La giustizia di dio nella sua scelta sovrana :

 

La rivelazione della scelta sovrana

 

LETTERA di Paolo ai ROMANI 9:1-29

 

      

Dico la verità in Cristo, non mento - poiché la mia coscienza me lo conferma per mezzo dello Spirito Santo - ho una grande tristezza e una sofferenza continua nel mio cuore; perché io stesso vorrei essere anatema, separato da Cristo, per amore dei miei fratelli, miei parenti secondo la carne, cioè gli Israeliti, ai quali appartengono l'adozione, la gloria, i patti, la legislazione, il servizio sacro e le promesse; ai quali appartengono i padri e dai quali proviene, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno. Amen!

Però non è che la parola di Dio sia caduta a terra; infatti non tutti i discendenti d'Israele sono Israele; né per il fatto di essere stirpe d'Abraamo, sono tutti figli d'Abraamo; anzi: «È in Isacco che ti sarà riconosciuta una discendenza».

Cioè, non i figli della carne sono figli di Dio; ma i figli della promessa sono considerati come discendenza. Infatti, questa è la parola della promessa: «In questo tempo verrò, e Sara avrà un figlio».

Ma c'è di più! Anche a Rebecca avvenne la medesima cosa quand'ebbe concepito figli da un solo uomo, da Isacco nostro padre; poiché, prima che i gemelli fossero nati e che avessero fatto del bene o del male (affinché rimanesse fermo il proponimento di Dio, secondo elezione, che dipende non da opere, ma da colui che chiama), le fu detto:
«Il maggiore servirà il minore»; com'è scritto: «Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù».

Che diremo dunque? Vi è forse ingiustizia in Dio? No di certo!

Poiché egli dice a Mosè: «Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò compassione di chi avrò compassione».

Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia.

La Scrittura infatti dice al faraone: «Appunto per questo ti ho suscitato: per mostrare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato per tutta la terra».

Così dunque egli fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole.

Tu allora mi dirai: «Perché rimprovera egli ancora? Poiché chi può resistere alla sua volontà?»

Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio? La cosa plasmata dirà forse a colui che la plasmò: «Perché mi hai fatta così?»

Il vasaio non è forse padrone dell'argilla per trarre dalla stessa pasta un vaso per uso nobile e un altro per uso ignobile?

Che c'è da contestare se Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza dei vasi d'ira preparati per la perdizione, e ciò per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso dei vasi di misericordia che aveva già prima preparati per la gloria, cioè verso di noi, che egli ha chiamato non soltanto fra i Giudei ma anche fra gli stranieri?

Così egli dice appunto in Osea: «Io chiamerò "mio popolo" quello che non era mio popolo e "amata" quella che non era amata»; e «Avverrà che nel luogo dov'era stato detto: "Voi non siete mio popolo", là saranno chiamati "figli del Dio vivente"».

Isaia poi esclama riguardo a Israele: «Anche se il numero dei figli d'Israele fosse come la sabbia del mare, solo il resto sarà salvato; perché il Signore eseguirà la sua parola sulla terra in modo rapido e definitivo».

Come Isaia aveva detto prima: «Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato una discendenza, saremmo diventati come Sodoma e saremmo stati simili a Gomorra».

 

***

 

Svolgendo il programma enunciato all’inizio della lettera:

Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco; poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com'è scritto: «Il giusto per fede vivrà».  (Romani 1:16-17)

 

Paolo ha finora dimostrato che l'Evangelo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede perchè rivela come, in Cristo, il peccatore (giudeo o gentile) può essere giustificato.

Ha poi esposto l'Evangelo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, perchè nel provvedere alla giustificazione, provvede anche alla trasformazione del credente all'immagine perfetta e gloriosa di Cristo (santificazione).

Nel suo programma, l'Apostolo aveva specificato: del Giudeo prima e poi del Greco; e con queste parole voleva accennare al piano divino secondo il quale il popolo giudeo, preparato dalla Legge e dalla Profezia, avrebbe dovuto ricevere per primo il Messia, e quindi farsene egli stesso l'araldo nel mondo pagano.

Questo piano è più volte descritto negli scritti profetici:

Sorgi, risplendi, poiché la tua luce è giunta, e la gloria del SIGNORE è spuntata sopra di te! Infatti, ecco, le tenebre coprono la terra e una fitta oscurità avvolge i popoli; ma su di te sorge il SIGNORE e la sua gloria appare su di te.

Le nazioni cammineranno alla tua luce, i re allo splendore della tua aurora.

Alza gli occhi e guàrdati attorno; tutti si radunano e vengono da te; i tuoi figli giungono da lontano, arrivano le tue figlie, portate in braccio.

Allora guarderai e sarai raggiante, il tuo cuore palpiterà forte e si allargherà, poiché l'abbondanza del mare si volgerà verso di te, la ricchezza delle nazioni verrà da te.

Una moltitudine di cammelli ti coprirà, dromedari di Madian e di Efa; quelli di Seba verranno tutti, portando oro e incenso, e proclamando le lodi del SIGNORE.

Tutte le greggi di Chedar si raduneranno presso di te, i montoni di Nebaiot saranno al tuo servizio; saliranno sul mio altare come offerta gradita, e io onorerò la mia casa gloriosa.

Chi mai sono costoro che volano come una nuvola, come colombi verso le loro colombaie?

Sono le isole che spereranno in me e avranno alla loro testa le navi di Tarsis, per ricondurre i tuoi figli da lontano con argento e con oro, per onorare il nome del SIGNORE, tuo Dio, del Santo d'Israele, che ti avrà glorificata.

I figli dello straniero ricostruiranno le tue mura, i loro re saranno al tuo servizio; poiché io ti ho colpita nel mio sdegno, ma nella mia benevolenza ho avuto pietà di te.

Le tue porte saranno sempre aperte; non saranno chiuse né giorno né notte, per lasciar entrare in te la ricchezza delle nazioni e i loro re in corteo.

Poiché la nazione e il regno che non vorranno servirti, periranno; quelle nazioni saranno completamente distrutte.

La gloria del Libano verrà a te, il cipresso, il platano e il larice verranno assieme
per ornare il luogo del mio santuario, e io renderò glorioso il luogo dove posano i miei piedi.

I figli di quelli che ti avranno oppressa verranno da te, abbassandosi; tutti quelli che ti avranno disprezzata si prostreranno fino alla pianta dei tuoi piedi e ti chiameranno la città del SIGNORE, la Sion del Santo d'Israele.

Invece di essere abbandonata, odiata, al punto che anima viva più non passava da te, io farò di te il vanto dei secoli, la gioia di tutte le epoche.

Tu popperai il latte delle nazioni, popperai al seno dei re, e riconoscerai che io, il SIGNORE, sono il tuo Salvatore, io, il Potente di Giacobbe, sono il tuo Redentore.

Invece di bronzo farò affluire oro; invece di ferro farò affluire argento; invece di legno, bronzo; invece di pietre, ferro; io ti darò per magistrato la pace, per governatore la giustizia.

Non si udrà più parlare di violenza nel tuo paese, di devastazione e di rovina entro i  tuoi confini; ma chiamerai le tue mura: Salvezza, e le tue porte: Lode.

Non più il sole sarà la tua luce, nel giorno; e non più la luna t'illuminerà con il suo  chiarore; ma il SIGNORE sarà la tua luce perenne, il tuo Dio sarà la tua gloria.

Il tuo sole non tramonterà più, la tua luna non si oscurerà più; poiché il SIGNORE sarà la tua luce perenne, i giorni del tuo lutto saranno finiti.

Il tuo popolo sarà tutto un popolo di giusti; essi possederanno il paese per sempre; essi, che sono il germoglio da me piantato, l'opera delle mie mani, per manifestare la mia gloria.

Il più piccolo diventerà un migliaio; il minimo, una nazione potente.

Io, il SIGNORE, affretterò le cose a suo tempo».

(Isaia 60:1-22)

 

In quei giorni avverrà che dieci uomini di tutte le lingue delle nazioni piglieranno un Giudeo per il lembo della veste e diranno: 'Noi verremo con voi perché abbiamo udito che Dio è con voi'

(Zaccaria 6:23)

 

Invece è avvenuto che nella sua maggioranza, il popolo privilegiato aveva rigettato il Messia e si era mostrato sempre più avverso all'Evangelo proclamato dagli Apostoli:

È venuto in casa sua e i suoi non l'hanno ricevuto…

(Giovanni 1:11)

 

E Gesù pianse su Gerusalemme, ricordando la profezia a loro riguardo nonostante il loro rifiuto:

Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta.

Io vi dico che non mi vedrete più, fino al giorno in cui direte: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore!"

(Luca 13:34-35)

 

Questo increscioso fatto fu denunciato pubblicamente il giorno della pentecoste da Pietro:

Uomini d'Israele, ascoltate queste parole! Gesù il Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra di voi mediante opere potenti, prodigi e segni che Dio fece per mezzo di lui, tra di voi, come voi stessi ben sapete, quest'uomo, quando vi fu dato nelle mani per il determinato consiglio e la prescienza di Dio, voi, per mano di iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste; ma Dio lo risuscitò, avendolo sciolto dagli angosciosi legami della morte, perché non era possibile che egli fosse da essa trattenuto…

Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato; di ciò, noi tutti siamo testimoni.

Egli dunque, essendo stato esaltato dalla destra di Dio e avendo ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, ha sparso quello che ora vedete e udite…

…Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso.

(tratto da Atti 2:22-36)

 

E dando così alla persecuzione dei cristiani da parte di coloro che avrebbero invece esserne i primi divulgatori e che invece colmano così la misura dei loro peccati, avviandosi cosi incontro all’ira finale di Dio:

…anche voi avete sofferto da parte dei vostri connazionali le stesse tribolazioni che quelle chiese hanno sofferto da parte dei Giudei, i quali hanno ucciso il Signore Gesù e i profeti, e hanno cacciato noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, impedendoci di parlare agli stranieri perché siano salvati.

Colmano così senza posa la misura dei loro peccati; ma ormai li ha raggiunti l'ira finale.

(1 Tessalonicesi 2:14-16)

 

La triste realtà dei fatti potrà annientare il piano di Dio promesso loro?

 

La risposta di Paolo si fonda sopra un duplice principio:

 1)    La sorte dei popoli (giudei e greci), come quella degli individui (tutti singolarmente), dipende dalla posizione di fede o di incredulità che essi prendono di fronte all'Evangelo di Cristo.

 2)      L'attuale incredulità della massa dei giudei è la ragione della sua attuale reiezione, ma Dio è fedele e non lascia cadere i suoi disegni, un residuo esiste sempre, anche in Israele, che risponde alla vocazione divina.

Se il disegno di Dio sembra subire “un ritardo nel suo compimento”, questo comunque avverrà… …Israele sarà salvato e la sua conversione determinerà la risurrezione spirituale di tutte le famiglie della terra.

 

Come già fatto per il tema della giustificazione, Paolo prende la Scrittura per dimostrare come Dio non si contraddice mai, anche quando a noi può sembrare di vederlo in contraddizione.

E, come al capitolo 4 ha preso l’esempio di Abramo per dimostrare la giustificazione per fede e non per le opere della Legge, come al capitolo 5:12-21 ha preso l’esempio di Adamo per dimostrare l’universalità della giustificazione vitale in Cristo, così adesso prende la storia del popolo di Israele per dimostrare come Dio sa portare a compimento il Suo disegno benevolo, al di là della fedeltà dimostrata dal Suo popolo, perché sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il Suo disegno. Perché quelli che ha preconosciuti li ha pure predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio Suo, affinchè Egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati. (Romani 8:28-30)

In questo passo Paolo espone la dottrina dell’elezione a causa di un problema che egli sentiva fortemente nel suo cuore… Israele e il suo destino…

I giudei si gloriavano del fatto che erano il solo popolo eletto di Dio, ma ora davanti alla manifestazione della Grazia di Dio in Cristo, essi erano sempre meno coinvolti… nella loro maggioranza addirittura ostili… quindi Dio aveva abbandonato il suo popolo eletto al loro destino?

 

La trattazione comprende tre paragrafi.

 

1 - Romani 9:1-29 Dopo espresso il proprio dolore per lo stato d'Israele, Paolo dimostra che la reiezione, anche della maggioranza d'esso, non contraddice le dichiarazioni della Parola di Dio, la quale proclama la sovranità di Lui nella conoscenza delle persone che hanno da far parte del suo popolo.

 2 - Romani 9:30-10:21 La reiezione di Israele è il risultato dalla sua cecità spirituale e dalla sua disubbidienza di fronte alla proclamazione del Vangelo della grazia.

 3 - Romani 11 La reiezione d'Israele non è però nè totale, nè definitiva, ed è nella sapienza di Dio, volta al bene dei pagani; i quali  contribuiranno alla finale conversione di Israele che segnerà il punto culminante dello svolgimento del Regno di Dio sulla terra.

 

***

 Dico la verità in Cristo, non mento - poiché la mia coscienza me lo conferma per mezzo dello Spirito Santo - ho una grande tristezza e una sofferenza continua nel mio cuore; perché io stesso vorrei essere anatema, separato da Cristo, per amore dei miei fratelli, miei parenti secondo la carne, cioè gli Israeliti, ai quali appartengono l'adozione, la gloria, i patti, la legislazione, il servizio sacro e le promesse; ai quali appartengono i padri e dai quali proviene, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno. Amen!

 

Paolo ha celebrato, nella fine di Romani 8, la certezza della salvezza dei credenti.

Egli ha tenuto a lungo il suo sguardo fisso sull'amore di Dio in Cristo.

Ma ora volge per un attimo il suo sguardo al suo popolo terreno, quel popolo di Israele, privilegiato sotto tanti aspetti:

Qual è dunque il vantaggio del Giudeo? Qual è l'utilità della circoncisione?

Grande in ogni senso.

(Romani 3:1-2)

 

Ma invece di provare gioia per il suo popolo egli prova dolore… …ho una grande tristezza e una sofferenza continua nel mio cuore.

Quell'amore di Dio in Cristo come è accolto dagli uomini?

Com'è stato accolto dal popolo privilegiato al quale Paolo appartiene?

Paolo lo sa fin troppo bene… …ed anche i suoi lettori lo sanno… …non sarà necessario neppure che egli esprima a parole la dolorosa realtà.

Paolo considera il problema dell'atteggiamento del suo popolo di fronte al Vangelo; e queste considerazioni, richiamano alla mente una delle più dolorose esperienze dell'Apostolo.

Egli era stato un giudeo sincero, zelante fino al fanatismo nell'osservare e nel difendere le tradizioni dei Padri… …con l’incontro e la chiamata di Gesù Cristo le Sacre Scritture si aprono per Lui sotto la vera Luce, trova in Cristo quella pace e quel perdono che la Legge non poteva dare; trova inoltre la forza di vincere il peccato, ma questa sua nuova vita e la conseguente denuncia della vuota tradizione dei padri gli attira addosso un odio terribile da parte di coloro che prima lo sostenevano… …e che lui ama ancora intensamente… …questo è l’Amore di Dio!

Analoghe esperienze si ripetono, nel corso dei secoli, dovunque delle anime profondamente religiose sono risalite alla fonte della verità cristiana nelle Scritture del Nuovo Testamento ed hanno abbandonato la religiosità tradizionale corrotta e vana.

Ma di fronte a coloro che lo considerano come nemico e traditore del suo popolo, egli presenta, nel modo più solenne, l'immenso desiderio che egli ha del vero bene di esso.

Dico la verità in Cristo, non mento cioè: non solo alla presenza di Cristo, ma come uno che vive nella comunione di Colui ch'è la verità… …la mia coscienza me lo conferma per mezzo dello Spirito Santo…

E’ bello notare qui come Paolo non si fida solo della propria coscienza… …ma cerca la conferma dello Spirito Santo nel Quale la sua coscienza stessa si è conformata!

Il cristiano, come spiega Pietro, al momento del battesimo fa una richiesta a Dio di una buona coscienza (cfr 1 Pietro 3:21), e nel suo cammino, nei suoi pensieri, come Davide chiede a Dio di scrutare all’interno della propria coscienza affinchè egli sia confermato dallo Spirito Santo della bontà dei propri pensieri:

SIGNORE, tu mi hai esaminato e mi conosci.

Tu sai quando mi siedo e quando mi alzo, tu comprendi da lontano il mio pensiero.

Tu mi scruti quando cammino e quando riposo, e conosci a fondo tutte le mie vie.

Poiché la parola non è ancora sulla mia lingua, che tu, SIGNORE, già la conosci appieno. Tu mi circondi, mi stai di fronte e alle spalle, e poni la tua mano su di me.

La conoscenza che hai di me è meravigliosa, troppo alta perché io possa arrivarci.

Dove potrei andarmene lontano dal tuo Spirito, dove fuggirò dalla tua presenza?

Se salgo in cielo tu vi sei; se scendo nel soggiorno dei morti, eccoti là.

Se prendo le ali dell'alba e vado ad abitare all'estremità del mare, anche là mi condurrà la tua mano e mi afferrerà la tua destra.

Se dico: «Certo le tenebre mi nasconderanno e la luce diventerà notte intorno a me», le tenebre stesse non possono nasconderti nulla e la notte per te è chiara come il giorno; le tenebre e la luce ti sono uguali.

Sei tu che hai formato le mie reni, che mi hai intessuto nel seno di mia madre.

Io ti celebrerò, perché sono stato fatto in modo stupendo.

Meravigliose sono le tue opere, e l'anima mia lo sa molto bene.

Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra.

I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d'essi era sorto ancora.

Oh, quanto mi sono preziosi i tuoi pensieri, o Dio! Quant'è grande il loro insieme! Se li voglio contare, sono più numerosi della sabbia; quando mi sveglio sono ancora con te.

Certo, tu ucciderai l'empio, o Dio; perciò allontanatevi da me uomini sanguinari.

Essi parlano contro di te malvagiamente; i tuoi nemici si servono del tuo nome per sostenere la menzogna.

SIGNORE, non odio forse quelli che ti odiano?

E non detesto quelli che insorgono contro di te?

Io li odio di un odio perfetto; li considero miei nemici.

Esaminami, o Dio, e conosci il mio cuore. Mettimi alla prova e conosci i miei pensieri.

Vedi se c'è in me qualche via iniqua e guidami per la via eterna.

(Salmo 139)

           

…Paolo esprime, con la sua coscienza confermata dallo Spirito Santo, tutta la sua sincera sofferenza… …proprio la stessa che provò Gesù davanti a Gerusalemme:

Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto!

 (Luca 13:34)

 

…ho una grande tristezza e una sofferenza continua nel mio cuore…

 

In queste parole vediamo tutto il sentimento di Paolo per i suoi fratelli carnali, egli, ovunque è andato ha predicato a loro per primi il Vangelo… per dovere ma anche per amore… ha insistito fino a quando gli era possibile… solo quando la situazione non era più sostenibile smise di rivolgersi a loro, come:

- ad Antiochia di Pisidia:

Era necessario che a voi per primi si annunciasse la Parola di Dio; ma poiché la respingete e non vi ritenete degni della vita eterna, ecco, ci rivolgiamo agli stranieri.  (Atti 13:46)

- ad Iconio:

Ma quando ci fu un tentativo dei pagani e dei Giudei, d'accordo con i loro capi, di oltraggiare gli apostoli e lapidarli, questi lo seppero e fuggirono nelle città di Licaonia, Listra e Derba e nei dintorni;  (Atti 14:5-6)

- Listra:

Allora giunsero da Antiochia e da Iconio alcuni Giudei, i quali sobillarono la folla; essi lapidarono Paolo e lo trascinarono fuori della città, credendolo morto.

Ma mentre i discepoli venivano attorno a lui, egli si rialzò ed entrò nella città.

Il giorno seguente partì con Barnaba per Derba.

(Atti 14:19-21)

- a Tessalonica:

Ma i Giudei, mossi da invidia, presero con loro alcuni uomini malvagi tra la gente di piazza; e, raccolta quella plebaglia, misero in subbuglio la città; e, assalita la casa di Giasone, cercavano di trascinare Paolo e Sila davanti al popolo.

Ma non avendoli trovati, trascinarono Giasone e alcuni fratelli davanti ai magistrati della città, gridando: «Costoro, che hanno messo sottosopra il mondo, sono venuti anche qui, e Giasone li ha ospitati; ed essi tutti agiscono contro i decreti di Cesare, dicendo che c'è un altro re, Gesù».

E misero in agitazione la popolazione e i magistrati della città, che udivano queste cose.  Questi, dopo aver ricevuto una cauzione da Giasone e dagli altri, li lasciarono andare. Ma i fratelli subito, di notte, fecero partire Paolo e Sila per Berea.

(Atti 17:5-10)

- a Berea:

Ma quando i Giudei di Tessalonica vennero a sapere che la Parola di Dio era stata annunciata da Paolo anche a Berea, si recarono là, agitando e mettendo sottosopra la folla.

I fratelli, allora, fecero subito partire Paolo, conducendolo fino al mare; ma Sila e Timoteo rimasero ancora là. Quelli che accompagnavano Paolo, lo condussero fino ad Atene.

(Atti 17:13-15)

- a Corinto:

ogni sabato insegnava nella sinagoga e persuadeva Giudei e Greci.

Quando poi Sila e Timoteo giunsero dalla Macedonia, Paolo si dedicò completamente alla Parola, testimoniando ai Giudei che Gesù era il Cristo.

Ma poiché essi facevano opposizione e lo insultavano, egli scosse le sue vesti e disse loro: «Il vostro sangue ricada sul vostro capo; io ne sono netto; da ora in poi andrò dai pagani». E, uscito di là, entrò in casa di un tale chiamato Tizio Giusto, che temeva Dio, e aveva la casa attigua alla sinagoga.

(Atti 18:4-7)

- a Gerusalemme durante il suo periodo di reclusione….

 

 …perché io stesso vorrei essere anatema, separato da Cristo, per amore dei miei fratelli, miei parenti secondo la carne, cioè gli Israeliti...

 

In questa espressione Paolo ci fa comprendere come l’Israele terreno (nella sua generalità) è attualmente separato da Cristo, questo ci mette in guardia verso quel “sionismo” generalizzato che spesso viene predicato… …questa separazione verrà a cessare solo quando Israele dirà:

Benedetto colui che viene nel nome del Signore(Luca 13:35)

 

Paolo riconosce qui tutta la cecità spirituale dei Giudei di fronte al Vangelo che essi respingono a loro perdizione.

Per non vedere tutto questo… …la rovina del Suo popolo… …la casa lasciata deserta (cfr Luca 13:35), senza Gesù Cristo, Paolo sarebbe disposto a sacrificare se stesso come persona maledetta al posto loro, ma sa altresì che ciò non è possibile… …solo il sacrificio di Gesù Cristo è un sacrificio sostitutivo per altri.

 

 …ai quali appartengono l'adozione, la gloria, i patti, la legislazione, il servizio sacro e le promesse…

 Ad Israele appartengono almeno sette benedizioni (tutte di carattere terreno):

Paolo ricorda come Israele è chiamato “figlio primogenito” e quindi gli appartiene l’adozione:

Tu dirai al faraone: "Così dice il SIGNORE: Israele è mio figlio, il mio primogenito, e io ti dico: Lascia andare mio figlio, perché mi serva; se tu rifiuti di lasciarlo andare, ecco, io ucciderò tuo figlio, il tuo primogenito

(Esodo 4:22-23)

 

Voi siete figli per il SIGNORE vostro Dio; non vi fate incisioni addosso e non vi radete tra gli occhi per un morto, poiché tu sei un popolo consacrato al SIGNORE tuo Dio.   (Deuteronomio 14:1)

 

Quando Israele era fanciullo, io lo amai e chiamai mio figlio fuori d'Egitto.  (Osea 11:1)

 

Paolo ricorda come ad Israele appartiene la gloria, cioè la visibile manifestazione della gloriosa presenza dell'Eterno sul Sinai (cfr Esodo 19:1-25; 24:16-17), nella nuvola e nella colonna di fuoco (cfr Esodo 40:34-38), nel tabernacolo (cfr Levitico 9:23-24), nel tempio (cfr 1Re 8:10-11), nelle visioni (cfr Isaia 6; Ezechiele 1:28; 43:4).

Ricorda ancora come ad Israele appartengono i patti:

Possiamo vedere questo nella descrizione (al negativo) dello stato dei popoli pagani prima della conversione:

Perciò, ricordatevi che un tempo voi, stranieri di nascita, chiamati incirconcisi da quelli che si dicono circoncisi, perché tali sono nella carne per mano d'uomo, voi, dico, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d'Israele ed estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo.

(Efesini 2:11-12)

 

Ad Israele appartiene la legislazione, cioè il dono della Legge, questo meraviglioso strumento divino che ha lo scopo di fare luce su ogni cosa rispetto all’uomo ed al suo bisogno di andare a Cristo.

Ad Israele appartiene il culto, ossia tutto il sistema d'istituzioni e di riti relativi al culto di Dio, contenuti nella legge (figura del vero culto che richiede Dio – cfr Giovanni 4:23-24)

Certo anche il primo patto aveva norme per il culto e un santuario terreno.

Infatti fu preparato un primo tabernacolo, nel quale si trovavano il candeliere, la tavola e i pani della presentazione. Questo si chiamava il luogo santo.

Dietro la seconda cortina c'era il tabernacolo, detto il luogo santissimo.

Conteneva un incensiere d'oro, l'arca del patto tutta ricoperta d'oro, nella quale c'erano un vaso d'oro contenente la manna, la verga di Aaronne che era fiorita e le tavole del patto.

E sopra l'arca c'erano i cherubini della gloria che coprivano con le ali il propiziatorio. Di queste cose non possiamo parlare ora dettagliatamente. Questa dunque è la disposizione dei locali.

 (Ebrei 9:1-6)

 

Ad Israele appartengono le promesse, le gloriose promesse messianiche per l'avvenire d'Israele (cfr il millennio Apocalisse 20:1-6; Daniele 7:22, 27; Apocalisse 5:9-10; Isaia 2:2-4; 11:6-10; 65:16-25).

 

 …ai quali appartengono i padri e dai quali proviene, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno. Amen!

 Ad Israele appartengono i padri e dai quali proviene, secondo la carne, il Cristo

Dopo aver ricordato l’eredità speciale del popolo di Israele circa il servizio sacro e la gloria a loro riservata, descrive ora la gloria derivante dal fatto dell’essere la radice terrena di Gesù Cristo uomo.

Detta gloria proviene fin dai i padri, i modelli, e la, gloria della nazione universalmente riconosciuti in Abramo, Isacco e Giacobbe, e dai quali proviene, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno. Amen!

L'essere il popolo da cui è uscito il Salvatore del mondo è il massimo dei privilegi concessi ad Israele; il resto aveva solo carattere preparatorio.

Il Cristo, però, esce da Israele solo secondo la carne cioè per quanto riguarda la sua natura terrena, umana:

Paolo, servo di Cristo Gesù, chiamato a essere apostolo, messo a parte per il vangelo di Dio, che egli aveva già promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sante Scritture riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, dichiarato Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santità mediante la risurrezione dai morti; cioè Gesù Cristo, nostro Signore.

(Romani 1:1-4)

 

Ma noi siamo oggi chiamati a conoscerlo in un altro modo:

Quindi, da ora in poi, noi non conosciamo più nessuno da un punto di vista umano; e se anche abbiamo conosciuto Cristo da un punto di vista umano, ora però non lo conosciamo più così.

(2 Corinzi 5:16)

 

Giovanni ce Lo rivela nella Sua Gloria nel libro dell’Apocalisse (Rivelazione di Gesù Cristo - cfr Apocalisse 1:1)

 

***

 Però non è che la parola di Dio sia caduta a terra; infatti non tutti i discendenti d'Israele sono Israele; né per il fatto di essere stirpe d'Abraamo, sono tutti figli d'Abraamo; anzi: «È in Isacco che ti sarà riconosciuta una discendenza».

Cioè, non i figli della carne sono figli di Dio; ma i figli della promessa sono considerati come discendenza. Infatti, questa è la parola della promessa: «In questo tempo verrò, e Sara avrà un figlio».

Ma c'è di più! Anche a Rebecca avvenne la medesima cosa quand'ebbe concepito figli da un solo uomo, da Isacco nostro padre; poiché, prima che i gemelli fossero nati e che avessero fatto del bene o del male (affinché rimanesse fermo il proponimento di Dio, secondo elezione, che dipende non da opere, ma da colui che chiama), le fu detto:
«Il maggiore servirà il minore»; com'è scritto: «Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù».

 

Noi sappiamo che la Parola di Dio non va mai a vuoto, più che mai negli appelli al ravvedimento:

Cercate il SIGNORE, mentre lo si può trovare; invocatelo, mentre è vicino.

Lasci l'empio la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; si converta egli al SIGNORE che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare.

«Infatti i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie», dice il SIGNORE.

«Come i cieli sono alti al di sopra della terra,  così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri.

Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiato  la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia seme al seminatore e pane da mangiare, così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata.

(Isaia 55:6-11)

 

Il popolo che ha ricevuto tanti privilegi da cui è uscito il Salvatore del mondo, nella sua maggioranza resta, escluso dalla salvezza... …il fatto è sorprendente… …è doloroso; ma non è che la parola di Dio sia caduta a terra.  

Se la parola della promessa divina riguardo ad Israele restasse senza adempimento, avrebbe perduto il suo valore e sarebbe invalidata:

Che vuol dire infatti se alcuni sono stati increduli?

La loro incredulità annullerà la fedeltà di Dio?

(Romani 3:3)

 

No, non la annulla… …la mancata risposta dei giudei al Vangelo di Cristo non significa che la parola di Dio sia caduta a terra; questo rifiuto è soltanto un esempio del principio della elezione sovrana di Dio, già stabilita e provata nell’antico Patto

…si tratta solo di capire chi sono coloro che formano il vero popolo di Dio a cui son fatte le promesse... …infatti non tutti i discendenti d'Israele sono Israele… …non tutti coloro che sono, per via di naturale discendenza, membri del popolo di Israele, appartengono al vero Israele, né per il fatto di essere stirpe d'Abraamo (discendenti carnali), sono tutti figli d'Abraamo (discendenti spirituali) come ha già spiegato precedentemente:

Giudeo infatti non è colui che è tale all'esterno; e la circoncisione non è quella esterna, nella carne; ma Giudeo è colui che lo è interiormente; e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito, non nella lettera; di un tale Giudeo la lode proviene non dagli uomini, ma da Dio.

(Romani 2:28-29)

 

Questa beatitudine è soltanto per i circoncisi o anche per gl'incirconcisi?

Infatti diciamo che la fede fu messa in conto ad Abraamo come giustizia.

In quale circostanza dunque gli fu messa in conto?

Quando era circonciso, o quando era incirconciso?

Non quando era circonciso, ma quando era incirconciso; poi ricevette il segno della circoncisione, quale sigillo della giustizia ottenuta per la fede che aveva quando era incirconciso, affinché fosse padre di tutti gl'incirconcisi che credono, in modo che anche a loro fosse messa in conto la giustizia; e fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo sono circoncisi ma seguono anche le orme della fede del nostro padre Abraamo quand'era ancora incirconciso.

(Romani 4:9-12)

 

Fin dai tempi antichi, i profeti (cfr. Amos, Isaia, Geremia) dovettero lottare contro il falso concetto che bastasse avere sangue israelita nelle vene per avere diritto alle benedizioni divine ed essere esenti dai giudizi.

Le stesse lotte le sostenne Giovanni il Battista e quindi Gesù Cristo stesso:

Non pensate di dire dentro di voi: "Abbiamo per padre Abraamo"; perché io vi dico che da queste pietre Dio può far sorgere dei figli ad Abraamo.

(Matteo 3:9)

 

Paolo prima dimostrato che i privilegi esterni non esentano dalla condanna l'uomo che pecca (cfr Romani 2) e dimostra ora come fino dai tempi di Abramo Dio non abbia considerato come eredi della promessa tutti i discendenti naturali d'Abramo, ma quelli che riconobbe come i figli della promessa.

 

---- La conferma in Sara ----

 …È in Isacco che ti sarà riconosciuta una discendenza

 Abramo ha avuto molti figli oltre ad Isacco.

Ebbe, da Agar, Ismaele, e da Ketura altri sei figli.

Ma tutti questi discendenti non furono da Dio considerati come la progenie cui si riferivano le promesse fatte al patriarca.

Il solo Isacco, il figlio nato in virtù di una promessa divina, fu scelto e Dio lo riconobbe:

E Dio disse: «Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e va' nel paese di Moria, e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò».

(Genesi 22:2)

 

Il che dimostra che i figli di Dio, gli eredi delle divine promesse, non sono da confondere con i discendenti naturali:

È venuto in casa sua e i suoi non l'hanno ricevuto; ma a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome, i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d'uomo, ma sono nati da Dio.

(Giovanni 1:11-13)

 

…Cioè, non i figli della carne sono figli di Dio; ma i figli della promessa sono considerati come discendenza. Infatti, questa è la parola della promessa: «In questo tempo verrò, e Sara avrà un figlio».

Per quanto esaustivo fosse l'esempio tolto dall'elezione del solo Isacco fra tutti i figli d'Abramo, Paolo ne presenta un altro, ancora più decisivo… …Isacco è il figlio della promessa… …da lui nascerà il popolo eletto…

 

…non tutti i figli naturali di Abramo sono figli spirituali (figli della promessa)!

 

---- La conferma in Rebecca ----

 …Ma c'è di più! Anche a Rebecca avvenne la medesima cosa quand'ebbe concepito figli da un solo uomo, da Isacco nostro padre; poiché, prima che i gemelli fossero nati e che avessero fatto del bene o del male (affinché rimanesse fermo il proponimento di Dio, secondo elezione, che dipende non da opere, ma da colui che chiama), le fu detto:
«Il maggiore servirà il minore»; com'è scritto: «Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù».

 

È nominata Rebecca, la madre, perchè a lei rivelò Iddio la sorte futura dei gemelli che portava in grembo e che avevano ambedue per padre Isacco, eppure anche fra i figli d'Isacco e di Rebecca Dio opera ancora una selezione… …infatti, Esaù e Giacobbe sono figli, non solo dello stesso padre, ma della stessa madre… …oltre a ciò sono pure gemelli… …eppure Dio chiama Giacobbe e rigetta Esaù.

Ed a meglio dimostrare come la scelta di Dio non dipenda dal privilegio di nascita, il secondogenito (Giacobbe) viene preferito al primogenito (Esaù).

La preferenza divina concessa al secondogenito fu rivelata alla madre, prima della nascita dei gemelli, affinché rimanesse fermo il proponimento di Dio, secondo elezione, che dipende non da opere, ma da colui che chiama, affinchè fosse ben chiaro che non si fondava su alcun merito personale.

Non è quindi in virtù di opere meritorie che Giacobbe è stato prescelto; e basterebbe a provarlo il fatto che, quando il proponimento divino gli fu più tardi confermato dalla benedizione d'Isacco, la sua condotta era inoltre ben lontano dal meritare lode, ma da colui che chiama, cioè, in virtù del beneplacito di Colui al quale appartiene ogni iniziativa.

 

La benedizione di Dio non si trasmette quindi per generazione naturale, dai padri ai figli.

 

Avere genitori od antenati pii, accresce bensì la nostra responsabilità, ma non ci salva, solo in Gesù Cristo possiamo morire e risuscitare e il dono dello Spirito Santo può cambiarci il cuore e farci veri figli di Dio.

 

***

 Che diremo dunque? Vi è forse ingiustizia in Dio? No di certo!

Poiché egli dice a Mosè: «Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò compassione di chi avrò compassione».

 

A questo punto, ragionando con la mente terrena, ed in particolare con la mente giudaica abituata al pensiero di avere dei privilegi grazie alla osservanza alla Legge, potrebbe sorgere un dubbio… … vi è forse ingiustizia in Dio nel concedere la Sua Grazia ai gentili?

La domanda di Paolo circa la presunta “ingiustizia di Dio” si appoggia sul ragionamento umano basato sui diritti (di nascita) o sui meriti (le opere)… …ma da quello che abbiamo già visto né gli uni né gli altri hanno influenza sul disegno di Dio… …altrimenti nessuno ne avrebbe veramente diritto!

 La risposta di Paolo è inequivocabile: No di certo!

 

Ma Paolo non si limita alla risposta secca, la spiega anche appoggiandosi però non a ragionamenti umani, ma con una dichiarazione della Scrittura… …la sola autorità!

Paolo cita quindi cosa disse l’Eterno a Mosè: Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò compassione di chi avrò compassione.

Questa dichiarazione venne fatta da Dio quando Mosè gli domandò, come attestato del suo favore, dopo l'evento del vitello d'oro, di fargli vedere la sua gloria:

Mosè disse: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!»

Il SIGNORE gli rispose: «Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà, proclamerò il nome del SIGNORE davanti a te; farò grazia a chi vorrò fare grazia e avrò pietà di chi vorrò avere pietà».

(Esodo 33:18-19)

 

In questo passo possiamo vedere come Dio accondiscese, in parte, alla domanda del suo servitore, proclamando il principio della sovrana sua libertà nel concedere la sua grazia a chi vuole e in quella misura che a lui piace.

 

Mosè non ha diritto alcuno, di ottenere quanto chiede.

 Da questa dichiarazione, Paolo trae la conferma del principio espresso, cioè che il favore di Dio, e per conseguenza la sua elezione, non dipendono da volontà, nè dall’opera d'uomo.

Quando Dio dona, non dona perchè una volontà umana o un'opera umana s'impongono a lui e lo forzano a dare.

L'iniziativa di ogni dono risiede in lui.  E’ lui che invita o chiama a ricevere.

Egli dà non perchè “deve”, ma per effetto del suo amore; il che non vuole dire che agisce in modo arbitrario.

Il principio qui posto racchiude il diritto di Dio di chiamare a salvezza chi gli piace, quindi anche i pagani quando a Dio, secondo il Suo disegno benevolo, vorrà farlo.

 

***

 Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia.

La Scrittura infatti dice al faraone: «Appunto per questo ti ho suscitato: per mostrare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato per tutta la terra».

Così dunque egli fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole.

 

L’espressione non dipende dunque né da chi vuole significa che l'ottenere grazia non in potere di chi vuole ma di chi dà, alludendo così alle arroganti pretese dei giudei che si ritenevano un loro diritto ai favori di Dio in quanto progenie di Abramo.

L’espressione non dipende dunque né da chi corre significa che l'ottenere grazia non in potere di chi corre ma di chi dà alludendo così nuovamente alle arroganti pretese dei giudei che si ritenevano un loro diritto ai favori di Dio in quanto scrupolosi osservatori della Legge.

Un esempio di questo atteggiamento lo abbiamo nella parabola di Gesù del farisei e del pubblicano:

Disse ancora questa parabola per certuni che erano persuasi di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo, e l'altro pubblicano.

Il fariseo, stando in piedi, pregava così dentro di sé: "O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri; neppure come questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quello che possiedo".

 (Luca 18:9-12)

 

Alla dimostrazione della sovranità di Dio nel fare grazia a chi vuole, indipendentemente dai diritti e dai meriti, Paolo ne aggiunge una che afferma il corrispondente diritto di sottoporre a giudizio di induramento chi Egli vuole… …il diritto di fare grazia, implica anche quello di non farla e Paolo cita nuovamente l’Autorità assoluta:

 

---- L’esempio di Mosè e del faraone ----

 La Scrittura infatti dice al faraone: «Appunto per questo ti ho suscitato: per mostrare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato per tutta la terra».

L'esempio di Mosè e del Faraone è contrastante:

- due uomini contemporanei, vicini, cresciuti nello stesso palazzo…

- l'uno è preso, l'altro lasciato…

- l’uno è suscitato per liberare il popolo mostrando la gloria di Dio, l’altro è suscitato per indurirsi e così  mostrare la Sua potenza e perché il Suo nome sia proclamato per tutta la terra infatti, la miracolosa liberazione, degli Israeliti dal giogo del Faraone egizio riempì di spavento le tribù cananee (cfr Esodo 15:14-15; Giosuè 2:9-10; 9:9).

Il nome di Faraone non può non ricordarci quanto viene di lui narrato nell'Esodo, cioè l'induramento al quale fu abbandonato da Dio alle conseguenze del suo peccato (cfr. Romani 1:24,26,28).

 

Così dunque egli fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole

 

***

 Tu allora mi dirai: «Perché rimprovera egli ancora? Poiché chi può resistere alla sua volontà?»

Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio? La cosa plasmata dirà forse a colui che la plasmò: «Perché mi hai fatta così?»

Il vasaio non è forse padrone dell'argilla per trarre dalla stessa pasta un vaso per uso nobile e un altro per uso ignobile?

 

Questa sovranità divina provoca nel cuore dell'uomo (sempre pronto a rigettare sopra Dio la propria colpa), una obiezione che Paolo non lascia irrisolta.

Se Dio indurisce chi vuole, vuole dire che resta soppressa la responsabilità morale degli “induriti” e che Dio non ha più il diritto di rimproverarli come ribelli, quando resistono?

 

Tu allora mi dirai: «Perché rimprovera egli ancora? Poiché chi può resistere alla sua volontà?»

 Di fronte alla tracotanza del peccatore (esemplare quella di Adamo, Eva, Caino, Lamec…) che tende a lavarsi le mani delle sue ribellioni e di contestare a Dio il diritto di punirlo, l'Apostolo, che sente quanto sia insolente questo orgoglio, si rivolge al contestatore:

Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio?

La cosa plasmata dirà forse a colui che la plasmò: Perché mi hai fatta così?

 L'essere una cosa plasmata, implica inferiorità profonda in intelligenza, in potenza, in ogni cosa… …non ha sicuramente la visione che ha il vasaio!

 

Tale è la posizione dell'uomo incredulo di fronte a Dio…

…e tale è la posizione del popolo giudeo incredulo di fronte a Dio.

 Il paragone dell'argilla e del vasellaio è più volte riportato nell'Antico Testamento, per rappresentare il popolo di Israele:

Guai a colui che contesta il suo creatore, egli, rottame fra i rottami di vasi di terra! L'argilla dirà forse a colui che la forma: "Che fai?"

L'opera tua potrà forse dire: "Egli non ha mani"?

 (Isaia 45:9)

 

Tuttavia, SIGNORE, tu sei nostro padre; noi siamo l'argilla e tu colui che ci formi;
noi siamo tutti opera delle tue mani. Non adirarti fino all'estremo, o SIGNORE!

Non ricordarti dell'iniquità per sempre; ecco, guarda, ti supplichiamo; noi siamo tutti tuo popolo.

(Isaia 64:8-9)

 

Ecco la parola che fu rivolta a Geremia da parte del SIGNORE: «Àlzati, scendi in casa del vasaio, e là ti farò udire le mie parole».

Allora io scesi in casa del vasaio, ed ecco egli stava lavorando alla ruota; il vaso che faceva si guastò, come succede all'argilla in mano del vasaio; da capo ne fece un altro
come a lui parve bene di farlo.

La parola del SIGNORE mi fu rivolta in questi termini: «Casa d'Israele, non posso io fare di voi quello che fa questo vasaio?», dice il SIGNORE.

«Ecco, quel che l'argilla è in mano al vasaio, voi lo siete in mano mia, casa d'Israele! A un dato momento io parlo riguardo a una nazione, riguardo a un regno, di sradicare, di abbattere, di distruggere; ma, se quella nazione contro la quale ho parlato, si  converte dalla sua malvagità, io mi pento del male che avevo pensato di farle. In un altro momento io parlo riguardo a una nazione, a un regno, di costruire e di piantare; ma, se quella nazione fa ciò che è male ai miei occhi senza dare ascolto alla mia voce, io mi pento del bene di cui avevo parlato di colmarla.

(Geremia 18:1-10)

 

Quello che è da notare in questi passi è il fine del vasaio… …egli guasta il vaso per rifarne uno migliore… …l’argilla non viene distrutta… …l’azione di Dio per l’uomo, per quanto invasiva ha sempre l’intento del portare un beneficio per il risultato finale!

 Così è per il popolo di Israele terrestre e la discendenza celeste!

 

Dio ha tutto il diritto di trattare, secondo il suo disegno i vari vasi (nazioni o individui) componenti la massa dell'umanità peccatrice e ciò secondo le regole dell'arte sua e la sua intelligenza.

Anche nelle lettere apostoliche troviamo degli utili riferimenti ai vasi:

Ricorda loro queste cose, scongiurandoli davanti a Dio che non facciano dispute di parole; esse non servono a niente e conducono alla rovina chi le ascolta.

Sfòrzati di presentare te stesso davanti a Dio come un uomo approvato, un operaio che non abbia di che vergognarsi, che tagli rettamente la parola della verità.

Ma evita le chiacchiere profane, perché quelli che le fanno avanzano sempre più nell'empietà e la loro parola andrà rodendo come fa la cancrena; tra questi sono Imeneo e Fileto, uomini che hanno deviato dalla verità, dicendo che la risurrezione è già avvenuta, e sovvertono la fede di alcuni.

Tuttavia il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: «Il Signore conosce quelli che sono suoi», e «Si ritragga dall'iniquità chiunque pronuncia il nome del Signore».

In una grande casa non ci sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche vasi di legno e di terra; e gli uni sono destinati a un uso nobile e gli altri a un uso ignobile. Se dunque uno si conserva puro da quelle cose, sarà un vaso nobile, santificato, utile al servizio del padrone, preparato per ogni opera buona.

(2 Timoteo 2:14-21)

 

Il vaso nobile, cioè destinato ad usi onorevoli, simboleggia i popoli od individui che la grazia e la sapienza di Dio costituiscono testimoni della sua bontà, strumenti per l'effettuazione dei suoi disegni misericordiosi e che si conservano puri dall’empietà.

 

Il vaso ignobile rappresenta coloro che, non conservandosi puri dall’empietà, servono ugualmente alla gloria di Dio, ma per dimostrare la sua giustizia e la sua potenza:

Però ci furono anche falsi profeti tra il popolo, come ci saranno anche tra di voi falsi dottori che introdurranno occultamente eresie di perdizione, e, rinnegando il Signore che li ha riscattati, si attireranno addosso una rovina immediata.

Molti li seguiranno nella loro dissolutezza; e a causa loro la via della verità sarà diffamata.

Nella loro cupidigia vi sfrutteranno con parole false; ma la loro condanna già da tempo è all'opera e la loro rovina non si farà aspettare.

Se Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li inabissò, confinandoli in antri tenebrosi per esservi custoditi per il giudizio; se non risparmiò il mondo antico ma salvò, con altre sette persone, Noè, predicatore di giustizia, quando mandò il diluvio su un mondo di empi; se condannò alla distruzione le città di Sodoma e Gomorra, riducendole in cenere, perché servissero da esempio a quelli che in futuro sarebbero vissuti empiamente; e se salvò il giusto Lot che era rattristato dalla condotta dissoluta di quegli uomini scellerati (quel giusto, infatti, per quanto vedeva e udiva, quando abitava tra di loro, si tormentava ogni giorno nella sua anima giusta a motivo delle loro opere inique), ciò vuol dire che il Signore sa liberare i pii dalla prova e riservare gli ingiusti per la punizione nel giorno del giudizio; e soprattutto quelli che vanno dietro alla carne nei suoi desideri impuri e disprezzano l'autorità.

(2 Pietro 2:1-10)

 

Carissimi, avendo un gran desiderio di scrivervi della nostra comune salvezza, mi sono trovato costretto a farlo per esortarvi a combattere strenuamente per la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre.

Perché si sono infiltrati fra di voi certi uomini (per i quali già da tempo è scritta questa condanna); empi che volgono in dissolutezza la grazia del nostro Dio e negano il nostro unico Padrone e Signore Gesù Cristo.

Ora voglio ricordare a voi che avete da tempo conosciuto tutto questo, che il Signore, dopo aver tratto in salvo il popolo dal paese d'Egitto, fece in seguito perire quelli che non credettero.

Egli ha pure custodito nelle tenebre e in catene eterne, per il gran giorno del giudizio, gli angeli che non conservarono la loro dignità e abbandonarono la loro dimora.

Allo stesso modo Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si abbandonarono, come loro, alla fornicazione e ai vizi contro natura, sono date come esempio, portando la pena di un fuoco eterno.

(Giuda 3-7)

 

Paolo riprenderà questo insegnamento proprio nel rapporto tra Israele e i popoli pagani convertiti:

Ora io dico: sono forse inciampati perché cadessero? No di certo!

Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta agli stranieri per provocare la loro gelosia.

Ora, se la loro caduta è una ricchezza per il mondo e la loro diminuzione è una ricchezza per gli stranieri, quanto più lo sarà la loro piena partecipazione!

Parlo a voi, stranieri; in quanto sono apostolo degli stranieri faccio onore al mio ministero, sperando in qualche maniera di provocare la gelosia di quelli del mio sangue, e di salvarne alcuni. Infatti, se il loro ripudio è stato la riconciliazione del mondo, che sarà la loro riammissione, se non un rivivere dai morti?

Se la primizia è santa, anche la massa è santa; se la radice è santa, anche i rami sono santi.

Se alcuni rami sono stati troncati, mentre tu, che sei olivo selvatico, sei stato innestato al loro posto e sei diventato partecipe della radice e della linfa dell'olivo, non insuperbirti contro i rami; ma, se t'insuperbisci, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te.

Allora tu dirai: «Sono stati troncati i rami perché fossi innestato io».

Bene: essi sono stati troncati per la loro incredulità e tu rimani stabile per la fede; non insuperbirti, ma temi.

Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppure te.

Considera dunque la bontà e la severità di Dio: la severità verso quelli che sono caduti; ma verso di te la bontà di Dio, purché tu perseveri nella sua bontà; altrimenti, anche tu sarai reciso.

Allo stesso modo anche quelli, se non perseverano nella loro incredulità, saranno innestati; perché Dio ha la potenza di innestarli di nuovo.

Infatti se tu sei stato tagliato dall'olivo selvatico per natura e sei stato contro natura innestato nell'olivo domestico, quanto più essi, che sono i rami naturali, saranno innestati nel loro proprio olivo.

(Romani 11:11-24)

 Dio ha tutto il diritto di usare il peccatore per la gloria della sua grazia o gloria della sua giustizia.

Al peccatore non spetta il contestare, ma deve ravvedersi ed accettare la Grazia proposta da Dio in Cristo Gesù.

La pazienza di Dio verso i vasi d'ira dimostra tutta la pazienza che Egli usa e quanto è grande la sua benignità.

 

***

 Che c'è da contestare se Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza dei vasi d'ira preparati per la perdizione, e ciò per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso dei vasi di misericordia che aveva già prima preparati per la gloria, cioè verso di noi, che egli ha chiamato non soltanto fra i Giudei ma anche fra gli stranieri?

 

Qui Paolo spiega come i vasi d’ira del suo tempo (i giudei impenitenti che si oppongono alla Verità) siano effettivamente degli strumenti che Dio sopporta con grande pazienza, per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso dei vasi di misericordia che aveva già prima preparati per la gloria, cioè verso di noi, che egli ha chiamato non soltanto fra i Giudei ma anche fra gli stranieri?

Questi vasi d’ira, sono stati preparati per la perdizione… …questa è la sorte del popolo di cui ha scritto, che Paolo intravede già avvicinarsi:

Infatti, fratelli, voi siete diventati imitatori delle chiese di Dio che sono in Cristo Gesù nella Giudea; poiché anche voi avete sofferto da parte dei vostri connazionali le stesse tribolazioni che quelle chiese hanno sofferto da parte dei Giudei, i quali hanno ucciso il Signore Gesù e i profeti, e hanno cacciato noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, impedendoci di parlare agli stranieri perché siano salvati.

Colmano così senza posa la misura dei loro peccati; ma ormai li ha raggiunti l'ira finale.

(1 Tessalonicesi 2:14-16)

 

Dobbiamo sempre tenere conto, nella lettura di questo passo, che Paolo (da buon ex fariseo) conosce molto bene il pensiero giudaico, la sua mentalità superba ed arrogante e il suo intento è quello di confutare questo concetto di superiorità presente nel cuore di queste persone, Paolo non insegna che l'Iddio di perfezione abbia dato l'esistenza a individui o a popoli da lui destinati a perdizione, ma insegna che Dio si serve degli individui e dei popoli che costituiscono l'umanità peccatrice, con sovrana libertà, per fini degni di lui e che, in ultima analisi, mirano alla salvezza di tutti gli uomini che non respingano volontariamente la grazia.

La reiezione d'Israele giova alla evangelizzazione dei Gentili, e questa servirà a sua volta alla conversione finale d'Israele.

Il suo diritto di fare grazia a chi vuole, Dio non l'ha soltanto dimostrato nella storia Israelitica (es. Isacco, Giacobbe Mosè); ma, intende usarne fino alla fine.

Paolo sceglie due citazioni del profeta Osea relative alla vocazione di coloro che non facevano parte del popolo di Dio, e due citazioni del profeta Isaia relative al giudizio sulla maggioranza d'Israele.

 

***

 Così egli dice appunto in Osea: «Io chiamerò "mio popolo" quello che non era mio popolo e "amata" quella che non era amata»; e «Avverrà che nel luogo dov'era stato detto: "Voi non siete mio popolo", là saranno chiamati "figli del Dio vivente"».

 La profezia di Osea è rivolta alle dieci tribù, durante la lunga agonia del regno nordico (ottavo sec. A. C.) ed annunciava la reiezione del popolo idolatra sotto la figura, di nomi simbolici dati a figli nati da una meretrice: Lô-Ruchamah (non compatita, o non amata), Lô-Ammî (non mio popolo).

Ma, contemporaneamente annunciava la misericordia di Dio si sarebbe manifestata nuovamente nel ricevere in grazia il popolo prima reietto; talchè Lô-ammî sarebbe nuovamente chiamato ammî (mio popolo) e Lô-Ruchamah sarebbe chiamata ancora Ruchamah (oggetto di compassione, amata).

In quest'annuncio, Paolo scorge la formula del principio di libertà sovrana secondo il quale Dio procede nel chiamare i pagani alla salvezza.

Egli scorge quindi una profezia implicita circa la vocazione dei popoli pagani.

La chiamata dei popoli pagani è quindi conforme al piano preannunciato dai profeti dell’antico patto.

 

***

 Isaia poi esclama riguardo a Israele: «Anche se il numero dei figli d'Israele fosse come la sabbia del mare, solo il resto sarà salvato; perché il Signore eseguirà la sua parola sulla terra in modo rapido e definitivo».

Come Isaia aveva detto prima: «Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato una discendenza, saremmo diventati come Sodoma e saremmo stati simili a Gomorra».

 

Del numeroso popolo (come la sabbia del mare), solo il resto (un residuo) sarà salvato, perchè Dio eseguirà su di esso un giudizio.

Il giudizio divino sull’Israele apostata non sarà parziale, nè prorogato; ma colpirà globalmente ed in modo rapido e definitivo.

Ci sarà solo una discendenza… …e solo per la immeritata Grazia di Dio.

Questa dichiarazione Paolo la applica alle condizioni del popolo d'Israele, come scriverà in seguito:

Dico dunque: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? No di certo!

Perché anch'io sono israelita, della discendenza di Abraamo, della tribù di Beniamino. Dio non ha ripudiato il suo popolo, che ha preconosciuto. Non sapete ciò che la Scrittura dice a proposito di Elia? Come si rivolse a Dio contro Israele, dicendo: «Signore, hanno ucciso i tuoi profeti, hanno demolito i tuoi altari, io sono rimasto solo e vogliono la mia vita»?

Ma che cosa gli rispose la voce divina? «Mi sono riservato settemila uomini che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal».

Così anche al presente, c'è un residuo eletto per grazia.

Ma se è per grazia, non è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia.

(Romani 11:1-6)

 

L'esperienza morale espressa nell'ultima citazione d'Isaia, accenna, da una parte, al senso di responsabilità e di indegnità che provano i fedeli Israeliti e dall'altra al sentimento che la grazia di Dio è quella che li ha salvati dal totale naufragio.

Se anche non sia capace di conciliare la responsabilità umana con la sovranità della Grazia di Dio, il cristiano fonda la sua speranza sulla certezza che le due cose sussistono.

Il sentirsi nelle braccia del Dio della grazia, è quel che gli dà la forza di combattere il buon combattimento.

 

***

 CONCLUSIONE

 

Paolo soffre profondamente per l’incredulità che i suoi fratelli giudei dimostrano nei confronti del Vangelo di Gesù Cristo.

Paolo ha a cuore il destino del suo popolo terreno… …egli sa che è mosso da zelo… …lo stesso zelo che muoveva lui… …ma nella direzione sbagliata!

Hanno bisogno di ravvedersi, per cambiare direzione… …cambiare mentalità… …hanno bisogno della mente di Cristo!

Questo è per lui motivo di grande tristezza e continua sofferenza!

Paolo soffre in questo modo perché sa che al popolo di Israele appartengono l'adozione, la gloria, i patti, la legislazione, il servizio sacro e le promesse; ai quali appartengono i padri e dai quali proviene, secondo la carne, il Cristo… …ma nella sua incredulità è separato da Cristo e da tutte le benedizioni spirituali che ne derivano!

Ma trova consolazione nel riconoscere comunque il compimento delle promesse di Dio e spiega così come il vero Israele non sia quello che discende dalla carne, quello che corre o quello che vuole… …ma quello che Dio chiama… …secondo il Suo disegno:

In lui ci ha eletti prima della creazione del mondo perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui, avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà, a lode della gloria della sua grazia, che ci ha concessa nel suo amato Figlio.

In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia, che egli ha riversata abbondantemente su di noi dandoci ogni sorta di sapienza e d'intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo il disegno benevolo che aveva prestabilito dentro di sé, per realizzarlo quando i tempi fossero compiuti. Esso consiste nel raccogliere sotto un solo capo, in Cristo, tutte le cose: tanto quelle che sono nel cielo, quanto quelle che sono sulla terra.

In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà, per essere a lode della sua gloria; noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo.

In lui voi pure, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza, e avendo creduto in lui, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è pegno della nostra eredità fino alla piena redenzione di quelli che Dio si è acquistati a lode della sua gloria.

(Efesini 1:4-14)

 

E Paolo stesso (indegno per aver perseguitato la Chiesa) è per la Grazia di Dio, l’araldo di questo Vangelo:

A me, dico, che sono il minimo fra tutti i santi, è stata data questa grazia di annunciare agli stranieri le insondabili ricchezze di Cristo e di manifestare a tutti quale sia il piano seguito da Dio riguardo al mistero che è stato fin dalle più remote età nascosto in Dio, il Creatore di tutte le cose; affinché i principati e le potenze nei luoghi celesti conoscano oggi, per mezzo della chiesa, la infinitamente varia sapienza di Dio, secondo il disegno eterno che egli ha attuato mediante il nostro Signore, Cristo Gesù; nel quale abbiamo la libertà di accostarci a Dio, con piena fiducia, mediante la fede in lui.

(Efesini 3:8-12)

 E Paolo riconosce così come la Parola di Dio si sia dimostrata fedele non secondo il pensiero umano:

- non nella discendenza secondo la carne (non è da Ismaele che viene il popolo di Israele), ma nella discendenza delle Promesse di Dio (Isacco), prendendo l’esempio di Sara.

- non nella discendenza secondo le opere (non è da Esaù che viene il popolo di Israele), ma nella discendenza delle Promesse di Dio (Giacobbe) prendendo l’esempio di Rebecca.

 

Ed in tutto questo Paolo dichiara che non vi è ingiustizia in Dio, perché nel disegno di Dio ogni cosa è conforme ad un disegno benevolo che sorpassa la nostra intelligenza… ogni cosa coopera al bene di quelli che amano Dio, aveva detto prima.

Chi entra nel disegno benevolo di Dio, per la fede nel Signore Gesù, entra a beneficiare di questo disegno benevolo… …nella sua completezza, al di là di ogni pregiudizio:

Io chiamerò "mio popolo" quello che non era mio popolo e "amata" quella che non era amata; e Avverrà che nel luogo dov'era stato detto: "Voi non siete mio popolo", là saranno chiamati "figli del Dio vivente"

Non sarà quindi la discendenza carnale di Israele (chi vuole)…nemmeno le opere della Legge (chi corre) a renderci figli di Dio perché anche se il numero dei figli d'Israele fosse come la sabbia del mare, solo il resto sarà salvato.

Il fine di questo disegno benevolo di Dio è quindi la salvezza delle anime, perché Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità (1 Timoteo 2:4)… …non la condanna dei vasi d’ira, perché lo stagno ardente di fuoco e di zolfo è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli (cfr Matteo 25:41)!

 

  Gianni Marinuzzi