Vite trasformate

 

 

La chiamata di Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni:

“Mentre egli stava in piedi sulla riva del lago di Gennesaret e la folla si stringeva intorno a lui per udire la parola di Dio,

Gesù vide due barche ferme a riva: da esse i pescatori erano smontati e lavavano le reti.

Montato su una di quelle barche, che era di Simone, lo pregò di scostarsi un poco da terra; poi, sedutosi sulla barca, insegnava alla folla.

Com'ebbe terminato di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo, e gettate le reti per pescare».

Simone gli rispose: «Maestro, tutta la notte ci siamo affaticati, e non abbiamo preso nulla; però, secondo la tua parola, getterò le reti».

E, fatto così, presero una tal quantità di pesci, che le reti si rompevano.

Allora fecero segno ai loro compagni dell'altra barca, di venire ad aiutarli.

Quelli vennero e riempirono tutt'e due le barche, tanto che affondavano.

Simon Pietro, veduto ciò, si gettò ai piedi di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Perché spavento aveva colto lui, e tutti quelli che erano con lui, per la quantità di pesci che avevano presi, e così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone.

Allora Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». Ed essi, tratte le barche a terra, lasciarono ogni cosa e lo seguirono.” (Luca 5:1-11)

Tutti costoro sono pescatori, molto probabilmente è l’unica cosa che sanno fare, in quel tempo in pochi erano istruiti, la maggior parte iniziava a lavorare molto giovane e senza particolare istruzione, loro vivevano a Capernaum, una città in riva al mare di Galilea e facevano il lavoro sicuramente più usuale tra i loro concittadini e, nel caso di Giovanni e Giacomo sicuramente ereditato dal padre.

La chiamata di Gesù per Pietro (e per tutti loro cfr Matteo 4:19):

 

“Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini”

oppure

“Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini”

 

Vede nelle loro capacità materiali e nella loro umana occupazione una opportunità!

Vede il loro dono naturale, la loro dedizione e capisce come valorizzarle per la Sua Gloria!

Vede il loro potenziale spirituale fino ad allora soffocato dalla assenza di Spirito Santo e vuole esaltarlo alla Sua Gloria.

Non propone loro di fare chissà quale altra cosa, semplicemente li invita a “cambiare Signore”.

Prima lavoravano per se stessi o per un padrone terrestre, Egli li chiama a svolgere lo stesso lavoro ( con pesci di diversa natura ) ma per Lui.

Con una bella similitudine al loro mestiere, Gesù descrive loro il nuovo incarico al quale Egli li chiama come identico al primo ma più degno e più sublime nel suo scopo e nei mezzi con i quali lo si deve raggiungere.

 

Il Signore voleva che da questo loro mestiere essi imparassero simbolicamente la natura della futura loro vocazione, ed a tale scopo scolpì questa lezione nei loro cuori per mezzo di un miracolo.

Essi avevano fino a quel momento lavorato per procacciarsi il necessario prendendo dei pesci con la rete; ma da ora in poi dovranno pescare le anime degli uomini, per promuovere la gloria del Signore, una nuova e molto più nobile occupazione.

Da quel giorno essi cessarono di vivere in funzione del loro incarico terreno per seguire il loro Signore.

 

Niente di diverso ma è tutto nuovo!

Gli apostoli non persero le loro caratteristiche umane, probabilmente non migliorarono il loro status, ma l’Opera di trasformazione dello Spirito Santo in loro fu innegabile, anche i loro nemici dovettero ammetterla:

“Essi, vista la franchezza di Pietro e di Giovanni, si meravigliavano, avendo capito che erano popolani senza istruzione; riconoscevano che erano stati con Gesù e, vedendo l'uomo che era stato guarito, lì presente con loro, non potevano dir niente in contrario.” (Atti 4:13-14)

 

La testimonianza e la vita di Paolo:”

Re Agrippa, io mi ritengo felice di potermi oggi discolpare davanti a te di tutte le cose delle quali sono accusato dai Giudei, soprattutto perché tu hai conoscenza di tutti i riti e di tutte le questioni che ci sono tra i Giudei; perciò ti prego di ascoltarmi pazientemente.

Quale sia stata la mia vita fin dalla mia gioventù, che ho trascorsa a Gerusalemme in mezzo al mio popolo, è noto a tutti i Giudei, perché mi hanno conosciuto fin da allora, e sanno, se pure vogliono renderne testimonianza, che, secondo la più rigida setta della nostra religione, sono vissuto da fariseo.

E ora sono chiamato in giudizio per la speranza nella promessa fatta da Dio ai nostri padri; della quale promessa le nostre dodici tribù, che servono con fervore Dio notte e giorno, sperano di vedere il compimento.

Per questa speranza, o re, sono accusato dai Giudei!

Perché mai si giudica da voi cosa incredibile che Dio risusciti i morti?

Quanto a me, in verità pensai di dover lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno.

Questo infatti feci a Gerusalemme; e avendone ricevuta l'autorizzazione dai capi dei sacerdoti, io rinchiusi nelle prigioni molti santi; e, quand'erano messi a morte, io davo il mio voto. E spesso, in tutte le sinagoghe, punendoli, li costringevo a bestemmiare; e, infuriato oltremodo contro di loro, li perseguitavo fin nelle città straniere.
Mentre mi dedicavo a queste cose e andavo a Damasco con l'autorità e l'incarico da parte dei capi dei sacerdoti, a mezzogiorno vidi per strada, o re, una luce dal cielo, più splendente del sole, la quale sfolgorò intorno a me e ai miei compagni di viaggio. Tutti noi cademmo a terra, e io udii una voce che mi disse in lingua ebraica: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ti è duro ricalcitrare contro il pungolo".

Io dissi: "Chi sei, Signore?" E il Signore rispose: "Io sono Gesù, che tu perseguiti.

Ma àlzati e sta' in piedi perché per questo ti sono apparso: per farti ministro e testimone delle cose che hai viste, e di quelle per le quali ti apparirò ancora, liberandoti da questo popolo e dalle nazioni, alle quali io ti mando per aprire loro gli occhi, affinché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ricevano, per la fede in me, il perdono dei peccati e la loro parte di eredità tra i santificati".

Perciò, o re Agrippa, io non sono stato disubbidiente alla visione celeste; ma, prima a quelli di Damasco, poi a Gerusalemme e per tutto il paese della Giudea e fra le nazioni, ho predicato che si ravvedano e si convertano a Dio, facendo opere degne del ravvedimento.” (Atti 26:2-20)

 

Paolo era un uomo istruito nella tradizione dei suoi padri ed era un uomo estremamente pieno di zelo.

Egli stesso ammette: “… in verità pensai di dover lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno.”

Come per il precedente esempio degli apostoli, il Signore vede in Paolo le caratteristiche di un Suo buon discepolo.

Vede nelle sue capacità materiali e nella sua perversa occupazione una opportunità!

Vede il suo zelo, la sua dedizione e capisce come valorizzarle per la Sua Gloria!

Vede il suo potenziale spirituale fino ad allora soffocato dalla assenza di Spirito Santo e vuole esaltarlo alla Sua Gloria.

Non lo chiama a fare chissà quale altra cosa, semplicemente lo chiama a “cambiare Signore”.

Prima lavorava “contro il nome di Gesù” ora lo chiama a lavorare “per il nome di Gesù”.

 

Gesù descrive a Paolo il nuovo incarico al quale Egli lo chiama, del tutto simile al primo ma più degno e più sublime nel suo scopo e con dei nuovi mezzi ( l’amore e non la costrizione ) con i quali lo si deve raggiungere.

Noi spesso ci chiediamo quale sia la volontà di Dio per noi nello specifico.

L’effetto della predicazione di Paolo e della Parola di Dio è sintetizzato nelle parole del verso 20 del nostro testo:

-          Si ravvedano

-          Si converta a Dio

-          Facendo opere degne del ravvedimento

 

       Si ravvedano

 Ravvedimento, nella teologia cristiana, traduce il termine greco μετανοια, che significa "trasformazione della mente", e che è spesso usato nella Septuaginta per tradurre il termine tardo ebraico nacham.

Definito in questo modo, "ravvedimento" potrebbe apparire qualcosa di esclusivamente intellettuale.

Non è così, in quanto gli scrittori della Bibbia erano fortemente consapevoli dell'unità della personalità umana.

"Trasformare la mente" era essenzialmente modificare il nostro atteggiamento e così, almeno in principio, cambiare il nostro modo di agire e l'intero modo di vivere.

Il ravvedimento è un principio importante nella predicazione biblica (Geremia 25, 1-7; Marco 1,15; Marco 6,12; Luca 1,16 e sgg.; Atti 2,38 ecc.).

Un brano dell'Antico Testamento che non usa questa parola, esprime bene il suo significato: "Chi copre le sue colpe non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia" (Proverbi 28,13).

Il ravvedimento è un aspetto della conversione, l'altro è la fede.

Essi sono due aspetti di un'unica esperienza, quella in cui un uomo o una donna abbandona ciò che Dio considera peccato e si affida completamente a Cristo.

L'iniziale ravvedimento dovrebbe condurre alla rinuncia abituale al peccato.

Anche l’apostolo Pietro utilizzò questo termine nella sua prima predicazione pubblica:

“Udite queste cose, essi furono compunti nel cuore, e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Fratelli, che dobbiamo fare?»

E Pietro a loro: «Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo. Perché per voi è la promessa, per i vostri figli, e per tutti quelli che sono lontani, per quanti il Signore, nostro Dio, ne chiamerà».

E con molte altre parole li scongiurava e li esortava, dicendo: «Salvatevi da questa perversa generazione».” (Atti 2 37-40)

 

      Si convertano a Dio

Nell'Antico Testamento il concetto di conversione è direttamente collegato al termine ebraico 'שׁוּב' (shûb), il dodicesimo verbo più usato nella Bibbia ebraica che significa "volgersi, tornare, ritornare".

È pure associato al verbo ebraico 'נחם' (nâcham), che significa "dispiacersi, essere dispiaciuti".

Nell'ambito della fede cristiana la conversione è essenzialmente conversione "a Dio", quando una persona o persino un popolo, prende coscienza di quanto sia rovinosa una vita impostata ignorando Dio e la Sua volontà rivelata, da essa si ravvede e ritorna a Lui.

Esemplare, a questo riguardo, è l'esortazione biblica:

"Lasci l'empio la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; si converta egli al SIGNORE che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare." (Isaia 55:7)

Nel Nuovo Testamento, i due termini principali connessi a questo concetto sono πιστρέφω (epistrephō) e μετανοέω (metanoeō). Quest'ultimo termine, insieme ai suoi derivati significa un rinnovamento di mente e cuore, un ravvedimento fatto di tutto cuore.

Gesù disse: "In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli" (NR).  (Matteo 18:3)

 Nella fede cristiana essa è esemplificata nell'uomo o nella donna che, dopo avere udito il messaggio dell'Evangelo, abbandona il modo di essere e di vivere seguito fino a quel momento, dà piena fiducia a Gesù Cristo come proprio Signore e Salvatore e lo segue: "Gesù parlò loro di nuovo, dicendo: «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita.»" (Giovanni 8:12)

Il ravvedimento (volgersi da) e la fede (volgersi verso) sono considerati di solito le due facce della conversione e come tali figurano in modo prominente nel linguaggio biblico.

La conversione è un atto consapevole da parte del soggetto, non un avvenimento di cui si faccia esperienza passiva.

Per il cristiano, la vita trasformata dell'uomo o della donna convertiti sono l'espressione esteriore un "cuore" cambiato.

Esempi biblici di questo sono la conversione di Paolo (Atti 9), quella dell'eunuco etiope (Atti 8:26-40), quella del figlio prodigo (Luca 15:11-32) e quella di Zaccheo (Luca 19:2-10).

La necessità del peccatore di convertirsi è descritta da Gesù e dagli apostoli:

"Ravvedetevi dunque e convertitevi, perché i vostri peccati siano cancellati.” (Atti 3:19)

“Essi dunque, accompagnati per un tratto dalla chiesa, attraversarono la Fenicia e la Samaria, raccontando la conversione degli stranieri e suscitando grande gioia in tutti i fratelli."  (Atti 15:3)

Negli Atti, la conversione è spesso presentata con l'immagine delle due vie e della scelta della via del Signore:

“Saulo, sempre spirante minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote, e gli chiese delle lettere per le sinagoghe di Damasco affinché, se avesse trovato dei seguaci della Via, uomini e donne, li potesse condurre legati a Gerusalemme.” (Atti 9:1-2)

“Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma allevato in questa città, educato ai piedi di Gamaliele nella rigida osservanza della legge dei padri; sono stato zelante per la causa di Dio, come voi tutti siete oggi; perseguitai a morte questa Via, legando e mettendo in prigione uomini e donne.” (Atti 22:3-4)

“Fratelli miei, se qualcuno tra di voi si svia dalla verità e uno lo riconduce indietro, costui sappia che chi avrà riportato indietro un peccatore dall'errore della sua via salverà l'anima del peccatore dalla morte e coprirà una gran quantità di peccati.” (Giacomo 5:19-20)

La nuova via implica un nuovo tipo di vita:

“Siate dunque imitatori di Dio, perché siete figli da lui amati; e camminate nell'amore come anche Cristo vi ha amati e ha dato se stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio quale profumo di odore soave.” (Efesini 5:1-2)

“Perciò anche noi, dal giorno che abbiamo saputo questo, non cessiamo di pregare per voi e di domandare che siate ricolmi della profonda conoscenza della volontà di Dio con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché camminiate in modo degno del Signore per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio; fortificati in ogni cosa dalla sua gloriosa potenza, per essere sempre pazienti e perseveranti; ringraziando con gioia il Padre che vi ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce.” (Colossesi 1:9-12)

La conversione implica elementi intellettuali, emotivi e volitivi, incluso un rapporto dottrinale o un'affermazione della Signoria di Cristo, l'accoglienza della Sua opera redentrice, una personale devozione a Lui, l'impegno della comunione nella comunità dei cristiani e la trasformazione etica della vita. 

    Facendo opere degne del ravvedimento

 

Questa è la naturale conseguenza esteriore di un qualcosa che è realmente avvenuto interiormente.

     La spiegazione di questo la troviamo spiegata nella lettera di Giacomo:

“Perciò, deposta ogni impurità e residuo di malizia, ricevete con dolcezza la parola che è stata piantata in voi, e che può salvare le anime vostre.

Ma mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi. Perché, se uno è ascoltatore della parola e non esecutore, è simile a un uomo che guarda la sua faccia naturale in uno specchio; e quando si è guardato se ne va, e subito dimentica com'era.

Ma chi guarda attentamente nella legge perfetta, cioè nella legge della libertà, e in essa persevera, non sarà un ascoltatore smemorato ma uno che la mette in pratica; egli sarà felice nel suo operare.

Se uno pensa di essere religioso, ma poi non tiene a freno la sua lingua e inganna se stesso, la sua religione è vana.  La religione pura e senza macchia davanti a Dio e Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, e conservarsi puri dal mondo.” (Giacomo 1:21-27)

 

“A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo?

Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro: «Andate in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve?  Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta.

Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».

Tu credi che c'è un solo Dio, e fai bene; anche i demòni lo credono e tremano. Insensato!

Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore?

Abraamo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere quando offrì suo figlio Isacco sull'altare?

Tu vedi che la fede agiva insieme alle sue opere e che per le opere la fede fu resa completa; così fu adempiuta la Scrittura che dice: «Abraamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto come giustizia»; e fu chiamato amico di Dio.

Dunque vedete che l'uomo è giustificato per opere, e non per fede soltanto. E così Raab, la prostituta, non fu anche lei giustificata per le opere quando accolse gli inviati e li fece ripartire per un'altra strada?

Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.” (Giacomo 2:14-26)

 

Cosa dobbiamo fare dunque?

Immaginiamo chissà quale esperienza spirituale dobbiamo aspettarci… …probabilmente non dobbiamo capire quale sarà la volontà di Dio…

dobbiamo semplicemente fare quello che sappiamo, quello che abbiamo sempre fatto, ma farlo per il nostro Signore e farlo bene!

Farlo e farlo bene! Questa deve essere invece la nostro occupazione!

 

Abbiamo due bei esempi di esortazione a riguardo:

 

    Archippo:

Dite ad Archippo: «Bada al servizio che hai ricevuto nel Signore, per compierlo bene».” (Colossesi 4:17)

Archippo era un fratello della Chiesa di Colosse, la stessa chiesa di Filemone e nella casa del quale si radunavano.

L’esortazione di Paolo per Archippo è quella di badare al servizio che ha ricevuto dal Signore per compierlo bene!

Che sia questa una esortazione per ciascuno di noi!

 

   Timoteo:

 

“Applicati, finché io venga, alla lettura, all'esortazione, all'insegnamento.

Non trascurare il dono che è in te e che ti fu dato mediante la parola profetica insieme all'imposizione delle mani dal collegio degli anziani.

Òccupati di queste cose e dèdicati interamente ad esse perché il tuo progresso sia manifesto a tutti. Bada a te stesso e all'insegnamento; persevera in queste cose perché, facendo così, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano.”(1 Timoteo 4:13-16)

Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te mediante l'imposizione delle mie mani.

Dio infatti ci ha dato uno spirito non di timidezza, ma di forza, d'amore e di autocontrollo. Non aver dunque vergogna della testimonianza del nostro Signore, né di me, suo carcerato; ma soffri anche tu per il vangelo, sorretto dalla potenza di Dio.” (2 Timoteo 1:6-8)

Timoteo era un promettente fratello della città di Listra che si unì a Paolo fin dal suo secondo viaggio missionario e fu un suo discepolo obbediente e molto amato da Paolo.

Egli era un ragazzo probabilmente timido e poco coraggioso e come molti giovani a volte attratto dal mondo, dallo sport… …queste cose si possono ipotizzare leggendo tra le pieghe delle due lettere che Paolo gli scrisse dal suo ultimo periodo di prigionia a Roma.

Paolo lo esorta nella sua prima lettera a non trascurare il dono che ha in sé, nella seconda lettera a ravvivare il dono, quasi che temesse si dovesse spegnere, morire.

Questo deve essere un monito per noi, proprio a Timoteo Paolo propose il suo esempio come suo ( e nostro ) incoraggiamento:

 

“Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza è giunto. Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede.

Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione.”(2 Timoteo 4:6-8)

La esortazione di Paolo è la stessa che possiamo trarre dall’insegnamento di Salomone:

“Passai presso il campo del pigro e presso la vigna dell'uomo privo di senno; ed ecco le spine vi crescevano dappertutto, i rovi ne coprivano il suolo, e il muro di cinta era in rovina.

Considerai la cosa e mi posi a riflettere; e da quel che vidi trassi una lezione: dormire un po', sonnecchiare un po', incrociare un po' le mani per riposare... e la tua povertà verrà come un ladro e la tua miseria, come un uomo armato.” (Proverbi 24:30-34)

 

La pigrizia, secondo il passo che abbiamo letto è una “non azione” di chi è privo di senno.

L’uomo privo di senno fa crescere davanti alla sua casa spine e rovi ( simbolo della maledizione di Dio nei confronti dell’uomo nell’eden in conseguenza del peccato dell’uomo – cfr Genesi 3:18 ), ovvero si abbandona all’incuria e lascia cadere ogni tipo di protezione (il muro di cinta).

 

Questo modo di agire è per Dio un azione di un uomo privo di senno!

Un figlio di Dio non deve vivere così!

Applichiamo quindi a noi stessi questi insegnamenti.

 

Innanzi tutto, vogliamo seguire il nostro Signore in questa Sua nuova Via?

Siamo disposti a seguire Lui rinunciando a noi stessi?

Capiamo bene che il Signore non si aspetta da noi altro che quello che possiamo darGli, non si aspetta di ricevere quello che non abbiamo e non siamo in grado di dare, ma Egli si compiace di quello che abbiamo, purchè sia per Lui.

Ricordiamoci dell’offerta della vedova:

“Poi, alzati gli occhi, Gesù vide dei ricchi che mettevano i loro doni nella cassa delle offerte.

Vide anche una vedova poveretta che vi metteva due spiccioli; e disse: «In verità vi dico che questa povera vedova ha messo più di tutti; perché tutti costoro hanno messo nelle offerte del loro superfluo; ma lei vi ha messo del suo necessario, tutto quello che aveva per vivere».” (Luca 21:1-4)

Cosa sappiamo fare? Cosa abbiamo fatto fino ad ora?

Mettiamo le nostre capacità a servizio del Signore, Egli li moltiplicherà, proprio come i cinque pani ed i due pesci del giovane che portò al Signore.

“Gesù dunque, alzati gli occhi e vedendo che una gran folla veniva verso di lui, disse a Filippo: «Dove compreremo del pane perché questa gente abbia da mangiare?»

Diceva così per metterlo alla prova; perché sapeva bene quello che stava per fare.

Filippo gli rispose: «Duecento denari di pani non bastano perché ciascuno ne riceva un pezzetto».

Uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro, gli disse: «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cosa sono per tanta gente?»

Gesù disse: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. La gente dunque si sedette, ed erano circa cinquemila uomini.

Gesù, quindi, prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì alla gente seduta; lo stesso fece dei pesci, quanti ne vollero.

Quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché niente si perda».

Essi quindi li raccolsero e riempirono dodici ceste di pezzi che di quei cinque pani d'orzo erano avanzati a quelli che avevano mangiato.” (Giovanni 6:5-13)

 

Così ciascuno di noi, esamini se stesso e sia disposto a mettersi da parte per il Signore (santificarsi) con il dono che Dio gli ha dato!

Gianni Marinuzzi