutto alla gloria di Cristo.

Egli non sa cosa preferire e rimette la scelta nelle mani di Dio, con il sentimento che quello che conta è continuare a lavorare, con gioia, all’edificazione della Chiesa.

 

Possiamo dividere questo passo in tre sezioni:

  - UNA TESTIMONIANZA CORAGGIOSA           (1:12-18)

  - CONVINZIONI SALDE                                        (1:19-26)

  - ESORTAZIONI SOLENNI                                     (1:27-30)

 

***

 

UNA TESTIMONIANZA CORAGGIOSA   (1:12-18)

Desidero che voi sappiate, fratelli, che quanto mi è accaduto ha piuttosto contribuito al progresso del vangelo;

al punto che a tutti quelli del pretorio e a tutti gli altri è divenuto noto che sono in catene per Cristo;

 e la maggioranza dei fratelli nel Signore, incoraggiati dalle mie catene,

hanno avuto più ardire nell'annunciare senza paura la parola di Dio.

Vero è che alcuni predicano Cristo anche per invidia e per rivalità;

ma ce ne sono anche altri che lo predicano di buon animo.

Questi lo fanno per amore, sapendo che sono incaricato della difesa del vangelo;

ma quelli annunciano Cristo con spirito di rivalità, non sinceramente,

pensando di provocarmi qualche afflizione nelle mie catene.

 

Desidero che voi sappiate, fratelli, che quanto mi è accaduto ha piuttosto contribuito al progresso del vangelo…

Se proviamo a considerare le circostanze nelle quali si trova l’apostolo mentre scrive questa lettera, troveremo che è in mezzo a due fuochi:

  - da un lato è sotto l’opposizione di coloro che sono fuori dalla chiesa

- da un altro lato subisce il travisamento di coloro che si trovavano all’interno della chiesa ma non lo appoggiavano e non lo riconoscevano nel suo mandato.

 

Paolo in mezzo a questa situazione non perdeva di vista il suo obiettivo, quello che conta per lui è che Cristo venga predicato e questo basta per procurargli grande gioia.

Le sue stesse catene non ostacolano il progresso del Vangelo, anzi hanno in ogni modo stimolato la predicazione della Parola.

Tutto questo era per lui fonte di gioia ed egli desidera che anche i fratelli sappiano, affinchè possano imparare e condividere questa gioia in quanto suoi compagni in questo combattimento spirituale, anzi, il suo desiderio è che essi stessi imparassero dalla sua esperienza questa importante Verità: davanti a Dio non esiste “il caso”, Egli conduce ogni cosa, anzi, è al comando di ogni cosa!

Infatti dobbiamo imparare un principio che domina in tutta la Scrittura, ovvero il principio secondo il quale Dio è potente da trasformare il male in bene.

Possiamo ricordare l’esempio di Giuseppe e i suoi fratelli (figura profetica di Gesù) dove il male tramato verso di lui è diventato un bene per tutto il popolo, ma l’esempio più perfetto è proprio quello di Gesù sulla croce:

Egli fu arrestato e abbandonato da tutti, ma Dio trasformò questa “apparente sconfitta” in un “trionfo”.

 

Ancora oggi Dio opera in questo modo, Egli è potente da trasformare quello che a noi sembra una sconfitta in una vittoria, ed è molto importante che noi impariamo a riconoscere questa Verità.

In questi versi Paolo dichiara che quanto gli era accaduto, le cose negative che sembravano ostacolare l’opera di Dio, in realtà aveva contribuito al progresso del Vangelo.

 

Dio aveva trasformato il male in un bene

 

…al punto che a tutti quelli del pretorio e a tutti gli altri è divenuto noto che sono in catene per Cristo…

Paolo era probabilmente recluso agli arresti domiciliari e piantonato a vista da guardie pretoriane che si davano il cambio (era molto probabilmente legato con una catena ad un soldato).

Con queste guardie sicuramente Paolo parlava e la sua testimonianza (come spiegazione delle accuse circa la sua condizione carceraria) si era diffusa tra tutti loro e nel pretorio stesso.

Quindi tutto il pretorio, e anche gli altri a Roma che sapevano di Paolo, avevano notato che egli era in prigione per Cristo, quindi avevano capito che non era colpevole di alcun reato, ma che era in prigione ingiustamente, a causa della sua fede in Cristo.

Questa era un chiara testimonianza che contribuiva al progresso del Vangelo, perché le persone vedevano che Paolo non meritava di essere in prigione e che sapeva soffrire dignitosamente per Cristo.

Nonostante che fosse in prigione, il suo comportamento era tale che le persone vedevano che egli camminava nella giustizia, e questo testimoniava ancora più la veracità del Vangelo.

Quando la nostra condotta è veramente retta e pura, quando il nostro comportamento rispecchia Cristo, allora, quando le persone sparleranno di noi, rimarranno svergognate.

La verità vince la menzogna e anche noi saremo di buona testimonianza come scrive anche Pietro:

Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi!

Non vi sgomenti la paura che incutono e non vi agitate; ma glorificate il Cristo come Signore nei vostri cuori.

Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni.

Ma fatelo con mansuetudine e rispetto, e avendo la coscienza pulita; affinché quando sparlano di voi, rimangano svergognati quelli che calunniano la vostra buona condotta in Cristo. Infatti è meglio che soffriate per aver fatto il bene, se tale è la volontà di Dio, che per aver fatto il male. (1 Pietro 3:14-17)

 

…e la maggioranza dei fratelli nel Signore, incoraggiati dalle mie catene,

hanno avuto più ardire nell'annunciare senza paura la parola di Dio.

L’incarcerazione di Paolo aveva anche avuto un altro effetto: incoraggiò coloro che erano stati, fin ad allora, riluttanti nella testimonianza.

Questo ci dimostra quanto il buon esempio sia incoraggiante e come spesso è molto più facile vedere la potenza di Dio in mezzo ai problemi che quando tutto scorre senza impedimenti.

Questo avviene perché quando le nostre forze bastano non vediamo la mano di Dio; invece quando la situazione diventa impossibile per noi vediamo più chiaramente la mano potente di Dio all’opera, per questo Paolo ha scritto:

Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando sono debole, allora sono forte.  (2 Corinzi 12:10)

 

Dobbiamo sapere che il Dio di Paolo è anche il nostro Dio e pertanto se Dio poteva usare le catene di Paolo per il progresso del vangelo può anche usare, per lo stesso fine e con la stessa Potenza, i nostri problemi.

Grazie alla sua esperienza difficile, un bel numero di fratelli erano diventati più “audaci” nella testimonianza, le sue forze anziché essere “legate” ed “annientate” si erano moltiplicate!

Questa testimonianza andava avanti grazie a due tipologie di fratelli:

  1) coloro che vedevano in Paolo un rivale

  2) coloro che vedevano in Paolo un esempio

1)              …Vero è che alcuni predicano Cristo anche per invidia e per rivalità…

…quelli annunciano Cristo con spirito di rivalità, non sinceramente,

pensando di provocarmi qualche afflizione nelle mie catene

E’ importante capire che questi fratelli, predicavano “Cristo”, una sana dottrina, quindi non erano i “giudaizzanti” delle chiese della Galazia, altrimenti la posizione e la reazione stessa di Paolo sarebbe stata tutta un’altra e non si sarebbe sicuramente rallegrato.

Coloro che predicavano Cristo per invidia e per rivalità, volevano in qualche modo provocare qualche afflizione all’apostolo, per questo egli dice che non lo predicavano sinceramente (con l’obiettivo genuino di edificare il Corpo di Cristo) e lo facevano senza amore (in opposizione a coloro che lo facevano per amore), magari lo facevano per auto-gratificarsi, per interesse personale, per vanagloria (erano spinti dall’invidia e vedevano in Paolo non un collaboratore ma un rivale).

Probabilmente, questi fratelli, pur condividendo la sana dottrina, non vedevano Paolo di buon occhio e per antipatia personale non ne riconoscevano l’autorità spirituale di apostolo, erano concentrati sul loro tornaconto in onori, gloria, successo, notorietà che inevitabilmente l’apostolo Paolo (pur non ricercandole) si attirava.

Costoro cercavano la gloria umana, volevano la stessa forma esteriore di Paolo, ma ne rinnegavano la Potenza in quanto non agivano per amore, predicavano Cristo per motivi egoistici e così facendo credevano di provocare qualche afflizione a Paolo.

 

2)              …ma ce ne sono anche altri che lo predicano di buon animo.

Questi lo fanno per amore, sapendo che sono incaricato della difesa del vangelo…

Coloro che predicavano Cristo di buon animo, a differenza degli altri, lo facevano per amore e riconoscevano in Paolo un esempio e una autorità spirituale di apostolo sapendo che era incaricato della difesa del vangelo, per questo non avevano secondi fini, non nutrivano invidia, non vedevano in Paolo un rivale e quindi predicavano Cristo sinceramente.

Paolo dice che queste persone predicavano Cristo di buon animo, per amore, con sincerità, con motivazioni pure.

Ma in tutto questo, il cuore di Paolo era gioioso perché Cristo veniva predicato, nello stesso modo da tutte e due le categorie di persone, questo era per lui la cosa importante ed in tutto questo riconosceva che Dio è al comando!

 

***

 

CONVINZIONI SALDE       (1:19-26)

 

Che importa? Comunque sia, con ipocrisia o con sincerità, Cristo è annunciato;

di questo mi rallegro, e mi rallegrerò ancora; so infatti che ciò tornerà a mia salvezza,

mediante le vostre suppliche e l'assistenza dello Spirito di Gesù Cristo,

secondo la mia viva attesa e la mia speranza di non aver da vergognarmi di nulla;

ma che con ogni franchezza, ora come sempre, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia con la vita, sia con la morte.

Infatti per me il vivere è Cristo e il morire guadagno.

Ma se il vivere nella carne porta frutto all'opera mia, non saprei che cosa preferire.

Sono stretto da due lati: da una parte ho il desiderio di partire e di essere con Cristo,

perché è molto meglio; ma, dall'altra, il mio rimanere nel corpo è più necessario per voi.

Ho questa ferma fiducia: che rimarrò e starò con tutti voi per il vostro progresso e per la vostra gioia nella fede,

affinché, a motivo del mio ritorno in mezzo a voi, abbondi il vostro vanto in Cristo Gesù.

 

Paolo desiderava una cosa sola: la gloria di Dio.

A lui non importava la propria gloria, non importava quello che le persone pensavano di Lui, non cercava l’approvazione degli uomini, non cercava fama o riconoscimento, egli voleva vedere Dio glorificato tramite la predicazione del Vangelo ed il fatto stesso che il Vangelo venisse predicato, lo rallegrava.

Egli non desiderava il suo progresso, desiderava il progresso del Vangelo.

Siamo capaci di ragionare così anche noi?

 

Spesso invece succede che si instauri una sorta di “concorrenza sleale” tra fratelli, tra chiese, ed il progresso del Vangelo porta gioia solo se ne veniamo coinvolti personalmente o come “mia chiesa”; quando ragioniamo così assomigliamo molto a coloro che vedevano in Paolo un rivale, un avversario, non un loro collaboratore!

Se non sappiamo gioire del progresso del Vangelo indipendentemente dal fatto che noi (o la chiesa che frequentiamo) siamo coinvolti o meno, faremmo bene ad esaminare noi stessi e chiederci se discerniamo veramente il Corpo del Signore!

Ricordiamoci sempre che non stiamo lavorando per la nostra gloria, ma per la gloria di Dio e qualunque vittoria per Dio è una vittoria per tutta la famiglia di Dio.

Tristemente, non tutto che viene fatto nel nome di Dio glorifica Dio come potrebbe!

Ma quello che potrebbe sembrare un ostacolo al Vangelo, Dio può trasformarlo in  qualcosa che contribuisce al Suo progresso, pertanto non perdiamoci d’animo quando sembra che qualche porta ci è chiusa, ricordiamoci sempre e comunque che in ogni cosa Dio è al comando.

 

Tornando a Paolo ed alle sue afflizioni, possiamo vedere come lui era certo che quei ceppi che aveva ai piedi, sarebbero comunque tornati a suo vantaggio (alla sua salvezza, alla sua gloria).

Paolo contava anche sull’aiuto spirituale (le suppliche dei fratelli e l'assistenza dello Spirito di Gesù Cristo, ovvero lo stesso spirito che conduceva Gesù Cristo uomo), questa aiuto era il suo conforto che si fondeva con la sua speranza, di non vergognarsi di nulla; ma che con ogni franchezza, ora come sempre, Cristo sarebbe stato glorificato nel suo corpo, sia con la vita, sia con la morte.

Questa era una convinzione chiara per Paolo e con questa convinzione si preparava ad affrontare qualsiasi epilogo della sua vita terrena e la sua preoccupazione era la testimonianza che avrebbe lasciato per il suo Signore, e questo era l’unica cosa per la quale valeva la pena di vivere o morire e che sarebbe stata la sua Gloria (se portata avanti con dignità) o la sua vergogna (se portata avanti indegnamente).

L’arrivare davanti al tribunale di Cristo senza doversi vergognare era una vera preoccupazione per i figli di Dio, come ci insegnano gli apostoli:

Sfòrzati di presentare te stesso davanti a Dio come un uomo approvato, un operaio che non abbia di che vergognarsi, che tagli rettamente la parola della verità.  (2 Timoteo 2:15)

 

E ora, figlioli, rimanete in lui affinché, quand'egli apparirà, possiamo aver fiducia

e alla sua venuta non siamo costretti a ritirarci da lui, coperti di vergogna. (1 Giovanni 2:28)

 

Sentiamo anche noi questa responsabilità e questo onere?

Lo scopo unico di Paolo era quindi quello di glorificare Cristo con il suo corpo e sia la sua morte da martire (con una testimonianza ispirata a quella di Stefano, suo esempio), sia la sua eventuali liberazione (con l’esercizio del suo mandato in favore della Chiesa), la vedeva sotto la luce dell’utilità alla Gloria di Dio.

Queste espressioni di Paolo sono la spiegazione pratica dell’Amore intelligente e dell’Amore Utile che abbiamo visto nello studio precedente.

Paolo (che non era un buffone) ammette di non conoscere nulla del suo futuro, si sta timidamente convincendo della sua prossima liberazione in favore dei fratelli di Filippi, ma sappiamo che non sarà così.

 

***

 

ESORTAZIONI SOLENNI     (1:27:30)

 

Soltanto, comportatevi in modo degno del vangelo di Cristo, affinché, sia che io venga a vedervi sia che io resti lontano,

senta dire di voi che state fermi in uno stesso spirito, combattendo insieme con un medesimo animo

per la fede del vangelo, per nulla spaventati dagli avversari.

Questo per loro è una prova evidente di perdizione; ma per voi di salvezza; e ciò da parte di Dio.

Perché vi è stata concessa la grazia, rispetto a Cristo, non soltanto di credere in lui,

ma anche di soffrire per lui, sostenendo voi pure la stessa lotta che mi avete veduto sostenere

e nella quale ora sentite dire che io mi trovo.

 

Paolo sa che la sua presenza non è indispensabile, sicuramente è utile, ma sa che Dio è al comando in ogni modo e porterà avanti la Sua Opera con lui o senza di lui, ma sa anche quanto è importante essere di esempio e quindi dopo aver mostrato come bisogna saper soffrire e gioire delle afflizioni spirituali, esorta i fratelli a fare altrettanto.

Visto che ha a cuore i fratelli di Filippi, incurante della sua situazione futura (che rimette nelle mani di Dio), desidera che anche loro si comportino (vivano da cittadini del regno dei cieli), in ogni caso (sia in caso di sua morte che in caso di sua liberazione) in modo degno del Vangelo di Cristo, ovvero:

 

-  stando fermi in uno stesso spirito:

la fermezza è una caratteristica importante di ogni figlio di Dio:

 

- Paolo loda la fermezza dei fratelli di Colosse, in quanto radicati, edificati in Cristo e rafforzati nella fede:

…mi rallegro vedendo il vostro ordine e la fermezza della vostra fede in Cristo.
Come dunque avete ricevuto Cristo Gesù, il Signore, così camminate in lui; radicati, edificati in lui e rafforzati dalla fede, come vi è stata insegnata, abbondate nel ringraziamento. 
(Colossesi 2:5-7)

 

- Questa fermezza dobbiamo tenerla viva stando in guardia (vigilando attentamente) in quanto, come dice Pietro, può essere “smossa” dalle false dottrine (l’errore):

Voi dunque, carissimi, sapendo già queste cose, state in guardia per non essere trascinati dall'errore degli scellerati e scadere così dalla vostra fermezza; ma crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.  (2 Pietro 3:17-18)

 

- combattendo insieme con un medesimo animo per la fede del vangelo;

Il combattimento spirituale Paolo lo ha sostenuto davanti ai fratelli di Filippi e ha vinto (li chiamerà “corona mia”), essi lo hanno visto ed ora hanno sentito (per bocca di Epafrodito) come egli sta ancora combattendo, ma Paolo ricorda loro che il combattimento si porta avanti insieme e ciascuno deve fare la sua parte e l’obiettivo deve essere comune, altrimenti le energie vengono disperse e l’esercito non risulta utile e determinato, per questo occorre avere un medesimo animo per la fede del vangelo.

 

- per nulla spaventati dagli avversari.

In un combattimento ci sono dei momenti nei quali il soldato può avere paura, ma Paolo vuole incoraggiare i fratelli circa la protezione che il Signore garantisce loro.

 

  Possiamo fortificarci leggendo la protezione totale che Dio dava a Davide:

Ma tu, o SIGNORE, sei uno scudo attorno a me, sei la mia gloria, colui che mi rialza il capo.  (Salmo 3:3)

 

  E questa protezione totale Dio la garantisce ad ognuno dei Suoi.

Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai e nessuno le rapirà dalla mia mano.

Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti; e nessuno può rapirle dalla mano del Padre.  (Giovanni 10:27-29)

 

  Di questo Paolo ne è fermamente convinto:

…sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore.

(Romani 8:38-39)

 

In questo combattimento, cerchiamo sempre di non essere superficiali e disavveduti, il Signore ci ha dato tutto l’equipaggiamento per restare fermi nella fede, ma noi dobbiamo indossarlo e stare in guardia:

…fortificatevi nel Signore e nella forza della sua potenza.

Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate stare saldi contro le insidie del diavolo; il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti.

Perciò prendete la completa armatura di Dio, affinché possiate resistere nel giorno malvagio, e restare in piedi dopo aver compiuto tutto il vostro dovere.

State dunque saldi: prendete la verità per cintura dei vostri fianchi; rivestitevi della corazza della giustizia; mettete come calzature ai vostri piedi lo zelo dato dal vangelo della pace; prendete oltre a tutto ciò lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infocati del maligno.

Prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio; pregate in ogni tempo, per mezzo dello Spirito, con ogni preghiera e supplica; vegliate a questo scopo con ogni perseveranza.  (Efesini 6:10-18)

 

Altrimenti non saremo utili al combattimento stesso, saremo sballottati qua e là do agni vento di dottrina (cfr Efesini 4:14), spaventati e sorpresi dagli attacchi in quanto non preparati e dovremo vergognarci del nostro operato quando saremo davanti al Tribunale di Cristo.

Paolo non dà false illusioni, egli sa (e trasmette loro) che vivere per il Vangelo significa attirarsi la persecuzione e l’opposizione, per questo vuole che i fratelli di Filippi siano ben preparati e pertanto non spaventati dall’improvviso arrivo della “tempesta”.

 

…Questo per loro è una prova evidente di perdizione; ma per voi di salvezza; e ciò da parte di Dio…

La reazione degna e corretta della chiesa perseguitata è una prova evidente di perdizione per gli oppositori ed è contestualmente una prova evidente di salvezza per la Chiesa e tutto questo avviene perché è da parte di Dio, perché Dio è al comando!

La reazione indegna davanti alle afflizioni non dà onore e gloria a Dio!

Per questo Paolo esorta così i fratelli di Corinto, che avevano bisogno di essere ripresi:

  Vegliate, state fermi nella fede, comportatevi virilmente, fortificatevi.  (1 Corinzi 16:13)

Quattro azioni che oggi, come allora, la chiesa ed ogni singolo figlio di Dio farebbe bene a non sottovalutare!

 

…Perché vi è stata concessa la grazia, rispetto a Cristo, non soltanto di credere in lui, ma anche di soffrire per lui, sostenendo voi pure la stessa lotta che mi avete veduto sostenere e nella quale ora sentite dire che io mi trovo.

Proprio perché la persecuzione non arrivasse come “una sorpresa”, Paolo rivela loro una solenne Verità:

Soffrire per la causa del Vangelo (rispetto a Cristo) è una Grazia al pari di credere!

Siamo abituati a vedere nella sofferenza una “punizione divina”, ma questa idea dobbiamo rigettarla se siamo in Cristo, perché se siamo in Lui, ogni cosa è determinata, controllata, voluta, permessa e dosata da Dio per il nostro bene.

 

Paolo ha insegnato questo ai fratelli di Roma:

  Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio…  (Romani 8:28)

 

Pertanto soffrire per Cristo non deve essere visto come una cosa inattesa o come una punizione divina, anzi, deve essere visto una prova della grazia di Dio, concessa (come un favore) perché tornerà alla gloria di Dio e quindi della Chiesa, e questo (se compreso nel suo valore spirituale) è un motivo di grande gioia!

Paolo e i fratelli di Filippi condividevano la stessa lotta spirituale e dovevano comportarsi nello stesso modo, con dignità!

Per questo egli si prestava come esempio:

…sostenendo voi pure la stessa lotta che mi avete veduto sostenere e nella quale ora sentite dire che io mi trovo.

 

Dallo studio di questo brano dobbiamo imparare che il nostro Dio è veramente Sovrano, questo dovrebbe infonderci una grande gioia, non una goccia di sudore, non una lacrima, sarà trascurata davanti al Tribunale di Cristo!

La nostra gioia sarà veramente completa davanti a Lui ed ogni sofferenza, afflizione, persecuzione subita in questa vita per la nostra fede in Cristo, sarà ampiamente ricompensata, e questo è già oggi motivo di grande Gioia!

 Gianni Marinuzzi