LETTERA DI PAOLO AI FILIPPESI -

La gioia nella corsa cristiana

 

 

 

Del resto, fratelli miei, rallegratevi nel Signore.

Io non mi stanco di scrivervi le stesse cose, e ciò è garanzia di sicurezza per voi.

Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno mutilare; perché i veri circoncisi siamo noi, che offriamo il nostro culto per mezzo dello Spirito di Dio, che ci vantiamo in Cristo Gesù, e non mettiamo la nostra fiducia nella carne; benché io avessi motivo di confidarmi anche nella carne.

Se qualcun altro pensa di aver motivo di confidarsi nella carne, io posso farlo molto di più; io, circonciso l'ottavo giorno, della razza d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo figlio d'Ebrei; quanto alla legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della chiesa; quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile.

Ma ciò che per me era un guadagno, l'ho considerato come un danno, a causa di Cristo.

Anzi, a dire il vero, ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all'eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto; io considero queste cose come tanta spazzatura al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui non con una giustizia mia, derivante dalla legge, ma con quella che si ha mediante la fede in Cristo: la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede.

Tutto questo allo scopo di conoscere Cristo, la potenza della sua risurrezione, la comunione delle sue sofferenze, divenendo conforme a lui nella sua morte, per giungere in qualche modo alla risurrezione dei morti.

Non che io abbia già ottenuto tutto questo o sia già arrivato alla perfezione; ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono anche stato afferrato da Cristo Gesù.

Fratelli, io non ritengo di averlo già afferrato; ma una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù.

Sia questo dunque il sentimento di quanti siamo maturi; se in qualche cosa voi pensate altrimenti, Dio vi rivelerà anche quella.

Soltanto, dal punto a cui siamo arrivati, continuiamo a camminare per la stessa via.

Siate miei imitatori, fratelli, e guardate quelli che camminano secondo l'esempio che avete in noi.

Perché molti camminano da nemici della croce di Cristo (ve l'ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo), la fine dei quali è la perdizione; il loro dio è il ventre e la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna; gente che ha l'animo alle cose della terra.

Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa.  

Perciò, fratelli miei cari e desideratissimi, allegrezza e corona mia, state in questa maniera saldi nel Signore, o diletti!

(Filippesi 3:1 /4:1)

 

***

 Finora abbiamo visto l’enorme privilegio che abbiamo di partecipare al Vangelo, grazie a Dio che ha iniziato la buona opera della salvezza in noi e che la porterà a compimento e che anche in mezzo alle situazioni difficili (che possono anche sembrare una sconfitta), Dio è al comando e può convertire il male in bene.

Paolo ci ha quindi esortato a comportarci in modo degno di un cittadino del cielo, cioè degno del vangelo di Cristo, durante il tempo che abbiamo qui sulla terra.

Ci ha poi esortato più specificamente ad un comportamento degno e giusto per chi ha ricevuto la grazia di Dio e per chi ha compreso la realtà e la potenza dell’incarnazione e della umiliazione di Gesù Cristo, fino al Sacrificio Totale di sé stesso che è per noi un Sommo esempio da seguire.

Come discepoli di Gesù Cristo siamo chiamati a vivere come cittadini dei cieli e secondo i Suoi insegnamenti e secondo il Suo esempio.

Questo nostro condurci è chiamata la santificazione, ovvero quel processo che porta il credente che matura, a spogliarsi progressivamente della sua natura carnale per esaltare la nuova creatura conforme a Cristo (già in questo mondo) come testimonianza e dimostrazione di quello che è avvenuto nell’interiore, anche con la sofferenza che questo produce, che sarà nulla al confronto con la Gloria di Dio e con il peso della Gloria che sarà manifestata per la Chiesa e per noi individualmente per il giorno di Cristo.

Abbiamo anche visto come la condivisione delle notizie sia anch’essa motivo di Gioia spirituale, in quanto ci si conforta l’uno con l’altro e con il rinnovarsi le reciproche cure ci si sente più uniti in Cristo e si attiva anche una assistenza spirituale, fisica e psichica reciproca.

Ora Paolo desidera mostrare ai fratelli di Filippi come si deve condurre la corsa cristiana. Il suo desiderio è mostrare loro due esempi, uno negativo ed uno positivo ed indicare come un cammino, per essere gradito a Dio, deve avere determinate caratteristiche.

Possiamo dividere questo brano in queste sezioni:

 

- L’IMPORTANZA DELLA COSTANZA NELL’INSEGNAMENTO         (3:1)

- CORRERE NON CONFIDANDO NELLA CARNE                            (3:2-14)

- L’ESEMPIO DA EVITARE (UNA CORSA INCERTA)                          (3:2-3)

- L’ESEMPIO DA SEGUIRE (UNA CORSA CERTA)                              (3:4-14)

- UN CAMMINO GRADITO A DIO                                                     (3:15 -21)

- UN CAMMINO MATURO                                                                       (3:15-16)

- UN CAMMINO ATTENTO                                                                   (3:17-19)

- UN CAMMINO COMPLETO                                                                (3:20-21)

- ESORTAZIONE FINALE                                                                         (4:1)

 

***

 

L’IMPORTANZA DELLA COSTANZA NELL’INSEGNAMENTO

 

Del resto, fratelli miei, rallegratevi nel Signore.

Io non mi stanco di scrivervi le stesse cose, e ciò è garanzia di sicurezza per voi.

 

Paolo ha appena finito di indicare due esempi di fratelli che si sono consacrati veramente al Signore e, affinchè gli occhi dei fratelli di Filippi non si soffermino troppo sugli uomini, Paolo ricorda subito loro che la fonte della Gioia e dell’Allegrezza dei figli di Dio è solo sul Signore, che è la Fonte di ogni benedizione.

Paolo sa molto bene come l’occhio dell’uomo sia molto sensibile a ciò che vede, lo ha sperimentato anche durante il suo viaggio missionario:

A Listra c'era un uomo che, paralizzato ai piedi, se ne stava sempre seduto e, siccome era zoppo fin dalla nascita, non aveva mai potuto camminare.

Egli udì parlare Paolo; il quale, fissati gli occhi su di lui, e vedendo che aveva fede per essere guarito, disse ad alta voce: «Àlzati in piedi». Ed egli saltò su, e si mise a camminare.

La folla, veduto ciò che Paolo aveva fatto, alzò la voce, dicendo in lingua licaonica: «Gli dèi hanno preso forma umana, e sono scesi fino a noi». E chiamavano Barnaba Giove, e Paolo Mercurio, perché era lui che teneva il discorso.

Il sacerdote di Giove, il cui tempio era all'entrata della città, condusse davanti alle porte tori e ghirlande, e voleva offrire un sacrificio con la folla.

 (Atti 14:8-13)

Anche i figli di Dio che si fanno distrarre dalle buone opere dei fratelli, fanno molto in fretta a soffermarsi su ciò che è loro simile, sta al fratello saggio dire come disse Paolo ai licaoni:

Ma gli apostoli Barnaba e Paolo, udito ciò, si strapparono le vesti, e balzarono in mezzo alla folla, gridando: Uomini, perché fate queste cose? Anche noi siamo esseri umani come voi; e vi predichiamo che da queste vanità vi convertiate al Dio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi…

(Atti 14:14-15)

Così Paolo aggiusta subito il tiro e, prima di sottolineare il serio pericolo di camminare nella carne,  riporta l’attenzione sul Signore:

 

Del resto, fratelli miei, rallegratevi nel Signore.

Queste parole, uscite dalla bocca di un carcerato e destinate a persone libere stridono di uno stridore divino.

Paolo aveva imparato quello che ogni figlio di Dio dovrebbe imparare, ovvero che ci si può (o deve) rallegrare nel Signore anche quando le circostante esterne sono avverse, perché ciò che rallegra un figlio di Dio è l’Amore del Padre, la certezza della presenza del Signore e del Suo Spirito Santo, la Speranza della Sua Gloria e le benedizioni spirituali tutte che sono custodite nei cieli.

 

DOVE TROVARE LA GIOIA

Che cosa vogliamo nella nostra vita?

Tutto il nostro impegno è finalizzato alla ricerca della gioia.

Ma l’assurdo è che spesso, nonostante tutti i nostri sforzi questa gioia sembra lontana e ci sentiamo ingannati da tutti i nostri obiettivi.

Se consideriamo per esempio il nostro rapporto con le ricchezze, noi siamo convinti che il possedere tante ricchezze ci darebbe la possibilità di realizzare ogni nostro desiderio e raggiungere quindi una gioia veramente appagante.

 

Ma possiamo tutti quanti testimoniare come nel vedere le persone ricche, possidenti, spesso non traspare quella gioia che noi ci aspetteremmo di vedere e noi stessi, quando riusciamo a raggiungere qualcosa che ci sembrava essere una fonte di gioia, spesso ne rimaniamo delusi per la consistenza stessa o per la sua breve durata.

Gesù nei suoi insegnamenti ci parla infatti dell’inganno delle ricchezze (cfr Matteo 13:22; Marco 4:19)

Se siamo figli di Dio, dove dovremmo cercare la nostra gioia?

Se la cerchiamo nelle cose sbagliate, perderemo le benedizioni che Dio ha preparato per noi, se invece cerchiamo la nostra gioia nel posto giusto, nel posto che Dio ha preparato per noi, la gioia traboccherà dal nostro cuore!

 

Proprio per questo Paolo ci scrive:

…rallegratevi nel Signore

Per capire ciò che la Bibbia dichiara della gioia, dobbiamo sapere che nel Nuovo Testamento, la parola originale greca viene tradotta in italiano indistintamente in “gioia” ed in “allegrezza”: quindi, quando la Bibbia dichiara di rallegrarsi, nell'originale è la stessa identica parola di gioire.

Fatta questa premessa dobbiamo considerarsi che qui Paolo esorta i fratelli a rallegrarsi nel Signore; ma è plausibile esortare (o addirittura ordinare) di gioire, di rallegrarsi?

Non sono sentimenti spontanei?

In realtà il Signore non solo ci ordina di avere gioia, ma ci ordina anche di non avere emozioni come l'ira, la rabbia, la gelosia, e l'amarezza e tutto questo lo possiamo fare nel Signore.

Come possiamo gioire continuamente nel Signore? Perché per poterci rallegrare nel Signore, dobbiamo essere nel Signore, ovvero dobbiamo essere in Cristo, dobbiamo appartenere a Cristo, dobbiamo essere coperti con la giustizia di Cristo.

 

Ed una persona che è in Cristo ha sicuramente più di un motivo per rallegrarsi:

- Dobbiamo rallegrarci perché abbiamo la vita eterna

Gesù disse:

Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli. (Luca 10:20)

 

Un motivo per cui gioire è che i nostri nomi sono scritti nei cieli se siamo in Cristo, se siamo veramente salvati.

Questo significa che nel giorno del giudizio, quando tutti gli altri saranno condannati al tormento eterno, noi saremo salvati.

Questo è un immenso motivo per gioire, ogni giorno della nostra vita!

 

Per questo Paolo scrive anche:

…siate allegri nella speranza.  (Romani 12:12)

La speranza in cui possiamo gioire è la speranza viva, certa, di avere la vita eterna per mezzo di Gesù Cristo!

 

- Dobbiamo rallegrarci perché in Cristo abbiamo TUTTO

Davide, che scrisse il Salmo di lode del Sommo Pastore (Salmo 23), scrisse anche:

 Trova la tua gioia nel SIGNORE, ed egli appagherà i desideri del tuo cuore.

(Salmo 37:4)

 

Quando troviamo la nostra gioia nel SIGNORE, i desideri del nostro cuore sono legati a LUI, e perciò, Egli appagherà i desideri del nostro cuore, e avremo il nostro cuore veramente soddisfatto!

 

- Dobbiamo rallegrarci perché Cristo non cambia

A differenza di tutte le cose materiali che sono soggette al deterioramento, alle influenze di tutti gli eventi naturali ed alle emotività caratteriali dell’uomo, le cose spirituali, le promesse di Dio non cambiano, sono immutabili perché provengono dal Fedele, dall’Immutabile e dall’Eterno!

Chi in Cristo il suo tesoro, non lo perderà mai!

Nulla di questo mondo, e neanche la morte stessa, può separarci dell'amore di Dio in Cristo Gesù! Chi ha Cristo come suo tesoro, lo avrà per sempre.

 

Chi cerca di trovare gioia nelle circostanze, oltre al fatto che le circostanze non possono mai soddisfare il cuore totalmente, non può nemmeno essere tranquillo, perché le circostanze non sono mai sicure.

Possono cambiare di giorno in giorno.

Invece, chi spera in Cristo può essere tranquillo, perché Cristo non cambia mai. Dio non ci comanda di rallegrarci nelle circostanze, bensì in Cristo Gesù, il Signore, che non cambia mai.

 

- Dobbiamo rallegrarci perché in Cristo abbiamo il SALVATORE

È estremamente importante ricordare quale era la nostra condizione prima della salvezza.

Eravamo persi nei nostri peccati, senza speranza, sotto condanna eterna e Gesù Cristo ha lasciato il cielo per compiere la nostra salvezza.

Egli ha pagato la nostra condanna!

 Il Signore Gesù Cristo è dalla parte nostra!

Rallegriamoci di questa meravigliosa realtà!

 

- Dobbiamo rallegrarci perché in Cristo abbiamo accesso al Trono della Grazia

Infatti, noi non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con le nostre infermità, ma uno che è stato tentato in ogni cosa come noi, senza però commettere peccato.

Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia per ricevere aiuto al tempo opportuno.”   (Ebrei 4:15-16)

 

Oltre a ciò dobbiamo gioire perché:

- Gesù Cristo ha liberato la nostra coscienza dalla nostra colpa; il Suo perdono è così perfetto e completo che non esiste più:

…il sangue di Cristo, che mediante lo Spirito eterno offerse se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente!  (Ebrei 9:14)

 

- Gesù Cristo sorveglia e coordina le prove per la nostra crescita

Or noi sappiamo che tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo proponimento.  (Romani 8:28)

 

Sapendo di questa meravigliosa verità, abbiamo motivo di gioire grandemente in Cristo, anche nelle prove infatti:

 

- Gesù Cristo ci sostiene nelle prove

Fino a che siamo in questo corpo, su questa terra, avremo prove ed afflizioni, a volte veramente difficili da sopportare; però non siamo mai soli nelle nostre prove:

Nel vostro comportamento non siate amanti del denaro e accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto: "Io non ti lascerò e non ti abbandonerò".

Così possiamo dire con fiducia: "Il Signore è il mio aiuto, e io non temerò. Che cosa mi potrà fare l’uomo?".   (Ebrei 13:5-6)

 

Per questi e per tanti altri motivi, possiamo gioire in Cristo!

Che grande gioia possiamo avere, se fissiamo i nostri occhi su Cristo!

Chi cerca la sua gioia in Cristo, avrà una gioia che non finirà mai!

Solamente chi è un figlio di Dio ha questo immenso privilegio!

 

Il mondo ci offre tantissime cose in cui potremmo cercare la nostra gioia:

- l’approvazione degli uomini

- l’auto-gratificazione

- il possesso delle cose materiali

 

Ma nessuna di queste cose può bastare a darci la vera gioia, se cerchiamo la nostra gioia in qualcosa (anche in qualcosa che Dio ci dà), non potremo avere la gioia che viene solo da Cristo.

Troveremo la nostra gioia in Cristo, solamente se ci impegneremo a trovarla, proprio come un tesoro!

Dobbiamo scegliere di leggere e meditare la Parola di Dio!

Dobbiamo imparare a pregare in modo che rispecchia le preghiere della Bibbia!

Dobbiamo impegnarci a parlare delle cose di Dio, con altri figli di Dio!

 

Per questo Paolo scrive così ai fratelli di Colosse:

La parola di Cristo abiti in voi copiosamente, in ogni sapienza, istruendovi ed esortandovi gli uni gli altri con salmi, inni e cantici spirituali, cantando con grazia nei vostri cuori al Signore.

E qualunque cosa facciate, in parola o in opera, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie a Dio Padre per mezzo di lui.

(Colossesi 3:16-17)

 

Per avere la gioia in Cristo dobbiamo riempire la nostra mente con la Verità di Cristo e dobbiamo parlare insieme di queste cose.

Se riempiamo la nostra conversazione con battute, con i problemi della vita, con discorsi sciocchi, con le ingiustizie che vediamo; se parliamo dei peccati degli altri e critichiamo il prossimo non avremo mai la gioia in Cristo!

 

…Io non mi stanco di scrivervi le stesse cose, e ciò è garanzia di sicurezza per voi.

Nella vita cristiana, ci sono tante verità da imparare.

Però, è anche vero che dopo un po’ di basi, se abbiamo appreso il buon insegnamento, quelli che riceveremo in seguito non saranno necessariamente nuovi, infatti spesso saranno ripetizioni di cose che abbiamo già imparato, ma Paolo ci sta insegnando che il ripetere le stesse cose è comunque importante.

Già nella Scrittura dell’Antico Testamento vediamo molte volte l’importanza di ripetere le stesse cose più volte, Il Signore infatti insegnò ai Giudei di ripetere gli stessi insegnamenti anno dopo anno, per tenerli bene in mente.

 

Pietro dichiara anch’egli che ripeterà le stesse cose a quei credenti, nonostante essi già le conoscessero e che questa ripetizione è giusta perché ha un preciso scopo:

Perciò avrò cura di ricordarvi continuamente queste cose, benché le conosciate e siate saldi nella verità che è presso di voi.

E ritengo che sia giusto, finché sono in questa tenda, di tenervi desti con le mie esortazioni.

So che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come il Signore nostro Gesù Cristo mi ha fatto sapere. Ma mi impegnerò affinché dopo la mia partenza abbiate sempre modo di ricordarvi di queste cose.

(2 Pietro 1:12-15)

 

Dobbiamo ammettere che la nostra tendenza naturale è di camminare nelle verità di Dio per un po’, e poi man mano, di rallentare nel nostro cammino, abbiamo bisogno di costanza ed il ripetere le stesse cose ci aiuta a ricordarcele ed a continuare a camminare nella verità.

 ***

 

CORRERE NON CONFIDANDO NELLA CARNE        -       L’ESEMPIO DA EVITARE   (UNA CORSA INCERTA)  (3:2-3)

 

Io quindi corro così; non in modo incerto…  (1 Corinzi 9:26)

 

Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno mutilare; perché i veri circoncisi siamo noi, che offriamo il nostro culto per mezzo dello Spirito di Dio, che ci vantiamo in Cristo Gesù, e non mettiamo la nostra fiducia nella carne…

 

La vita cristiana è piena di pericoli e noi siamo portati a fare molta attenzione a quelli che provengono dal mondo, infatti tutti sappiamo che il mondo è contro le verità di Dio.

 

Siamo un po’ meno attenti verso i pericoli che invece vengono dall’interno della chiesa, e che spesso sono quelli  più gravi e più difficili da combattere, ovvero i pericoli che provengono da coloro che si dichiarano cristiani ma non sono veramente seguaci di Gesù Cristo.

Tramite gli autori del Nuovo Testamento, Dio condanna severamente coloro i quali si presentano come uomini di Dio, guide religiose, ma in realtà, portano le persone lontano dalla presenza di Dio.

Nei Vangeli, Gesù condanna severamente i Farisei, che Egli chiamò “guide cieche”.

Anche Paolo, Pietro, Giacomo, Giuda e Giovanni condannano i falsi dottori.

Paolo sta qui mettendo in guardia i fratelli contro i falsi insegnanti che proclamano un messaggio in cui si pone la fede (si vanta) nelle opere della carne.

Per capire meglio questo brano e il principio che esso ci insegna, dobbiamo capire la situazione di allora alla quale Paolo si riferisce.

Nei primi anni della chiesa c’erano ancora molti legami fra Giudaismo e Cristianesimo e la giovane chiesa doveva capire se era necessario per un Gentile diventare un Giudeo per poter avere la salvezza in Cristo Gesù.

Dio guidò gli apostoli (in primis Pietro con l’esperienza di Cornelio) a capire chiaramente che non era necessario per un Gentile diventare un Giudeo e questo principio fu riconosciuto ufficialmente in un consiglio a Gerusalemme, di cui abbiamo il resoconto in Atti 15.

Tale principio però trovò ancora opposizione da parte di alcuni “credenti-giudei”, molto zelanti nella legge di Mosè che, contemporaneamente alla predicazione degli apostoli, insegnavano che prima di poter diventare un seguace di Gesù Cristo, un gentile doveva diventare un Giudeo mediante il rito della circoncisione e la sottomissione alla Legge giudaica.

Questo insegnamento era un’eresia molto grave, perché il principio che proponeva era che la salvezza dipendesse dalle opere e non dalla fede nell’’Opera e nella Persona di Gesù Cristo.

Dobbiamo tenere conto che questo messaggio era molto subdolo, in quanto si basava su insegnamenti tratti dalla Scrittura e quindi non sempre facile da confutare, ma che finiva con il negare la salvezza per grazia, il cuore stesso dell’Opera di Cristo!

Questo insegnamento portava l’uomo a non affidarsi alla persona di Gesù Cristo ma nel “fare affidamento nella carne”, invalidando di fatto il sacrificio di Cristo.

Da questo dobbiamo comprendere come ancora oggi, qualsiasi dottrina che insegna che serve qualsiasi opera religiosa (o qualche altro merito umano) per ottenere o per mantenere la salvezza, sta insegnando a mettere la fiducia nella carne e si tratta di un’eresia ingannevole e terribilmente pericolosa.

Tutto era particolarmente complesso in quanto questi giudei (che si chiamavano cristiani), parlavano della necessità di credere in Gesù, credevano nel sacrificio e nella risurrezione di Gesù, ma insegnavano che la fede in Gesù non era sufficiente per la salvezza.

Questo insegnamento, per quanto potrebbe assomigliare al Vangelo, è un messaggio falso, Paolo lo definisce infatti un falso Vangelo (rif. Galati 1).

Questi uomini, giunti anche a Filippi, stavano insegnando questo falso vangelo, per questo Paolo dichiara:

…i veri circoncisi siamo noi, che offriamo il nostro culto per mezzo dello Spirito di Dio, che ci vantiamo in Cristo Gesù, e non mettiamo la nostra fiducia nella carne.

Paolo, sotto la guida dello Spirito Santo, parla molto duramente contro questi uomini perché non c’è cosa più terribile che sviare qualcuno dalla Verità di Dio.

Paolo definisce questi uomini come cani, cattivi operai, quelli che si fanno mutilare:

 

…cani…

La figura del cane, nella Parola di Dio è sempre stata assimilata ad un animale di dubbia natura, quindi impuro:

Voi sarete degli uomini santi per me; non mangerete carne di bestia trovata sbranata nei campi; la getterete ai cani.

(Esodo 22:31)

Nelle varie prescrizioni della Torah, troviamo un versetto che ci porta a considerare i cani come animali impuri che si nutrono di cose impure (la carne di un animale morto da sé era considerata carne impura).

Per comprendere come per i mediorientali il cane (giaur) fosse un animale simbolicamente spregevole, ancora oggi, per gli islamici i cristiani sono definiti “cani” in modo dispregiativo.

La santità voluta da Dio per il Suo popolo è messa in contrapposizione all’impurità dei cani:

Non porterai nella casa del SIGNORE tuo Dio, il guadagno di una prostituta né il prezzo di un cane, per sciogliere un qualsiasi voto, poiché sono entrambi abominevoli per il SIGNORE tuo Dio. (Deuteronomio 23:18)

Il prezzo di un cane, assimilato al guadagno di una prostituta, è abominevole per il Signore.

Il guadagno impuro derivante dalla vendita di un cane non poteva essere portato nella casa del Signore. Nell’offerta al Signore il fine non giustifica i mezzi, l’offerta portata al Signore deve essere pura!

Davide, nella sua umiliazione davanti a Saul, si definisce un cane morto, ovvero qualcosa di insignificante, di inutile, questa era l’idea israelitica dei cani.

Contro chi è uscito il re d'Israele? Chi vai tu perseguitando?

Un cane morto, una pulce.

(1 Samuele 24:15)

Mefiboset s'inchinò profondamente e disse: «Che cos'è il tuo servo, perché tu ti degni di guardare un cane morto come sono io?»

(2 Samuele 9:8)

Mefiboset, nella sua umiliazione verso Davide, ribadisce lo stesso concetto.

Allora Abisai, figlio di Seruia, disse al re: «Perché questo cane morto osa maledire il re mio signore? Ti prego, lasciami andare a mozzargli la testa!»

(2 Samuele 16:9)

 

Simei, viene definito da Abisai, un cane morto (una persona due volte impura e inutile in quanto cane ed in quanto morto), perché disprezzò Davide il re di Israele.

Nel descrivere la sentenza divina eseguita su Acab, troviamo nuovamente assimilati i cani e le prostitute, egli viene ripagato del salario della sua prostituzione spirituale, la sua vita impura viene leccata dai cani, così come avvenne con la sua moglie Izebel:

 

Quando si lavò il carro presso lo stagno di Samaria - in quell'acqua si lavavano le prostitute - i cani leccarono il sangue di Acab, secondo la parola che il SIGNORE aveva pronunciata.

(1 Re 22:38)

I cani divoreranno Izebel nel campo d'Izreel, e non vi sarà chi le dia sepoltura"». Poi il giovane aprì la porta, e fuggì.

(2 Re 9:10)

In Israele non esisteva il culto dei morti, ma la sepoltura era segno dell’entrare nel riposo ed era importante e dignitoso per il morto, per il quale si faceva cordoglio, ma finito il momento di cordoglio e sepolta la salma, non vi era più nessuna commemorazione in rispetto al defunto.

Il fatto che Izebell non fu sepolta, significa che non era degna di entrare nel riposo ed il fatto che la sua carne fu sbranata dai cani, era il segno di una condanna per impurità (cfr Esodo 22:31).

Chi ha disprezzato il Signore, sarà da Lui disprezzato!

Izebell rappresenta la aberrazione dell’aiuto convenevole voluto da Dio per l’uomo, Eva doveva aiutare Adamo nella sua condotta secondo il piano di Dio, Izebell rappresenta la donna che aiuta un già traballante Acab a disprezzare Dio e a darsi all’idolatria.

L’introduzione dei costumi pagani nel popolo di Israele, simboleggia proprio il disprezzo delle cose sante, Izebell è molto simile alla figura di una prostituta, pronta ad unirsi a chi le offre di più:

Poi Ieu giunse a Izreel. Izebel, che lo seppe, si diede il belletto agli occhi, si acconciò la capigliatura, e si mise alla finestra a guardare.  Mentre Ieu entrava per la porta della città, lei gli disse: «Porti pace, nuovo Zimri, uccisore del tuo signore?»

(2 Re 9:30-31)

 

Nel Salmo 22 i cani vengono assimilati ai malfattori, ai pagani:

Poiché cani mi hanno circondato; una folla di malfattori m'ha attorniato; m'hanno forato le mani e i piedi. Posso contare tutte le mie ossa.

Essi mi guardano e mi osservano: spartiscono fra loro le mie vesti e tirano a sorte la mia tunica.

Ma tu, SIGNORE, non allontanarti, tu che sei la mia forza, affrèttati a soccorrermi. Libera la mia vita dalla spada, e salva l'unica vita mia dall'assalto del cane; salvami dalla gola del leone.

Tu mi risponderai liberandomi dalle corna dei bufali.

(Salmo 22:16-21)

 

Alla luce di questi passi dell’antico testamento, possiamo definire i cani come:

-                     Simbolo dell’impurità grossolana (non si parla di agnelli difettosi, si parla proprio di animali di diversa natura)

-           Simbolo del disprezzo aperto nel confronto di Dio e delle Sue prescrizioni

 

Per questo motivo Gesù dice:

Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le pestino con le zampe e rivolti contro di voi non vi sbranino.

(Matteo 7:6)

 

I cani rappresentano coloro che disprezzano apertamente gli insegnamenti di Dio, insegnamenti morali, spirituali e l’etica cristiana insegnata da Gesù e dagli apostoli.

Paolo assimila i cani ai falsi cristiani che volevano attaccare la Grazia di Dio imponendo leggi per il raggiungimento della Salvezza (persone impure che rendono impura la Grazia contaminandola con le loro opere).

Pietro sentenzia circa coloro che hanno disprezzato (non stimato bene la Grazia di Dio):

È avvenuto di loro quel che dice con verità il proverbio: «Il cane è tornato al suo vomito», e: «La scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango».

(2 Pietro 2:22)

 

I cani non entreranno nella Città celeste:

Fuori i cani, gli stregoni, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna.

(Apocalisse 22:15)

 

I cani, rappresentano dunque coloro che:

 o        Si avvicinano alla Chiesa:

§     per cercare cibo impuro ( soldi, ricchezze, gloria personale )

§     per unirsi al branco e guadagnarsi il primato con morsi

ma nell’unirsi alle cose sante, rimangono insoddisfatti e cominciano a disprezzare la sana dottrina, la santità di condotta e la sana moralità.

 

Un esempio di “cane spirituale”, lo possiamo vedere in Simon mago:

Or vi era un tale, di nome Simone, che già da tempo esercitava nella città le arti magiche, e faceva stupire la gente di Samaria, spacciandosi per un personaggio importante.

Tutti, dal più piccolo al più grande, gli davano ascolto, dicendo: «Questi è "la potenza di Dio", quella che è chiamata "la Grande"».

E gli davano ascolto, perché già da molto tempo li aveva incantati con le sue arti magiche.

Ma quando ebbero creduto a Filippo che portava loro il lieto messaggio del regno di Dio e il nome di Gesù Cristo, furono battezzati, uomini e donne.

Simone credette anche lui; e, dopo essere stato battezzato, stava sempre con Filippo; e restava meravigliato, vedendo i miracoli e le opere potenti che venivano fatti.

Allora gli apostoli, che erano a Gerusalemme, saputo che la Samaria aveva accolto la Parola di Dio, mandarono da loro Pietro e Giovanni.

Essi andarono e pregarono per loro affinché ricevessero lo Spirito Santo; infatti non era ancora disceso su alcuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù.

Quindi imposero loro le mani, ed essi ricevettero lo Spirito Santo.

Simone, vedendo che per l'imposizione delle mani degli apostoli veniva dato lo Spirito Santo, offrì loro del denaro, dicendo: «Date anche a me questo potere, affinché colui al quale imporrò le mani riceva lo Spirito Santo».

Ma Pietro gli disse: «Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai creduto di poter acquistare con denaro il dono di Dio.

Tu, in questo, non hai parte né sorte alcuna; perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio.

Ravvediti dunque di questa tua malvagità; e prega il Signore affinché, se è possibile, ti perdoni il pensiero del tuo cuore. Vedo infatti che tu sei pieno d'amarezza e prigioniero d'iniquità».

Simone rispose: «Pregate voi il Signore per me affinché nulla di ciò che avete detto mi accada».

(Atti 8:10-24)

 

Simone credette e fu anche battezzato, ma non abbandonò i suoi costumi corrotti (voleva continuare a fare il mago, un esempio in totale contrapposizione al suo l’abbiamo nei credenti neo-convertiti di Efeso cfr Atti 19:19) e pensò di poter “sfruttare” il Vangelo per i propri guadagni!

Alla fine, davanti alla forte riprensione di Pietro, non riuscì nemmeno lui stesso a pregare, delegando questa agli apostoli, dimostrando così di essere di fatto impuro ed estraneo alla famiglia di Dio!

 

…cattivi operai…

Il termine “cattivi operai” era anche molto forte, la parola “cattivi” è la parola usata per “malvagi”.

Questi uomini erano operai, cioè, si impegnavano a portare avanti i loro insegnamenti.

Erano sempre all’opera, ma il loro insegnamento era falso, non portava vicino a Dio, anzi, pur promettendo la salvezza, in realtà, portava le persone lontane da Dio, per questo, erano operai cattivi.

Paolo assimila “i cani” ai “cattivi operai”, ovvero coloro che non lavorano con impegno e dedizione.

 

Gesù ha spesso parlato di “cattivi operai”:

Udite un'altra parabola: C'era un padrone di casa, il quale piantò una vigna, le fece attorno una siepe, vi scavò una buca per pigiare l'uva e vi costruì una torre; poi l'affittò a dei vignaiuoli e se ne andò in viaggio. Quando fu vicina la stagione dei frutti, mandò i suoi servi dai vignaiuoli per ricevere i frutti della vigna.

Ma i vignaiuoli presero i servi e ne picchiarono uno, ne uccisero un altro e un altro lo lapidarono.

Da capo mandò degli altri servi, in numero maggiore dei primi; ma quelli li trattarono allo stesso modo.

Finalmente, mandò loro suo figlio, dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio". Ma i vignaiuoli, veduto il figlio, dissero tra di loro: "Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e facciamo nostra la sua eredità".

Lo presero, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero.

Quando verrà il padrone della vigna, che farà a quei vignaiuoli?

Essi gli risposero: «Li farà perire malamente, quei malvagi, e affiderà la vigna ad altri vignaiuoli i quali gliene renderanno il frutto a suo tempo».

Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

"La pietra che i costruttori hanno rifiutata è diventata pietra angolare; ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri"?

Perciò vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato a gente che ne faccia i frutti. Chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; ed essa stritolerà colui sul quale cadrà».

I capi dei sacerdoti e i farisei, udite le sue parabole, capirono che parlava di loro; e cercavano di prenderlo, ma ebbero paura della folla, che lo riteneva un profeta.

(Matteo 23:33-46)

 

I cattivi operai descritti in questa parabola, presero i servi e ne picchiarono uno, ne uccisero un altro e un altro lo lapidarono, fino ad uccidere l’erede e appropriarsi della Sua eredità.

Costoro sono quegli uomini che pretendono di essere i capi del gregge di Cristo, non i pastori che amano il gregge, che si occupano piuttosto di pascere se stessi, di “sfruttare” il gregge per i propri desideri.

Costoro ritengono di avere diritti sul gregge del Signore.

 

Di loro profetizza Isaia:

O voi tutte, bestie dei campi, venite a mangiare, venite, o voi tutte, bestie della foresta!

I guardiani d'Israele sono tutti ciechi, senza intelligenza; sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare; sognano, stanno sdraiati, amano sonnecchiare.

Sono cani ingordi, che non sanno cosa sia l'essere sazi; sono pastori che non capiscono nulla; sono tutti vòlti alla propria via, ognuno mira al proprio interesse, dal primo all'ultimo.

«Venite», dicono, «io andrò a cercare del vino e c'inebrieremo di bevande forti! Il giorno di domani sarà come questo, anzi sarà più grandioso ancora!»

(Isaia 56:9-12)

 

E sentenzia Ezechiele:

La parola del SIGNORE mi fu rivolta in questi termini: «Figlio d'uomo, profetizza contro i pastori d'Israele; profetizza, e di' a quei pastori: Così parla il Signore, DIO: "Guai ai pastori d'Israele che non hanno fatto altro che pascere se stessi!

Non è forse il gregge quello che i pastori debbono pascere?

Voi mangiate il latte, vi vestite della lana, ammazzate ciò che è ingrassato, ma non pascete il gregge.

Voi non avete rafforzato le pecore deboli, non avete guarito la malata, non avete fasciato quella che era ferita, non avete ricondotto la smarrita, non avete cercato la perduta, ma avete dominato su di loro con violenza e con asprezza.

Esse, per mancanza di pastore, si sono disperse, sono diventate pasto di tutte le bestie dei campi, e si sono disperse.

Le mie pecore si smarriscono per tutti i monti e per ogni alto colle; le mie pecore si disperdono su tutta la distesa del paese, e non c'è nessuno che se ne prenda cura, nessuno che le cerchi!

Perciò, o pastori, ascoltate la parola del SIGNORE! Com'è vero che io vivo", dice il Signore, DIO, "poiché le mie pecore sono abbandonate alla rapina; poiché le mie pecore, che sono senza pastore, servono di pasto a tutte le bestie dei campi, e i miei pastori non cercano le mie pecore; poiché i pastori pascono se stessi e non pascono le mie pecore, perciò, ascoltate, o pastori, la parola del SIGNORE!

Così parla il Signore, DIO: Eccomi contro i pastori; io domanderò le mie pecore alle loro mani; li farò cessare dal pascere le pecore; i pastori non pasceranno più se stessi; io strapperò le mie pecore dalla loro bocca ed esse non serviranno più loro di pasto".

(Ezechiele 34:1-10)

 

Poiché avverrà come a un uomo il quale, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi beni.

A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità; e partì.

Subito, colui che aveva ricevuto i cinque talenti andò a farli fruttare, e ne guadagnò altri cinque.

Allo stesso modo, quello dei due talenti ne guadagnò altri due.

Ma colui che ne aveva ricevuto uno, andò a fare una buca in terra e vi nascose il denaro del suo padrone.

Dopo molto tempo, il padrone di quei servi ritornò a fare i conti con loro.

Colui che aveva ricevuto i cinque talenti venne e presentò altri cinque talenti, dicendo: "Signore, tu mi affidasti cinque talenti: ecco, ne ho guadagnati altri cinque".

Il suo padrone gli disse: "Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore".

Poi, si presentò anche quello dei due talenti e disse: "Signore, tu mi affidasti due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due".

Il suo padrone gli disse: "Va bene, servo buono e fedele, sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore".

Poi si avvicinò anche quello che aveva ricevuto un talento solo, e disse: "Signore, io sapevo che tu sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra; eccoti il tuo".

Il suo padrone gli rispose: "Servo malvagio e fannullone, tu sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; dovevi dunque portare il mio denaro dai banchieri; al mio ritorno avrei ritirato il mio con l'interesse.

Toglietegli dunque il talento e datelo a colui che ha i dieci talenti.

Poiché a chiunque ha, sarà dato ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. 

E quel servo inutile, gettatelo nelle tenebre di fuori.

Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti".

(Matteo 25:14-30)

 

Il cattivo operaio descritto in questa parabola, vedeva in Dio un tiranno, un uomo duro, spietato speculatore, uno per il quale non valeva la pena impegnarsi, al limite riconsegnare quello che era stato a suo tempo affidato, una persona indegna del proprio impegno.

 

Costui rappresenta quegli uomini che non sono mai pronti a servire il Signore, che hanno sempre “altro da fare”, non hanno mai tempo per il loro Signore, non merita la loro attenzione prioritaria.

 

Di persone così, il Signore Gesù stesso ne parla:

Mentre camminavano per la via, qualcuno gli disse: «Io ti seguirò dovunque andrai».

E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo».

A un altro disse: «Seguimi».

Ed egli rispose: «Permettimi di andare prima a seppellire mio padre».

Ma Gesù gli disse: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu va' ad annunciare il regno di Dio».

Un altro ancora gli disse: «Ti seguirò, Signore, ma lasciami prima salutare quelli di casa mia».

Ma Gesù gli disse: «Nessuno che abbia messo la mano all'aratro e poi volga lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio».

(Luca 9:57-62)

 

Lapidaria la maledizione di Geremia:

Maledetto colui che fa l'opera del SIGNORE fiaccamente,
maledetto colui che trattiene la spada dallo spargere il sangue! 
(Geremia 48:10)

 

Un altro modo di disprezzare la Grazia di Dio e non viverla con impegno o viverla con un obiettivo sbagliato, terreno, come se le benedizioni spirituali fossero solo per questo mondo e non lavorare in vista del Regno di Dio, Paolo scriverà così ai corinzi che non credevano alla risurrezione:

Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini.  (1 Corinzi 15:19)

 

…quelli che si fanno mutilare…

Consideriamo poi un altro termine che Paolo usa: quelli che si fanno mutilare (dal greco “katatome” quale espressione esagerata di “peritome” termine generalmente usato per la circoncisione).

Paolo sta qui usando parole diverse per mostrare che il rito insegnato da loro non era la vera circoncisione che Dio vuole, ma solo un mutilare la carne.

In altre parole, visto che questi uomini insegnavano questo rito come una parte della salvezza, lo facevano diventare una cosa terribile, che serviva solo a mutilare la carne, quindi anziché “piacere” questo rito diventava “abominevole” davanti a Dio.

Il gioco di parole diventa addirittura rovente quando Paolo scrive ai fratelli della galazia, dove l'apostolo perde addirittura la pazienza ed esclama:

Si evirassero pure, costoro, che vi mettono in scompiglio!

(Galati 5:11)

Questa categoria di persone, sono richiamati dall’apostolo Paolo in quanto essi volevano annullare la Grazia di Dio per ritornare progressivamente alla Salvezza ottenuta per le opere della Legge.

Dopo aver duramente criticato questi falsi insegnanti, Paolo spiega ai credenti che in realtà, i veri circoncisi sono coloro che credono (confidano e si vantano) in Cristo Gesù.

Abbiamo altri brani che ci parlano della vera circoncisione:

…e voi avete tutto pienamente in lui, che è il capo di ogni principato e di ogni potenza; in lui siete anche stati circoncisi di una circoncisione non fatta da mano d’uomo, ma della circoncisione di Cristo, che consiste nello spogliamento del corpo della carne: siete stati con lui sepolti nel battesimo, nel quale siete anche stati risuscitati con lui mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti.

 (Colossesi 2:10-12)

…ma Giudeo è colui che lo è interiormente; e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito, non nella lettera; di un tale Giudeo la lode proviene non dagli uomini, ma da Dio.

(Romani 2:29)

 

Questi cattivi operai, insegnando tale rito, stavano cercando di convincere i credenti a porre una parte della loro fiducia nella carne, cioè, nelle opere umane.

Questo loro insegnamento spinse Paolo a denunciarli con termini veramente duri.

Queste tre categorie di persone (i cani, i cattivi operai e quelli che si fanno mutilare), Paolo le addita come “ i nemici della croce di Cristo”:

Perché molti camminano da nemici della croce di Cristo (ve l'ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo), la fine dei quali è la perdizione; il loro dio è il ventre e la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna; gente che ha l'animo alle cose della terra.

Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, che trasformerà il corpo della nostra umiliazione  rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa.  (Filippesi 3:18-21)

 

Il Signore ci ordina di guardarci da tali persone perché sa che, frequentandoli, saremo anche noi influenzati e portati a non impegnarci adeguatamente nell’opera del Signore.

Non dobbiamo sopravvalutarci, dobbiamo “vedere” il male e fuggirlo.

Paolo avvertiva in tal senso i credenti di Corinto:

Non v'ingannate: «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi».

(1 Corinzi 15:33)

Paolo era estremamente duro nella sua critica verso questi uomini; ma dobbiamo chiederci  perché usava un tono così duro!

La ragione è che questo tipo di uomini sono fra i nemici più pericolosi per la chiesa.

È facile riconoscere coloro che propongono religione adultera in modo evidente, ma quando un falso dottore insegna un messaggio che assomiglia molto alla verità, allora, diventa più difficile riconoscerlo.

Il falso insegnante che si traveste da cristiano spesso riesce a fare più danno alla chiesa tramite il suo insegnamento di quanto potrebbe mai fare uno di una religione pagana.

Leggendo questi versetti, potremmo pensare che non hanno nulla a che fare con noi.

È quasi impossibile che oggi venga a noi un giudeo dicendoci che dobbiamo seguire la legge di Mosè per poter essere cristiani (ma vista l’ondata di neo-sionismo che sta arrivando ciò non è nemmeno escluso).

Ma in ogni caso il principio di questo brano è ancora estremamente valido.

 

Anche oggi ci sono tante persone che si presentano come cristiane e che insegnano qualche dottrina in cui “si pone la fiducia nella carne”, possiamo pensare (per esempio) alla predicazione di una salvezza che arriva per mezzo della fede insieme a qualche sacramento o rito religioso.

 ***

 

CORRERE NON CONFIDANDO NELLA CARNE         -                   L’ESEMPIO DA SEGUIRE (UNA CORSA CERTA) (3:4-14)

 

Io quindi corro così; non in modo incerto…

(1 Corinzi 9:26)

 

…benché io avessi motivo di confidarmi anche nella carne.

Se qualcun altro pensa di aver motivo di confidarsi nella carne, io posso farlo molto di più; io, circonciso l'ottavo giorno, della razza d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo figlio d'Ebrei; quanto alla legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della chiesa; quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile.

Ma ciò che per me era un guadagno, l'ho considerato come un danno, a causa di Cristo.

Anzi, a dire il vero, ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all'eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto; io considero queste cose come tanta spazzatura al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui non con una giustizia mia, derivante dalla legge, ma con quella che si ha mediante la fede in Cristo: la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede.

Tutto questo allo scopo di conoscere Cristo, la potenza della sua risurrezione, la comunione delle sue sofferenze, divenendo conforme a lui nella sua morte, per giungere in qualche modo alla risurrezione dei morti.

Non che io abbia già ottenuto tutto questo o sia già arrivato alla perfezione; ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono anche stato afferrato da Cristo Gesù.

Fratelli, io non ritengo di averlo già afferrato; ma una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù.

 

Per comprendere questo brano, dobbiamo capire che Paolo sta facendo un confronto.

Il confronto riguarda il porre tutta la nostra fede in Cristo, rispetto al confidare su qualsiasi altra cosa (in particolare in una forma di giustizia o di merito).

Ed è un confronto netto, nel quale non c’è spazio per un compromesso, dobbiamo scegliere a cosa aggrapparci nella vita.

Non è possibile raggiungere il traguardo se non correndo in modo risoluto e certo, il correre in modo incerto non ci farà raggiungere quel traguardo.

In questo contesto Paolo parla di tutte le cose in cui egli poneva la sua fiducia e del fatto che ora pone tutta la fede in Cristo.

Quando leggiamo questo brano, riconosciamo quindi che Paolo sta facendo un contrasto fra due scelte di vita:

- o c’è la vita fissata su Cristo;

- o c’è la vita fissata su altre cose (magari anche con Cristo)

 

Paolo inizia questo brano elencando le cose in cui egli confidava (che riteneva un vantaggio, un guadagno, un motivo di confidare anche nella carne) prima di essere in Cristo:

 

circonciso l'ottavo giorno…

 

Nella Legge ogni maschio ebreo doveva essere circonciso l’ottavo giorno:

Poi Dio disse ad Abraamo: «Quanto a te, tu osserverai il mio patto: tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione.

Questo è il mio patto che voi osserverete, patto fra me e voi e la tua discendenza dopo di te: ogni maschio tra di voi sia circonciso.

Sarete circoncisi; questo sarà un segno del patto fra me e voi.

All'età di otto giorni, ogni maschio sarà circonciso tra di voi, di generazione in generazione: tanto quello nato in casa, quanto quello comprato con denaro da qualunque straniero e che non sia della tua discendenza.

Quello nato in casa tua e quello comprato con denaro dovrà essere circonciso; il mio patto nella vostra carne sarà un patto perenne.

L'incirconciso, il maschio che non sarà stato circonciso nella carne del suo prepuzio, sarà tolto via dalla sua gente: egli avrà violato il mio patto».

(Genesi 17:9-14)

 

La circoncisione nella carne è il segno di appartenenza al popolo di Dio, quale popolo terreno.

Quindi se un gentile diventava giudeo da adulto, doveva essere circonciso al tempo della sua conversione al giudaismo.

Paolo non si era convertito a giudaismo, era nato giudeo e fu circonciso come segno di questo esattamente secondo la legge di Dio per i giudei, cioè, l’ottavo giorno dopo la sua nascita e questo era un vanto nella Legge, egli poteva vantare un diritto acquisito per nascita (non poteva essere messo in discussione da nessuno).

Forse anche noi riteniamo di avere (per qualche motivo) un vanto per chi è nato in una famiglia credente, non si è “mai contaminato molto con il mondo” (forse ragioniamo un po’ come il fratello maggiore della parabole del figlio prodigo) e di questo ci vantiamo e riteniamo di avere chissà quali diritti a privilegi rispetto ai nostri fratelli che arrivano da un passato “turbolento”.

Presto vedremo come Paolo considerava questo vanto e come questo può essere un ostacolo alla nostra corsa cristiana.

 

…della razza d'Israele, della tribù di Beniamino…

Paolo, per rafforzare il concetto di appartenenza al popolo di Dio, sfoggia il suo “pedigree” e precisa che egli, non solo era ebreo di nascita circonciso l’ottavo giorno, ma era della razza d’Israele, della tribù di Beniamino (conosceva benissimo la sua genealogia).

Paolo era di puro sangue Giudeo, ma di una delle tribù più “nobili”, infatti ricordiamo che la tribù di Beniamino era (insieme a Giuda), la tribù che rimase fedele all’adorazione nel Tempio (quando il regno fu diviso).

Gerusalemme si trovava infatti proprio nel territorio dato in eredità alla tribù di Beniamino.

Paolo era quindi un beniaminita, aveva “un passato certificato” della migliore specie.

 

…ebreo figlio d'Ebrei…

Per comprendere cosa intende dire Paolo dobbiamo considerare che, nel primo secolo dell’era cristiana, tanti Giudei erano cresciuti seguendo la cultura Greca o avevano un genitore ebreo e l’altro “gentile”.

Tanti parlavano solo il greco e non conoscevano l’ebraico (si pensi alla moltitudine di ebrei presenti il giorno della pentecoste a Gerusalemme – cfr Atti 2).

Paolo era un ebreo figlio d’Ebrei, sia suo padre che sua madre erano ebrei.

Paolo era cresciuto parlando ebraico, ed aveva seguito tutte le usanze degli ebrei, egli aveva il massimo di tutto quello che si potesse avere come eredità religiosa.

Questa condizione dava (per il pensiero giudeo) dei vantaggi nei confronti di Dio.

Se consideriamo la nostra situazione, cosa nella nostra vita potrebbe essere simile all’eredità religiosa di Paolo? Magari appartenere ad una chiesa fedele a Dio.

Ma siamo sicuri che questa mera appartenenza fisica ad una chiesa fedele a Dio, sia una cosa di cui vantarsi davanti a Dio?

Presto vedremo come Paolo considerava questo vanto e come questo può essere un ostacolo alla nostra corsa cristiana.

 

….quanto alla legge, fariseo…

Oltre alle sue origini “certificate” sotto ogni aspetto, Paolo parla ora della Legge (La Legge mosaica).

Dobbiamo ricordare la Legge veniva da Dio ed un giudeo era considerato più o meno vicino a Dio in base a quanto riusciva a seguire la Legge.

L’ubbidienza alla Legge era ciò che era considerato di fondamentale importanza per valutare quanto una persona era vicina a Dio e fra tutti i Giudei, i più zelanti a seguire la Legge in ogni dettaglio erano i farisei.

Essi, nel loro zelo, avevano addirittura aggiunto tante tradizioni proprie alla Legge stessa.

Per distinguersi dal resto del popolo (per il loro zelo), i farisei si vestivano diversamente dalle persone normali ed erano tenuti in grande onore per quanto erano attenti a seguire nei minimi dettagli la legge e le tradizioni.

Paolo (per quanto riguardava la Legge), era fariseo, come testimoniò lui stesso davanti ad Agrippa:

Quale sia stata la mia vita fin dalla mia gioventù, che ho  trascorsa a Gerusalemme in mezzo al mio popolo, è noto a tutti i Giudei, perché mi hanno conosciuto fin da allora, e sanno, se pure vogliono renderne testimonianza, che, secondo la più rigida setta della nostra religione, sono vissuto da fariseo.

(Atti 26:4-5)

Dal punto di vista della carne, questo era un grande motivo di cui vantarsi e confidare nella carne (nel suo impegno, nel suo zelo).

Oggi la situazione è molto simile, molti possono seguire attentamente gli insegnamenti della Scrittura, questo è buono e fondamentale, ma dobbiamo fare sempre molta attenzione a non basare la nostra fede minimamente nella nostra osservanza alla Scrittura, è assolutamente pericoloso, noi siamo fallibili nella nostra carne e sicuramente cadremo prima o poi nella nostra “integrità” davanti a Dio.

La nostra fiducia davanti a Dio è solo ed esclusivamente sul sacrificio espiatorio di Cristo, il fatto che amiamo, dobbiamo e vogliamo seguire gli insegnamenti della Scrittura è un cammino che dimostra l’Opera di Dio in noi, non è il nostro vanto davanti a Dio!

 

…quanto allo zelo, persecutore della chiesa

Prima della sua conversione la religione di Paolo era un fariseo ligio agli insegnamenti e mosso da uno zelo del tutto particolare e spiccato, infatti quando egli venne a sapere di coloro che avevano lasciato il giudaismo, per seguire una setta (perché così egli vedeva i seguaci di Cristo), egli si dispose a dargli letteralmente la caccia con lo scopo di metterli in prigione, torturarli e perfino di ucciderli, lui stesso ne diede testimonianza:

Quanto a me, in verità pensai di dover lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno.

Questo infatti feci a Gerusalemme; e avendone ricevuta l'autorizzazione dai capi dei sacerdoti, io rinchiusi nelle prigioni molti santi; e, quand'erano messi a morte, io davo il mio voto.

E spesso, in tutte le sinagoghe, punendoli, li costringevo a bestemmiare; e, infuriato oltremodo contro di loro, li perseguitavo fin nelle città straniere.

(Atti 26:9-11)

Ma lo zelo senza conoscenza (la giusta conoscenza) è uno zelo vano, come insegna lo stesso Paolo, parlando del popolo giudeo (o dei cristiani giudaizzanti):

Io rendo loro testimonianza infatti che hanno zelo per Dio, ma zelo senza conoscenza.

Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio; poiché Cristo è il termine della legge, per la giustificazione di tutti coloro che credono.

(Romani 10:2-4)

Se fosse possibile essere salvati in base ai meriti che è possibile guadagnare con lo zelo religioso, allora Paolo aveva più speranze di chiunque altro, perché il suo zelo era più grande di quello degli altri, ma presto vedremo come Paolo considerava questo vanto e come questo il nostro zelo (le opere “buone”), senza la giusta conoscenza di Cristo, possono essere un ostacolo alla nostra corsa cristiana.

 

…quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile

Tanti Giudei (in particolare i farisei) credevano che fosse possibile ottenere la salvezza per mezzo dell’ubbidienza alla Legge di Dio.

Credevano che si potesse essere giustificati per mezzo di un grande impegno nel seguire la Legge in ogni dettaglio.

In base a questo metro Paolo era considerato irreprensibile, infatti, prima della sua conversione a Cristo, Paolo era attento ad osservare la legge in ogni aspetto della propria vita ed in base al metro umano nessuno poteva trovare alcuna colpa in Paolo, era considerato irreprensibile.

Prima della sua conversione, Paolo credeva di essere accettato da Dio a causa della sua propria giustizia guadagnata tramite la sua attenta osservazione della Legge, e questo era un vanto.

Anche oggi è tanto facile credere che, pur non essendo perfetti, confidando sul nostro impegno possiamo arrivare ad avere un buon rapporto con Dio.

Più zelanti siamo (più siamo bravi ad osservare la Legge di Dio) e più è grande la tentazione di credere che abbiamo qualche giustizia nostra, meritata da noi.

Come Paolo dobbiamo capire che in realtà siamo completamente senza una giustizia nostra agli occhi del Santo Giudice del mondo, ma (per quanto riguarda la nostra Giustizia davanti a Dio) possiamo solo vantarci in Cristo!

 

…Ma ciò che per me era un guadagno, l'ho considerato come un danno, a causa di Cristo…

Paolo ci ha descritto un elenco di motivi per i quali avrebbe potuto confidare nella sua carne se fosse stato possibile ottenere la salvezza per:

- eredità religiosa

- di osservanza della Legge di Dio

- d zelo

 

Se la Giustizia si ottiene con le forze umane, allora, Paolo avrebbe avuto molti motivi per giungere alla Salvezza, ma Paolo (tramite le Scritture e la rivelazione di Gesù Cristo) aveva scoperto che è impossibile ottenere la salvezza con quei mezzi.

Non solo, Paolo aveva capito un’altra Verità molto importante: non solo queste cose non bastavano per ottenere la salvezza, ma erano anche un danno, un laccio, in quanto erano una forte tentazione rispetto al confidare completamente in Cristo.

Tutti quei motivi che erano le cose più importanti nella vita (un guadagno), ora Paolo li considerava un danno!

È importante comprendere quanto queste cose fossero importanti per Paolo, per poter meglio capire quanto è stato eccezionale il suo cambiamento nel modo di vedere queste cose alla luce della sua salvezza, ora che credeva in Cristo, egli infatti dichiara: Ma ciò che per me era un guadagno, l’ho considerato come un danno, a causa di Cristo.

Quelle cose che erano così importanti e preziose ai fini della sua giustizia ora non avevano alcun valore per Paolo (per quanto riguardava la Giustizia che porta alla Salvezza).

 Egli non riponeva più alcuna fede in queste cose!

 

…Anzi, a dire il vero, ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all'eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto; io considero queste cose come tanta spazzatura al fine di guadagnare Cristo…

 

E’ importante comprendere che, non solo Paolo ha smesso di confidare in tutto quello che prima era la cosa più importante della sua vita, ma egli ora considerava quelle cose come spazzatura (letteralmente “sterchi, letame, escrementi”), ovvero un rifiuto impuro e disgustoso.

Paolo non sta qui dichiarando che i principi di obbedienza alla Scrittura, il timore di Dio, lo zelo sono cose malvagie in sé (anzi sono generalmente principi basati sugli insegnamenti di Dio), ma sta dicendo che ai fini della Giustizia, sono comunque cose impure, spregevoli e, se la nostra fiducia viene riposta in queste cose, esse stesse diventano un grande pericolo spirituale.

Chiaramente, la Bibbia ci insegna a camminare rettamente, seguendo la Parola di Dio, ma non dobbiamo mai pensare di giungere alla Giustizia per conto nostro; saremmo nella stessa condizione dei farisei che pensavano che osservando scrupolosamente la Legge sarebbero giunti alla Giustizia!

Paolo sta scrivendo che queste cose (vissute come utili all’ottenimento della Giustificazione davanti a Dio) gli avevano fatto male, e ancora di più ora (che era stato giustificato in Cristo) non poteva confidare minimamente in queste cose per la sua crescita e santificazione.

L’unico modo di ottenere la salvezza è di confidare completamente in Cristo!

L’unico modo di crescere nella nostra fede è di confidare completamente in Cristo!

 

Paolo quindi rimarca in questi versi è il fatto che, prima della sua conversione:

- lui aveva già tutto ciò che gli era necessario per godere di una grande rispettabilità nella società a cui apparteneva.

- si stava dando un gran da fare per essere accetto anche agli occhi di Dio.

 

Eppure, tutte quelle cose, messe a confronto con ciò che aveva ricevuto dopo la sua conversione (l'eccellenza della conoscenza del Signore Gesù Cristo) non avevano, ai suoi occhi più alcun valore.

Le cose che erano un vantaggio erano diventate, per lui, non solo un ostacolo, ma addirittura come spazzatura, rifiuti, roba destinata alla latrina!

Dopo avere passato la vita a cercare di ubbidire a Dio per raggiungere la giustizia, aveva scoperto che Dio lo avrebbe giustificato per fede in Gesù Cristo; Colui che si era caricato della sua ingiustizia per dargli la Sua Giustizia.

Per Paolo, questa rivelazione è stata liberatoria, tutti i suoi sforzi per piacere a Dio, non valevano ora più nulla se paragonati alla Gioia della Salvezza che si ottiene per fede in Gesù Cristo.

Paolo, dal momento che si era convertito, aveva una sola priorità nella sua vita:

crescere nella conoscenza di Gesù Cristo e correre verso il Regno di Dio.

Tutto il resto era passato in secondo piano.

Tutte le cose di cui prima si sarebbe vantato erano sbiadite di fronte a ciò che Cristo aveva fatto per lui.

Dobbiamo seriamente riflettere sulla nostra vita; a volte diciamo che Cristo è al primo posto della nostra vita e affermiamo che la nostra vita è cambiata grazie a lui, ma poi finiamo con il preoccuparci molto per guadagnare rispettabilità secondo i criteri della società in cui viviamo.

Spesso conserviamo una mentalità che ci porta a pensare di poterci guadagnare qualcosa davanti a Dio con le nostre forze, mettendo molta più fiducia in noi stessi che non in Dio.

 

Dobbiamo invece comprendere bene quanto è prezioso l’oro rispetto alla spazzatura!

Paolo gioiva nel liberarsi di tutto questo, non li deponeva con tristezza, voleva liberarsene come noi ci liberiamo della spazzatura, voleva eliminarla quanto prima perché puzzava, marciva, imputridiva e gli impediva di correre con gioia e determinazione verso il Vero Traguardo, verso le cose migliori!

 

Per questo pregava così per i fratelli di Filippi:

prego che il vostro amore abbondi sempre più in conoscenza e in ogni discernimento, perché possiate apprezzare le cose migliori…

(Filippesi 1:9-10)

Perché stiamo parlando di cose migliori, anzi eccellenti, perché Cristo è infinitamente superiore ed eccellente ad ogni altra cosa della vita, per questo Paolo parla di guadagnare Cristo!

Quando Paolo parla di guadagnare Cristo, vuole dire “essere trovato in lui”, cioè, essere letteralmente identificato con Cristo, infatti dice “non con una giustizia mia, derivante dalla legge, ma con quella che si ha mediante la fede in Cristo.”

L’unica giustizia che l’uomo può mai ottenere è quella che viene mediante la fede in Cristo; è impossibile ottenere La Giustizia per mezzo di altro, per nobile che sia!

Ed in questa ottica tutte le cose che sembrano essere un guadagno (i nostri meriti, i nostri sforzi, tutto ciò che sembra di avere valore), è solo un ostacolo, perchè può distogliere i nostri occhi da Cristo, che è l’unica nostra Giustizia che ci serve per stare nella presenza di Dio.

 

Per non cadere in questa tentazione, Paolo dichiara di avere rinunciato a tutto questo, ed egli aveva veramente (non solo in teoria ma anche in pratica) rinunciato a tutto per porre tutta la sua fede in Cristo.

E qui dobbiamo imparare che porre tutta la nostra fede in Cristo è realmente costoso; ma se consideriamo l’eccellenza della conoscenza di Cristo, possiamo capire che perdere tutto per avere Cristo è un grande guadagno.

Guadagnare Cristo vuole dire trovare il compimento della vocazione dell’uomo creato ad immagine di Dio; la Scrittura ci insegna che l’uomo è il capolavoro di Dio, ed in Cristo tutto questo diventa eccellente!

 

…e di essere trovato in lui non con una giustizia mia, derivante dalla legge, ma con quella che si ha mediante la fede in Cristo: la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede…

 

Paolo usa l’espressione “in Lui”, “in Cristo”, per descrivere la posizione di chi è veramente perdonato, appartiene a Dio e vive con Gioia nella Speranza di restare con Lui per tutta l’Eternità.

 Per essere “in Cristo”, dobbiamo rivestirci della Sua Giustizia, quella che si ha mediante la fede in Cristo: la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede

 

…Tutto questo allo scopo di conoscere Cristo, la potenza della sua risurrezione, la comunione delle sue sofferenze, divenendo conforme a lui nella sua morte, per giungere in qualche modo alla risurrezione dei morti…

 

Ora Paolo elenca alcuni dei benefici derivanti dall’essere trovati in Cristo (nell’eccellenza della Sua conoscenza), nel conoscere la potenza della sua risurrezione, nel conoscere la comunione delle sue sofferenze.

Questa conoscenza è una conoscenza di esperienza, non solo teorica ed intellettuale.

Spesso la Scrittura parla di conoscenza come qualcosa che si vive; pensiamo per esempio quando parla di un uomo che conosce sua moglie.

In Giovanni 17 Gesù pregando, descrive la vita eterna come conoscere Dio e conoscere Gesù Cristo., ma di una conoscenza vivente.

 Perciò, quando Paolo parla di questa conoscenza, intende dire vivere,  sperimentare:

 

- la potenza della sua risurrezione

La risurrezione di Cristo è stata un’incredibile manifestazione della potenza di Dio.

Nella risurrezione Cristo ha vinto la morte, il peccato, Satana.

Paolo voleva conoscere questa potenza, cioè, voleva sperimentarla.

Anche noi abbiamo bisogno di conoscere questa potenza e questo avviene per mezzo dell’Opera che questa potenza compie in noi:

 Siamo dunque stati sepolti con lui mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita.

(Romani 6:4)

anche quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (è per grazia che siete stati salvati), e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo in Cristo Gesù,   (Efesini 2:5-6)

 

Vivere veramente la risurrezione di Cristo vuol dire tenere gli occhi sul futuro, sull’eternità, e non sul momento.

 Il peccato è un risultato del guardare all’apparente guadagno del momento, anziché alla realtà futura che ci aspetta.

 Ogni scoraggiamento è un risultato del guardare alle difficoltà attuali, e non alle ricchezze dell’eredità eterna.

 Ogni paura è un risultato del guardare a qualche pericolo o problema reale o potenziale di questa vita, e non guardare verso la fine di ogni cosa, quando saremo eternamente con Cristo.

Quando veramente conosciamo, cioè, sperimentiamo, la potenza della risurrezione di Cristo, e sappiamo che la sua risurrezione è la prova che anche noi saremo risuscitati per vivere l’eternità nella sua presenza, allora possiamo superare ogni peccato, e ogni paura, e ogni scoraggiamento, tramite la potenza di Cristo in noi.

 

- la comunione delle sue sofferenze

Un altro beneficio che abbiamo in Cristo è conoscere la comunione delle sue sofferenze, ovvero condividere le sofferenze di Cristo.

È facile voler condividere la gloria con Cristo, ma la Sua persecuzione, la Sua sofferenza

È facile voler condividere la gloria della redenzione, ma la Sua persecuzione, la Sua sofferenza

Invece Paolo aveva compreso e vuole trasmetterci la Verità che la più grande benedizione per un credente è di essere il più possibile simile a Cristo, quindi conoscere, sperimentare, ogni aspetto della vita di Cristo.

Nella lettera ai Colossesi, Paolo parla di questo suo modo di vedere le sofferenze di Cristo:

Ora sono lieto di soffrire per voi, e le tribolazioni che Cristo ha ancora da soffrire, io le completo nella mia carne a favore del suo corpo che è la chiesa.   (Colossesi 1:24)

 

Ed anche Pietro ci dice di rallegrarci in queste sofferenze in vista della gloria futura:

Anzi, rallegratevi in quanto partecipate alle sofferenze di Cristo, perché anche al momento della rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare.   (1 Pietro 4:13)

Occorre puntualizzare che quando si parla di partecipare alle sofferenze di Cristo, non si intendono quelle sofferenze che Cristo soffrì per pagare la condanna per il peccato (quelle sofferenze poteva portarle solo Lui in quanto vittima innocente).

La nostra condanna è stata pagata completamente da Cristo e non c’è più da soffrire per i peccati.

La salvezza è stata comprata a caro prezzo, da Cristo, e non ci sono più pagamenti da fare.

Ciò che rimane e possiamo condividere sono le sofferenze del corpo di Cristo, (della Chiesa).

 

Finché Cristo non ritornerà, ci saranno ancora sofferenze per portare avanti l’opera di Cristo e noi siamo chiamati a partecipare in queste sofferenze, come scrive lo stesso Paolo in altre sue lettere:

Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se veramente soffriamo con lui, per essere anche glorificati con lui.  (Romani 8:17)

 

La nostra speranza nei vostri riguardi è salda, sapendo che, come siete partecipi delle sofferenze, siete anche partecipi della consolazione.   (2 Corinzi 1:7)

Del resto, tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati.  (2 Timoteo 3:12)

 

Come figli di Dio, ci sono sofferenze da sopportare per Cristo:

 - sofferenze da subire da un mondo che odia Cristo e i Suoi

- sofferenze derivanti dalle persecuzioni

- sofferenze di avere l’anima rattristata dal peccato intorno a noi e dentro di noi.

 

Essere veramente identificati con Cristo vuole dire essere identificati anche con le sofferenze di Cristo, e non solamente con la Sua gloria, infatti, ora ci sono sofferenze, ma quando Cristo ritornerà ci sarà la Gloria.

 - l’identificazione nel destino di Cristo (divenendo conforme a lui nella sua morte, per giungere in qualche modo alla risurrezione dei morti)

 

Chi è in Cristo ne condivide il destino quindi chi è in Cristo:

- è morto (con Lui) al peccato (nel senso che non è più sotto il peccato) ed ora vive per fede da risuscitato, libero dal peccato, ma vive così:

Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato sé stesso per me.

(Galati 2:20)

Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri.

(Galati 5:24)

Fate dunque morire ciò che in voi è terreno: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e cupidigia, che è idolatria.

(Colossesi 3:5)

 

Quando consideriamo questi versetti scopriamo che la vita attuale è una vita in cui bisogna mettere a morte, giorno per giorno, ciò che in noi è carnale; dobbiamo morire al peccato, e vivere a Cristo per essere conformi a Cristo nella sua morte, per essere conformi a Cristo nella Sua Vita.

La morta fisica non è una cosa bella, né piacevole. Nello stesso modo, morire al peccato ogni giorno e ai desideri della carne, non è facile, né piacevole.

Il peccato fa veramente parte di noi perciò, morire al peccato è difficile, ma abbiamo l’esempio di Gesù Cristo il quale non si soffermò troppo sulla sofferenza ma alzò gli occhi per guardare la gioia che stava dinanzi:

…per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l'infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio.(Ebrei 12:2)

  

 Paolo desidera e cerca tutte queste cose per un traguardo ben chiaro:

…per giungere in qualche modo (nelle lotte, nelle difficoltà, nelle sofferenze e nei combattimenti) alla risurrezione dei morti.

Quando Paolo cita “la risurrezione dei morti”, sta parlando della risurrezione finale, quando i corpi dei morti in Cristo saranno risuscitati e trasformati:

Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo trasformati, in un momento, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba.

Perché la tromba squillerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo trasformati.  (1 Corinzi 15:51-52)

 

Questo è il desiderio di Paolo, egli guardava al cielo, sapendo che nulla è paragonabile all’eternità con Cristo.

  

…Non che io abbia già ottenuto tutto questo o sia già arrivato alla perfezione; ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono anche stato afferrato da Cristo Gesù.

Fratelli, io non ritengo di averlo già afferrato; ma una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù.

 

Paolo continua il suo discorso esortandoci ad andare avanti (in qualsiasi modo) in questa corsa, perché il traguardo merita tutto il nostro impegno e la nostra determinazione.

Paolo si da come esempio; egli prosegue il cammino senza fermarsi, senza lasciarla per rispondere degnamente (per afferrare il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù) alla chiamata di Dio (ciò per cui sono anche stato afferrato).

Ed in questo cammino risoluto, dobbiamo imparare una cosa importante: dimenticare le cose che stanno indietro.

Paolo dimenticava le cose che stavano dietro: prima c’erano tante cose importanti per lui.

Ogni persona ha delle cose che sembrano importanti, ma quando Cristo ci salva, dobbiamo capire che molto spesso, le cose di questa vita possono ostacolarci nella corsa verso Cristo.

 

Ed ogni cosa, quando ostacola questa corsa, si chiama peccato (ci fa mancare lo scopo) o peso (comunque lo ostacola), e quindi diventa importante fare nostra l’esortazione dell’autore della lettera agli ebrei:

Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta…

(Ebrei 12:1)

Ci sono cose nella vita che non sono peccati in sé, però sono pesi che ci ostacolano nella corsa per Cristo e Paolo, avendo capito l’eccellenza di Cristo, dimenticava (sceglieva di dimenticare) le cose che stavano dietro.

 Ma se dimenticava le cose che gli stavano dietro, fissava lo sguardo e si protendeva in una direzione ed in un verso specifico:

 …protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù.

 ***

UN CAMMINO GRADITO A DIO              -       UN CAMMINO MATURO              (3:15-16)

 

Sia questo dunque il sentimento di quanti siamo maturi; se in qualche cosa voi pensate altrimenti, Dio vi rivelerà anche quella.

Soltanto, dal punto a cui siamo arrivati, continuiamo a camminare per la stessa via.

 

Sia questo dunque il sentimento di quanti siamo maturi; se in qualche cosa voi pensate altrimenti, Dio vi rivelerà anche quella…

La maturità cristiana consiste nel vivere come Paolo ha appena spiegato.

 

Ogni credente maturo dovrebbe dimenticare le cose che stanno dietro, e fissare lo sguardo fermamente in avanti, e correre sempre in avanti.

Ogni credente maturo dovrebbe desiderare, sopra ogni altra cosa, di crescere nella conoscenza di Cristo.

Chi non è così è ancora immaturo e non sta camminando bene, va quindi corretto ed educato come un bambino.

Poi Paolo si rivolge evidentemente a chi non è maturo, a chi non capisce l’importanza di fissare lo sguardo totalmente in avanti e gli scrive: “se in qualche cosa voi pensate diversamente, Dio vi rivelerà anche quella.”

Ovvero se un credente non capisce che ciò che Paolo dichiara in questo brano riguarda ogni credente, se egli è un vero credente, Dio lo aiuterà a capire questa verità. Dio rivelerà questa verità anche a lui.

 

 

…Soltanto, dal punto a cui siamo arrivati, continuiamo a camminare per la stessa via.

Non ci sono tanti modi di vivere la vita cristiana, non ci sono tante vie, esiste una sola via, ed ogni credente si trova in qualche punto di quella stessa via e deve continuare a camminare sempre in avanti sulla stessa via.

La vera unità in Cristo non è qualcosa che si raggiunge cercando l’unità, ma è qualcosa che arriva quando più credenti stanno camminando per la stessa via.

 

 

UN CAMMINO GRADITO A DIO         -                   UN CAMMINO ATTENTO             (3:17-19)

 

Siate miei imitatori, fratelli, e guardate quelli che camminano secondo l'esempio che avete in noi.

Perché molti camminano da nemici della croce di Cristo (ve l'ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo), la fine dei quali è la perdizione; il loro dio è il ventre e la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna; gente che ha l'animo alle cose della terra.

 

Siate miei imitatori, fratelli, e guardate quelli che camminano secondo l'esempio che avete in noi…

 Più volte Paolo si è dato come esempio da imitare:

Voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore, avendo ricevuto la parola in mezzo a molte sofferenze, con la gioia che dà lo Spirito Santo…

(1 Tessalonicesi 1:6)

 Infatti voi stessi sapete come ci dovete imitare: perché non ci siamo comportati disordinatamente tra di voi; né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di nessuno, ma con fatica e con pena abbiamo lavorato notte e giorno per non essere di peso a nessuno di voi.

Non che non ne avessimo il diritto, ma abbiamo voluto darvi noi stessi come esempio, perché ci imitaste.

(2 Tessalonicesi 3:7-9)

 Vi esorto dunque: siate miei imitatori.

Appunto per questo vi ho mandato Timoteo, che è mio caro e fedele figlio nel Signore; egli vi ricorderà come io mi comporto in Cristo Gesù, e come insegno dappertutto, in ogni chiesa.

(1 Corinzi 4:16-17)

 Le cose che avete imparate, ricevute, udite da me e viste in me, fatele; e il Dio della pace sarà con voi.

(Filippesi 4:9)

 

È chiaro che nel piano di Dio, imitare i credenti maturi è molto utile ed importante, ma dobbiamo comprendere cosa vuole dire imitare, e poi chi dovremmo imitare.

La prima cosa importante per poter imitare le persone giuste è osservare!

Dobbiamo quindi osservare una persona per poter imitarla.

Paolo infatti sta scrivendo di guardare quelli che camminano secondo l'esempio che avete in noi.

Imitare vuol dire, in qualche modo, copiare, vuol dire pensare, parlare e comportarci come fa un’altra persona.

Quindi, quando imitiamo qualcuno, non solo dobbiamo ascoltare il suo insegnamento, ma dobbiamo anche osservare e imitare il suo comportamento, il suo parlare, il suo cuore.

Paolo ci comanda di guardare, osservare attentamente coloro che camminano secondo l’esempio suo e di Timoteo.

 

Ma perché ci servono gli esempi?

Non basterebbe solamente guardare a Cristo come Esempio?

Potrebbe sembrarci inutile, pericoloso, non giusto imitare altri uomini.

Ovviamente Cristo è l’Esempio perfetto da imitare in tutto il nostro comportamento, ma la Scrittura è molta chiara sul fatto che siamo chiamati ad imitare altri fratelli, quindi sappiamo che questa è la volontà di Dio e dobbiamo quindi camminare con questa attenzione.

 

…Perché molti camminano da nemici della croce di Cristo (ve l'ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo), la fine dei quali è la perdizione; il loro dio è il ventre e la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna; gente che ha l'animo alle cose della terra.

Dopo averci parlato delle persone da imitare, Paolo ora ci parla dei molti che camminano come nemici della croce di Cristo.

Probabilmente si riferisce a coloro che, chiamandosi fratelli, in realtà non seguono Cristo, persone che sono nella chiesa.

Questo ci insegna che non tutti quelli che sono nella chiesa, che si dicono fratelli, sono degli esempi da imitare, perché ce ne sono molti che camminano come nemici della croce di Cristo.

 

Lo stesso Gesù ci ha messo in guardia in tal senso:

Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono verso di voi in vesti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci.

Li riconoscerete dai loro frutti. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così, ogni albero buono fa frutti buoni, ma l'albero cattivo fa frutti cattivi.

Un albero buono non può fare frutti cattivi, né un albero cattivo fare frutti buoni.

Ogni albero che non fa buon frutto è tagliato e gettato nel fuoco.

Li riconoscerete dunque dai loro frutti.

(Matteo 7:15-20)

 

L’attività di un profeta era quella di parlare, e Gesù ci insegna che un falso profeta non si riconosce tanto da come parla ma da come vive!

Questo è notevole!

Spesso assistiamo a dispute di parole circa una vera o una falsa interpretazione della Scrittura (e a volte è necessario), ma dobbiamo imparare a considerare la valutazione di un buon profeta dal suo modo di condursi, non solo da cosa dice.

D’altronde non è difficile imparare un buon sermone ed esporlo con maestria e buona arte oratoria, soprattutto oggi dove la conoscenza è aumentata ed il prurito di udire ha prodotto dottori in gran numero (ben specializzati secondo le varie voglie degli uditori – cfr 2 Timoteo 4:3-4), ma vivere il Vangelo non è qualcosa che si può fare se non si è veramente genuini!

Dobbiamo quindi essere molto attenti a seguire coloro che seguono realmente Cristo e ad imitare i fratelli che onorano la croce di Cristo!

Ma cosa voleva dire Paolo quando parla di colui che cammina come un nemico della croce di Cristo?

 

Non si tratta di coloro che negano le dottrine di Cristo, si tratta di coloro che dicono di seguire Cristo, ma il loro cammino assomiglia molto a quello di chi nega le dottrine di Cristo (hanno lo stesso modo di camminare degli increduli).

Queste persone possono anche credere in dottrine giuste ma, come dice Paolo qui, camminano da nemici della croce di Cristo, ovvero il loro cammino non è conforme a Cristo e ad i Suoi insegnamenti.

Invece di tenere alta la Parola della Vita in mezzo ad una generazione storta e perversa, “non sfigurano” in mezzo al mondo!

 E qui dobbiamo fare molta attenzione perché Paolo dichiara che chi vive così avrà una terribile fine nel giorno di giudizio: la loro fine è la perdizione!

 Ricordiamo cosa disse Gesù:

Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.

(Matteo 7:21)

 E Paolo parla di queste persone piangendo, quanto è triste pensare a persone che proclamano il nome di Cristo ma in realtà non camminano con Lui e pensare al loro giudizio, al danno che fanno alla chiesa!

Una persona così all’interno la chiesa può fare più danno che cinquanta nemici fuori dalla chiesa!

Paolo dice che queste persone hanno come loro vero dio il proprio ventre, ovvero seguono gli appetiti carnali, camminano secondo la carne!

Paolo continua, e dichiara che la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna, ovvero che quello di cui oggi si gloriano, ma nel giorno di giudizio diventerà motivo di grande vergogna, quando saranno aperti i libri per dichiarare le opere di ciascuno.

Da questo impariamo che non dobbiamo imitare chi non cammina secondo l’insegnamento biblico, anche se si dice credente e si presenta come un fratello!

 ***

 

UN CAMMINO GRADITO A DIO       -           UN CAMMINO COMPLETO         (3:20-21)

 

Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa.

 

Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli…

 Dopo aver parlato dei nemici della croce di Cristo, dichiarando la loro appartenenza al mondo (il loro Dio è il ventre e amano ciò che concerne l’aspetto della carne), passa ora a descrivere la realtà dell’appartenenza (per coloro che camminano per lo Spirito ed amano le cose di lassù) al Regno dei cieli.

 

Questa è una meravigliosa Verità, i cristiani maturi che si protendono nella corsa cristiana:

- vivono in questo mondo, ma non appartengono a questo mondo

- vivono in questo mondo, ma non amano questo mondo né le cose di questo mondo

 

Gesù Cristo stesso, nella preghiera sacerdotale rivela questa Verità:

Io ho dato loro la tua parola; e il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo, come io non sono del mondo.

Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno.

Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

 (Giovanni 17:14-16)

 

Non siamo di questo mondo perchè la nostra cittadinanza è nei cieli.

Questo mondo è sotto giudizio, nell’attesa dell’ira di Dio: che stupenda Verità sapere che la nostra cittadinanza non è qui, ma è nei cieli!

Alla luce di questo dovremmo “regolare” tutta la nostra vita in funzione di questa realtà, dovremmo affrontare tutta la nostra vita presente con questa visione!

Soprattutto dovremmo vivere questa nostra vita con un pensiero assolutamente “fisso”: l’attesa del Salvatore, Gesù Cristo, il Signore.

I filippesi comprendevano molto bene cosa intendesse dire Paolo con questa esortazione, egli aveva saputo reggere con dignità la persecuzione davanti ai loro occhi ma aveva anche saputo far valere la sua cittadinanza romana (cfr Atti 16:35-40).

             

…da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore…

 

Un vero credente non solo ha la salvezza come realtà futura, ma sta attivamente aspettando il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore.

Aspettare veramente Cristo è un aspetto centrale della vita cristiana.

Aspettare qualcosa è molto più profondo che limitarsi a sapere che un certo avvenimento arriverà.

Il concetto biblico di “aspettare” è avere una viva attesa ed una viva speranza!

Quindi un figlio di Dio vive per ora in questo mondo, ma sa d’essere un cittadino dei cieli, aspetta vivamente il ritorno del Salvatore Gesù Cristo e regola tutta la sua vita presente in quell’attesa, ama la Sua apparizione, e Paolo scriveva così a Timoteo:

Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione.

(2 Timoteo 4:8)

La corona di giustizia (che fa parte della salvezza) è riservata a tutti coloro che avranno amato l’apparizione di Cristo, ovvero il Suo ritorno; quindi questo aspettare vivamente l’arrivo di Cristo è un aspetto fondamentale della vita cristiana.

Questa viva attesa si alimenta nell’approfondimento della conoscenza di Dio e delle Sue promesse, per questo Paolo pregava così per i fratelli:

 affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione perché possiate conoscerlo pienamente; egli illumini gli occhi del vostro cuore, affinché sappiate a quale speranza vi ha chiamati, qual è la ricchezza della gloria della sua eredità che vi riserva tra i santi, e qual è verso di noi, che crediamo, l’immensità della sua potenza. (Efesini 1:17-19)

 

Possiamo timidamente paragonare questa voglia di conoscenza a quando dobbiamo visitare una meta turistica che ci interessa particolarmente, ci informiamo, approfondiamo il più possibile; nello stesso modo il figlio di Dio cerca di conoscere il più possibile la sua Patria celeste.

Più conosciamo la ricchezza della nostra eredità (che sarà di stare nella presenza di Dio stesso), più aspetteremo vivamente il ritorno di Cristo, ricordando e rallegrandoci che la nostra cittadinanza è nei cieli.

 

Sempre Paolo scriveva così ai fratelli di Colosse:

Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio.

Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra; poiché voi moriste e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio.

(Colossesi 3:1-3)

…che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa…

 Ci sono tanti ottimi motivi per cui è giusto e logico che noi aspettiamo vivamente il ritorno di Cristo.

Paolo ce ne fornisce qui uno importante: trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria!

Il nostro corpo è umiliato dal peccato, noi che crediamo siamo tutti frustrati dalla terribile guerra interna contro il peccato, conosciamo la delusione di peccare, di offendere il nostro Signore, di tenere con enorme fatica il nostro corpo e i nostri pensieri sotto controllo in ogni cosa.

Siamo perfettamente consapevoli di quanto spesso manchiamo e non viviamo come desideriamo nell’uomo interiore, non onorando in pieno il nostro Signore, e questo è una profonda umiliazione!

Ma quando Cristo ritornerà il nostro corpo sarà liberato da questa umiliazione, sarà reso glorioso come il corpo di Cristo risuscitato e il nostro corpo non sarà più soggetti al peccato!

E questa meravigliosa trasformazione avverrà per mezzo di Cristo che ha il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa.

 La cosa non dipende da noi; dipende da Cristo è quindi una cosa sicura!

 ***

 

 ESORTAZIONE FINALE

 

Alla luce di tutto quello che Paolo ha scritto viene spontanea questa esortazione finale.

Perciò, fratelli miei cari e desideratissimi, allegrezza e corona mia, state in questa maniera saldi nel Signore, o diletti!

 Paolo sta spiegando come possiamo stare saldi nella nostra fede e correre con gioia la nostra gara in onore di Dio e (se seguiamo questi insegnamenti) possiamo effettivamente stare saldi nelle prove della vita e nelle tentazioni.

 Dicendo “in questa maniera” Paolo si riferisce ai due insegnamenti che ci ha dato:

- l’importanza di imitare coloro che camminano rettamente

- l’importanza di aspettare vivamente il ritorno di Cristo

 

Vivere in questo modo è fondamentale per poter avere una vita cristiana vittoriosa.

E’ quindi fondamentale tenere vivo il desiderio intimo di vivere secondo gli insegnamenti della Scrittura in vista del ritorno di Cristo, ma per aiutarci (un aiuto indispensabile) dobbiamo scegliere di impegnarci nel crescere nella fede e questo è possibile grazie a:

 - una sempre più profonda conoscenza della Scrittura che si sviluppa mediante:

                          - una adorazione di Dio

                         - una conoscenza della Scrittura

                         - un servizio cristiano

- una sempre più profonda comunione con il Corpo di Cristo che si sviluppa mediante:

                        - una adorazione di Dio condivisa

                        - una conoscenza della Scrittura condivisa

                        - un servizio cristiano condiviso

 

Vivendo realmente questo (non accontentandosi di una vita religiosa tradizionale) ed imitando il buon esempio di fratelli fedeli, possiamo stare saldi, anche in mezzo alle prove e alle tentazioni.

 

 

  Gianni Marinuzzi