LETTERA DI PAOLO AI FILIPPESI
La gioia nella concordia
Esorto Evodia ed esorto Sintìche a essere concordi nel Signore.
Sì, prego pure te, mio fedele collaboratore,
vieni in aiuto a queste donne,
che hanno lottato per il vangelo insieme a me,
a Clemente e agli altri miei collaboratori i
cui nomi sono nel libro della vita.
(Filippesi 4:2-3)
***
Finora abbiamo visto l’enorme privilegio che abbiamo di partecipare al
Vangelo, grazie a Dio che ha iniziato la buona opera della salvezza in noi e
che la porterà a compimento e che anche in mezzo alle situazioni difficili
(che possono anche sembrare una sconfitta), Dio è al comando e può
convertire il male in bene.
Paolo ci ha quindi esortato a comportarci in modo
degno di un cittadino del cielo,
cioè degno del vangelo di Cristo, durante il tempo che abbiamo qui sulla
terra.
Ci ha poi esortato più specificamente ad un comportamento degno e giusto per
chi ha ricevuto la grazia di Dio e per chi ha compreso la realtà e la
potenza dell’incarnazione e della umiliazione di Gesù Cristo, fino al
Sacrificio Totale di sé stesso che è per noi un Sommo esempio da seguire.
Come discepoli di Gesù Cristo siamo chiamati a vivere come
cittadini dei cieli e secondo i
Suoi insegnamenti e secondo il Suo esempio.
Questo nostro condurci è chiamata la santificazione, ovvero quel processo
che porta il credente che matura, a spogliarsi progressivamente della sua
natura carnale per esaltare la nuova creatura conforme a Cristo (già in
questo mondo) come testimonianza e dimostrazione di quello che è avvenuto
nell’interiore, anche con la sofferenza che questo produce, che sarà nulla
al confronto con la Gloria di Dio e con il peso della Gloria che sarà
manifestata per la Chiesa e per noi individualmente per il giorno di Cristo.
Abbiamo anche visto come la condivisione delle notizie sia anch’essa motivo
di Gioia spirituale, in quanto ci si conforta l’uno con l’altro e con il
rinnovarsi le reciproche cure ci si sente più uniti in Cristo e si attiva
anche una assistenza spirituale, fisica e psichica reciproca.
Abbiamo visto anche come la corsa
cristiana ha le sue regole:
- sul come camminare
(confidando nella carne o su Cristo)
- sul tipo di allenamento (chi imitare)
E come essa è fonte di gioia, perché fissando gli occhi sul Traguardo
glorioso che ci sta davanti e la fatica, gli sforzi passano tutti in secondo
piano.
Ora Paolo desidera mostrare ai fratelli di Filippi come anche il ricercare
la concordia nel Signore tra
fratelli abbia in sé un beneficio di gioia e di incoraggiamento all’interno
della Chiesa.
L’amore di Paolo per questi fratelli di Filippi è evidente in tutta questa
lettera ed è viva la sua preoccupazione per loro.
Paolo infatti cerca in tutti i modi di prevenire qualsiasi radice di
cattiveria e non trascura nulla, nemmeno questa contesa che c’era tra due
sorelle che avevano
lottato per il vangelo insieme a Paolo, a Clemente e agli altri
collaboratori
e che (probabilmente per questioni caratteriali) erano in quel momento,
discordi.
Possiamo dividere questo breve brano in due sezioni:
- ESORTAZIONE ALLA CONCORDIA
(4:2)
- ESORTAZIONE A VENIRE IN AIUTO
PER IL RISTABILIMENTO DELLA CONCORDIA (4:3)
***
ESORTAZIONE ALLA CONCORDIA
“Esorto Evodia ed esorto Sintìche a essere concordi nel Signore.”
Abbiamo qui un bellissimo esempio su come affrontare i conflitti che si
possono creare nella chiesa.
E’ assolutamente vero che siamo chiamati ad amarci sempre gli uni gli altri,
ma dobbiamo ammettere che capita, in certe occasioni, che (per motivi della
nostra carne), questo non avviene.
Può capitare (non deve essere la regola) che alcune volte, anziché amore, ci
siano dei conflitti tra di noi; Paolo, in questo brano, ci istruisce sul
come dovremmo agire in questi casi.
Queste due donne, Evodia e
Sintiche, erano state un esempio
di lottatrici cristiane, infatti
avevano lottato per il
vangelo insieme a Paolo, a Clemente e agli altri collaboratori,
e si erano evidentemente distinte per questa loro forza.
Si tratta probabilmente di due sorelle dal carattere forte e risoluto che
non si risparmiavano per la causa del Signore; non appartenevano sicuramente
a quella tipologia di donne che Paolo stesso descrive in altra occasione:
“…imparano anche a essere oziose, andando attorno per le case; e non
soltanto a essere oziose, ma anche pettegole e curiose, parlando di cose
delle quali non si deve parlare.”
(1 Timoteo 5:13)
Sono piuttosto di questa categoria:
“…conosciute per le sue opere buone: per aver allevato figli, esercitato
l'ospitalità, lavato i piedi ai santi, soccorso gli afflitti, concorso a
ogni opera buona.”
(1 Timoteo 5:10)
Ed è importante considerare che Paolo ricorda queste due sorelle, non per la
loro “litigiosità” ma per il loro zelo per la causa del Signore!
Purtroppo noi le avremmo più facilmente ricordate per la loro litigiosità
(che ha caratterizzato solo un breve periodo della loro comunione) piuttosto
che per la loro lotta a favore del Vangelo!
Che strano modo di valutare le cose il nostro…
Nulla viene quindi rimproverato a queste sorelle per il loro servizio, ma
quello che preoccupa Paolo è questa temporanea situazione di discordia, che
può rovinare quell’armonia spirituale che caratterizza la Chiesa.
Paolo non fa finta di non vedere, non è superficiale, egli ama profondamente
la Chiesa e non sottovaluta nulla.
Purtroppo non è sempre così, tante volte vediamo come certi problemi
caratteriali vengono minimizzati, tollerati, sottovalutati, ma poi diventano
questioni difficili che dividono i fratelli, rovinano i rapporti ed
ostacolano la crescita stessa della chiesa!
Un sorvegliante
(vescovo, anziano) che si possa definire tale ha il dovere di accorgersene!
Pensiamo in questo al ministerio dei diaconi; essi sono un valido aiuto nel
risolvere queste situazioni, come avvenne nella primitiva chiesa di
Gerusalemme:
In quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio
da parte degli ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove erano
trascurate nell'assistenza quotidiana.
I dodici, convocata la moltitudine dei discepoli, dissero: «Non è
conveniente che noi lasciamo la Parola di Dio per servire alle mense.
Pertanto, fratelli, cercate di trovare fra di voi sette uomini, dei quali si
abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali
affideremo questo incarico.
Quanto a noi, continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della
Parola».
Questa proposta piacque a tutta la moltitudine; ed elessero Stefano, uomo
pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone,
Parmena e Nicola, proselito di Antiochia.
Li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le
mani.
La Parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava
grandemente in Gerusalemme; e anche un gran numero di sacerdoti ubbidiva
alla fede.
(Atti 6:1-7)
Se gli apostoli avessero trascurato questi mormorii “carnali”, la chiesa si
sarebbe probabilmente divisa tra gli ebrei e gli ellenisti.
Essi ebbero invece la attenzione per la causa e proposero di nominare dei
fratelli
dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza,
al fine di risolvere queste situazioni in modo da dedicarsi alla diffusione
della Parola di Dio serenamente e la Chiesa stessa
si moltiplicava grandemente in
Gerusalemme; e anche un gran numero di sacerdoti ubbidiva alla fede (che
probabilmente notavano anche l’amore che contraddistingueva la Chiesa
rispetto alle divisioni che conoscevano esistere nel tempio).
Tornando al nostro caso specifico, la parola greca che qui è tradotta con “concordi”
viene tradotta anche come segue:
…rendete perfetta la mia gioia, avendo un medesimo pensare, un medesimo
amore, essendo di un animo solo e di un unico sentimento.
(Filippesi 2:2)
Il Dio della pazienza e della consolazione vi conceda di aver tra di voi un
medesimo sentimento secondo Cristo Gesù…
(Romani 15:5)
Il senso è che bisogna avere gli
stessi pensieri.
Ma quando “non abbiamo gli stessi pensieri”, come dovremmo fare?
Paolo da lui stesso la soluzione:
siate concordi nel Signore.
La concordia
non la troveremo mai nella nostra personale posizione, non era nella
posizione di Sintiche e nemmeno
in quella di Evodia (entrambe
sono esortate individualmente da Paolo), ma esse potevano entrambe
trovarla nel Signore (che non può
avere, evidentemente, due pensieri contemporaneamente).
Questa soluzione Paolo l’aveva già (in qualche modo)
proposta e descritta ai fratelli di Corinto:
In realtà, sebbene viviamo nella carne, non combattiamo secondo la carne;
infatti le armi della nostra guerra non sono carnali, ma hanno da Dio il
potere di distruggere le fortezze, poiché demoliamo i ragionamenti e tutto
ciò che si eleva orgogliosamente contro la conoscenza di Dio, facendo
prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo.
(2 Corinzi 10:3-5)
Dio ci comanda di rendere ogni
pensiero ubbidiente a Cristo, non dovremmo mai decidere di testa nostra
quale sia il comportamento giusto!
Dio non ci lascia decidere di testa nostra quale sia il comportamento che Lo
glorifica, ma vuole che noi esaminiamo ogni cosa alla luce delle Scritture,
e comprendiamo cosa Gli sia veramente
gradito:
…in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore.
Comportatevi come figli di luce - poiché il frutto della luce consiste in
tutto ciò che è bontà, giustizia e verità - esaminando che cosa sia gradito
al Signore.
(Efesini 5:8-10)
Dovremmo quindi studiare sempre diligentemente le Scritture (possibilmente
insieme al fratello o la sorella con la quale abbiamo un problema di
discordia), per esaminarle
attentamente e comprenderle nel modo
giusto.
Se la Parola di Dio dimora in noi, tante situazioni possono essere risolte:
La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente; istruitevi ed esortatevi
gli uni gli altri con ogni sapienza.
(Colossesi 3:16)
Anziché “fare finta di non vedere i problemi”, siamo chiamati ad
istruirci ed esortarci con sapienza a
vicenda.
Invece, per esperienza, la scelta spesso più adottata davanti ai conflitti è
l’isolamento (attivo o passivo) ma questo è una degli atteggiamenti più
distruttivi!
Il nostro Signore ha “unito i fratelli” e la Chiesa è un Corpo, il Corpo di
Cristo e tutto ciò che cerca di
dividere il corpo è peccato.
Anche isolare un membro (a meno che non sia per un motivo disciplinare che
porti a ravvedimento), farlo deperire, atrofizzare, è un peccato perché
rovina una parte del Corpo!
Se i credenti non si vedono fra di loro, non si confrontano
nel Signore, non
si esortano e non si istruiscono a
vicenda, non possono ubbidire al Signore.
La discordia crea un impedimento anche alla comunione con Dio, infatti
possiamo anche vedere questo in un rapporto matrimoniale:
Anche voi, mariti, vivete insieme alle vostre mogli con il riguardo dovuto
alla donna, come a un vaso più delicato.
Onoratele, poiché anch'esse sono eredi con voi della grazia della vita,
affinché le vostre preghiere non siano impedite.
(1 Pietro 3:7)
Pietro sta parlando (nello specifico) del rispetto che i mariti devono alle
proprie mogli, ma se leggiamo questo verso parla dell’onore
che bisogna avere per i coeredi della Grazia della Vita, quindi siamo
autorizzati ad applicare questo principio anche verso tutti i fratelli e le
sorelle; e se non onoriamo i coeredi
della Grazia della Vita le nostre preghiere sono impedite.
Se non cerchiamo la concordia nel
Signore tra fratelli, difficilmente potremmo crescere, e non si arriva
ad essere concordi nel Signore isolandosi in una stanza con la Bibbia.
È fondamentale crescere sempre di più in questa ricerca di
concordia, dobbiamo, a tutti i
costi, evitare il pericolo di avere dei gruppetti nella chiesa che hanno un
certo modo di vedere le cose; essi interrompono ogni contatto con chi la
pensa in un altro modo e aprono piccole crepe che provocano, con il tempo,
le divisioni.
Quindi quando vediamo qualcosa di piccolo che non ci permette di essere
concordi con gli altri, impegniamoci subito a
trovare la concordia nel Signore,
ma questo desiderio deve essere reciproco,
la ricerca della concordia nel
Signore deve essere per entrambi, nel nostro caso, sia Evodia che
Sintiche erano esortate singolarmente
a prendere l’iniziativa per essere concordi.
Perché non facciamo così? Cosa
impedisce questo?
L’orgoglio!
Quando siamo frenati dal nostro orgoglio in questa ricerca di concordia,
ricordiamoci che non ci stiamo adoperando per il bene della cosa più
preziosa agli occhi di Gesù Cristo: la Chiesa!
***
Sì, prego pure te, mio fedele collaboratore, vieni in aiuto a queste donne,
che hanno lottato per il vangelo insieme a me, a Clemente e agli altri miei
collaboratori i cui nomi sono nel libro della vita.
Abbiamo visto come Paolo sapeva che la discordia tra due persone in una
chiesa poteva creare gravi danni a tutta la chiesa e non si tirava indietro
facendo “finta di non vedere”.
E’ significativo che non troviamo, nelle parole di Paolo, un espresso
rimprovero verso queste due sorelle, egli le vede in difficoltà, per questo
le esorta individualmente e
invoca soccorso ad un fratello a
venire loro in aiuto in questa situazione che le vede “arenate” e
distratte nella lotta spirituale
che le aveva, fino a quel momento, caratterizzate.
E Paolo chiede aiuto, una
collaborazione fedele e chiama in
soccorso una persona matura nella chiesa,
pregandolo di
adoperarsi personalmente e
direttamente per aiutare queste
due donne ad essere concordi nel Signore, per uscire così da una
situazione di stallo spirituale.
Non sappiamo chi è la persona a cui Paolo si riferisce, sappiamo che era un
suo fedele collaboratore, forse
lo stesso Epafrodito, che
apparteneva a questa chiesa e aveva
assistito Paolo a Roma, e ora tornava a Filippi portando questa lettera.
Ma quello che possiamo notare e che Paolo riteneva talmente importante
risolvere questa situazione che prega
questa persona di intervenire per
aiutare queste due donne.
Notiamo che Paolo non dice di imporre una soluzione (la concordia non si
impone); dice di “venire in aiuto”.
Quando abbiamo una discordia con
dei fratelli, possiamo avere bisogno
di aiuto nel risolverla, in quanto ognuno è convinto della propria
posizione e non riesce a vedere la posizione dell’altro.
Nello stesso modo anche noi dovremmo essere disposti ad intervenire per
portare concordia nel Signore nella chiesa.
Quando due persone non sono concordi,
è un problema per tutta la chiesa e può diventare una grave piaga che
ostacola la crescita comune; non è “una questione privata”, per questo
dobbiamo cercare di risolvere queste situazioni.
È importante “essere concordi nel
Signore”, oggi c’è molto impegno da parte di tanti per essere concordi,
ma non necessariamente “nel Signore”.
Questo non è quello che sta chiedendo Paolo.
Dio ci chiama ad essere concordi nel
Signore.
Notiamo in ultimo come Paolo parla di coloro
i cui nomi sono scritti nel libro
della vita.
Gesù stesso parla di questo privilegio come
un motivo di grande gioia:
Or i settanta tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni ci
sono sottoposti nel tuo nome».
Ed egli disse loro: «Io vedevo Satana cadere dal cielo
come folgore.
Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e su
tutta la potenza del nemico; nulla potrà farvi del male.
Tuttavia, non vi rallegrate perché gli spiriti vi sono sottoposti, ma
rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.
(Luca 10:17-20)
Il fatto che i nomi dei credenti siano tutti
scritti nel libro della vita,
dovrebbe darci già da solo un motivo comune di trovare la
concordia nel Signore: i nostri
nomi sono tutti scritti in uno stesso Libro, il Libro della Vita!
Questo è un meraviglioso motivo di cui poterci
rallegrare nel Signore ed uno
stimolo a cercare la concordia nel
Signore.
Abbiamo bisogno di crescere sempre di più
nell’immagine e nella mente di Cristo
e per fare questo Dio ci comanda di
istruirci, ammonirci ed esortarci
reciprocamente.
Se fossimo già arrivati a capire tutta la volontà di Dio, non sarebbe
necessario insegnarci ed esortarci l’uno all’altro, perchè saremmo
automaticamente già concordi nel
Signore.
Abbiamo ancora bisogno l’uno dell’altro, e abbiamo bisogno di impegnarci a
cercarci l’un l’altro, quindi, per
essere sempre più concordi nel Signore, abbiamo bisogno di passare tempo
insieme parlando insieme delle cose di Dio, non di isolarci ognuno nella
propria stanza o nel proprio gruppo dove riusciamo ad essere semplicemente
“concordi”.
Ricordiamoci che la concordia nel
Signore è una concordia aperta
verso il prossimo e verso il fratello!
La concordia nel Signore
è una enorme risorsa di gioia, mette veramente in luce come l’Opera dello
Spirito Santo vince sulla nostra carnalità!
Rende visibile l’Amore di Dio tra gli uomini (che per loro natura carnale
non sono e non possono essere
concordi nel Signore).
Impariamo poi a vedere il meglio dei nostri fratelli, la loro posizione
spirituale in Cristo (Evodia e
Sintiche, lottatrici per il Vangelo e collaboratrici di Paolo
hanno il nome scritto nel libro della
vita); non ricordiamoli per le loro cadute, impariamo a ricordarli per
il loro buon esempio di fede e di lotta spirituale.
Nello stesso tempo impariamo a superare le nostre
discordie incontrandoci
nel Signore e rendiamoci
disponibili ad aiutare i fratelli
intorno a noi che possono cadere in
queste situazioni, andiamo loro
in aiuto con umiltà e supportandoli nel loro rialzarsi,
adoperiamoci per la Pace e avremo
così opportunità di gioire e fare
gioire il Corpo di Cristo.