L’amore del samaritano
Ed ecco, un dottore della legge
si alzò per metterlo alla prova,
dicendo: «Maestro, che devo fare per
ereditare la vita eterna?»
Gesù gli disse: «Hai risposto
esattamente; fa' questo, e vivrai».
Ma egli, volendo giustificarsi,
disse a Gesù: «E chi è il mio
prossimo?»
Il giorno dopo,
presi due denari, li diede
all'oste e gli disse: "Prenditi cura
di lui; e tutto ciò che
spenderai di più, te lo
rimborserò al mio ritorno".
***
Ed ecco, un dottore della legge
si alzò per metterlo alla prova,
dicendo: «Maestro, che devo fare per
ereditare la vita eterna?»
Gesù gli disse: «Nella legge che
cosa sta scritto? Come leggi?»
Egli rispose: «Ama
il Signore Dio tuo con
tutto il tuo cuore, con
tutta l'anima tua, con
tutta la forza tua, con
tutta la mente tua, e il
tuo prossimo come te stesso».
Gesù gli disse: «Hai risposto
esattamente; fa' questo, e vivrai».
Ma egli, volendo giustificarsi,
disse a Gesù: «E chi è il mio
prossimo?»
Ci accingiamo all’analisi di un testo apparentemente semplice ma con
risvolti “tecnici” non tanto semplici e di immediata comprensione.
Dobbiamo considerare che ci troviamo davanti ad una domanda tendenziosa
fatta da un dottore della Legge e Gesù, per rispondere scende al suo livello
culturale/religioso.
I dottori della Legge erano uomini appartenenti alla corporazione degli
Scribi, che erano al tempo stesso i custodi, i copisti ed i commentatori
della legge.
Il “metterlo
alla prova”, trattandosi dei rapporti
delle sette giudaiche con Gesù, è generalmente inteso in senso sfavorevole,
di fatto quest’uomo aveva preparato un tranello per Gesù, proprio come
successo in altre occasioni, per cercare di far cadere Gesù nel suo
insegnamento in qualche cosa di contrario alla Legge.
La domanda posta dal dottore della Legge, era frequente fra i Giudei (fatta
eccezione per i Sadducei), perché, essi credevano nella risurrezione del
corpo ed erano perciò ansiosi di assicurarsi un posto nel «seno di Abrahamo»,
come, chiamavano il paradiso celeste.
È la stessa che il giovane ricco farà a Gesù
successivamente (cfr
Luca 18:18).
Gesù conosceva molto bene l’intento di quest’uomo ed
avendo davanti un “dottore della Legge”, gli propone la risposta sulla base
del suo stesso parametro di pensiero:
Nella legge che
cosa sta scritto?
Come
leggi?
Inoltre dobbiamo tenere sempre presente che davanti a
qualsiasi “tentazione”,
Gesù ha sempre risposto con la Scrittura (cfr la tentazione operata da
satana subito dopo il battesimo di Gesù).
Non è caduto nella trappola di
aprire una
discussione senza appoggiarsi su quanto “sta
scritto”.
Questo è per noi un esempio di Umiltà, Saggezza e Autocontrollo.
Il religioso si aspettava senza dubbio una risposta ben diversa da quella
che ricevette sotto forma di una domanda relativa all'insegnamento della
legge sul punto in discussione, ma da buon insegnante risponde con
sicurezza:
Ama il Signore Dio
tuo con tutto il tuo cuore, con
tutta l'anima tua, con
tutta la forza tua, con
tutta la mente tua, e il
tuo prossimo come te stesso.
Questa è la somma di tutta quanta la legge morale, ed è data nei termini
stessi che Cristo scelse più tardi per rispondere ad un altro dottore della
Legge di Gerusalemme (cfr Marco 12:28-34).
Il Signore loda la risposta data dal religioso, per
questo prosegue con il comando
fa' questo, e
vivrai!
Ma
è nell'applicazione della norma
che viene esposto
il punto debole per
il dottore della legge e
per chiunque confida in una giustizia legale,
Il Signore conosce profondamente il cuore dell’uomo
religioso, sa benissimo che
conosce
la giustizia, sa anche che spesso la paragona alla malvagità degli altri, ma
ben difficilmente vede propria.
Proprio per questo Gesù insegnò sul monte circa la prudenza nell’esprimere
giudizi sommari sugli altri:
Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non
scorgi la trave che è nell'occhio tuo?
O, come potrai tu dire a tuo fratello: "Lascia che io ti tolga dall'occhio
la pagliuzza", mentre la trave è nell'occhio tuo?
Ipocrita, togli prima dal tuo occhio la trave, e allora ci vedrai bene per
trarre la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello.
(Matteo 7:3-5)
Gesù sta qui confermando tutta la bontà della Legge ed inoltra sta facendo
trasparire il vero scopo di Essa: condurci a Lui!
Non vi è alcun dubbio che se un uomo adempie
perfettamente tutto ciò
che la Legge richiede, egli avrà la vita eterna, ma un uomo mortale è da
tanto?
Col suo enfatico «fa
questo» Gesù vuole fare riflettere il
dottore della Legge:
Posso io, o può qualsiasi uomo mortale far questo?
Se non possiamo ottenere la vita eterna mediante la legge, la colpa non è
della legge, ma nostra:
Infatti,
ciò che era
impossibile alla legge,
perché la
carne la rendeva impotente, Dio lo ha
fatto; mandando il proprio Figlio in carne simile a carne di peccato e, a
motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne, affinché il
comandamento della legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo
la carne, ma secondo lo Spirito.
(Romani 8:3-4)
Quest’uomo evidentemente confuso e ridotto al silenzio
da una risposta così semplice, completa e perfettamente coerente con
l’insegnamento della Legge, cerca di coprire la sua confusione con il
domandare la definizione della parola
“prossimo”.
La domanda del dottore della Legge è motivata dal “volendo
giustificarsi…”, che misera reazione
quella dell’uomo religioso davanti alla Giustizia di Dio!
***
Gesù invece non è confuso e sa cosa è necessario che il dottore della Legge
e gli altri uditori hanno necessità di capire e propone loro una semplice
parabola:
Gesù rispose: «Un uomo scendeva da
Gerusalemme a Gerico, e s'imbatté nei
briganti che lo spogliarono, lo
ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo
mezzo morto.
Gesù prende l’esempio di un uomo che è in una strada
in forte discesa, con punto di partenza la
città santa (luogo di benedizione) e
destinazione la città maledetta
(luogo di maledizione).
L’esempio è emblematico,
un uomo (probabilmente israelita)
si è incamminato nella strada del peccato,
i suoi piedi stanno percorrendo una strada in discesa (verso il peccato),
lontano dal luogo
della presenza di Dio.
E’ fuori dalle mura
(senza protezione), non solo… …in una
strada deserta e
piena di insidie, alla
mercè dei briganti.
La distanza tra Gerusalemme e Gerico è di circa cinque
ore di cavallo (trenta chilometri), e passato il villaggio di Betania,
la via
scende sempre ed in modo
molto ripido.
Il livello altimetrico di Gerico (trecento metri
sotto
il livello del mare) è 1100 metri al
disotto di quello di Gerusalemme (ottocento metri sopra il livello del
mare).
Quella strada
è pericolosa
oggi come al tempo di Gesù.
A metà strada si trovano luoghi fortemente impervi con
spelonche occupate da
predoni
beduini.
Ancora oggi ai turisti vengono evitate certe strade se non sotto scorta di
arabi.
Gesù era passato spesso per quella via, ed in queste poche parole ce ne
descrive accuratamente i pericoli.
Il risultato
di questo allontanamento è l’essere
stato
spogliato,
ferito
e
ridotto in fin di vita.
L’essere stato
spogliato,
rappresenta
l’aver perso ogni dignità
ed essere esposto all’infamia.
Le ferite
ci parlano
dei dolori che si è
procurato percorrendo questa via.
Nella Scrittura troviamo molti avvertimenti circa i dolori che procura il
peccato:
- sia per
gli empi:
Molti
dolori subirà l'empio;
ma chi confida nel SIGNORE sarà circondato dalla sua grazia.
(Salmo 32:10)
- che per
i pii:
Infatti l'amore del denaro è radice di ogni specie di
mali; e alcuni che vi si sono dati,
si sono sviati
dalla fede e si sono procurati molti dolori.
(1 Timoteo 6:10)
Cosa ha spinto quest’uomo a incamminarsi per quella via?
Il problema che l’uomo naturale è profondamente
insoddisfatto,
la carne reclama soddisfazione… …e la cerca lontano dalla presenza di Dio!
Anche
un cristiano che non si nutre della Parola di Dio e
non vive per Essa, piano piano rischia di
ricordare “i cibi del peccato”, proprio
come il popolo di Israele che, preso dalla concupiscenza per essersi fatto
influenzare da coloro che non erano “popolo di Dio” ma si erano uniti ad
esso, nella sua ribellione,
ricordava i cibi di
cui si nutriva in
Egitto e
disprezzava la
manna donata da
Dio:
L'accozzaglia di gente raccogliticcia che era tra il popolo
fu presa da concupiscenza; e
anche i figli d'Israele ricominciarono a piagnucolare
e a dire: «Chi ci darà da mangiare della carne?
Ci ricordiamo
dei pesci che
mangiavamo in Egitto
a volontà, dei cocomeri, dei meloni, dei porri, delle cipolle e dell'aglio.
E ora siamo inariditi; non c'è più nulla!
I nostri occhi non vedono altro che questa manna».
(Numeri 11:4-6)
E’ profondamente triste vedere come tanti
Figli di Dio, non provino più piacere nel
cibarsi dei delizioso
cibi offerti da Dio e
ricerchino nuovamente l’immondizia del
peccato… …eppure avviene!
E’ triste vedere i piedi di
Caino
dopo essersi confrontato con la giustizia di Dio:
Caino
si allontanò dalla presenza del SIGNORE
e si stabilì nel paese di Nod, a oriente di Eden.
(Genesi 4:16)
E’ altresì commovente vedere il risultato di Naomi al suo ritorno a
Betlemme, dopo aver pensato di trovare nutrimento lontano dalla “città del
pane” (Betlemme) del popolo di Dio:
Al tempo dei giudici ci fu nel paese una carestia, e
un uomo
di Betlemme di Giuda andò a stare nelle campagne di Moab con la moglie e i
suoi due figli.
Quest'uomo si chiamava Elimelec, sua moglie, Naomi, e i suoi due figli,
Malon e Chilion; erano efratei, di Betlemme di Giuda. Giunsero nelle
campagne di Moab e si stabilirono là.
Elimelec, marito di Naomi, morì, e lei rimase con i suoi due figli.
Questi sposarono delle moabite, delle quali una si chiamava Orpa, e l'altra
Rut; e abitarono là per circa dieci anni.
Poi Malon e Chilion morirono anch'essi, e
la donna restò
priva dei suoi due figli e del marito.
(Rut 1:1-4)
E
quando giunsero a Betlemme, tutta la città fu commossa
per loro.
Le donne dicevano: «È proprio Naomi?»
E lei rispondeva: «Non
mi chiamate Naomi; chiamatemi Mara, poiché l'Onnipotente m'ha riempita
d'amarezza. Io partii nell'abbondanza, e il SIGNORE mi riconduce spoglia di
tutto. Perché chiamarmi Naomi, quando il
SIGNORE ha testimoniato contro di me, e l'Onnipotente m'ha resa infelice?»
(Rut 1:19-21)
Il Signore ci ama, conosce perfettamente la nostra capacità di gustare e
digerire i cibi, fidiamoci di questo esperto Chef:
«O voi tutti che siete
assetati,
venite alle acque; voi che non avete denaro
venite, comprate e
mangiate!
Venite, comprate senza denaro, senza pagare,
vino e latte!
Perché spendete denaro per ciò che non è pane e il frutto delle vostre
fatiche per ciò che non sazia?
Ascoltatemi attentamente e mangerete ciò che è buono, gusterete cibi
succulenti! (Isaia 55:1-2)
Isaia ci parla dello stato dell’uomo naturale, insoddisfatto e perso nella
sua spasmodica ricerca di cibo, proprio come una pecora smarrita in cerca di
cibo:
Noi tutti
eravamo
smarriti come pecore,
ognuno di noi
seguiva la propria via…
(Isaia 53:6)
Percorrere questa strada
di allontanamento da Dio
è facile, è
in discesa,
basta
seguire il proprio corpo,
le gambe si
muovono da sole,
senza
alcuna
fatica.
La corrente e l’inerzia
ci porta da
sola, la massa ci aiuterà a prendere anche
velocità.
Paolo parla di questo cammino quando lo definisce
“l’andazzo di
questo mondo”:
Dio ha vivificato anche voi, voi che eravate morti
nelle vostre colpe e nei vostri peccati, ai quali un tempo
vi
abbandonaste seguendo l'andazzo di questo mondo, seguendo il principe della
potenza dell'aria, di quello spirito che
opera oggi negli uomini ribelli. Nel numero dei quali anche
noi tutti
vivevamo un tempo, secondo i desideri della nostra carne, ubbidendo alle
voglie della carne e dei nostri pensieri;
ed eravamo per natura figli d'ira, come gli altri.
(Efesini 2:1-3)
Paolo ci da alcune utili indicazioni per riconoscere questo “andazzo”
pericoloso:
-
si segue
il principe
della potenza dell’aria;
-
si seguono i
desideri della carne;
-
si ubbidisce
alle voglie della carne;
-
si ubbidisce
alle voglie dei propri pensieri.
Il cristiano è invece chiamato:
- Seguire Gesù Cristo:
Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così
grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così
facilmente ci avvolge, e
corriamo con
perseveranza la gara che ci è proposta,
fissando lo
sguardo su Gesù, colui che crea la fede e
la rende perfetta. (Ebrei
12:1-2)
- Non ubbidire ai desideri della carne e non seguirli:
Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno, senza
gozzoviglie e ubriachezze; senza immoralità e dissolutezza; senza contese e
gelosie; ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e
non abbiate
cura della carne per soddisfarne i desideri.
(Romani 13:13-14)
- Non ubbidire ai nostri desideri ed ai nostri pensieri:
In realtà,
sebbene
viviamo nella carne, non combattiamo
secondo la carne; infatti le armi della nostra guerra non sono carnali, ma
hanno da Dio il potere di distruggere le fortezze, poiché
demoliamo i
ragionamenti e tutto ciò che si eleva
orgogliosamente contro la conoscenza di Dio,
facendo
prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo;
e siamo pronti a punire ogni disubbidienza, quando la vostra ubbidienza sarà
completa. (2 Corinzi 10:3-6)
Già Salomone ci esortava in tal senso:
Confida nel SIGNORE
con tutto il cuore e
non ti appoggiare sul tuo discernimento.
Riconoscilo in tutte le tue vie ed egli
appianerà i tuoi sentieri.
(Proverbi 3:5-6)
Il pericolo non lo si avverte subito,
solo dopo esserci allontanati la strada si fa insidiosa ed
i briganti
sono dietro le rocce che aspettano lo
sventurato, la strada da Gerusalemme a Gerico è inizialmente con una
pendenza lieve, solo dopo il villaggio di Betania (circa cinque chilometri
da Gerusalemme), comincia ad essere in forte pendenza.
Abbiamo la Sapienza di Dio per l’uomo raccolta nei Proverbi e lì troviamo
questa descrizione:
La follia è una donna turbolenta, sciocca, che non sa nulla.
Siede alla porta di casa, sopra una sedia, nei luoghi
elevati della città,
per chiamare quelli che passano per la via, che vanno
diritti per la loro strada, dicendo: «Chi è
sciocco venga qua!» E a chi è privo di senno dice: «Le acque rubate sono
dolci, il pane mangiato di nascosto è delizioso».
Ma egli non sa che là sono i defunti, che i suoi convitati giacciono in
fondo al soggiorno dei morti.
(Proverbi 9:13-18)
***
Per caso un sacerdote scendeva
per quella stessa strada, ma quando
lo vide, passò oltre dal
lato opposto.
Così pure un Levita, giunto in
quel luogo, lo vide, ma
passò oltre dal lato opposto.
Gesù è accorto nella sua descrizione in quanto (ai
suoi tempi) Gerico era una delle città di Giuda che divenute “dimora di
villeggiatura” di
sacerdoti
e di
leviti
(sintomo anche di una depravazione morale tra la categoria).
Essi, “alti ministri della religione”, avrebbero invece dovuto risiedere a
Gerusalemme anche in segno di testimonianza nei confronti del popolo.
Le parole “per
caso”,
ci fanno anche presupporre che sia il sacerdote che il levita, in realtà non
avevano uno scopo preciso per passare di là, percorrevano quella strada
senza avere un motivo utile.
Quest'uomo miseramente
ridotto in fin
di vita era probabilmente
un
concittadino del sacerdote, e come tale suo
«prossimo» anche secondo la gretta
interpretazione che i Giudei davano a quella parola, eppure dopo averlo
visto,
dopo averne
constatata la condizione disperata,
il sacerdote
passò oltre dal
lato opposto e continuò la sua via,
lasciando, per quanto lo concerneva, che
il meschino
morisse e ricevesse la degna ricompensa per il suo peccato,
seppure fosse suo compito ed obbligo il portare
soccorso (fosse anche un animale di proprietà di un nemico):
Se vedi l'asino di un tuo fratello o il suo bue caduto sulla strada, tu non
farai finta di non averli visti, ma dovrai aiutare il tuo prossimo a
rialzarlo.
(Deuteronomio 22:4)
Se incontri il bue del tuo nemico o il suo asino smarrito, non mancare di
ricondurglielo.
Se vedi l'asino di colui che ti odia caduto a terra sotto il carico,
guardati bene dall'abbandonarlo,
ma aiuta il suo padrone a scaricarlo.
(Esodo 23:4-5)
Nel Talmud (testo della tradizione ebraica) si affronta invece il caso
inverso a quello proposto da Gesù, ovvero di un ebreo che trova per strada
un samaritano ferito e naturalmente non è tenuto a prestare soccorso.
Ci rendiamo così conto di cosa voleva dire Gesù quando accusò i farisei:
Avendo tralasciato il comandamento di Dio, vi attenete alla tradizione degli
uomini.
Come sapete bene annullare il comandamento di Dio per
osservare la tradizione vostra!
(Marco 7:8-9)
I sacerdoti erano uomini in alta autorità
religiosa, loro erano preposti alle offerte sacrificali del tempio.
Rappresentavano la
dignità spirituale più elevata in Israele.
I Leviti
(così detti
per distinguerli dai sacerdoti
che appartenevano esclusivamente alla famiglia di Aaronne),
erano stati
messi a parte da Mosè, per fare
tutte le opere
pratiche del Tabernacolo, e da Davide
per le
funzioni di coristi durante il culto.
Come il sacerdote, questo levita
passò accanto
al povero disgraziato senza rendergli assistenza alcuna, quantunque si fosse
fermato abbastanza da conoscerne appieno la misera e disperata situazione.
Nei cuori di entrambi, la vista del povero ferito non
sveglia che egoistici timori per il proprio conto, portandoli ad una
“dignitosa
indifferenza”.
L’uomo religioso si ferma davanti all’apparenza di un comportamento
falsamente devoto, per questo Gesù li additò molte volte come ipocriti…
Lo stato disperato di quest’uomo è descritto mirabilmente da Davide in un
suo salmo:
O SIGNORE, non rimproverarmi nella tua ira, non punirmi nel tuo furore!
Poiché le tue frecce mi hanno trafitto e la tua mano è scesa su di me.
Non c'è nulla d'intatto nel mio corpo
a causa della tua ira;
non c'è requie per le mie ossa a causa del mio peccato.
Poiché
le mie iniquità sorpassano il mio capo;
sono come un grave carico, troppo pesante per me.
Le mie piaghe
sono fetide e purulente per la mia follia.
Sono curvo e abbattuto, triste vado in giro tutto il giorno.
I miei fianchi sono infiammati, e non v'è nulla d'intatto nel mio corpo.
Sono sfinito e depresso; ruggisco per il fremito del mio cuore.
Signore, ti sta davanti ogni mio desiderio,
i miei gemiti
non ti sono nascosti.
Il mio cuore palpita, la mia forza mi lascia; anche la luce dei miei occhi
m'è venuta meno. Amici e compagni stanno lontani dalla mia piaga, i miei
stessi parenti si fermano a distanza.
Tende lacci chi desidera la mia morte,
dice cose
cattive chi mi augura del male, e medita
inganni tutto il giorno.
Ma io mi comporto come un sordo che non ode, come un
muto che non apre bocca.
Sono come un uomo che non ascolta, nella cui bocca non
ci sono parole per replicare. In te spero, o SIGNORE; tu risponderai, o
Signore, Dio mio!
Io ho detto: «Non si rallegrino di me; e quando il mio piede vacilla, non
s'innalzino superbi contro di me».
Perché io sto per cadere, il mio dolore è sempre davanti a me.
Io confesso il mio peccato, sono angosciato per la mia colpa.
Ma quelli che senza motivo mi sono nemici sono forti, quelli che m'odiano a
torto si sono moltiplicati.
Anche quelli che mi rendono male per bene sono miei
avversari, perché seguo il bene.
O SIGNORE, non abbandonarmi; Dio mio, non allontanarti da me; affrèttati in
mio aiuto, o Signore, mia salvezza!
(Salmo 38)
***
Ma un Samaritano, che era in
viaggio, giunse presso di lui e,
vedendolo, ne ebbe pietà;
avvicinatosi,
fasciò le sue piaghe versandovi
sopra olio e vino, poi
lo mise sulla propria cavalcatura,
lo condusse a una locanda e
si prese cura di lui.
Il giorno dopo,
presi due denari, li diede
all'oste e gli disse: "Prenditi cura
di lui; e tutto ciò che
spenderai di più, te lo
rimborserò al mio ritorno".
I Samaritani erano una razza mista che discendeva da quel resto di Israeliti
che Salmanassar aveva lasciati nel loro paese, e dai coloni pagani che quel
medesimo re vi aveva trasportati dalla Media, e la loro religione era ai
tempi di Cristo una combinazione del culto levitico, con dei riti
idolatrici.
Nel libro apocrifo di Siracide (L’Ecclesiastico), a proposito dei
samaritani, si trova scritto:
…stupido
popolo che abita in Sichem e che
non è neppure
un popolo…
(Ecclesiastico 50:27-28)
Il terzo viaggiatore che passa per quella la via
maledetta, appartiene a quella
razza
straniera e disprezzata.
Egli, come gli altri viaggiatori,
vede lo sventurato, ma a differenza degli altri
due, ne ha
pietà, compassione…
…ha amore!
E’ questa la differenza tra le due categorie di
uomini, da una parte il giudizio…
…dall’altra l’amore,
non la semplice “commozione sterile”, ma
l’amore per la vita di quest’uomo messa in
pericolo e privo di ogni capacità di rialzarsi.
Il soccorso inizia con
l’avvicinarsi,
questo movimento ci fa comprendere che il soccorso amorevole non è “a
distanza”, non si può fasciare le ferite
standosene alle debite distanze…
…occorre stare molto vicini, occorre mettere le mani
vicino alla piaga aperta,
sentire il fetore del pus che fuoriesce dalle
ferite sporche ed infette, qui
porta l’amore.
Giacomo fa riflettere quando scrive:
A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede
ma non ha opere? Può la fede salvarlo?
Se un fratello
o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, e uno di voi
dice loro: «Andate in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro le
cose necessarie al corpo, a che cosa serve?
Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta.
(Giacomo 2:14-17)
Vino
ed
olio
erano, e sono tuttora usati in Palestina ed in tutto l'Oriente, come pure in
parecchi paesi dell'occidente, come
rimedii
efficaci per le ferite, quando nessuna
parte vitale è rimasta offesa; il vino per le ferite, l'olio per attutirne
il dolore, troviamo descritto nella Scrittura il loro usuale utilizzo:
Dalla pianta del piede fino alla testa non c'è nulla
di sano in esso:
non ci sono che ferite, contusioni, piaghe aperte, che
non sono state ripulite, né fasciate, né lenite con olio.
(Isaia 1:6)
Questo compassionevole samaritano
non lascia
incompiuta la sua opera di soccorso.
L'aiuto “lenitivo”
che ha dato al ferito
sarebbe stato forse inutile, se egli lo provvedesse a
condurlo in un luogo sicuro, dove egli
possa riprendersi, perciò decide in cuor suo di
condurlo
all'albergo dove egli stesso aveva da alloggiare,
e per questo scopo
lo mette sulla sua cavalcatura e se ne prende cura
personalmente fino al mattino.
La sua compassione non cessa,
passando
tutta la notte con lui,
si è probabilmente reso conto meglio delle sue ferite, ha sentito nel
dettaglio la storia sventurata di quest’uomo e
comprende
che per
riprendersi dal trauma, egli
ha bisogno di
tempo.
Il samaritano a questo punto avrebbe potuto dire: "Ho
fatto la parte mia verso il vostro concittadino, fate ora voi".
Ma, invece
paga lui
personalmente le cure per sanare lo sventurato; l’uomo ferito
essendo stato spogliato di tutte le provviste ed effetti,
non era
assolutamente in grado di far fronte a nulla.
Il samaritano, partendo,
raccomanda
all’albergatore di averne cura
promettendogli
di rimborsare al ritorno tutte le spese.
Che nobilissima condotta per parte di un amico ed
ancora più elevata se si considera che l’uomo era per il samaritano
un forestiero
ed
appartenente ad un popolo ostile!
***
Quale di questi tre ti pare essere
stato il prossimo di colui che s'imbatté nei ladroni?»
Quegli rispose: «Colui che gli usò
misericordia».
Gesù gli disse: «Va',
e fa' anche tu la stessa cosa».
Qui Gesù richiede una risposta la parabola al suo dotto interlocutore che,
almeno questa volta in modo onesto ammette quanto sia stato nobile l’amore
di un uomo disprezzato rispetto a quello dimostrato dalla categoria alla
quale egli stesso apparteneva.
Il caso era tanto chiaro che nessun'altra risposta era
possibile, ma il religioso la diede con riluttanza;
l'orgoglio non
gli consentì di nominare
il Samaritano, egli lo designa
semplicemente come
colui.
L'applicazione che Gesù fa della domanda
«chi, è il mio prossimo?» benché rivolta al dottore della Legge,
si estende a
tutti gli uomini, ed è suo volere che ogni
Cristiano l'applichi a se stesso.
Oltre a quest'ovvia e letterale applicazione della
parabola, possiamo sicuramente considerare come il Signore Gesù stesso,
definito in modo dispregiativo “Il
Nazareno”, sia COLUI che meglio di chiunque
riveste la figura di questo
UOMO SAMARITANO.
IL PROSSIMO DA AMARE E’ GESU’
Il dottore della Legge è qui avvertito da Gesù che il suo prossimo gli sta
davanti!
E’ Colui che lo vuole soccorrere nel suo smarrimento… …non si sa se questo
interlocutore abbia compreso il messaggio lanciatogli da Gesù, ma noi…
…abbiamo capito CHI è il nostro PROSSIMO?
Gesù Cristo, è straniero per questo mondo,
è stato rifiutato, allontanato:
- Maria dovette posare il Figlio dentro una
mangiatoia:
…ella diede alla luce il suo figlio primogenito, lo
fasciò, e lo coricò in una mangiatoia, perché
non c'era
posto per loro nell'albergo.
(Luca 2:7)
È venuto in casa sua
e i suoi non
l'hanno ricevuto…
(Giovanni 1:11)
Disprezzato e abbandonato dagli uomini,
uomo di dolore,
familiare con la sofferenza…
(Isaia 53:3)
- I farisei Lo additarono proprio così:
Non diciamo noi con ragione che
sei un
Samaritano e che hai un demonio.
(Giovanni 8:48)
A differenza del sacerdote e del levita, questo
samaritano
era in viaggio,
non era lì
per caso,
stava
compiendo un viaggio che, come si evince
dal testo, prevedeva
una andata ed un ritorno…
E’ Lui
che ci
ha visto nel nostro stato miserevole,
al
margine della strada,
spogliati
di ogni
dignità,
ricchezza,
malmenati
ed in
fin di vita a causa del nostro
stato di
peccato.
Non gli hanno fatto ribrezzo le nostre ferite,
non ha avuto timore di
“sporcarsi le mani”,
anzi il profeta Isaia dice che
si è caricato
delle nostre malattie e dei nostri dolori,
ne ha risposto Lui stesso… …ha
pagato il conto delle nostre cure!
Il profeta Isaia lo vedeva proprio così:
Egli è cresciuto davanti a lui come una pianticella,
come una radice che esce da un arido suolo;
non aveva
forma né bellezza da attirare i nostri sguardi,
né aspetto tale da piacerci.
Disprezzato e abbandonato dagli uomini,
uomo di dolore,
familiare con la sofferenza,
pari a colui davanti al quale ciascuno
si nasconde la
faccia, era
spregiato,
e noi
non ne facemmo stima alcuna.
Tuttavia
erano le
nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era
caricato; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e umiliato!
(Isaia
53:2-4)
Possiamo conoscere il “carattere” di Dio anche nelle parola di Neemia:
Ma i nostri padri si sono comportati con superbia, irrigidendo i loro colli,
e non ubbidendo ai tuoi comandamenti.
Hanno rifiutato di ubbidire, e non si sono ricordati
delle meraviglie da te fatte in loro favore; e hanno irrigidito i loro colli
e, nella loro ribellione, si
sono voluti dare un capo per tornare alla loro
schiavitù.
Ma tu sei un Dio pronto a perdonare, misericordioso, pieno di compassione,
lento all'ira e di gran bontà, e non li hai abbandonati.
(Neemia
9:16-17)
L’opera compiuta da questo samaritano,
è un opera
che, oltre coinvolgerlo personalmente, coinvolge
anche altri (l’albergatore),
che viene ricompensato per il suo lavoro… …tutto questo ci fa pensare al
meraviglioso disegno di Dio.
Paolo ci ricorda che:
…mentre
noi eravamo
ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è
morto per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per
una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire;
Dio invece
mostra la grandezza del proprio amore per
noi in questo: che,
mentre eravamo ancora peccatori,
Cristo è morto
per noi.
Tanto più dunque, essendo ora giustificati per il suo sangue, saremo per
mezzo di lui salvati dall'ira.
Se infatti,
mentre eravamo
nemici, siamo stati riconciliati con Dio
mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati,
saremo salvati mediante la sua vita.
Non solo, ma ci gloriamo anche in Dio per mezzo del nostro Signore Gesù
Cristo, mediante il quale abbiamo ora ottenuto la riconciliazione.
(Romani 5:6-11)
Noi uomini, dobbiamo inevitabilmente riconoscere la
nostra incapacità di amare in questo modo,
non ne abbiamo
una capacità naturale.
Per natura nel cuore di ogni uomo naturale manca il principio dell'amore.
Paolo già riconosceva questa realtà ai suoi tempi ed in se stesso:
…io
so che in me,
cioè nella mia carne,
non abita alcun bene;
(Romani 7:18)
E scrive a Timoteo che
gli uomini
degli ultimi tempi in particolare,
amano il
piacere non il bene (cfr 2 Timoteo 3:4)
e sempre nei suoi insegnamenti li dichiara
estranei e
nemici a causa dei pensieri e delle opere malvagie
(cfr Colossesi 1:21).
Senza
una rigenerazione del cuore
ed un profondo
rinnovamento della mente
non può trovarsi in noi l’Amore di Dio.
Questo santo affetto
procede da Dio
stesso, essendo impiantato e cresciuto
nell'anima,
per mezzo dello Spirito Santo:
…l'amore
di Dio
è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo
che ci è stato dato.
(Romani 5:5)
Lo Spirito lo produce,
facendo nascere nel cuor degli uomini la certezza
dell'amore di
Dio manifestato in Cristo Gesù.
Noi siamo chiamati ad amare non “per
avere la Vita Eterna”, ma perché “abbiamo
ricevuto la Vita Eterna”!
Esso consiste
in
alta
stima
per Dio (timore di Dio) come infinitamente
glorioso, santo e compassionevole: in
ardente
desiderio
di goder
la
sua
comunione
ed
è il risultato della
convinzione
deliberata
dell'intelligenza,
in opposizione a mero entusiasmo.
Esso va ben oltre le parole:
Questo è l'amor di Dio,
che noi
osserviamo i suoi comandamenti.
(1
Giovanni 5:3)
L'insegnamento di questa parabola è lo stesso che
quello che Gesù stesso insegnò ai Suoi discepoli quando disse: «Amatevi
gli uni gli altri, come io ho amati voi»
(
Giovanni 15:12)
e nel quale ci riconosciamo sempre mancanti e
debitori:
Non abbiate
altro debito
con nessuno,
se non di amarvi gli uni gli altri;
perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge.
(Romani
13:8)
E che Giovanni ordina nelle sue lettere:
Carissimi, non vi scrivo un comandamento nuovo, ma un comandamento vecchio
che avevate fin da principio: il comandamento vecchio è la parola che avete
udita.
E tuttavia è un comandamento nuovo che io vi scrivo, il che è vero in lui e
in voi; perché le tenebre stanno passando, e già risplende la vera luce.
Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre.
Chi ama suo fratello rimane nella luce
e non c'è nulla in lui che lo faccia inciampare.
Ma chi odia suo fratello è nelle tenebre,
cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i
suoi occhi.
(1
Giovanni 2:7-11)
In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del
diavolo: chiunque non pratica la giustizia non è da Dio; come pure
chi non ama
suo fratello.
Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i
fratelli.
Chi non ama rimane nella morte.
Chiunque odia
suo fratello è omicida; e voi sapete che nessun omicida possiede in se
stesso la vita eterna.
Da questo abbiamo conosciuto l'amore: egli ha dato la
sua vita per noi;
anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli.
Ma se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel
bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l'amore di Dio essere in lui?
Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità.
Da questo conosceremo che siamo della verità e renderemo sicuri i nostri
cuori davanti a lui.
(1
Giovanni 3:14-19)
Carissimi,
amiamoci gli
uni gli altri, perché l'amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e
conosce Dio.
Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è
manifestato per noi l'amore di Dio: che Dio ha mandato il suo Figlio
unigenito nel mondo affinché, per mezzo di lui, vivessimo.
In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato
noi,
e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri
peccati.
Carissimi, se Dio ci ha tanto amati, anche noi
dobbiamo amarci gli uni gli altri.
Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi
e il suo amore diventa perfetto in noi.
Da questo conosciamo che rimaniamo in lui ed egli in noi: dal fatto che ci
ha dato del suo Spirito.
E noi abbiamo veduto e testimoniamo che il Padre ha mandato il Figlio per
essere il Salvatore del mondo.
Chi riconosce pubblicamente che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui
ed egli in Dio.
Noi abbiamo conosciuto l'amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto. Dio
è amore; e chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui.
In questo l'amore è reso perfetto in noi: che nel giorno del giudizio
abbiamo fiducia, perché qual egli è, tali siamo anche noi in questo mondo.
Nell'amore non c'è paura; anzi, l'amore perfetto caccia via la paura, perché
chi ha paura teme un castigo. Quindi chi ha paura non è perfetto nell'amore.
Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo.
Se uno dice: «Io amo Dio», ma odia suo fratello, è bugiardo; perché chi non
ama suo fratello che ha visto, non può amare Dio che non ha visto.
Questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: che chi ama Dio ami
anche suo fratello.
(1
Giovanni 4:7-21)
L’Amore viene quindi da Dio e non da noi!
E’ il miracolo che Dio compie in noi mediante lo Spirito Santo.
Se riusciamo “miracolosamente” ad essere di aiuto e di soccorso, è per la
grazia di Dio, non è una nostra opera meritoria, è semplicemente la Grazia
di Dio che si manifesta per nostro mezzo quale espressione dell’Opera Sua in
noi!
Non dobbiamo nemmeno pensare di dovere da soli
svolgere tutto l’incarico, il Signore per primo ci ha mostrato che è
necessario che
l’opera venga condivisa
con chi è nelle possibilità di essere coinvolto, ricordiamoci sempre che la
Chiesa è un corpo composto da molte membra… (cfr 1 Corinzi 12:12-31)
Esaminiamoci per vedere se
quell'amore di
Dio
è nel nostro cuore, e
se ci
impegniamo a camminare per lo Spirito non
seguendo i desideri della carne, mediante l'uso costante dei mezzi di
grazia, ricordandoci che il nostro primo scopo deve essere sempre di
amare il
nostro Padre in cielo, e di conseguenza
i
fratelli in fede ed in prospettiva
tutti gli
uomini.
Paolo scriveva così ai fratelli della galazia:
Così dunque, finché ne abbiamo l'opportunità,
facciamo del
bene a tutti; ma specialmente ai fratelli in fede.
(Galati 6:10)