Lettera di Paolo ai Galati

 

 

Prima parte

 

Questa lettera, scritta molto probabilmente intorno al 48-50 d.C., subito dopo il primo viaggio missionario ed immediatamente prima della Conferenza di Gerusalemme, descrive tutta la preoccupazione di Paolo, circa gli insegnamenti che alcuni falsi apostoli avevano portato nelle chiese della Galazia.

Questa è una lettera scritta dall’apostolo Paolo con autorità apostolica ed è una lettera di denuncia e conseguente presa di posizione radicale.

E’ una lettera che contiene, in forma concisa, ciò che l’apostolo Paolo insegnò, soprattutto durante il suo primo viaggio missionario insieme a Barnaba.

In particolare essa contiene una chiara descrizione della giustificazione per fede e su quel fondamento costruisce la difesa della libertà cristiana contro qualsiasi forma di legalismo, ma contestualmente spiega cos’è ed in cosa consiste la Libertà cristiana.

Molte delle argomentazioni trattate da Paolo nella lettera saranno poi oggetto dell’imminente Conferenza di Gerusalemme (Atti 15) dove si fa espressamente riferimento a questi presunti inviati che non sono riconosciuti dagli apostoli di Gerusalemme e che volevano reintrodurre all’interno della chiesa nascente tra i pagani, le norme della Legge ai fini dell’ottenimento della salvezza.

E’ una lettera scritta con autorità apostolica, Paolo si presenta innanzi tutto come apostolo e traspare una  evidente “santa ira” per quanto è successo in queste chiese di Antiochia, Iconio, Listra, Derba e Perga.

Paolo è costretto a difendere il suo apostolato messo in dubbio da alcuni falsi fratelli intrusi nelle chiese della galazia.

Paolo difende il suo apostolato non a titolo personale, ma perché se non difendesse il suo apostolato, verrebbe a mancare di credibilità tutto il Vangelo che ha predicato nella regione.

 

1.    Il saluto

2.    La denuncia

3.    Difesa dell’autorità apostolica di Paolo:

        a.    Il Vangelo trasmesso è stato ricevuto da rivelazione

        b.    Il Vangelo trasmesso ha prodotto in Paolo un cambiamento incontestabile

        c.    Paolo è stato riconosciuto dagli altri apostoli

        d.    Paolo, per mezzo del Vangelo trasmesso ha usato autorità verso uno dei più rappresentativi apostoli

4.    Difesa della giustificazione per fede:

        a.    Richiamo all’esperienza diretta dei galati

        b.    Dimostrazione della giustificazione per fede quale promessa di Dio fatta ad Abramo

        c.    L’effetto della Legge

        d.    L’opera di Cristo

        e.    La promessa di Dio stabile, immutabile se non rendendola vana

        f.     Lo scopo della Legge

       g.    La posizione attuale dei figli di Dio eredi della Promessa

       h.    Esposizione legale della dottrina dell’adozione

        i.      Esortazione a non cedere al legalismo

        j.      Esortazione a ricordare la fiducia iniziale

5.    Difesa della libertà prodotta dal Vangelo:

      a.    Esempio dei figli di Abramo (Il figlio della schiava/il figlio della donna libera)

      b.    Il ritorno alla Legge rovina la Grazia

      c.    Il ritorno alla Legge rende l’uomo debitore

      d.    Il ritorno alla Legge significa rinnegare la Grazia

      e.    Il ritorno alla Legge ostacola il progresso del cristiano

      f.     Il ritorno alla Legge annulla la croce

      g.    L’uso scorretto della Libertà

      h.    L’uso corretto della Libertà: una vita secondo lo Spirito

      i.      L’uso corretto della Libertà: una vita di servizio volonteroso

6.    Conclusione

      a.    Saluto autografo

      b.    Identificazione e descrizione degli avversari del Vangelo

      c.    Posizione e vanto spirituale di Paolo

      d.    Benedizione

 

***

1.    Il saluto

Paolo, apostolo non da parte di uomini né per mezzo di un uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti, e tutti i fratelli che sono con me, alle chiese della Galazia; grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo, che ha dato se stesso per i nostri peccati, per sottrarci al presente secolo malvagio, secondo la volontà del nostro Dio e Padre, al quale sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Paolo presenta la sua autorità spirituale, non presenta se stesso né la sua autorità umana.

Questa non è una lettera “morbida”, è una lettere “ruvida”, di riprensione seria; Paolo è fortemente irritato e meravigliato del cambio di rotta di questi fratelli che in poco tempo si sono fatti sviare e non hanno saputo reggere l’attacco dei nemici della croce di Cristo.

Paolo puntualizza subito che il suo apostolato non veniva dagli uomini, ma direttamente da Gesù Cristo risorto.

Paolo non fu chiamato da Gesù Cristo uomo, durante il suo ministerio terreno, ma da Gesù Cristo risorto.

 

…tutti i fratelli che sono con me

Probabilmente, essendo già rientrato ad Antiochia, Paolo si riferisce a Barnaba e tutti i fratelli, profeti e insegnanti che costituivano la chiesa di Antiochia:

Nella chiesa che era ad Antiochia c'erano profeti e dottori: Barnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaem, amico d'infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo.

(Atti 13:1)

***

2.    La denuncia

Mi meraviglio che così presto voi passiate, da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo, a un altro vangelo.

Ché poi non c'è un altro vangelo; però ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo.

Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema.

Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema.

Vado forse cercando il favore degli uomini, o quello di Dio?

Oppure cerco di piacere agli uomini?

Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo.

 

Paolo si meraviglia… così presto? Questa espressione ci fa intendere quanto poco tempo fosse passato dalla conversione dei fratelli della Galazia.

In queste chiese, Paolo e Barnaba nel loro viaggio di rientro, avevano fatto eleggere e designato per ciascuna chiesa degli anziani e li avevano raccomandati al Signore nel quale avevano creduto (cfr Atti 14:23), ma tutto questo, a causa di alcuni che volevano sovvertire il vangelo di Cristo (che Paolo definisce intrusi, falsi fratelli – vedi Galati 2:4), rischiava di rendere vana la predicazione di Paolo e la sua fatica (cfr Galati 4:11), di rendere vana la sofferenza patita dai galati stessi (cfr Galati 3:4), di rigettare la promessa di Dio (che non può essere resa vana – cfr Galati 3:17), scadendo così dalla Grazia (cfr Galati 5:4) e rendendo vana la morte di Gesù Cristo (cfr Galati 2:21).

Questo continuo richiamo alla vanità, portato avanti dall’apostolo Paolo, deve farci comprendere come egli considera la vanità come la conseguenza del peccato, e come essa sia uno stato di schiavitù, di accecamento totale,  di estraneità alla Vita di Dio e privo di qualsiasi “sentimento”.

Proprio a Listra, egli ebbe a dichiarare (in occasione della festa pagana che i licaoni organizzarono per gli “dei” Paolo e Barnaba):

Uomini, perché fate queste cose? Anche noi siamo esseri umani come voi; e vi predichiamo che da queste vanità vi convertiate al Dio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi. (Atti 14:15)

 

E scrivendo la lettera ai romani dirà:

Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio;  perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l'ha sottoposta, nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio.     (Romani 8:19-21)

 

E ancora scriverà così ai fratelli di Efeso:

Questo dunque io dico e attesto nel Signore: non comportatevi più come si comportano i pagani nella vanità dei loro pensieri, con l'intelligenza ottenebrata, estranei alla vita di Dio, a motivo dell'ignoranza che è in loro, a motivo dell'indurimento del loro cuore.

Essi, avendo perduto ogni sentimento, si sono abbandonati alla dissolutezza fino a commettere ogni specie di impurità con avidità insaziabile. (Efesini 4:17-19)

 

…sia anatema

Gli autori di un tentativo di sovversione tale del Vangelo, Paolo li definisce Anatema (maledetti), senza alcun tipo di attenuante!

E’ utile confrontare l’inizio di questa lettera con l’inizio della prima lettera ai corinzi; sono effettivamente due lettere di riprensione, ma mentre con i corinzi (che avevano tra loro problematiche di immaturità ed immoralità), Paolo trova comunque parola di lode, con i galati, davanti ad un problema di tipo teologico egli non esprime alcun ringraziamento o spende parola di lode, sottolineando così la natura più seria dell’apostasia dottrinale,

Paolo riconosce che il predicare un tale Vangelo maledetto, produce un’evidente fascino negli uomini “naturali”, i quali si sentono gratificati della loro integrità basata sulla Legge che gratifica le coscienze ribelli a Dio, ma lui non intende piacere agli uomini, egli si definisce servo di Cristo,  e tale vuole essere anche in coerenza con i suoi insegnamenti sul servizio conseguenza della Libertà (cfr Galati 6:1-10).

Si può esser tolleranti in molte cose che non toccano alla sostanza del Vangelo e non interessano direttamente la salvezza; ma quando si tratta delle verità essenziali del cristianesimo, diventa dovere di coscienza una santa intransigenza, e un uomo risoluto e saldo può salvare una chiesa da grave situazione.

 

Mi meraviglio che così presto voi passiate…

Il termine “passiate” (greco “metatithesthe”), significa letteralmente disertare in senso militare.

I fratelli della Galazia stavano schierandosi con un altro esercito o comunque stavano abbandonando o deviando dalla retta via, dalla sana dottrina. Stavano abbracciando a un altro vangelo.

Questo atteggiamento dei fratelli della galazia ci insegna che c'è sempre nell'uomo vecchio che dorme in fondo al cuore anche dei cristiani, l'amore delle novità, la disposizione ad ascoltare chi adula, chi solletica l'orgoglio umano presentando la salvezza dell'uomo come dovuta, in parte almeno, al nostro intervento.

Paolo insiste e dichiara fermamente che un vangelo di legalismo che aggiunge l’opera alla fede non è lo stesso tipo di vangelo che egli predicava e per mezzo del quale si può essere salvati. Quel vangelo sovverte il vangelo di Cristo.

Se le opere fossero necessarie ai fini della salvezza allora l’Opera di Gesù Cristo non sarebbe stata sufficiente ed Egli morto inutilmente (cfr Galati 2:21).

Quando il messaggio di Dio è corrotto il pericolo è di essere separati e perduti (cfr con la caduta di Genesi 3), pertanto quando il messaggio di salvezza eterna è corrotto il serio pericolo è di essere perduti per l’eternità!

 

***

3.    Difesa dell’autorità apostolica di Paolo:

a.    Il Vangelo trasmesso è stato ricevuto da rivelazione

Vi dichiaro, fratelli, che il vangelo da me annunciato non è opera d'uomo; perché io stesso non l'ho ricevuto né l'ho imparato da un uomo, ma l'ho ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo.

Paolo non si arroga alcun “diritto d’autore” sul Vangelo trasmesso, egli si identifica nella figura dell’ambasciatore, questo è anche il suo insegnamento (cfr 2 Corinzi 5:20), egli si preoccupa solamente di trasmettere fedelmente il messaggio divino, come d’altronde insegna:

Del resto, quel che si richiede agli amministratori è che ciascuno sia trovato fedele. (1 Corinzi 4:2)

 

***

3.  Difesa dell’autorità apostolica di Paolo:

b.    Il Vangelo trasmesso ha prodotto in Paolo un cambiamento incontestabile

Infatti voi avete udito quale sia stata la mia condotta nel passato, quand'ero nel giudaismo; come perseguitavo a oltranza la chiesa di Dio, e la devastavo; e mi distinguevo nel giudaismo più di molti coetanei tra i miei connazionali, perché ero estremamente zelante nelle tradizioni dei miei padri.

Ma Dio che m'aveva prescelto fin dal seno di mia madre e mi ha chiamato mediante la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché io lo annunciassi fra gli stranieri.

Allora io non mi consigliai con nessun uomo, né salii a Gerusalemme da quelli che erano stati apostoli prima di me, ma me ne andai subito in Arabia; quindi ritornai a Damasco.

Poi, dopo tre anni, salii a Gerusalemme per visitare Cefa e stetti da lui quindici giorni; e non vidi nessun altro degli apostoli; ma solo Giacomo, il fratello del Signore.

Ora, riguardo a ciò che vi scrivo, ecco, vi dichiaro, davanti a Dio, che non mento.

Poi andai nelle regioni della Siria e della Cilicia; ma ero sconosciuto personalmente alle chiese di Giudea, che sono in Cristo; esse sentivano soltanto dire: «Colui che una volta ci perseguitava, ora predica la fede, che nel passato cercava di distruggere».

E per causa mia glorificavano Dio.

 

… perché io lo annunciassi fra gli stranieri.

Lo scopo della rivelazione divina era che Paolo lo annunciasse agli stranieri.

 

… io non mi consigliai con nessun uomo

Paolo afferma qui che egli era stato libero da qualsiasi influenza umana, anche in seguito alla sua conversione.

Se la rivelazione ricevuta fosse stata “poco comprensibile” ed egli fosse stato insicuro, sarebbe potuto andare subito a Gerusalemme per un seminario con gli apostoli, ma egli non lo fece, si recò subito in Arabia, dove aveva formato, nella solitudine e nella sola guida divina, la teologia del Vangelo.

Non dobbiamo vedere in questo atteggiamento di Paolo una sorta di presunzione o di alto concetto di superiorità, o ancora un esempio di insottomissione al discepolato, ma Paolo aveva un percorso del tutto particolare, veniva dall’insegnamento farisaico più stretto ed era destinato da Dio stesso per un compito completamente opposto, aveva quindi necessità di una trasformazione così radicale che solo il Signore poteva compiere.

 

Colui che una volta ci perseguitava, ora predica la fede, che nel passato cercava di distruggere

Paolo, a difesa della sua autorità apostolica richiama l’evidente cambiamento della propria condotta, degli scopi della sua vita.

Evidenziando la sua condotta estremamente ribelle prima della conversione, egli da gloria a Dio per la radicale trasformazione e nello stesso tempo evidenzia come l’Opera di Dio possa compiersi in qualsiasi uomo, anche il più efferato nemico della croce di Cristo.

Paolo sottolinea che sia la conversione che il suo mandato apostolico, non erano dovuti all’uomo ma a Dio.

In quale altro modo potrebbe spiegarsi una simile trasformazione, da persecutore a perseguitato?

 

***

3.  Difesa dell’autorità apostolica di Paolo:

c.    Paolo è stato riconosciuto dagli altri apostoli

Poi, trascorsi quattordici anni, salii di nuovo a Gerusalemme con Barnaba, prendendo con me anche Tito.

Vi salii in seguito a una rivelazione, ed esposi loro il vangelo che annuncio fra gli stranieri; ma lo esposi privatamente a quelli che sono i più stimati, per il timore di correre o di aver corso invano.

Ma neppure Tito, che era con me, ed era greco, fu costretto a farsi circoncidere.

Anzi, proprio a causa di intrusi, falsi fratelli, infiltratisi di nascosto tra di noi per spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, con l'intenzione di renderci schiavi, noi non abbiamo ceduto alle imposizioni di costoro neppure per un momento, affinché la verità del vangelo rimanesse salda tra di voi.

Ma quelli che godono di particolare stima (quello che possono essere stati, a me non importa; Dio non ha riguardi personali), quelli, dico, che godono di maggiore stima non m'imposero nulla; anzi, quando videro che a me era stato affidato il vangelo per gli incirconcisi, come a Pietro per i circoncisi (perché colui che aveva operato in Pietro per farlo apostolo dei circoncisi aveva anche operato in me per farmi apostolo degli stranieri), riconoscendo la grazia che mi era stata accordata, Giacomo, Cefa e Giovanni, che sono reputati colonne, diedero a me e a Barnaba la mano in segno di comunione perché andassimo noi agli stranieri, ed essi ai circoncisi; soltanto ci raccomandarono di ricordarci dei poveri, come ho sempre cercato di fare.

 

…salii di nuovo a Gerusalemme con Barnaba, prendendo con me anche Tito.

Vi salii in seguito a una rivelazione, ed esposi loro il vangelo che annuncio fra gli stranieri; ma lo esposi privatamente a quelli che sono i più stimati, per il timore di correre o di aver corso invano.

Ma neppure Tito, che era con me, ed era greco, fu costretto a farsi circoncidere.

 

Sembra che questo passo si riferisca alla visita fatta durante la carestia avvenuta come profetizzato da Agabo (cfr Atti 11:27-30).

Paolo cita la presenza di Tito proprio perché era greco e questo era un caso da verificare con gli apostoli.

Gli apostoli di Gerusalemme avrebbero costretto un credente pagano a seguire il rito della circoncisione?

Paolo sapeva che sia i giudei che i pagani sono accettati da Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo senza alcuna distinzione e che la chiesa dovrebbe fare lo stesso.

L’apostolo dichiara che questa verità fu confermata a Gerusalemme perché neppure Tito, che era greco, fu costretto a farsi circoncidere.

 

…Anzi, proprio a causa di intrusi, falsi fratelli, infiltratisi di nascosto tra di noi per spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, con l'intenzione di renderci schiavi, noi non abbiamo ceduto alle imposizioni di costoro neppure per un momento, affinché la verità del vangelo rimanesse salda tra di voi.

 

Le pressioni perché Tito fosse circonciso ci furono sicuramente e alcuni            intrusi, falsi fratelli, infiltratisi di nascosto (pareiselthon; letteralmente “strisciati di fianco”) si erano introdotti senza essere invitati nella sala dove gli apostoli conferivano ed essi avevano evidentemente insistito che Tito fosse circonciso, ma Paolo e Barnaba non cedetttero alle imposizioni di costoro neppure per un momento, perché era in gioco la verità del vangelo.

Imporre la circoncisione a Tito voleva dire negare che la salvezza era per fede soltanto ed affermare che oltre alla fede ci deve essere l’obbedienza alla Legge per essere accettati da Dio.

 

…Ma quelli che godono di particolare stima (quello che possono essere stati, a me non importa; Dio non ha riguardi personali), quelli, dico, che godono di maggiore stima non m'imposero nulla; anzi, quando videro che a me era stato affidato il vangelo per gli incirconcisi, come a Pietro per i circoncisi (perché colui che aveva operato in Pietro per farlo apostolo dei circoncisi aveva anche operato in me per farmi apostolo degli stranieri), riconoscendo la grazia che mi era stata accordata, Giacomo, Cefa e Giovanni, che sono reputati colonne, diedero a me e a Barnaba la mano in segno di comunione perché andassimo noi agli stranieri, ed essi ai circoncisi; soltanto ci raccomandarono di ricordarci dei poveri, come ho sempre cercato di fare.

 

Tenendo conto del fatto che lo scopo di Paolo non fosse sicuramente quello di creare rottura o denigrare gli altri apostoli, egli fa questo discorso “ironico” per fare comprendere come coloro che lo denigravano e si investivano della autorità ricevuta dagli apostoli di Gerusalemme (quelli che godono di particolare stima), non tenevano conto che gli apostoli stessi avevano approvato il Vangelo che lui predicava.

Non possiamo pero non notare come in questo paragrafo traspare tutta la sofferenza ed il combattimento di Paolo per non essere compreso pienamente nel suo mandato, neppure da coloro che dovevano sostenerlo più apertamente.

Paolo sta comunque dichiarando che Lui e Pietro non predicano due vangeli diversi, c’è un unico vangelo, predicato a due gruppi distinti di persone, anche se non sarà sempre così.

 

***

3.  Difesa dell’autorità apostolica di Paolo:

d.    Paolo, per mezzo del Vangelo trasmesso ha usato autorità verso uno dei più rappresentativi apostoli

Ma quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare.

Infatti, prima che fossero venuti alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con persone non giudaiche; ma quando quelli furono arrivati, cominciò a ritirarsi e a separarsi per timore dei circoncisi.

E anche gli altri Giudei si misero a simulare con lui; a tal punto che perfino Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia.

Ma quando vidi che non camminavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei giudeo, vivi alla maniera degli stranieri e non dei Giudei, come mai costringi gli stranieri a vivere come i Giudei?»

Noi Giudei di nascita, non stranieri peccatori, sappiamo che l'uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù, e abbiamo anche noi creduto in Cristo Gesù per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; perché dalle opere della legge nessuno sarà giustificato.

Ma se nel cercare di essere giustificati in Cristo, siamo anche noi trovati peccatori, vuol dire che Cristo è un servitore del peccato? No di certo! Infatti se riedifico quello che ho demolito, mi dimostro trasgressore.

Quanto a me, per mezzo della legge, sono morto alla legge affinché io viva per Dio.

Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!

La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me.

Io non annullo la grazia di Dio; perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto inutilmente.

 

 

…Ma quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare.

Infatti, prima che fossero venuti alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con persone non giudaiche; ma quando quelli furono arrivati, cominciò a ritirarsi e a separarsi per timore dei circoncisi.

Non si sa con precisione quando Pietro fece questo viaggio ad Antiochia, ma possiamo supporre che ciò sia avvenuto nel periodo compreso tra il rientro di Paolo e Barnaba (con Tito) ad Antiochia e prima della partenza per il primo viaggio missionario, quindi possiamo inserirlo alla fine del capitolo 12 e prima del capitolo 13 del libro degli Atti degli apostoli.

Paolo attribuisce questo comportamento ipocrita e meschino di Pietro alla paura, al timore dei circoncisi.

Questo fatto ci deve fare riflettere.

Il Pietro carnale è soggetto a questo rischio (cfr con il tradimento del Signore), quando Pietro cammina secondo lo Spirito è tutta un’altra persona (cfr Atti 2:14-36 / 3:12-26 / 4:8-22 / 5:29-32 ecc.).

Quando camminiamo secondo la carne, ricadiamo siamo sempre schiavi delle nostre debolezze!

 

…E anche gli altri Giudei si misero a simulare con lui; a tal punto che perfino Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia.

Il problema che tale atteggiamento è contagioso!

Vediamo spesso come l’esempio di qualcuno in autorità è spesso simulato dagli altri…  perfino da Barnaba!

Pietro, gli altri giudei e Barnaba erano colpevoli di ipocrisia, mentre confessavano e insegnavano che erano uno in Cristo con gli stranieri (cfr Atti 10:14 / 10:42-43), negavano questa verità con la loro condotta.

 

… Ma quando vidi che non camminavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti

Paolo in questa debolezza vede uno sviamento, vede che non camminavano rettamente secondo la verità del vangelo.

Paolo, davanti a questa situazione di sviamento non ci passa sopra… …non si sottomette all’autorità apostolica in umile ubbidienza come faremmo probabilmente noi nelle nostre chiese “moderne”.

Davanti allo sviamento dalla verità del vangelo, Paolo non cerca di appartarsi con Pietro per discutere la questione, gli resiste in faccia in presenza di tutti…  non ci sono riguardi personali!

Riguardi personali… per Paolo non ci sono e non ci devono essere, egli insegnerà così:

Quelli che peccano, riprendili in presenza di tutti, perché anche gli altri abbiano timore. Ti scongiuro, davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli angeli eletti, di osservare queste cose senza pregiudizi, e di non fare nulla con parzialità. (1 Timoteo 5:20-21)

 

Infatti vi sono molti ribelli, ciarloni e seduttori delle menti, specialmente tra quelli della circoncisione, ai quali bisogna chiudere la bocca; uomini che sconvolgono intere famiglie, insegnando cose che non dovrebbero, per amore di un guadagno disonesto.

                        (Tito 1:10-11)

 

Anche Giacomo insegnerà così:

Fratelli miei, la vostra fede nel nostro Signore Gesù Cristo, il Signore della gloria, sia immune da favoritismi.   (Giacomo 2:1)

 

se avete riguardi personali, voi commettete un peccato e siete condannati dalla legge quali trasgressori. (Giacomo 2:9)

…Noi Giudei di nascita, non stranieri peccatori, sappiamo che l'uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù, e abbiamo anche noi creduto in Cristo Gesù per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; perché dalle opere della legge nessuno sarà giustificato.

 

Paolo, con una certa ironia si definisce, insieme agli intrusi, giudeo di nascita, non straniero peccatore, per fare emergere il pensiero arrogante di tal presunti fratelli che evidentemente non si sentivano peccatori ma si riparavano ancora dietro i loro riti vuoti che li facevano sentire “giusti” non “giustificati”.

Ma nello stesso tempo richiama le loro coscienze che gridavano che dalle opere della legge nessuno sarà giustificato.

 

 Ma se nel cercare di essere giustificati in Cristo, siamo anche noi trovati peccatori, vuol dire che Cristo è un servitore del peccato? No di certo! Infatti se riedifico quello che ho demolito, mi dimostro trasgressore.

Quanto a me, per mezzo della legge, sono morto alla legge affinché io viva per Dio.

Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!

La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me.

Io non annullo la grazia di Dio; perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto inutilmente.

 

Gli oppositori del Vangelo sostenevano che la giustificazione per mezzo della fede eliminava la legge ed essa incoraggiava a condurre una vita senza legge, peccaminosa.

Paolo respinge l’accusa, dicendo che un atteggiamento di questo tipo avrebbe reso Cristo è un servitore del peccato.

Paolo dichiara che per mezzo della legge, è morto alla legge per vivere per Dio.

La Legge richiedeva la morte per coloro che la trasgredivano, ma Cristo ha pagato quella pena di morte per tutti i peccatori. Così la Legge ha ucciso Lui e quelli che uniti a Lui per fede, lasciandoli liberi d vivere per Dio.

 

 Io non annullo la grazia di Dio; perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto inutilmente.

Predicare il vangelo proposto da questi intrusi significa predicare l’annullamento della grazia di Dio e dichiarare che Cristo è morto inutilmente!

 

Gianni Marinuzzi