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		LETTERA DI PAOLO AI FILIPPESI
La gioia della condivisione
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	Infatti non ho nessuno di animo pari al suo che abbia sinceramente a cuore 
	quel che vi concerne. 
	
	
	
	Poiché tutti cercano i loro propri interessi, e non quelli di Cristo Gesù.
Voi sapete che egli ha dato buona prova di sé, perché ha servito con me la causa del vangelo,
	
	
	
	come un figlio con il proprio padre. 
Spero dunque di mandarvelo appena avrò visto come andrà a finire la mia situazione;
	
	
	
	ma ho fiducia nel Signore di poter venire presto anch'io. 
Però ho ritenuto necessario mandarvi Epafròdito, mio fratello, mio compagno di lavoro e di lotta,
inviatomi da voi per provvedere alle mie necessità;
	
	
	 egli 
	aveva un gran desiderio di vedervi tutti ed era preoccupato perché avevate 
	saputo della sua malattia. 
È stato ammalato, infatti, e ben vicino alla morte; ma Dio ha avuto pietà di lui; e non soltanto di lui,
	
	
	
	ma anche di me, perché io non avessi dolore su dolore. 
	
	
	
	Perciò ve l'ho mandato con gran premura, affinché vedendolo di nuovo vi 
	rallegriate, e anch'io sia meno afflitto. 
Accoglietelo dunque nel Signore con ogni gioia e abbiate stima di uomini simili;
perché è per l'opera di Cristo che egli è stato molto vicino alla morte,
	
	
	
	avendo rischiato la propria vita per supplire ai 
	servizi che non potevate rendermi voi stessi.
	
	(Filippesi 2:19-30)
	
	
	***
	
	Finora abbiamo visto l’enorme privilegio che abbiamo di partecipare al 
	Vangelo, grazie a Dio che ha iniziato la buona opera della salvezza in noi e 
	che la porterà a compimento e che anche in mezzo alle situazioni difficili, 
	che sembrano una sconfitta, Dio è al comando e può convertire il male in 
	bene.
	
	Paolo ci ha quindi esortato a comportarci in modo degno di un cittadino del 
	cielo, cioè degno del vangelo di Cristo, durante il tempo che abbiamo qui 
	sulla terra.
	
	Ora ci esorta ancora più specificamente ad un comportamento degno e giusto 
	per uno che ha ricevuto la grazia di Dio e che ha compreso la realtà e la 
	potenza dell’incarnazione e della Sua umiliazione fino al Sacrificio Totale 
	di sé stesso che è per noi un Sommo esempio da seguire.
	
	Ma come discepoli di Gesù Cristo siamo chiamati a vivere come
	cittadini dei cieli e secondo i 
	Suoi insegnamenti e secondo il Suo esempio, questo nostro condurci è 
	chiamata la santificazione, ovvero quel processo che porta il credente che 
	matura a spogliarsi progressivamente della sua natura carnale per esaltare 
	la nuova creatura conforme a Cristo, già in questo mondo come testimonianza 
	e dimostrazione di quello che è avvenuto nell’interiore, anche con la 
	sofferenza che questo produce che sarà nulla al confronto con la Gloria di 
	Dio e con il peso della Gloria che sarà manifestata per la Chiesa e per noi 
	individualmente per il giorno di Cristo.
	
	
	Una cosa che dobbiamo considerare prima di tutto è come Paolo dichiara 
	apertamente la stima che ha per questi due fratelli suoi collaboratori.
	
	Già all’inizio di questa lettera abbiamo potuto constatare come Paolo non 
	risparmi menzioni di stima per i suoi fratelli:
	
	Io ringrazio il mio Dio di tutto il ricordo che ho di voi; e sempre, in ogni 
	mia preghiera per tutti voi, prego con gioia a motivo della vostra 
	partecipazione al vangelo, dal primo giorno fino a ora.
	 (Filippesi 1:3-5)
	
	
	
	Ed è giusto che io senta così di tutti voi, perché io vi ho nel cuore, voi 
	tutti che, tanto nelle mie catene quanto nella difesa e nella conferma del 
	vangelo, siete partecipi con me della grazia.
	 (Filippesi 1:7)
	
	Sappiamo tutti cosa vuol dire avere 
	qualcuno nel cuore. 
	
	È naturale e giusto, per un genitore avere il proprio figlio nel cuore; 
	quello che porta bene al figlio crea gioia al genitore. 
	
	È naturale e giusto, per un giovane uomo avere la propria fidanzata nel suo 
	cuore. 
	
	Pur essendo lontano da loro, Paolo 
	aveva questi credenti nel suo cuore. 
	
	Nonostante Paolo aveva viaggiato moltissimo, nonostante egli avesse 
	predicato a tantissime persone in tanti luoghi, poteva dire sinceramente che
	aveva questi credenti nel suo cuore. 
	
	Paolo desiderava tanto il progresso di questi credenti, ed era bramoso di 
	ricevere notizie in merito alo loro stato di salute spirituale soddisfatto 
	dalla visita di Epafrodito, ma 
	non era mera curiosità in quanto anche egli era bramoso di
	inviare Timoteo da loro in modo 
	che essi stessi avessero sue notizie, perché aveva compreso quanto fosse 
	importante che il Corpo di Cristo fosse unito anche nella condivisione, nel 
	reciproco incoraggiamento e nella Gioia che queste benedizioni portavano.
	
	
	Per ogni servizio occorre affidarsi a persone fidate e quando questo 
	servizio è un servizio spirituale, occorre affidarsi a persone affidabili 
	spiritualmente e fedeli alla Parola, in quanto si trattano cose “sante”, non 
	esiste un servizio cristiano “non santo” o che può essere gestito con 
	superficialità!
	
	Per questo Paolo, dopo aver portato l’esempio di Gesù Cristo, ora elogia due 
	suoi collaboratori che propone anche essi come esempio di fede, di umiltà e 
	di altruismo e li coinvolge in questo servizio sacro inerente la 
	condivisione delle notizie relative al Corpo di Cristo:
	Timoteo ed
	Epafrodito. 
	
	
	Possiamo dividere questo brano in tre sezioni:
	
	
	
	- LA GIOIA DELLA CONDIVISIONE                                      
	(2:19)
	
	
	
	- ELOGIO DI TIMOTEO             
	
	
	                                  
	           
	(2:20-24)
	
	
	
	- ELOGIO DI EPAFRODITO        
	
	
	           
	                                 
	(2:25-30)
	
	
	***
	
	
	
	
	
	LA GIOIA DELLA CONDIVISIONE  
	
	
	 (2:19)
	
	
	
	
	Ora spero nel Signore Gesù di mandarvi presto Timoteo per essere io pure 
	incoraggiato nel ricevere vostre notizie. 
	
	Ogni speranza di Paolo non è sul fato, sulle possibilità casuali, sulla 
	propria capacità, sulla più o meno solidarietà dei magistrati, dei fratelli; 
	la sua speranza è nel Signore Gesù, 
	ed è in Lui che spera di poter 
	mandare Timoteo a Filippi, proprio come rimette
	la sua fiducia nel Signore circa 
	la possibilità di andare egli stesso a Filippi (cfr Filippesi 2:24).
	
	Paolo sta qui dicendo che il ricevere 
	le notizie relative al progresso spirituale dei fratelli è per lui
	un incoraggiamento, un motivo di 
	gioia, proprio come sa che questa sua lettera inviata probabilmente con 
	Epafrodito, porterà incoraggiamento e gioia ai fratelli di Filippi.
	
	Questo sentimento dovrebbe essere assolutamente normale tra i fratelli 
	lontani, ma non sempre avviene a causa del protagonismo individuale, di una 
	concezione molto limitata del Corpo di Cristo, del fatto che non riusciamo 
	ad andare oltre i limiti del modo di pensare di questo mondo.
	
	
	***
	
	
	
	
	ELOGIO DI TIMOTEO      
	
	
	(2:20-24)
	
	
	
	
	Infatti non ho nessuno di animo pari al suo che abbia sinceramente a cuore 
	quel che vi concerne. 
	
	
	
	Poiché tutti cercano i loro propri interessi, e non quelli di Cristo Gesù.
Voi sapete che egli ha dato buona prova di sé, perché ha servito con me la causa del vangelo,
	
	
	
	come un figlio con il proprio padre. 
Spero dunque di mandarvelo appena avrò visto come andrà a finire la mia situazione;
	
	
	
	ma ho fiducia nel Signore di poter venire presto anch'io. 
	
	
	
	…non ho nessuno di animo pari al suo che abbia sinceramente a cuore quel che 
	vi concerne. 
	
	
	Poiché tutti cercano i loro propri interessi, e non quelli di Cristo Gesù. 
	
	
	La descrizione che Paolo fa di coloro che lo circondano non è incoraggiante:
	tutti cercano i loro propri 
	interessi, e non quelli di Cristo Gesù.
	
	Questo ci fa comprendere come l’apostolo non avesse “le fette di prosciutto 
	sugli occhi”,  era ben consapevole 
	che non tutti avevano a cuore gli 
	interessi di Cristo, ma lui  fissava 
	lo sguardo su Timoteo e questo era il fratello che lo incoraggiava.
	
	
	
	…fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose 
	giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona 
	fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri 
	pensieri.
	
	(Filippesi 4:8)
	
	
	
	Notiamo quello che questo brano ci mostra del
	cuore di Timoteo:
	
	
	- non ho nessuno di animo pari al 
	suo…
	
	
	
	- ha sinceramente a cuore quel che vi concerne…
	
	
	
	- ha a cuore gli interessi di Cristo anziché i suoi…
	
	Che cuore aveva Timoteo!
	
	
	Fra tutti coloro che Paolo conosceva, nessuno
	aveva un cuore, cioè,
	un animo (cfr
	un animo solo), come quello di 
	Timoteo, egli amava veramente sinceramente la Chiesa ed aveva a cuore quello 
	che concerneva il Corpo di Cristo, quindi rappresentava un buon esempio di 
	quanto aveva esortato prima:
	
	
	Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con 
	umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso, cercando ciascuno non il 
	proprio interesse, ma anche quello degli altri.
	
	
	In altre parole, Timoteo aveva a cuore il bene dei credenti prima ancora del 
	suo (a partire da Paolo che assistenza costantemente) ed in particolare 
	quelli di Filippi che furono la primizia della sua missione insieme a Paolo 
	(cfr Atti 16) e di questa sua prova 
	gli stessi fratelli di Filippi erano testimoni e
	lo sapevano. 
	
	La passione di Timoteo non era influenzata da un interesse professionale, ma 
	era proprio il desiderio del suo cuore, per questo Paolo lo mette in risalto 
	e lo oppone a  tutti
	quelli che cercano i loro propri 
	interessi e non quello di Cristo Gesù.
	
	La passione di Timoteo per la causa 
	del Vangelo era vera e dimostrata egli non si limitava a dire di avere a 
	cuore le cose di Cristo e il bene spirituale di questi credenti. 
	
	Timoteo cercava realmente gli interessi di Cristo e si impegnava con la sua 
	vita in queste cose avendo dato buona 
	prova di sé, perché aveva servito con Paolo
	la causa del Vangelo, come un 
	figlio con il proprio padre, 
	ovvero di tutto cuore. 
	
	
	Servire la causa del Vangelo 
	consiste nell’adoperarsi in tutti quegli aspetti che contribuiscono al Suo 
	progresso: evangelizzare, assistere coloro che evangelizzano, pregare ed 
	intercedere per loro, sostenerli spiritualmente, fisicamente e 
	economicamente (se non sono in grado di sostenersi in modo autonomo), 
	svolgere qualsiasi attività finalizzata alla promozione della Buona Novella.
	
	Timoteo aveva compreso che gli 
	interessi di Cristo erano legati 
	a quello che concerneva questi credenti, infatti quello che porta gloria 
	a Dio è  che il Vangelo venga 
	proclamato e che i credenti vengano edificati. 
	
	
	Quindi Timoteo si impegnava in quello che
	interessa a Cristo, ovvero si 
	impegnava per la crescita dei credenti e per il progresso del regno di Dio e 
	Paolo fa un confronto fra Timoteo (che aveva sinceramente a cuore quello che 
	concerneva questi credenti), e gli altri che
	cercavano i loro propri interessi.
	
	Proprio per le sue qualità riconosciute e provate, era per Paolo la persona 
	giusta da inviare da loro per il loro bene e per la loro crescita 
	spirituale, in attesa anche della sua eventuale liberazione e 
	ricongiungimento.
	
	
	***
	
	
	
	
	ELOGIO DI EPAFRODITO  
	   (2:25-30)
	
	
Però ho ritenuto necessario mandarvi Epafròdito, mio fratello, mio compagno di lavoro e di lotta,
inviatomi da voi per provvedere alle mie necessità;
	
	
	
	egli aveva un gran desiderio di vedervi tutti ed era preoccupato perché 
	avevate saputo della sua malattia. 
È stato ammalato, infatti, e ben vicino alla morte;
	
	
	
	ma Dio ha avuto pietà di lui; e non soltanto di lui, ma anche di me, perché 
	io non avessi dolore su dolore. 
	
	
	
	Perciò ve l'ho mandato con gran premura, affinché vedendolo di nuovo vi 
	rallegriate, e anch'io sia meno afflitto. 
Accoglietelo dunque nel Signore con ogni gioia e abbiate stima di uomini simili;
perché è per l'opera di Cristo che egli è stato molto vicino alla morte,
	
	
	
	avendo rischiato la propria vita per supplire ai servizi che non potevate 
	rendermi voi stessi.
	
	
	
	
	
	La partenza di Timoteo per Filippi non è imminente,
	Paolo è in attesa di capire come 
	va a finire la sua detenzione. 
	
	
	
	
	Epafròdito 
	era un membro della chiesa di Filippi e la chiesa 
	l’aveva mandato a Roma per portare un aiuto economico a Paolo, e per 
	assisterlo, un altro bell’esempio di un fratello che
	aveva saputo mettere gli interessi 
	degli altri davanti ai suoi (aveva 
	stimato gli altri superiori a se stesso). 
	
	In questo tempo passato a Roma si era ammalato gravemente e la notizia della 
	sua malattia era giunta in qualche modo ai fratelli di Filippi.
	
	Ora Paolo, sapendo che i Filippesi erano molto preoccupati per lui, aveva 
	deciso di mandarlo a casa per confortarli, infatti, sarebbe stato Epafròdito 
	stesso a portare loro questa lettera. 
	
	
	E’ interessante notare la priorità delle definzioni che Paolo elenca di 
	questo fratello, dalle quali possiamo notare come Paolo considerasse i 
	fratelli ed il servizio, egli lo definisce (in ordine di importanza):
	
	- un fratello
	
	- un compagno di lavoro e di lotta
	
	
	
	La priorità per l’Opera di Cristo, 
	per la Causa del Vangelo, è qui dimostrata ampiamente, per Paolo, 
	Epafrodito era soprattutto un 
	fratello (l’Opera di Dio in lui), poi in secondo luogo
	un compagno di lavoro e di lotta 
	(il compimento dell’Opera di Dio in lui per mezzo del suo impegno) e solo in 
	ultimo una persona che lo doveva 
	servire personalmente.
	
	Paolo parla di Epafrodito come di un 
	suo compagno di lavoro e di lotta, non di intrattenimenti o di momenti 
	di “ricreazione”, Paolo era impegnato in una guerra spirituale e chi era 
	vicino a lui doveva lavorare e 
	lottare.
	
	Quindi quando Paolo dichiara che 
	Epafròdito era il suo compagno di lavoro e di lotta, sta testimoniando 
	che Epafròdito era stato accanto a lui in questa guerra.
	
	Anche lui, come Timoteo, aveva scelto di dedicarsi alla causa del Vangelo, 
	anziché alle sue cose ed ai suoi interessi.
	
	Epafròdito era preoccupato per come i suoi fratelli potessero essere in 
	ansia per lui, egli li sapeva preoccupati per lui e li voleva 
	tranquillizzare; questa è reciproca dimostrazione di profonda appartenenza e 
	di profondo affetto!
	
	Paolo descrive la guarigione di Epafròdito come di un esempio della pietà di 
	Dio verso di lui, per quanto gli era stato utile e di incoraggiamento; non 
	fa nessun accenno a “prestazioni carismatiche”. 
	
	All’inizio del suo ministero Paolo aveva compiuto miracoli di guarigione 
	molte volte, ma notiamo anche che verso la fine, in più occasioni, non lo 
	fece più, aveva forse “perso i poteri”? 
	
	
	Possiamo a questo punto fare una seria considerazione:
	il miracolo di guarigione era uno 
	dei doni temporanei che Dio usava per 
	confermare la testimonianza degli Apostoli finché non ci fosse il Nuovo 
	Testamento, la Parola di Dio scritta. 
	
	Nel momento che la Parola non doveva essere più confermata da segni 
	miracolosi, ma creduta ed accettata per fede, Essa stessa confermava la Sua 
	testimonianza, come fa anche oggi.
	
	Tornando a Epafròdito, notiamo che 
	era stato molto vicino alla morte per l’opera di Cristo; egli aveva 
	letteralmente rischiato la propria vita, per supplire ai servizi per Paolo 
	che questi credenti non potevano rendere.
	
	Nell’inviare questo fratello ai fratelli, Paolo li esorta ad
	accoglierlo nel Signore, con ogni 
	gioia e con onore, come un combattente che ha rischiato la sua vita per 
	il Vangelo, come un eroe della fede, in quanto egli era stato malato 
	seriamente per l'opera di Cristo, 
	probabilmente consistente nel servire 
	fisicamente l’apostolo, che a sua volta si sarebbe “sentito in colpa” 
	per la sua morte (perché io non 
	avessi dolore su dolore).
	
	Questa dedizione fa di Epafrodito un 
	uomo da stimare nel Signore (per le sue qualità e per la sua dedizione 
	spirituale (nel Signore), in quanto era stato il braccio dei fratelli di 
	Filippi (avendo rischiato la propria 
	vita per supplire ai servizi che non potevate rendermi voi stessi)!
	
	Questo è il vero e giusto modo di stimare i fratelli (non per le loro 
	capacità strettamente culturali, per le loro origini e appartenenze 
	razziali, di ceto sociale), se la stima dei fratelli da porre come esempio 
	per gli altri non è basata sui giusti parametri trasmettiamo dei modelli 
	sbagliati alle nuove generazioni di credenti, e questo purtroppo accade 
	spesso.
	
	
	***
	
	Abbiamo brevemente considerato il cuore di Paolo, il cuore di Timoteo e il 
	cuore di Epafròdito. 
	
	Abbiamo visto che avevano cuori molto simili, infatti tutti e tre:
	
	- non cercavano i loro propri interessi, ma gli interessi di Cristo
	
	- si dedicavano con grande impegno al progresso della fede degli altri
	
	
	E non trascuravano la condivisione delle loro vittorie e delle loro 
	sofferenze perché concepivano veramente il Corpo di Cristo come un corpo, 
	Paolo d'altronde così insegnava:
	
	
	Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è 
	onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui.
	 (1 
	Corinzi 12:26)
	
	Dio vuole anche che ciascuno di noi abbia un cuore che non cerchi i propri 
	interessi ma gli interessi di Cristo e di coloro che sono il Suo corpo e 
	Paolo (da buon combattente per la causa di Dio) tornerà su questo concetto 
	scrivendo più avanti a Timoteo:
	
	
	Uno che va alla guerra non s'immischia in faccende della vita civile, se 
	vuol piacere a colui che lo ha arruolato.  (2 
	Timoteo 2:4)
	
	
	E Gesù stesso disse:
	
	Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno 
	date in più. 
	(Matteo 6:33)
	
	
	Quando noi cerchiamo prima di ogni cosa il regno di Dio 
	(come facevano Paolo, Timoteo e Epafròdito),
	sarà Dio stesso a pensare alle nostre 
	necessità. 
	
	Quando abbiamo veramente a cuore la causa di Cristo e la Sua gloria (e 
	quello che serve per la crescita dei credenti), sarà Dio stesso che 
	provvederà per i nostri bisogni.
	
	E Dio è infinitamente più in grado di provvedere per i nostri bisogni di 
	quanto lo siamo noi.
	
	Avere la gloria di Dio come desiderio centrale del nostro cuore non vuol 
	dire che non facciamo più le cose di ogni giorno, infatti Paolo stesso, 
	Timoteo e Epafròdito mangiavano, dormivano, si curavano (sappiamo che per un 
	periodo Paolo lavorava costruendo tende per potersi sostenere), ma non sono 
	queste lo scopo della nostra vita, anzi sono il mezzo per il quale abbiamo 
	la possibilità di lavorare veramente per il Signore. 
	
	Avere quindi le cose di Dio come desiderio del cuore non vuol dire non 
	pensare più alle cose necessarie ma significa che queste non hanno la 
	priorità sulle altre.
	
	La cosa più importante, la nostra priorità è la nostra passione per la 
	gloria di Dio, e quindi, per la crescita del Suo popolo. 
	
	Tutto questo ha un costo, ma vivendo così la nostra vita porterà più gloria 
	al nostro Signore Gesù Cristo e questa sarà la nostra Gioia!