LETTERA DI PAOLO AI FILIPPESI
La gioia nell'assistenza
Ho avuto una grande gioia nel Signore, perché finalmente avete
rinnovato le vostre cure per me; ci pensavate sì, ma vi mancava
l'opportunità.
Non lo dico perché mi trovi nel bisogno, poiché io ho imparato
ad accontentarmi dello stato in cui mi trovo.
So vivere nella povertà e anche nell'abbondanza;
in tutto e per tutto ho imparato a essere saziato e ad aver fame;
a essere nell'abbondanza e nell'indigenza.
Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica.
Tuttavia avete fatto bene a prender parte alla mia afflizione.
Anche voi sapete, Filippesi, che quando cominciai a predicare il vangelo,
dopo aver lasciato la Macedonia, nessuna chiesa mi fece parte di nulla
per quanto concerne il dare e l'avere, se non voi soli; perché anche a Tessalonica
mi avete mandato, una prima e poi una seconda volta, ciò che mi
occorreva.
Non lo dico perché io ricerchi i doni; ricerco piuttosto il frutto
che abbondi a vostro conto.
Ora ho ricevuto ogni cosa e sono nell'abbondanza.
Sono ricolmo di beni, avendo ricevuto da Epafròdito quello che mi avete mandato
e che è un profumo di odore soave, un sacrificio accetto e gradito a
Dio.
Il mio Dio provvederà a ogni vostro bisogno, secondo la sua gloriosa
ricchezza, in Cristo Gesù.
Al Dio e Padre nostro sia la gloria nei
secoli dei secoli. Amen.
(Filippesi 4:10-20)
***
Finora abbiamo visto l’enorme privilegio che abbiamo di partecipare al
Vangelo, grazie a Dio che ha iniziato la buona opera della salvezza in noi e
che la porterà a compimento e che anche in mezzo alle situazioni difficili
(che possono anche sembrare una sconfitta), Dio è al comando e può
convertire il male in bene.
Paolo ci ha quindi esortato a comportarci in modo
degno di un cittadino del cielo,
cioè degno del vangelo di Cristo, durante il tempo che abbiamo qui sulla
terra.
Ci ha poi esortato più specificamente ad un comportamento degno e giusto per
chi ha ricevuto la grazia di Dio e per chi ha compreso la realtà e la
potenza dell’incarnazione e della umiliazione di Gesù Cristo, fino al
Sacrificio Totale di sé stesso che è per noi un Sommo esempio da seguire.
Come discepoli di Gesù Cristo siamo chiamati a vivere come
cittadini dei cieli e secondo i
Suoi insegnamenti e secondo il Suo esempio.
Questo nostro condurci è chiamata la santificazione, ovvero quel processo
che porta il credente che matura, a spogliarsi progressivamente della sua
natura carnale per esaltare la nuova creatura conforme a Cristo (già in
questo mondo) come testimonianza e dimostrazione di quello che è avvenuto
nell’interiore, anche con la sofferenza che questo produce, che sarà nulla
al confronto con la Gloria di Dio e con il peso della Gloria che sarà
manifestata per la Chiesa e per noi individualmente per il giorno di Cristo.
Abbiamo anche visto come la condivisione delle notizie sia anch’essa motivo
di Gioia spirituale, in quanto ci si conforta l’uno con l’altro e con il
rinnovarsi le reciproche cure ci si sente più uniti in Cristo e si attiva
anche una assistenza spirituale, fisica e psichica reciproca.
- sul come camminare
(confidando nella carne o su Cristo)
- sul tipo di allenamento (chi imitare)
E come essa è fonte di gioia, perché fissando gli occhi sul Traguardo
glorioso che ci sta davanti e la fatica, gli sforzi passano tutti in secondo
piano.
Paolo ha poi ancora mostrato ai fratelli di Filippi come anche il ricercare
la concordia nel Signore tra
fratelli abbia in sé un beneficio di gioia e di incoraggiamento all’interno
della Chiesa e per questo cerca in
tutti i modi di prevenire qualsiasi radice di cattiveria non trascurando
nulla, nemmeno una contesa che c’era tra due sorelle che
avevano
lottato per il vangelo insieme a
Paolo, a Clemente e agli altri collaboratori
e che (probabilmente per questioni caratteriali) erano in quel momento,
discordi e per aiutare queste due sorelle a tornare a
lottare degnamente per la causa del
Vangelo chiede l’aiuto ai fratelli maturi.
Ha poi ancora evidenziato come la forza della Chiesa sia nella preghiera
fatta con fede e quanto il fare
conoscere a Dio ogni cosa, sia importante al fine di trovare riposo e
mantenere un pensiero comune utile a preservare la Gioia che caratterizza la
Chiesa.
Ora ci vuole insegnare l’importanza di investire bene, investire
nell’assistenza, un investimento che porta gioia al Corpo di Cristo e porta
gioia all’investitore che sperimenta un importante principio biblico:
Vi è più gioia nel dare che nel ricevere.
(Atti 20:35)
La vita dell’uomo, di ogni uomo (del ricco come del povero) è una risorsa di
buone opere.
Non esiste un uomo che non ha il modo di poter fare il bene, solo il peccato
(nelle sue svariate forme) impedisce di fare il bene (manca, fallisce lo
scopo).
Ancora di più le risorse diventano immense se parliamo di un uomo rigenerato
dallo Spirito Santo, creato da Dio
per compiere le buone opere che Dio stesso ha preparato, perché questa è
la nostra chiamata (se siamo figli di Dio):
…infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le
opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo.
Le buone opere che Dio ha preparate
sono anch’esse svariate ma sono tutte protese verso il Bene secondo Dio
(sono Buone perché preparate da Dio stesso), sono volte al Bene, all’Utile,
al Conveniente in vista della Gloria di Dio (che è anche la nostra Gloria).
Quindi ognuno di noi che ha creduto e che è stato fatto partecipe di questa
meravigliosa realtà, ha sicuramente le risorse per
fare del bene, sotto molti
aspetti, e Paolo, in questo brano ci rivela come il provvedere ai bisogni
dei fratelli sia un meraviglioso modo di fare del bene.
Questo insegnamento pratico e concreto, Paolo lo aveva già scritto ai
fratelli della Galazia:
Chi viene istruito nella parola faccia parte di tutti i suoi beni a chi lo
istruisce.
Non vi ingannate; non ci si può beffare di Dio; perché quello che l'uomo
avrà seminato, quello pure mieterà.
Perché chi semina per la sua carne, mieterà corruzione dalla carne; ma chi
semina per lo Spirito mieterà dallo Spirito vita eterna.
Non ci scoraggiamo di fare il bene; perché, se non ci stanchiamo, mieteremo
a suo tempo.
Così dunque, finché ne abbiamo l'opportunità, facciamo del bene a tutti; ma
specialmente ai fratelli in fede.
(Galati 6:6-10)
Sarebbe bene farci ogni tanto la domanda su come stiamo investendo la nostra
vita, i nostri affetti, i nostri soldi, il nostro tempo…
La natura stessa ci insegna che è importante investire sempre per il domani;
basti pensare alle formiche, che lavorano tutta l’estate per mettere da
parte del cibo per l’inverno, infatti la Scrittura definisce la formica un
animale saggio:
Ci sono quattro animali fra i più piccoli della terra, e tuttavia pieni di
saggezza: le formiche, popolo senza forza, che si preparano il cibo durante
l’estate…
(Proverbi 30:24-25)
Dio ha creato il mondo in un certo modo, con dei tempi precisi, con le
stagioni, anche per rendere chiaro il principio che dobbiamo usare quello
che abbiamo oggi per investire per il futuro.
Così la Scrittura ci insegna che è bene usare quello che abbiamo in questa
vita per prepararci all’eternità, diventa quindi fondamentale sapere
“investire le nostre ricchezze” (che non vuole dire conseguire la salvezza
per le opere).
Questa è la vera saggezza!
Che cosa abbiamo da investire per l’eternità?
Tutto: il tempo, le capacità, l’intelligenza, i nostri soldi…
Quello che abbiamo la opportunità di imparare con questo brano può veramente
aiutarci a trasformare le nostre ricchezze in
tesori spirituali.
Possiamo dividere questo breve brano in quattro sezioni:
- LA GIOIA NELL’ASSISTENZA
(4:10-14)
- LA GIOIA DI DONARE
(4:15-17)
- LA GIOIA DI APPREZZARE I DONI
(4:18)
- LA GIOIA DELLA APPROVAZIONE DI DIO
(4:19)
***
LA GIOIA NELL’ASSISTENZA
Ho avuto una grande gioia nel Signore, perché finalmente avete rinnovato le
vostre cure per me; ci pensavate sì, ma vi mancava l'opportunità.
Non lo dico perché mi trovi nel bisogno, poiché io ho imparato ad
accontentarmi dello stato in cui mi trovo.
So vivere nella povertà e anche nell'abbondanza; in tutto e per tutto ho
imparato a essere saziato e ad aver fame; a essere nell'abbondanza e
nell'indigenza.
Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica.
Tuttavia avete fatto bene a prender parte alla mia afflizione.
Paolo aveva passato ormai tanti anni predicando il Vangelo, in una vasta
zona, da quella che oggi è Cipro, a una gran parte di quello che oggi è la
Turchia, e una gran parte di quello che oggi è la Grecia.
Nei suoi viaggi evangelistici, una tappa fondamentale fu proprio quella di
Filippi, la prima chiesa “europea” dove il Vangelo attecchì in modo
sorprendente ed in poco tempo furono recepiti in modo esemplare gli
insegnamenti dell’apostolo.
I fratelli di Filippi, colpiti dall’amore per il Vangelo di Paolo e dalla
sua sincerità e onestà, furono sempre molto attenti ai bisogni dell’apostolo
e lo avevano sostenuto economicamente altre volte durante il proseguimento
del suo ministero.
Ora, Paolo si trovava in prigione a Roma.
La chiesa di Filippi aveva mandato Epafrodito da lui, per assisterlo nei
suoi bisogni e avevano accompagnato questo aiuto fraterno con un sostegno
economico per alleviare le difficoltà economiche di Paolo (che essendo in
prigione non aveva possibilità di sostenersi in alcun modo in quanto i
romani non provvedevano molto ai prigionieri).
Paolo, profondamente riconoscente di tutta la loro premura sta ora inviando
loro questa lettera per mano d’Epafrodito, ed in questa lettera, li
ringrazia per il loro generoso.
Nel suo esternare questa riconoscenza, Paolo scrive:
Ho avuto una grande gioia nel Signore, perché finalmente avete rinnovato le
vostre cure per me; ci pensavate sì, ma vi mancava l'opportunità…
Questa gioia che prova Paolo non
era una gioia egoistica (perché era lui il beneficiario dei doni), ma perché
vedeva muoversi l’amore dei fratelli verso il Corpo di Cristo!
Come vediamo nel testo, questa non era la prima volta che i Filippesi
avevano aiutato Paolo (avete
rinnovato le vostre cure per me), come infatti spiega meglio al verso
15:
Anche voi sapete, Filippesi, che quando cominciai a predicare il vangelo,
dopo aver lasciato la Macedonia, nessuna chiesa mi fece parte di nulla per
quanto concerne il dare e l’avere, se non voi soli…
(Filippesi 4:15)
…Non lo dico perché mi trovi nel bisogno, poiché io ho imparato ad
accontentarmi dello stato in cui mi trovo.
So vivere nella povertà e anche nell'abbondanza; in tutto e per tutto ho
imparato a essere saziato e ad aver fame; a essere nell'abbondanza e
nell'indigenza.
Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica…
Paolo non esterna la sua gioia
per un motivo egoistico, egli specifica
che è stato ormai esercitato, aveva
imparato (nelle sofferenze
subite) ad accontentarsi dello stato
in cui si trovava, la ragione
per cui Paolo si rallegrava era perché il loro dono era un segno della loro
vitalità spirituale.
Paolo aveva imparato ad essere
contento in qualsiasi stato si trovava.
Questa è una cosa meravigliosa, che non vale solo per Paolo, ma è per ogni
vero figlio di Dio.
Quando leggiamo questa espressione di Paolo dobbiamo considerare che
l’apostolo non aveva avuto (e non aveva nemmeno nel momento in cui scriveva
la lettera) vita facile, basta leggere cosa aveva scritto ai fratelli di
Corinto:
Spesso sono stato in pericolo di morte.
Dai Giudei cinque volte ho ricevuto quaranta colpi meno uno; tre volte sono
stato battuto con le verghe; una volta sono stato lapidato; tre volte ho
fatto naufragio; ho passato un giorno e una notte negli abissi marini.
Spesso in viaggio, in pericolo sui fiumi, in pericolo per i briganti, in
pericolo da parte dei miei connazionali, in pericolo da parte degli
stranieri, in pericolo nelle città, in pericolo nei deserti, in pericolo sul
mare, in pericolo tra falsi fratelli; in fatiche e in pene; spesse volte in
veglie, nella fame e nella sete, spesse volte nei digiuni, nel freddo e
nella nudità.
(1 Corinzi 11:23-27)
Tutta questa sofferenza subita aveva prodotto in lui la capacità di
accontentarsi dello stato in cui si
trovava, anche perché il non
essere contento dello stato in cui si trova significa essere scontenti
di ciò che il Signore ha riservato per sé in quel momento (se abbiamo
affidato a Lui la nostra vita).
Ma Paolo ci insegna qui due condizioni di vita nelle quali bisogna
imparare a vivere:
…nella povertà… nella fame… nell’indigenza…
La parola qui tradotta come “povertà”
è una parola che vuol dire “in
condizioni molto basse”.
Paolo parla di sapere avere fame,
non di dover aspettare qualche ora in più prima di mangiare, ma dei digiuni
prolungati di una persona sta per
giorni senza avere di che nutrirsi.
Parla poi dell’indigenza, dello
stato di estrema povertà, in cui
manca quasi di tutto.
Questa testimonianza di Paolo ci dimostra che è possibile essere veramente
contenti anche nelle situazioni più disagiate.
…nell’abbondanza… nella sazietà… nella abbondanza…
L’insegnamento e la testimonianza di saper vivere ed essere contento nelle
condizioni difficili è sicuramente efficace ma dobbiamo considerare che non
è facile (per un credente) vivere degnamente quando si trova invece nel
benessere.
Anche per vivere nel benessere, bisogna essere istruiti dal Signore.
Paolo infatti dichiara qui che ha
imparato a vivere
nell’abbondanza.
Si potrebbe pensare che sia naturale essere contenti nell’abbondanza.
Il fatto che uno possa avere tutto ciò che gli serve, non vuol dire che sarà
contento; se si pensa alle persone in un paese moderno come l’Italia,
pochissime di esse non hanno le cose necessarie, la maggior parte delle
persone ha molto di più di quello che serve, ma c’è molta scontentezza tanto
tra i benestanti quanto tra i poveri.
Essere nell’abbondanza non produce automaticamente la contentezza, perché
nell’abbondanza dei beni si coltiva l’egoismo, la indifferenza per il
prossimo, l’autogratificazione e tutte queste cose portano dolori,
sofferenze, soprattutto in chi le persegue!
Paolo ci rivela la soluzione per essere contenti in ogni situazione:
…Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica…
Questo versetto è spesso abusato, Paolo non sta dicendo che egli “può ogni
cosa” in senso assoluto (non può creare il mondo o sostituirsi a Dio),
dobbiamo essere attenti ad inserire questa espressione nel suo corretto
contesto.
Paolo sta dicendo che egli può essere
contento in qualsiasi stato si possa trovare.
Ma come poteva fare questo?
La capacità di Paolo non era in se stesso, egli infatti precisa: “Io
posso ogni cosa in Colui che mi
fortifica!”
Ciò che permetteva a Paolo di essere contento in ogni situazione era il
fatto che Cristo lo
Fortificava e questo lo ribadisce nella lettera a Timoteo:
Io ringrazio colui che mi ha reso
forte, Cristo Gesù, nostro Signore, per avermi stimato degno della sua
fiducia, ponendo al suo servizio me…
(1 Timoteo 1:12)
Quando Dio ci salva, la sua potenza entra in noi per fare quello che ci
comanda di fare, e ci dà la capacità e la forza spirituale per sopportare la
prova:
Nessuna tentazione vi ha còlti, che non sia stata umana; però Dio è fedele e
non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione
vi darà anche la via d’uscirne, affinché la possiate sopportare.
(1 Corinzi 10:13)
In qualsiasi circostanza ci veniamo a trovare e in qualunque stato Dio
permette nella nostra vita, possiamo
essere contenti, perché Cristo ci
fortificherà al punto di poter sopportare la prova e anche
trovare contentezza.
Chiaramente, questo non è automatico, bisogna
imparare.
Dio ci dà tutto quello che ci serve per vivere una vita cristiana vittoriosa
e gioiosa; se non siamo gioiosi, se non siamo contenti, se non siamo
vittoriosi, è perché non stiamo utilizzando i mezzi che Dio ci ha dato!
…Tuttavia avete fatto bene a prender parte alla mia afflizione.
Un principio fondamentale che si espresse spontaneamente nella chiesa
primitiva è il principio dell’uguaglianza:
La moltitudine di quelli che avevano creduto era d'un sol cuore e di
un'anima sola; non vi era chi dicesse sua alcuna delle cose che possedeva ma
tutto era in comune tra di loro.
Gli apostoli, con grande potenza, rendevano testimonianza della risurrezione
del Signore Gesù; e grande grazia era sopra tutti loro.
Infatti non c'era nessun bisognoso tra di loro; perché tutti quelli che
possedevano poderi o case li vendevano, portavano l'importo delle cose
vendute, e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi, veniva distribuito a
ciascuno, secondo il bisogno.
(Atti 4:32-35)
Questo principio fu un caposaldo degli apostoli:
…riconoscendo la grazia che mi era stata accordata, Giacomo, Cefa e
Giovanni, che sono reputati colonne, diedero a me e a Barnaba la mano in
segno di comunione perché andassimo noi agli stranieri, ed essi ai
circoncisi; soltanto ci raccomandarono di ricordarci dei poveri, come ho
sempre cercato di fare.
(Galati 2:9-10)
Da questo abbiamo conosciuto l'amore: egli ha dato la sua vita per noi;
anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli.
Ma se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel
bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l'amore di Dio essere in lui?
Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità.
Da questo conosceremo che siamo della verità e renderemo sicuri i nostri
cuori davanti a lui.
(1 Giovanni 3:16-19)
E questo principio fu effettivamente un principio che Paolo portò avanti:
La buona volontà, quando c’è, è gradita in ragione di quello che uno
possiede e non di quello che non ha.
Infatti non si tratta di mettere voi nel bisogno per dare sollievo agli
altri, ma di seguire un principio d’uguaglianza; nelle attuali circostanze,
la vostra abbondanza serve a supplire al loro bisogno, perché la loro
abbondanza supplisca altresì al vostro bisogno, affinché ci sia uguaglianza,
secondo quel che è scritto: «Chi aveva raccolto molto non n’ebbe di troppo,
e chi aveva raccolto poco, non n’ebbe troppo poco».
(2 Corinzi 8:12-15)
Ovviamente se c’è un principio giusto ci sarà anche chi ne fa un uso
scorretto e chi ne approfitta:
- per cercare gloria:
Ma Pietro disse: «Anania, perché Satana ha così riempito il tuo cuore da
farti mentire allo Spirito Santo e trattenere parte del prezzo del podere?
Se questo non si vendeva, non restava tuo? E una volta venduto, il ricavato
non era a tua disposizione? Perché ti sei messo in cuore questa cosa? Tu non
hai mentito agli uomini ma a Dio».
Anania, udendo queste parole, cadde e spirò.
E un gran timore prese tutti quelli che udirono queste cose.
I giovani, alzatisi, ne avvolsero il corpo e, portatolo fuori, lo
seppellirono.
Circa tre ore dopo, sua moglie, non sapendo ciò che era accaduto, entrò.
E Pietro, rivolgendosi a lei: «Dimmi», le disse, «avete venduto il podere
per tanto?»
Ed ella rispose: «Sì, per tanto».
Allora Pietro le disse: «Perché vi siete accordati a tentare lo Spirito del
Signore? Ecco, i piedi di quelli che hanno seppellito tuo marito sono alla
porta e porteranno via anche te».
Ed ella in quell'istante cadde ai suoi piedi e spirò.
I giovani, entrati, la trovarono morta; e, portatala via, la seppellirono
accanto a suo marito.
(Atti 5:1-10)
- per approfittarne:
…sentiamo che alcuni tra di voi si comportano disordinatamente, non
lavorando affatto, ma affaccendandosi in cose futili.
Ordiniamo a quei tali e li esortiamo, nel Signore Gesù Cristo, a mangiare il
proprio pane, lavorando tranquillamente.
Quanto a voi, fratelli, non vi stancate di fare il bene.
E se qualcuno non ubbidisce a ciò che diciamo in questa lettera, notatelo, e
non abbiate relazione con lui, affinché si vergogni.
Però non consideratelo un nemico, ma ammonitelo come un fratello.
(2 Tessalonicesi 3:11-15)
Ma il fatto che alcuni fanno un uso scorretto di un principio non invalida
la bontà del principio stesso.
Ovviamente (come viene detto chiaramente negli insegnamenti della Scrittura)
non bisogna mettere se stessi nel bisogno per poter aiutare un altro;
dovremmo seguire invece il principio
dell’uguaglianza.
In questa ottica Paolo dichiara che i filippese avevano
fatto bene a prender parte alla sua
afflizione.
Dobbiamo quindi ricordarci che tutto quello che Dio ci dà, ce lo dà affinché
lo possiamo gestire per la sua gloria e quando siamo
nell’abbondanza, questa
“abbondanza” non è per spendere per vivere una vita più lussuosa, ma per
usare quei beni per la sua gloria.
E Paolo gioisce di questo slancio pratico, segno della consapevolezza di far
parte di quel Corpo di Cristo
oggetto degli insegnamenti che i filippesi dimostrano di avere recepito
pienamente, segno del frutto a loro
conto!
***
LA GIOIA DI DONARE
Anche voi sapete, Filippesi, che quando cominciai a predicare il vangelo,
dopo aver lasciato la Macedonia, nessuna chiesa mi fece parte di nulla per
quanto concerne il dare e l'avere, se non voi soli; perché anche a
Tessalonica mi avete mandato, una prima e poi una seconda volta, ciò che mi
occorreva.
Non lo dico perché io ricerchi i doni; ricerco piuttosto il frutto che
abbondi a vostro conto.
Paolo ricorda qui la generosità e la costanza dei fratelli di Filippi nel
loro sostegno dimostrato quando
cominciò a predicare il vangelo,
appena partito da Filippi durante il suo secondo viaggio missionario.
In quel periodo, mentre era a Tessalonica, Paolo
lavorava giorno e notte per
sostenersi:
Infatti voi stessi sapete come ci dovete imitare: perché non ci siamo
comportati disordinatamente tra di voi; né abbiamo mangiato gratuitamente il
pane di nessuno, ma con fatica e con pena abbiamo lavorato notte e giorno
per non essere di peso a nessuno di voi. (2
Tessalonicesi 3:7-8)
Durante quel periodo, quando
nessuna chiesa lo sosteneva,
i fratelli di Filippi mandarono una
prima e poi una seconda volta, ciò che gli occorreva.
Questi fratelli compresero subito l’importanza della solidarietà,
dell’assistenza che deve caratterizzare (onorare) coloro che si affaticano
per il Signore.
Paolo parlerà ancora di questa solidarietà verso coloro che camminano e
hanno camminato in modo degno del Vangelo:
La vedova sia iscritta nel catalogo
(libro delle assistenze) quando abbia
non meno di sessant'anni, quando è stata moglie di un solo marito, quando è
conosciuta per le sue opere buone: per aver allevato figli, esercitato
l'ospitalità, lavato i piedi ai santi, soccorso gli afflitti, concorso a
ogni opera buona. (1
Timoteo 5:9-10)
Paolo non vuole che questo frutto spirituale venga minimizzato ad un dono
materiale, egli vede in questo un
frutto spirituale accreditato a questi fratelli alla gloria di Dio!
***
LA GIOIA DI APPREZZARE I DONI
Ora ho ricevuto ogni cosa e sono nell'abbondanza.
Sono ricolmo di beni, avendo ricevuto da Epafròdito quello che mi avete
mandato e che è un profumo di odore soave, un sacrificio accetto e gradito a
Dio.
Paolo ha esordito questo argomento dicendo:
Ho avuto una grande gioia nel
Signore…
Questa gioia che prova Paolo non
era una gioia egoistica (perché era lui il beneficiario dei doni), ma perché
vedeva muoversi l’amore dei fratelli verso il Corpo di Cristo!
Egli gioisce perché ora è ricolmo di
beni, nell’abbondanza, ma ancora di più è
arricchito del sacrificio accetto
e gradito a Dio, che è un profumo d’odore soave.
In questa espressione di Paolo c’è tutta la sua soddisfazione, il suo
appagamento!
Considerando l’aiuto che questa chiesa aveva mandato a Paolo, c’è anche un
altro principio che viene applicato:
- coloro che predicano il vangelo hanno il diritto di vivere dal Vangelo:
Paolo aveva già insegnato così ai corinzi:
Chi mai fa il soldato a proprie spese?
Chi pianta una vigna e non ne mangia il frutto?
O chi pascola un gregge e non si ciba del latte del gregge?...
Se abbiamo seminato per voi i beni spirituali, è forse gran cosa se
mietiamo i vostri beni materiali?... Non sapete che quelli che fanno il
servizio sacro mangiano ciò che è offerto nel tempio?
E che coloro che attendono
all’altare, hanno parte all’altare?
Similmente, il Signore ha ordinato che coloro che annunziano il vangelo
vivano del vangelo.
(tratto da 1 Corinzi 9:7-14)
Chi viene istruito nella parola faccia parte di tutti i suoi beni a chi lo
istruisce.
(Galati 6:6)
Gli anziani che tengono bene la presidenza, siano reputati degni di doppio
onore
(sostegno), specialmente quelli che si affaticano nella predicazione e
nell’insegnamento; infatti la Scrittura dice: «Non mettere la museruola al
bue che trebbia»; e: «L’operaio è degno del suo salario».
(1 Timoteo 5:17-18)
I credenti che ricevono l’insegnamento spirituale devono condividere i loro
beni materiali con coloro che insegnano loro (se questi non hanno di che
sostenersi a causa del Vangelo).
Come abbiamo visto, la chiesa di Filippi aveva ripetutamente condiviso i
suoi beni materiali con Paolo, come egli aveva condiviso i suoi beni
spirituali con loro.
Quando Paolo aveva appena iniziato ad evangelizzare a Filippi, una delle
prime credenti fu Lidia, la commerciante di porpora:
Una donna della città di Tiatiri, commerciante di porpora, di nome Lidia,
che temeva Dio, ci stava ad ascoltare.
Il Signore le aprì il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo.
Dopo che fu battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: Se avete
giudicato ch’io sia fedele al Signore, entrate in casa mia, e alloggiatevi.
E ci costrinse ad accettare.
(Atti 16:14-15)
Già dai primi giorni di questa chiesa nascente, vediamo che i membri non
solo volevano ricevere insegnamento da Paolo e dagli altri, ma volevano
condividere anche materialmente con coloro dai quali avevano ricevuto
l’insegnamento spirituale.
Ora, più di dieci anni più tardi, la chiesa di Filippi continuava a
provvedere ai bisogni di Paolo, sapendo che egli era impegnato nel progresso
del vangelo.
Tante chiese avevano ricevuto lo stesso insegnamento, ma non tutti avevano
avuto lo stesso slancio e dobbiamo dire che non avevano ubbidito a Dio nel
provvedere materialmente per colui che aveva così abbondantemente provveduto
a loro spiritualmente e come risultato, Paolo aveva passato molto tempo nel
bisogno, letteralmente soffrendo la fame.
Paolo dovette lavorare giorno e notte per sostenersi (perdendo del tempo
prezioso), come quando arrivò a Corinto:
Dopo questi fatti egli lasciò Atene e si recò a Corinto.
Qui trovò un ebreo, di nome Aquila, oriundo del Ponto, giunto di recente
dall’Italia insieme con sua moglie Priscilla, perché Claudio aveva ordinato
a tutti i Giudei di lasciare Roma. Egli si unì a loro.
Essendo del medesimo mestiere, andò ad abitare e a lavorare con loro.
Infatti, di mestiere, erano fabbricanti di tende.
Ma ogni sabato insegnava nella
sinagoga e persuadeva Giudei e Greci.
(Atti 18:1-4)
Poi, arrivarono Timoteo e Silvano
dalla Macedonia (la provincia di Filippi) con un sostegno che permise a
Paolo di dedicarsi esclusivamente
alla Parola:
Quando poi Sila e Timoteo giunsero dalla Macedonia, Paolo si dedicò
completamente alla Parola, testimoniando ai Giudei che Gesù era il Cristo.
(Atti 18:5)
E questo Paolo lo scrive anche nella lettera ai corinzi:
Ho spogliato altre chiese, prendendo da loro un sussidio, per poter servire
voi.
Durante il mio soggiorno tra di voi, quando mi trovai nel bisogno, non fui
di peso a nessuno, perché i fratelli venuti dalla Macedonia provvidero al
mio bisogno; e in ogni cosa mi sono astenuto e mi asterrò ancora
dall'esservi di peso.
(2 Corinzi 11:8-9)
Come per il principio di uguaglianza visto prima, anche questo principio di
sostegno per chi si affatica per la testimonianza a tempo pieno
(nell’impossibilità di dedicarsi alle due cosa) è spesso oggetto di abuso, e
questo avveniva già ai tempi degli apostoli, ma Paolo, proprio per
non essere di ostacolo al Vangelo,
non abusava mai di questo suo diritto:
Non abbiamo forse il diritto di mangiare e di bere?
Non abbiamo il diritto di condurre con noi una moglie, sorella in fede, come
fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?
O siamo soltanto io e Barnaba a non avere il diritto di non lavorare?
Chi mai fa il soldato a proprie spese?
Chi pianta una vigna e non ne mangia il frutto?
O chi pascola un gregge e non si ciba del latte del gregge?
Dico forse queste cose da un punto di vista umano?
Non le dice anche la legge?
Difatti, nella legge di Mosè è scritto: «Non
mettere la museruola al bue che trebbia il grano». Forse che Dio si
dà pensiero dei buoi? O non dice così proprio per noi?
Certo, per noi fu scritto così; perché chi ara deve arare con speranza e chi
trebbia il grano deve trebbiarlo con la speranza di averne la sua parte.
Se abbiamo seminato per voi i beni spirituali, è forse gran cosa se mietiamo
i vostri beni materiali?
Se altri hanno questo diritto su di voi, non lo abbiamo noi molto di più?
Ma non abbiamo fatto uso di questo diritto; anzi sopportiamo ogni cosa, per
non creare alcun ostacolo al vangelo di Cristo.
Non sapete che quelli che fanno il servizio sacro mangiano ciò che è offerto
nel tempio? E che coloro che attendono all'altare, hanno parte all'altare?
Similmente, il Signore ha ordinato che coloro che annunciano il vangelo
vivano del vangelo.
(1 Corinzi 9:4-14)
Paolo aveva dunque il diritto di essere sostenuto ma non voleva abusare di
questo suo diritto, e nello stesso
tempo voleva sostegno perché sapeva che era
un frutto che veniva messo a loro
conto.
Sappiamo che ogni credente sarà valutato alla fine dei tempi per stabilire
la ricompensa eterna che avrà, in base a quanto
frutto avrà portato nella vita e
Paolo voleva che ogni credente avesse
molto frutto.
Voleva quindi aiutarli ad abbondare nel frutto eterno per questo scrive:
…ricerco piuttosto il frutto che abbondi a vostro conto!
Questo dono materiale era un profumo
d’odore soave, un sacrificio
accettato e gradito a Dio.
Tutto ciò che abbiamo (compresi i soldi) viene da Dio e appartiene a Dio e
noi dobbiamo amministrarlo (investirlo) per Lui.
Dio ci permette di investire i suoi soldi nell’opera di Dio, e poi, noi
riceveremo una ricompensa eterna. Che incredibile privilegio!
Quando noi investiamo ciò che il Signore ci ha dato per il suo regno,
avviene un miracolo, Egli trasforma:
- quei doni materiali in un sacrificio spirituale;
- quei doni materiali in una ricompensa spirituale eterna.
Contano come frutto spirituale,
che viene messo sul nostro conto in cielo, e un domani, avremo
una ricompensa eterna in base a
quanto c’è sul conto.
***
LA GIOIA DELLA APPROVAZIONE DI DIO
Il mio Dio provvederà a ogni vostro bisogno, secondo la sua gloriosa
ricchezza, in Cristo Gesù.
Al Dio e Padre nostro sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Dopo aver spiegato quanto è giusto e buono ubbidire al principio della
uguaglianza verso tutti i fratelli, della solidarietà con chi si dedica a
tempo pieno al Vangelo ed è nell’impossibilità di sostenersi diversamente e
del valore dell’essere generosi per il Corpo di Cristo, Paolo rivela ora una
meravigliosa verità:
Sarà Dio a provvedere ad ogni bisogno, secondo la sua ricchezza in Cristo
Gesù.
Questa promessa non è per tutti gli uomini; è solo per coloro che veramente
vivono il Vangelo secondo il pensiero di Dio!
Gesù stesso ci ha spiegato il Padre conosce tutti i nostri bisogni:
…il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele
chiediate.
(Matteo 6:8)
Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete
o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete.
Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in
granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di
loro?
E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un'ora sola alla
durata della sua vita?
E perché siete così ansiosi per il vestire?
Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non
filano; eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, fu
vestito come uno di loro. Ora se Dio veste in questa maniera l'erba dei
campi che oggi è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per
voi, o gente di poca fede?
Non siate dunque in ansia, dicendo: "Che mangeremo? Che berremo? Di che ci
vestiremo?"
Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro
celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose.
Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno
date in più.
Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di
se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno.
(Matteo 6:25-34)
Prima di vedere come Dio provvederà
ai bisogni di coloro che usano i doni materiali per il regno di Dio,
vogliamo soffermarci come ricompenserà coloro che avranno reso assistenza ai
Suoi (come fece Epafrodito con Paolo):
E il re risponderà loro: “In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a
uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me.”
(Matteo 25:40)
Dio infatti non è ingiusto da dimenticare l’opera vostra e l’amore che avete
dimostrato per il suo nome con i servizi che avete resi e che rendete
tuttora ai santi.
(Ebrei 6:10)
In questi brani vediamo come quello che facciamo per il popolo di Dio
(perché sono figli di Dio), conta come se fosse fatto direttamente per Dio
stesso.
Ma vediamo ancora come Dio si prende cura di qualcuno che ha a cuore il Suo
Regno.
Dio provvede a ogni bisogno; è
una cura perfetta e totale.
Ma sta scritto che Dio provvederà ad
ogni bisogno, non sta scritto che Dio provvede per ogni desiderio,
perché Dio ha il suo perfetto piano per noi, e sa qual è la cosa migliore
per noi!
Può succedere (e succede spesso) che noi siamo convinti che qualcosa sia
necessaria, ma Dio sa che non lo è.
Altre volte possiamo essere convinti che un nostro bisogno serve subito, e
invece, nel piano di Dio non è ancora il momento giusto.
Dobbiamo imparare a fidarci di Lui, se noi cerchiamo prima il regno di Dio,
Dio provvederà ad ogni nostro bisogno, perfettamente, e al momento giusto e
lo farà secondo la sua gloriosa
ricchezza, in Cristo Gesù.
Dio provvederà per ogni nostro
bisogno secondo le sue ricchezze, e la ricchezza di Dio è infinita!
Tutto ciò che esiste appartiene a Dio; la ricchezza di Dio è senza limite!
E la prova di questa sua ricchezza è il dono di
Cristo Gesù:
Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti,
non ci donerà forse anche tutte le cose con lui?
(Romani 8:32)
Dio ci dà tutto ciò che è necessario
in Cristo Gesù.
Dio supplisce ad ogni bisogno in
Cristo Gesù.
Davide, nel salmo di lode verso il Sommo Pastore esalta questa cura:
Il SIGNORE è il mio pastore: nulla mi manca.
Egli mi fa riposare in verdeggianti pascoli, mi guida lungo le acque calme.
Egli mi ristora l'anima, mi conduce per sentieri di giustizia, per amore del
suo nome.
Quand'anche camminassi nella valle dell'ombra della morte, io non temerei
alcun male, perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga mi danno
sicurezza.
Per me tu imbandisci la tavola, sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di
olio il mio capo; la mia coppa trabocca.
Certo, beni e bontà m'accompagneranno tutti i giorni della mia vita; e io
abiterò nella casa del SIGNORE per lunghi giorni.
(Salmo 23)
Il condividere tutto ciò che abbiamo con il Corpo di Cristo, ci apre le
porte della gioia!
Ogni cosa nostra è sua e noi stessi beneficiamo della gioia che produciamo
nel corpo di Cristo, l’amore di Dio scorre così rivitalizzando e portando
refrigerio a tutto il Corpo, rendendo perfetta la nostra gioia!