Lettera di Paolo ai Galati
Prima parte
Questa lettera, scritta molto probabilmente intorno al 48-50 d.C., subito
dopo il primo viaggio missionario ed immediatamente prima della Conferenza
di Gerusalemme, descrive tutta la preoccupazione di Paolo, circa gli
insegnamenti che alcuni falsi apostoli avevano portato nelle chiese della
Galazia.
Questa è una lettera scritta dall’apostolo Paolo con autorità apostolica ed
è una lettera di denuncia e conseguente presa di posizione radicale.
E’ una lettera che contiene, in forma concisa, ciò che l’apostolo Paolo
insegnò, soprattutto durante il suo primo viaggio missionario insieme a
Barnaba.
In particolare essa contiene una chiara descrizione della giustificazione
per fede e su quel fondamento costruisce la difesa della libertà cristiana
contro qualsiasi forma di legalismo, ma contestualmente spiega cos’è ed in
cosa consiste la Libertà cristiana.
Molte delle argomentazioni trattate da Paolo nella lettera saranno poi
oggetto dell’imminente Conferenza di Gerusalemme (Atti 15) dove si fa
espressamente riferimento a questi presunti inviati che non sono
riconosciuti dagli apostoli di Gerusalemme e che volevano reintrodurre
all’interno della chiesa nascente tra i pagani, le norme della Legge ai fini
dell’ottenimento della salvezza.
E’ una lettera
scritta con autorità apostolica, Paolo si presenta innanzi tutto come apostolo e
traspare una evidente “santa
ira” per quanto è successo in queste chiese di Antiochia,
Iconio, Listra, Derba e Perga.
Paolo è costretto a difendere il suo apostolato messo in dubbio da alcuni
falsi fratelli intrusi nelle chiese della galazia.
Paolo difende il suo apostolato non a titolo personale, ma perché se non
difendesse il suo apostolato, verrebbe a mancare di credibilità tutto il
Vangelo che ha predicato nella regione.
I capitoli 1 e 2 sono quindi dedicati alla difesa dell’apostolato e del
vangelo predicato.
I capitoli 3 e 4 sono dedicati alla spiegazione della dottrina della
giustificazione per sola fede.
I capitoli 5 e 6 sono dedicati alla dimostrazione della vera Libertà in
Cristo ed alla vita vissuta secondo lo Spirito.
Possiamo, al fine di comprendere lo scopo della lettera, provare a
suddividere quanto scritto in paragrafi schematici:
1. Il
saluto
2. La
denuncia
3. Difesa
dell’autorità apostolica di Paolo:
a. Il
Vangelo trasmesso è stato ricevuto da rivelazione
b. Il
Vangelo trasmesso ha prodotto in Paolo un cambiamento incontestabile
c. Paolo
è stato riconosciuto dagli altri apostoli
d. Paolo,
per mezzo del Vangelo trasmesso ha usato autorità verso uno dei più
rappresentativi apostoli
4. Difesa
della giustificazione per fede:
a. Richiamo
all’esperienza diretta dei galati
b. Dimostrazione
della giustificazione per fede quale promessa di Dio fatta ad Abramo
c. L’effetto
della Legge
d. L’opera
di Cristo
e. La
promessa di Dio stabile, immutabile se non rendendola vana
f. Lo
scopo della Legge
g. La
posizione attuale dei figli di Dio eredi della Promessa
h. Esposizione
legale della dottrina dell’adozione
i. Esortazione
a non cedere al legalismo
j. Esortazione
a ricordare la fiducia iniziale
5. Difesa
della libertà prodotta dal Vangelo:
a. Esempio
dei figli di Abramo (Il figlio della schiava/il figlio della donna libera)
b. Il
ritorno alla Legge rovina la Grazia
c. Il
ritorno alla Legge rende l’uomo debitore
d. Il
ritorno alla Legge significa rinnegare la Grazia
e. Il
ritorno alla Legge ostacola il progresso del cristiano
f. Il
ritorno alla Legge annulla la croce
g. L’uso
scorretto della Libertà
h. L’uso
corretto della Libertà: una vita secondo lo Spirito
i. L’uso
corretto della Libertà: una vita di servizio volonteroso
6. Conclusione
a. Saluto
autografo
b. Identificazione
e descrizione degli avversari del Vangelo
c. Posizione
e vanto spirituale di Paolo
d. Benedizione
***
1. Il
saluto
Paolo, apostolo non da parte di uomini né per mezzo di un uomo, ma per
mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che
lo ha risuscitato dai morti, e tutti
i fratelli che sono con me, alle chiese della Galazia; grazia a voi e
pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo, che ha dato se stesso
per i nostri peccati, per sottrarci al presente secolo malvagio, secondo la
volontà del nostro Dio e Padre, al quale sia la gloria nei secoli dei
secoli. Amen.
Paolo presenta la sua autorità spirituale, non presenta se stesso né la sua
autorità umana.
Questa non è una lettera “morbida”, è una lettere “ruvida”, di riprensione
seria; Paolo è fortemente irritato e meravigliato del cambio di rotta di
questi fratelli che in poco tempo si sono fatti sviare e non hanno saputo
reggere l’attacco dei nemici della croce di Cristo.
Paolo puntualizza
subito che il suo apostolato non veniva dagli uomini, ma direttamente da Gesù
Cristo risorto.
Paolo non fu chiamato da Gesù Cristo uomo, durante il suo ministerio
terreno, ma da Gesù Cristo risorto.
…tutti i fratelli che sono con me
Probabilmente, essendo già rientrato ad Antiochia, Paolo si riferisce a
Barnaba e tutti i fratelli, profeti e insegnanti che costituivano la chiesa
di Antiochia:
Nella chiesa che era ad Antiochia c'erano profeti e dottori: Barnaba,
Simeone detto
Niger, Lucio di Cirene, Manaem,
amico d'infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo.
(Atti 13:1)
***
2. La
denuncia
Mi meraviglio che così presto voi passiate, da colui che vi ha chiamati
mediante la grazia di Cristo, a un altro vangelo.
Ché poi non c'è un
altro vangelo; però ci sono alcuni che
vi turbano
e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo.
Ma anche se noi o un
angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo
annunciato, sia anatema.
Come abbiamo già
detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: se qualcuno vi annuncia un vangelo
diverso da quello che avete ricevuto, sia
anatema.
Vado forse cercando il favore degli uomini, o quello di Dio?
Oppure cerco di piacere agli uomini?
Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo.
Paolo si meraviglia… così presto? Questa espressione ci fa intendere quanto
poco tempo fosse passato dalla conversione dei fratelli della Galazia.
In queste chiese,
Paolo e Barnaba nel loro viaggio di rientro, avevano fatto eleggere e
designato per ciascuna chiesa degli anziani e li avevano raccomandati al
Signore nel quale avevano creduto (cfr Atti 14:23), ma tutto questo, a causa
di alcuni che
volevano sovvertire il
vangelo di Cristo (che Paolo definisce intrusi,
falsi fratelli – vedi
Galati 2:4), rischiava
di rendere vana la
predicazione di Paolo e la sua fatica (cfr
Galati 4:11), di rendere vana
la sofferenza patita dai galati stessi (cfr
Galati 3:4), di rigettare la
promessa di Dio (che non può
essere resa vana – cfr Galati 3:17), scadendo
così dalla Grazia (cfr Galati
5:4) e rendendo vana la morte
di Gesù Cristo (cfr Galati
2:21).
Questo continuo
richiamo alla vanità, portato avanti dall’apostolo Paolo, deve farci
comprendere come egli considera la vanità
come la conseguenza del peccato, e come essa sia uno stato di schiavitù, di
accecamento totale, di
estraneità alla Vita di Dio e privo di qualsiasi “sentimento”.
Proprio a Listra, egli ebbe a dichiarare (in occasione della festa pagana
che i licaoni organizzarono per gli “dei” Paolo e Barnaba):
Uomini, perché fate queste cose? Anche noi siamo esseri umani come voi; e vi
predichiamo che da queste
vanità vi convertiate al Dio vivente, che ha fatto il cielo, la terra,
il mare e tutte le cose che sono in essi. (Atti
14:15)
E scrivendo la lettera ai romani dirà:
Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di
Dio; perché la
creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a
motivo di colui che ve l'ha sottoposta, nella speranza che anche la
creazione stessa sarà liberata
dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei
figli di Dio. (Romani
8:19-21)
E ancora scriverà così ai fratelli di Efeso:
Questo dunque io dico e attesto nel Signore: non comportatevi più come si
comportano i pagani nella
vanità dei loro pensieri, con l'intelligenza ottenebrata, estranei alla vita
di Dio, a motivo dell'ignoranza che è in loro, a motivo dell'indurimento
del loro cuore.
Essi, avendo perduto ogni sentimento,
si sono abbandonati alla dissolutezza fino a commettere ogni specie di
impurità con avidità insaziabile. (Efesini
4:17-19)
…sia anatema
Gli autori di un
tentativo di sovversione tale del
Vangelo, Paolo li definisce Anatema (maledetti),
senza alcun tipo di attenuante!
E’ utile confrontare l’inizio di questa lettera con l’inizio della prima
lettera ai corinzi; sono effettivamente due lettere di riprensione, ma
mentre con i corinzi (che avevano tra loro problematiche di immaturità ed
immoralità), Paolo trova comunque parola di lode, con i galati, davanti ad
un problema di tipo teologico egli non esprime alcun ringraziamento o spende
parola di lode, sottolineando così la natura più seria dell’apostasia
dottrinale,
Paolo riconosce che
il predicare un tale Vangelo maledetto, produce un’evidente fascino negli
uomini “naturali”, i quali si sentono gratificati della loro integrità
basata sulla Legge che gratifica le coscienze ribelli a Dio, ma lui non
intende piacere agli uomini, egli si definisce servo
di Cristo, e
tale vuole essere anche in coerenza con i suoi insegnamenti sul servizio
conseguenza della Libertà (cfr Galati 6:1-10).
Si può esser tolleranti in molte cose che non toccano alla sostanza del
Vangelo e non interessano direttamente la salvezza; ma quando si tratta
delle verità essenziali del cristianesimo, diventa dovere di coscienza una
santa intransigenza, e un uomo risoluto e saldo può salvare una chiesa da
grave situazione.
Mi meraviglio che
così presto voi passiate…
Il termine “passiate”
(greco “metatithesthe”), significa letteralmente disertare in senso
militare.
I fratelli della
Galazia stavano schierandosi con un altro esercito o comunque stavano
abbandonando o deviando dalla retta via, dalla sana dottrina. Stavano
abbracciando a un altro
vangelo.
Questo atteggiamento
dei fratelli della galazia ci insegna che c'è sempre nell'uomo vecchio che
dorme in fondo al cuore anche dei cristiani, l'amore
delle novità, la disposizione ad ascoltare chi adula, chi solletica
l'orgoglio umano presentando la salvezza dell'uomo come dovuta, in parte
almeno, al nostro intervento.
Paolo insiste e
dichiara fermamente che un vangelo di legalismo che aggiunge l’opera alla
fede non è lo stesso tipo di vangelo che egli predicava e per mezzo del
quale si può essere salvati. Quel vangelo sovverte
il vangelo di Cristo.
Se le opere fossero necessarie ai fini della salvezza allora l’Opera di Gesù
Cristo non sarebbe stata sufficiente ed Egli morto inutilmente (cfr Galati
2:21).
Quando il messaggio di Dio è corrotto il pericolo è di essere separati e
perduti (cfr con la caduta di Genesi 3), pertanto quando il messaggio di
salvezza eterna è corrotto il serio pericolo è di essere perduti per
l’eternità!
***
3. Difesa
dell’autorità apostolica di Paolo:
a. Il
Vangelo trasmesso è stato ricevuto da rivelazione
Vi dichiaro,
fratelli, che il vangelo da me
annunciato non è opera d'uomo; perché io stesso non l'ho ricevuto né
l'ho imparato da un uomo, ma l'ho
ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo.
Paolo non si arroga alcun “diritto d’autore” sul Vangelo trasmesso, egli si
identifica nella figura dell’ambasciatore, questo è anche il suo
insegnamento (cfr 2 Corinzi 5:20), egli si preoccupa solamente di
trasmettere fedelmente il messaggio divino, come d’altronde insegna:
Del resto, quel
che si richiede agli amministratori è che ciascuno sia trovato fedele.
(1 Corinzi 4:2)
***
3. Difesa
dell’autorità apostolica di Paolo:
b. Il
Vangelo trasmesso ha prodotto in Paolo un cambiamento incontestabile
Infatti voi avete udito quale sia stata la mia condotta nel passato,
quand'ero nel giudaismo; come perseguitavo a oltranza la chiesa di Dio, e la
devastavo; e mi distinguevo nel giudaismo più di molti coetanei tra i miei
connazionali, perché ero estremamente zelante nelle tradizioni dei miei
padri.
Ma Dio che
m'aveva prescelto fin dal seno di mia madre e mi ha chiamato mediante la sua
grazia, si compiacque di
rivelare in me il Figlio suo perché io lo annunciassi fra gli stranieri.
Allora io
non mi consigliai con nessun uomo, né salii a Gerusalemme da quelli che
erano stati apostoli prima di me, ma me ne andai subito in Arabia; quindi
ritornai a Damasco.
Poi, dopo tre anni, salii a Gerusalemme per visitare Cefa e stetti da lui
quindici giorni; e non vidi nessun altro degli apostoli; ma solo Giacomo, il
fratello del Signore.
Ora, riguardo a ciò che vi scrivo, ecco, vi dichiaro, davanti a Dio, che non
mento.
Poi andai nelle
regioni della Siria e della Cilicia; ma ero sconosciuto personalmente alle
chiese di Giudea, che sono in Cristo; esse sentivano soltanto dire: «Colui
che una volta ci perseguitava, ora predica la fede, che nel passato cercava
di distruggere».
E per causa mia glorificavano Dio.
… perché io lo annunciassi fra gli stranieri.
Lo scopo della rivelazione divina era che Paolo lo annunciasse agli
stranieri.
… io non mi consigliai con nessun uomo
Paolo afferma qui che egli era stato libero da qualsiasi influenza umana,
anche in seguito alla sua conversione.
Se la rivelazione ricevuta fosse stata “poco comprensibile” ed egli fosse
stato insicuro, sarebbe potuto andare subito a Gerusalemme per un seminario
con gli apostoli, ma egli non lo fece, si recò subito in Arabia, dove aveva
formato, nella solitudine e nella sola guida divina, la teologia del
Vangelo.
Non dobbiamo vedere in questo atteggiamento di Paolo una sorta di
presunzione o di alto concetto di superiorità, o ancora un esempio di
insottomissione al discepolato, ma Paolo aveva un percorso del tutto
particolare, veniva dall’insegnamento farisaico più stretto ed era destinato
da Dio stesso per un compito completamente opposto, aveva quindi necessità
di una trasformazione così radicale che solo il Signore poteva compiere.
Colui che una volta ci perseguitava, ora predica la fede, che nel passato
cercava di distruggere
Paolo, a difesa della sua autorità apostolica richiama l’evidente
cambiamento della propria condotta, degli scopi della sua vita.
Evidenziando la sua condotta estremamente ribelle prima della conversione,
egli da gloria a Dio per la radicale trasformazione e nello stesso tempo
evidenzia come l’Opera di Dio possa compiersi in qualsiasi uomo, anche il
più efferato nemico della croce di Cristo.
Paolo sottolinea che sia la conversione che il suo mandato apostolico, non
erano dovuti all’uomo ma a Dio.
In quale altro modo potrebbe spiegarsi una simile trasformazione, da
persecutore a perseguitato?
***
3. Difesa
dell’autorità apostolica di Paolo:
c. Paolo
è stato riconosciuto dagli altri apostoli
Poi, trascorsi
quattordici anni, salii di
nuovo a Gerusalemme con Barnaba, prendendo con me anche Tito.
Vi salii in seguito a una rivelazione,
ed esposi loro il vangelo che
annuncio fra gli stranieri; ma lo esposi privatamente a quelli che sono i
più stimati, per il timore di correre o di aver corso invano.
Ma neppure
Tito, che era con me, ed era greco, fu costretto a farsi circoncidere.
Anzi, proprio a causa
di intrusi, falsi fratelli,
infiltratisi di nascosto tra di noi per
spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, con l'intenzione di renderci
schiavi, noi
non abbiamo ceduto alle imposizioni di costoro neppure per un momento,
affinché la verità del vangelo rimanesse salda tra di voi.
Ma quelli
che godono di particolare stima (quello
che possono essere stati, a me non importa; Dio non ha riguardi personali),
quelli, dico, che godono di maggiore stima non m'imposero nulla; anzi,
quando videro che a me era stato affidato il vangelo per gli incirconcisi,
come a Pietro per i circoncisi (perché colui che aveva operato in Pietro per
farlo apostolo dei circoncisi aveva anche operato in me per farmi apostolo
degli stranieri), riconoscendo la grazia che mi era stata accordata,
Giacomo, Cefa e Giovanni, che sono reputati colonne, diedero
a me e a Barnaba la mano in segno di comunione perché andassimo noi agli
stranieri, ed essi ai circoncisi; soltanto ci raccomandarono di
ricordarci dei poveri, come ho sempre cercato di fare.
…salii di nuovo a Gerusalemme con Barnaba,
prendendo con me anche Tito.
Vi salii in seguito a una rivelazione,
ed esposi loro il vangelo che
annuncio fra gli stranieri; ma lo esposi privatamente a quelli che sono i
più stimati, per il timore di correre o di aver corso invano.
Ma neppure
Tito, che era con me, ed era greco, fu costretto a farsi circoncidere.
Sembra che questo passo si riferisca alla visita fatta durante la carestia
avvenuta come profetizzato da Agabo (cfr Atti 11:27-30).
Paolo cita la presenza di Tito proprio perché era greco e questo era un caso
da verificare con gli apostoli.
Gli apostoli di Gerusalemme avrebbero costretto un credente pagano a seguire
il rito della circoncisione?
Paolo sapeva che sia i giudei che i pagani sono accettati da Dio per mezzo
della fede in Gesù Cristo senza alcuna distinzione e che la chiesa dovrebbe
fare lo stesso.
L’apostolo dichiara
che questa verità fu confermata a Gerusalemme perché neppure
Tito, che era greco, fu costretto a farsi circoncidere.
…Anzi, proprio a
causa di intrusi, falsi
fratelli, infiltratisi di nascosto tra di noi per
spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, con l'intenzione di renderci
schiavi, noi
non abbiamo ceduto alle imposizioni di costoro neppure per un momento,
affinché la verità del vangelo rimanesse salda tra di voi.
Le pressioni perché
Tito fosse circonciso ci furono sicuramente e alcuni intrusi,
falsi fratelli, infiltratisi di nascosto (pareiselthon;
letteralmente “strisciati di fianco”) si erano introdotti senza
essere invitati nella sala dove gli apostoli conferivano ed essi avevano
evidentemente insistito che Tito fosse circonciso, ma Paolo e Barnaba non
cedetttero alle imposizioni di costoro neppure per un momento, perché
era in gioco la verità del
vangelo.
Imporre la circoncisione a Tito voleva dire negare che la salvezza era per
fede soltanto ed affermare che oltre alla fede ci deve essere l’obbedienza
alla Legge per essere accettati da Dio.
…Ma quelli
che godono di particolare stima (quello
che possono essere stati, a me non importa; Dio non ha riguardi personali),
quelli, dico, che godono di maggiore stima non m'imposero nulla; anzi,
quando videro che a me era stato affidato il vangelo per gli incirconcisi,
come a Pietro per i circoncisi (perché colui che aveva operato in Pietro per
farlo apostolo dei circoncisi aveva anche operato in me per farmi apostolo
degli stranieri), riconoscendo la grazia che mi era stata accordata,
Giacomo, Cefa e Giovanni, che sono reputati colonne, diedero
a me e a Barnaba la mano in segno di comunione perché andassimo noi agli
stranieri, ed essi ai circoncisi; soltanto ci raccomandarono di
ricordarci dei poveri, come ho sempre cercato di fare.
Tenendo conto del
fatto che lo scopo di Paolo non fosse sicuramente quello di creare rottura o
denigrare gli altri apostoli, egli fa questo discorso “ironico” per fare
comprendere come coloro che lo denigravano e si investivano della autorità
ricevuta dagli apostoli di Gerusalemme (quelli che godono di
particolare stima), non tenevano conto che gli apostoli stessi
avevano approvato il Vangelo che lui predicava.
Non possiamo pero non notare come in questo paragrafo traspare tutta la
sofferenza ed il combattimento di Paolo per non essere compreso pienamente
nel suo mandato, neppure da coloro che dovevano sostenerlo più apertamente.
Paolo sta comunque dichiarando che Lui e Pietro non predicano due vangeli
diversi, c’è un unico vangelo, predicato a due gruppi distinti di persone,
anche se non sarà sempre così.
***
3. Difesa
dell’autorità apostolica di Paolo:
d. Paolo,
per mezzo del Vangelo trasmesso ha usato autorità verso uno dei più
rappresentativi apostoli
Ma quando Cefa
venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare.
Infatti, prima che
fossero venuti alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con persone non
giudaiche; ma quando quelli furono arrivati, cominciò a ritirarsi e a
separarsi per timore dei
circoncisi.
E anche gli altri
Giudei si misero a simulare con lui; a tal punto che perfino Barnaba
fu trascinato dalla loro ipocrisia.
Ma quando
vidi che non camminavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a
Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei giudeo, vivi alla maniera
degli stranieri e non dei Giudei, come mai costringi gli stranieri a vivere
come i Giudei?»
Noi Giudei
di nascita, non stranieri peccatori, sappiamo
che l'uomo non è giustificato per le opere della legge ma
soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù, e abbiamo anche noi creduto in
Cristo Gesù per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere
della legge; perché dalle
opere della legge nessuno sarà giustificato.
Ma se nel cercare di essere giustificati in Cristo, siamo anche noi trovati
peccatori, vuol dire che Cristo è un servitore del peccato? No di certo!
Infatti se riedifico quello che ho demolito, mi dimostro trasgressore.
Quanto a me, per mezzo della legge, sono morto alla legge affinché io viva
per Dio.
Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive
in me!
La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il
quale mi ha amato e ha dato se stesso per me.
Io
non annullo la grazia di Dio;
perché se
la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto
inutilmente.
…Ma quando Cefa
venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare.
Infatti, prima che
fossero venuti alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con persone non
giudaiche; ma quando quelli furono arrivati, cominciò a ritirarsi e a
separarsi per timore dei
circoncisi.
Non si sa con precisione quando Pietro fece questo viaggio ad Antiochia, ma
possiamo supporre che ciò sia avvenuto nel periodo compreso tra il rientro
di Paolo e Barnaba (con Tito) ad Antiochia e prima della partenza per il
primo viaggio missionario, quindi possiamo inserirlo alla fine del capitolo
12 e prima del capitolo 13 del libro degli Atti degli apostoli.
Paolo attribuisce
questo comportamento ipocrita e meschino di Pietro alla paura, al timore dei
circoncisi.
Questo fatto ci deve fare riflettere.
Il Pietro carnale è soggetto a questo rischio (cfr con il tradimento del
Signore), quando Pietro cammina secondo lo Spirito è tutta un’altra persona
(cfr Atti 2:14-36 / 3:12-26 / 4:8-22 / 5:29-32 ecc.).
Quando camminiamo secondo la carne, ricadiamo siamo sempre schiavi delle
nostre debolezze!
…E anche gli altri
Giudei si misero a simulare con lui; a tal punto che perfino Barnaba
fu trascinato dalla loro ipocrisia.
Il problema che tale atteggiamento è contagioso!
Vediamo spesso come
l’esempio di qualcuno in autorità è spesso simulato dagli altri…
perfino
da Barnaba!
Pietro, gli altri giudei e Barnaba erano colpevoli di ipocrisia, mentre
confessavano e insegnavano che erano uno in Cristo con gli stranieri (cfr
Atti 10:14 / 10:42-43), negavano questa verità con la loro condotta.
… Ma quando
vidi che non camminavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a
Cefa in presenza di tutti
Paolo in questa
debolezza vede uno sviamento, vede che
non camminavano rettamente secondo la verità del vangelo.
Paolo, davanti a
questa situazione di sviamento non
ci passa sopra… …non si sottomette all’autorità apostolica in umile
ubbidienza come faremmo probabilmente noi nelle nostre chiese “moderne”.
Davanti allo
sviamento dalla verità del
vangelo, Paolo non cerca di appartarsi con Pietro per discutere la
questione, gli resiste in
faccia in presenza di tutti… non ci sono riguardi personali!
Riguardi personali… per Paolo non ci sono e non ci devono essere, egli
insegnerà così:
Quelli che peccano, riprendili in presenza di tutti, perché anche gli altri
abbiano timore.
Ti scongiuro, davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli angeli eletti, di
osservare queste cose senza pregiudizi, e di non fare nulla con parzialità. (1
Timoteo 5:20-21)
Infatti vi sono molti ribelli,
ciarloni e seduttori delle menti, specialmente tra quelli della
circoncisione, ai quali bisogna chiudere la bocca; uomini che
sconvolgono intere famiglie, insegnando cose che non dovrebbero, per amore
di un guadagno disonesto.
(Tito
1:10-11)
Anche Giacomo insegnerà così:
Fratelli miei, la vostra fede nel
nostro Signore Gesù Cristo, il Signore della gloria, sia
immune da favoritismi. (Giacomo
2:1)
…se avete
riguardi personali, voi commettete un peccato e
siete condannati dalla legge quali trasgressori. (Giacomo
2:9)
…Noi Giudei
di nascita, non stranieri peccatori, sappiamo
che l'uomo non è giustificato per le opere della legge ma
soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù, e abbiamo anche noi creduto in
Cristo Gesù per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere
della legge; perché dalle
opere della legge nessuno sarà giustificato.
Paolo, con una certa
ironia si definisce, insieme agli intrusi,
giudeo di nascita, non straniero peccatore, per fare emergere il
pensiero arrogante di tal presunti fratelli che evidentemente non si
sentivano peccatori ma si riparavano ancora dietro i loro riti vuoti che li
facevano sentire “giusti” non
“giustificati”.
Ma nello stesso tempo
richiama le loro coscienze che gridavano che dalle
opere della legge nessuno sarà giustificato.
… Ma
se nel cercare di essere giustificati in Cristo, siamo anche noi trovati
peccatori, vuol dire che Cristo è un servitore del peccato? No di certo!
Infatti se riedifico quello che ho demolito, mi dimostro trasgressore.
Quanto a me, per
mezzo della legge, sono morto alla legge affinché io viva per Dio.
Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive
in me!
La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il
quale mi ha amato e ha dato se stesso per me.
Io
non annullo la grazia di Dio;
perché se
la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto
inutilmente.
Gli oppositori del Vangelo sostenevano che la giustificazione per mezzo
della fede eliminava la legge ed essa incoraggiava a condurre una vita senza
legge, peccaminosa.
Paolo respinge
l’accusa, dicendo che un atteggiamento di questo tipo avrebbe reso Cristo
è un servitore del peccato.
Paolo dichiara che per
mezzo della legge, è morto alla legge per vivere per Dio.
La Legge richiedeva
la morte per coloro che la trasgredivano, ma Cristo ha pagato quella pena di
morte per tutti i peccatori. Così la Legge ha ucciso Lui e quelli che uniti
a Lui per fede, lasciandoli liberi d vivere
per Dio.
… Io
non annullo la grazia di Dio;
perché se
la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto
inutilmente.
Predicare il vangelo
proposto da questi intrusi significa predicare l’annullamento
della grazia di Dio e
dichiarare che Cristo è
morto inutilmente!