La Gioia della risurrezione

 

 

E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che venivano salvati.

( Atti 2:46-47 )

 

Di che gioia stiamo parlando?

Non sicuramente della gioia effimera di questo mondo, condizionata dagli eventi, dalle circostanze, dagli umori, dalla mia più o meno alta soddisfazione o autostima.

Niente di tutto questo.

Non sicuramente della gioia derivante dai nostri successi o dalle nostre ambizioni soddisfatte:

 

“Io ho detto in cuor mio: «Andiamo! Ti voglio mettere alla prova con la gioia, e tu godrai il piacere!» Ed ecco che anche questo è vanità.

Io ho detto del riso: «È una follia»; e della gioia: «A che giova?»

Io presi in cuor mio la decisione di abbandonare la mia carne alle attrattive del vino e, pur lasciando che il mio cuore mi guidasse saggiamente, di attenermi alla follia, per vedere ciò che è bene che gli uomini facciano sotto il cielo, durante il numero dei giorni della loro vita. Io intrapresi grandi lavori; mi costruii case; mi piantai vigne; mi feci giardini, parchi, e vi piantai alberi fruttiferi di ogni specie; mi costruii stagni per irrigare con essi il bosco dove crescevano gli alberi; comprai servi e serve, ed ebbi dei servi nati in casa; ebbi pure greggi e armenti, in gran numero, più di tutti quelli che erano stati prima di me a Gerusalemme;  accumulai argento, oro, e le ricchezze dei re e delle province; mi procurai dei cantanti e delle cantanti e ciò che fa la delizia dei figli degli uomini, cioè donne in gran numero. Così divenni grande e superai tutti quelli che erano stati prima di me a Gerusalemme; la mia saggezza rimase essa pure sempre con me.

Di tutto quello che i miei occhi desideravano io nulla rifiutai loro; non privai il cuore di nessuna gioia; poiché il mio cuore si rallegrava di ogni mia fatica, ed è la ricompensa che mi è toccata d'ogni mia fatica.

Poi considerai tutte le opere che le mie mani avevano fatte, e la fatica che avevo sostenuto per farle, ed ecco che tutto era vanità, un correre dietro al vento, e che non se ne trae alcun profitto sotto il sole.”    (Ecclesiaste 2:1-11)

Nemmeno della gioia derivante dalla soddisfazione delle cose materiali, la Parola di Dio ci insegna che:

“Chi ama l'argento non è saziato con l'argento; e chi ama le ricchezze non ne trae profitto di sorta.”  (Ecclesiaste 5:10)

Infatti l'amore del denaro è radice di ogni specie di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si sono procurati molti dolori.”

(1 Timoteo 6:10)

Neanche dalla gioia derivante dalla soddisfazione per le nostre fatiche e traguardi umani, a tale proposito Salomone scrive: “Che profitto ha l'uomo di tutta la fatica che sostiene sotto il sole?”    (Ecclesiaste 1:3)

“Io ho visto tutto ciò che si fa sotto il sole: ed ecco tutto è vanità, è un correre dietro al vento.”    (Ecclesiaste 1:14)

Neanche della gioia derivante da una sapienza umana, conoscenza intellettuale o filosofica, a tale proposito Salomone ci fa scuola:

“Ho applicato il cuore a conoscere la saggezza, e a conoscere la follia e la stoltezza; ho riconosciuto che anche questo è un correre dietro al vento.

Infatti, dov'è molta saggezza c'è molto affanno, e chi accresce la sua scienza accresce il suo dolore.”   (Ecclesiaste 1:17-18)

 

Ma allora di che gioia stiamo parlando?

Paolo scriveva ai tessalonicesi di una gioia procedente dallo Spirito Santo e prodotta dalla Parola di Dio in mezzo a molte sofferenze:

“Voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore, avendo ricevuto la parola in mezzo a molte sofferenze, con la gioia che dà lo Spirito Santo…”

(1 Tessalonicesi 1:6)

 

Che strana gioia!  Una gioia che cresce in mezzo a molte sofferenze!

Giacomo, nella sua lettera va ancora oltre, dice:

 

“Fratelli miei, considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate, sapendo che la prova della vostra fede produce costanza.

E la costanza compia pienamente l'opera sua in voi, perché siate perfetti e completi, di nulla mancanti. Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data.”

(Giacomo 1:2-5)

 

Una gioia da provare in mezzo a prove svariate…

Una gioia che proviene dalla consapevolezza che queste prove svariate producono la costanza, attitudine che ci rende perfetti e completi, di nulla mancanti!

E’ evidente che per accettare questo abbiamo necessariamente bisogno di una saggezza fuori dal mondo… …una saggezza che viene da Dio, e che Dio ce la vuole donare generosamente, senza rinfacciare… …chiediamola, altrimenti non potremo mai essere gioiosi nella prova!

La vita di un credente è tutta una prova costellata di tribolazioni, il Signore ce l’ha sempre ricordato:

“Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo.”

(Giovanni 16:33)

“E, dopo aver evangelizzato quella città e fatto molti discepoli, se ne tornarono a Listra, a Iconio e ad Antiochia, fortificando gli animi dei discepoli ed esortandoli a perseverare nella fede, dicendo loro che dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni.”   (Atti 14:21-22)

 

Paolo arriva a dire:

“Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini.”    (1 Corinzi 15:19)

 

L’esempio dei profeti di Dio dell’Antico Testamento, disprezzati e provati.

L’esempio degli apostoli e fratelli del Nuovo Testamento, perseguitati per il vangelo.

L’esempio supremo del nostro Signore Gesù Cristo, dipinto come:

“Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna.”   (Isaia 53:3)

Tutti questi esempi ci portano a considerare che la gioia di cui stiamo parlando si riferisce a qualcosa derivante da uno stato di benessere immediato.

“Poiché il tempo mi mancherebbe per raccontare di Gedeone, Barac, Sansone, Iefte, Davide, Samuele e dei profeti, i quali per fede conquistarono regni, praticarono la giustizia, ottennero l'adempimento di promesse, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, guarirono da infermità, divennero forti in guerra, misero in fuga eserciti stranieri.

Ci furono donne che riebbero per risurrezione i loro morti; altri furono torturati perché non accettarono la loro liberazione, per ottenere una risurrezione migliore; altri furono messi alla prova con scherni, frustate, anche catene e prigionia.

Furono lapidati, segati, uccisi di spada; andarono attorno coperti di pelli di pecora e di capra; bisognosi, afflitti, maltrattati (di loro il mondo non era degno), erranti per deserti, monti, spelonche e per le grotte della terra.

Tutti costoro, pur avendo avuto buona testimonianza per la loro fede, non ottennero ciò che era stato promesso.

Perché Dio aveva in vista per noi qualcosa di meglio, in modo che loro non giungessero alla perfezione senza di noi.

Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta.

Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l'infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio.”  (Ebrei 11:32 / 12:2)

 

“Perciò non ci scoraggiamo; ma, anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno.

Perché la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria, mentre abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; poiché le cose che si vedono sono per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne.”

(2 Corinzi 4:16-18)

 

Su cosa si fonda quindi la nostra gioia?

La nostra Gioia si fonda sulla certezza della risurrezione, Paolo parlando di questo splendido avvenimento scriveva così:

“Fratelli, non vogliamo che siate nell'ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza.

Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati.

Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore.

Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole.”

(1 Tessalonicesi 4:13-18)

 

La nostra Gioia è il sentimento di consolazione donatoci dallo Spirito Santo, vedendo per fede cosa saremo in Cristo Gesù alla Sua presenza.

Giobbe, in preda alla sua disperazione, nella profonda e dura prova esclamò:

“Ma io so che il mio Redentore vive e che alla fine si alzerà sulla polvere.

E quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo, senza la mia carne, vedrò Dio.

Io lo vedrò a me favorevole; lo contempleranno i miei occhi, non quelli d'un altro; il cuore, dal desiderio, mi si consuma!”    (Giobbe 19:25-27)

 

Il nostro cuore si consuma dal desiderio di vedere il nostro redentore?

 

“Vedete quale amore ci ha manifestato il Padre, dandoci di essere chiamati figli di Dio!

E tali siamo.

Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.

Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che quand'egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com'egli è.”   (1 Giovanni 3:1-2)

Che possiamo vivere nella Gioia del Signore e come Paolo affrontare i giorni della nostra vita con lo stesso sentimento che aveva lui:

“Infatti per me il vivere è Cristo e il morire guadagno.” (Filippesi 1:21)

 

“Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, poiché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi, e il mare non c'era più.

E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.

Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini!

Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio.

Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate».

E colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». Poi mi disse: «Scrivi, perché queste parole sono fedeli e veritiere», e aggiunse: «Ogni cosa è compiuta. Io sono l'alfa e l'omega, il principio e la fine.

A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell'acqua della vita.

Chi vince erediterà queste cose, io gli sarò Dio ed egli mi sarà figlio.

Ma per i codardi, gl'increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda».

Poi venne uno dei sette angeli che avevano le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò, dicendo: «Vieni e ti mostrerò la sposa, la moglie dell'Agnello».

Egli mi trasportò in spirito su una grande e alta montagna, e mi mostrò la santa città, Gerusalemme, che scendeva dal cielo da presso Dio, con la gloria di Dio.

Il suo splendore era simile a quello di una pietra preziosissima, come una pietra di diaspro cristallino.

Aveva delle mura grandi e alte; aveva dodici porte, e alle porte dodici angeli.

Sulle porte erano scritti dei nomi, che sono quelli delle dodici tribù dei figli d'Israele.

Tre porte erano a oriente, tre a settentrione, tre a mezzogiorno e tre a occidente.

Le mura della città avevano dodici fondamenti, e su quelli stavano i dodici nomi di dodici apostoli dell'Agnello.

E colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura.

E la città era quadrata, e la sua lunghezza era uguale alla larghezza; egli misurò la città con la canna, ed era dodicimila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza erano uguali.

Ne misurò anche le mura ed erano di centoquarantaquattro cubiti, a misura d'uomo, adoperata dall'angelo.

Le mura erano costruite con diaspro e la città era d'oro puro, simile a terso cristallo.

I fondamenti delle mura della città erano adorni d'ogni specie di pietre preziose.

Il primo fondamento era di diaspro; il secondo di zaffiro; il terzo di calcedonio; il quarto di smeraldo; il quinto di sardonico; il sesto di sardio; il settimo di crisòlito; l'ottavo di berillo; il nono di topazio; il decimo di crisopazio; l'undicesimo di giacinto; il dodicesimo di ametista.

Le dodici porte erano dodici perle e ciascuna era fatta da una perla sola.

La piazza della città era d'oro puro, simile a cristallo trasparente.

Nella città non vidi alcun tempio, perché il Signore, Dio onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno di sole, né di luna che la illumini, perché la gloria di Dio la illumina, e l'Agnello è la sua lampada.

Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra vi porteranno la loro gloria.

Di giorno le sue porte non saranno mai chiuse (la notte non vi sarà più); e in lei si porterà la gloria e l'onore delle nazioni.

E nulla di impuro, né chi commetta abominazioni o falsità, vi entrerà; ma soltanto quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello.

Poi mi mostrò il fiume dell'acqua della vita, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello.

In mezzo alla piazza della città e sulle due rive del fiume stava l'albero della vita.

Esso dà dodici raccolti all'anno, porta il suo frutto ogni mese e le foglie dell'albero sono per la guarigione delle nazioni.

Non ci sarà più nulla di maledetto.

Nella città vi sarà il trono di Dio e dell'Agnello; i suoi servi lo serviranno, vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome scritto sulla fronte.

Non ci sarà più notte; non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli.

Poi mi disse: «Queste parole sono fedeli e veritiere; e il Signore, il Dio degli spiriti dei profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi ciò che deve accadere tra poco».

«Ecco, sto per venire. Beato chi custodisce le parole della profezia di questo libro».

Io, Giovanni, sono quello che ha udito e visto queste cose.”

 (Apocalisse 21:1 / 22:8)

Gianni Marinuzzi