La giustizia di Dio rivelata nella vita trasformata
del credente:
Le relazioni con i fratelli
LETTERA di Paolo ai ROMANI 14:1 fino a 15:13
Accogliete colui che è debole nella fede, ma non per sentenziare sui suoi
scrupoli.
Uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l'altro che è debole, mangia
verdure.
Colui che mangia di tutto non disprezzi colui che non mangia di tutto; e
colui che non mangia di tutto non giudichi colui che mangia di tutto, perché
Dio lo ha accolto.
Chi sei tu che giudichi il domestico altrui?
Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone; ma egli sarà
tenuto in piedi, perché il Signore è potente da farlo stare in piedi.
Uno stima un giorno più di un altro; l'altro stima tutti i giorni uguali;
sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente.
Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore; e chi mangia di tutto, lo
fa per il Signore, poiché ringrazia Dio; e chi non mangia di tutto fa così
per il Signore, e ringrazia Dio.
Nessuno di noi infatti vive per se stesso, e nessuno muore per se stesso;
perché, se viviamo, viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo per il
Signore.
Sia dunque che viviamo o che moriamo, siamo del Signore.
Poiché a questo fine Cristo è morto ed è tornato in vita: per essere il
Signore sia dei morti sia dei viventi.
Ma tu, perché giudichi tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi tuo
fratello?
Poiché tutti compariremo davanti al tribunale di Dio; infatti sta scritto: «Come
è vero che vivo», dice il Signore, «ogni
ginocchio si piegherà davanti a me, e ogni lingua darà gloria a Dio».
Quindi ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio.
Smettiamo dunque di giudicarci gli uni gli altri; decidetevi piuttosto a non
porre inciampo sulla via del fratello, né a essere per lui un'occasione di
caduta.
Io so e sono persuaso nel Signore Gesù che nulla è impuro in se stesso; però
se uno pensa che una cosa è impura, per lui è impura.
Ora, se a motivo di un cibo tuo fratello è turbato, tu non cammini più
secondo amore. Non perdere, con il tuo cibo, colui per il quale Cristo è
morto!
Ciò che è bene per voi non sia dunque oggetto di biasimo; perché il regno di
Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia
nello Spirito Santo.
Poiché chi serve Cristo in questo, è gradito a Dio e approvato dagli uomini.
Cerchiamo dunque di conseguire le cose che contribuiscono alla pace e alla
reciproca edificazione.
Non distruggere, per un cibo, l'opera di Dio. Certo, tutte le cose sono
pure; ma è male quando uno mangia dando occasione di peccato.
È bene non mangiare carne, né bere vino, né fare cosa alcuna che porti il
tuo fratello a inciampare.
Tu, la fede che hai, serbala per te stesso, davanti a Dio.
Beato colui che non condanna se stesso in quello che approva.
Ma chi ha dei dubbi riguardo a ciò che mangia è condannato, perché la sua
condotta non è dettata dalla fede; e tutto quello che non viene da fede è
peccato.
Or noi, che siamo forti, dobbiamo sopportare le debolezze dei deboli e non
compiacere a noi stessi.
Ciascuno di noi compiaccia al prossimo, nel bene, a scopo di edificazione.
Infatti anche Cristo non compiacque a se stesso; ma come è scritto: «Gli
insulti di quelli che ti oltraggiano sono caduti sopra di me».
Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra
istruzione, affinché mediante la pazienza e la consolazione che ci
provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza.
Il Dio della pazienza e della consolazione vi conceda di aver tra di voi un
medesimo sentimento secondo Cristo Gesù, affinché di un solo animo e d'una
stessa bocca glorifichiate Dio, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo.
Perciò accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo vi ha accolti per
la gloria di Dio.
Infatti io dico che Cristo è diventato servitore dei circoncisi a
dimostrazione della veracità di Dio per confermare le promesse fatte ai
padri; mentre gli stranieri onorano Dio per la sua misericordia, come sta
scritto: «Per questo ti celebrerò
tra le nazioni
e canterò le lodi al tuo nome».
E ancora: «Rallegratevi, o
nazioni, con il suo popolo».
E altrove: «Nazioni, lodate tutte
il Signore; tutti i popoli lo celebrino».
Di nuovo Isaia dice: «Spunterà la
radice di Iesse, colui che sorgerà a governare le nazioni; in lui spereranno
le nazioni».
Or il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede,
affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo.
***
***
Tanto più
tra i fratelli dobbiamo imparare a sacrificarci reciprocamente in una mutua
tolleranza nelle reciproche debolezze…
…non tutti siamo allo stesso livello di maturazione spirituale… …non tutti
abbiamo la stessa cultura… …tutte cose
temporanee
(siamo in progressiva crescita)
e secondarie
(le culture e le forme passeranno); cose che non devono essere oggetto di
malumori, giudizi, ostacoli… …nell’imitazione di Gesù Cristo che:
…pur essendo in forma di Dio,
non considerò l'essere uguale a Dio
qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò se stesso, prendendo forma
di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un
uomo, umiliò se stesso, facendosi
ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce.
(Filippesi 2:6-8)
Vogliamo quindi schematizzare questo insegnamento in tre sezioni principali:
1)
Cose da tollerare senza giudicare… i cibi… i giorni (Romani 14:1-13)
Cose su cui il cristiano non ha diritto di giudicare i suoi conservi;
tale diritto spettando esclusivamente al loro comune Padrone.
2)
Cose da tollerare senza ostacolare… i cibi… i giorni (Romani 14:14-23)
Cose su cui il cristiano più forte non scandalizzare il cristiano più
debole, ma piuttosto contribuire alla sua edificazione.
3)
Imitare Gesù Cristo (Romani 15:1-13)
L’abnegazione e l’amore dimostrato da Gesù
Cristo preso di esempio per i
rapporti fraterni.
***
Perciò accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo vi ha accolti per
la gloria di Dio.
I problemi possono nascere quando si vogliono poi “allargare le maglie”
della tolleranza ad insegnamenti che invece sono dottrinali e ostacolano la
sana crescita della chiesa.
Lo stesso Paolo insegna infatti ben diversamente nei casi di immoralità, di
sfoggio di sapienza umana, di riguardi personali nella chiesa, di deviazioni
dottrinali… verso queste cose non deve essere ammessa alcuna tolleranza… il
peccato non va tollerato e l’adoperarsi nell’ostacolare la sana crescita del
Corpo di Cristo non è tollerabile.
***
Uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l'altro che è debole, mangia
verdure.
Colui che mangia di tutto non disprezzi colui che non mangia di tutto; e
colui che non mangia di tutto non giudichi colui che mangia di tutto, perché
Dio lo ha accolto.
Chi sei tu che giudichi il domestico altrui? Se sta in piedi o se cade è
cosa che riguarda il suo padrone; ma egli sarà tenuto in piedi, perché il
Signore è potente da farlo stare in piedi.
Uno stima un giorno più di un altro; l'altro stima tutti i giorni uguali;
sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente.
Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore; e chi mangia di tutto, lo
fa per il Signore, poiché ringrazia Dio; e chi non mangia di tutto fa così
per il Signore, e ringrazia Dio.
Nessuno di noi infatti vive per se stesso, e nessuno muore per se stesso;
perché, se viviamo, viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo per il
Signore.
Sia dunque che viviamo o che moriamo, siamo del Signore.
Poiché a questo fine Cristo è morto ed è tornato in vita: per essere il
Signore sia dei morti sia dei viventi.
Ma tu, perché giudichi tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi tuo
fratello?
Poiché tutti compariremo davanti al tribunale di Dio; infatti sta scritto: «Come
è vero che vivo», dice il Signore, «ogni
ginocchio si piegherà davanti a me, e ogni lingua darà gloria a Dio».
Quindi ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio.
Smettiamo dunque di giudicarci gli uni gli altri; decidetevi piuttosto a non
porre inciampo sulla via del fratello, né a essere per lui un'occasione di
caduta.
Il dovere della mutua tolleranza tra deboli e forti nella fede, poggia su
dei principi generali applicabili a tutti i casi analoghi; ma Paolo aveva
probabilmente in mente delle circostanze particolari dei cristiani di Roma
che dobbiamo cercare di comprendere.
Chi erano i deboli in fede cui Paolo allude in questa parte della lettera?
Erano dei fratelli che, per scrupolo di coscienza,
si astenevano dal mangiare carne e
dal bere vino:
Uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l'altro che è debole, mangia
verdure.
(Romani 14:2)
È bene non mangiare carne, né bere
vino, né fare cosa alcuna che porti il tuo fratello a inciampare.
(Romani 14:21)
Essi si astenevano da questi viveri in quanto li
ritenevano impuri:
Io so e sono persuaso nel Signore Gesù che nulla è impuro in se stesso; però
se uno pensa che una cosa è impura,
per lui è impura.
(Romani 14:14)
Inoltre osservavano certi
giorni speciali:
Uno stima un giorno più di un altro; l'altro stima tutti i giorni uguali;
sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente.
(Romani 14:5)
Da premettere che sicuramente questi fratelli, deboli nella fede,
confidavano in Gesù Cristo per la loro salvezza e non in queste osservanze,
altrimenti sicuramente Paolo (nel caso queste fossero state una condizione
di salvezza) li avrebbe combattuti con tutte le sue forze come fece con i
giudaizzanti oggetto della lettera ai galati, tanto più che alla conclusione
della lettera egli scrive:
Ora vi esorto, fratelli, a tener
d'occhio quelli che provocano le divisioni e gli scandali in contrasto con
l'insegnamento che avete ricevuto. Allontanatevi da loro.
Costoro, infatti, non servono il
nostro Signore Gesù Cristo, ma il proprio ventre; e con dolce e lusinghiero
parlare seducono il cuore dei semplici.
Quanto a voi, la vostra ubbidienza è nota a tutti.
Io mi rallegro dunque per voi, ma
desidero che siate saggi nel bene e incontaminati dal male.
(Romani 16:17-19)
Anche nella chiesa di Colosse ci furono discussioni in tal senso:
Nessuno dunque vi giudichi
quanto al mangiare o al bere, o
rispetto a feste, a noviluni, a sabati, che
sono l'ombra di cose che dovevano avvenire; ma il corpo è di Cristo.
(Colossesi 2:16-17)
Paolo li considera quindi solo come dei
deboli
nella fede, ancora
parzialmente legati alle tradizioni... di provenienza probabilmente
giudaica… e non è così difficile ipotizzare questa “debolezza”…
Pietro aveva avuto bisogno di una
visione per comprendere che le prescrizioni legali erano cessate con la
discesa dello Spirito Santo!
L’esortazione di Paolo circa questi fratelli è dunque:
…Accogliete colui che è debole nella fede, ma non per sentenziare sui suoi
scrupoli.
La debolezza della fede
è quindi rappresentata come una fede che non ha ancora acquisito quella
forza, quella chiarezza da fare considerare le pratiche esterne
come indipendenti dalla nuova vita spirituale.
L’atteggiamento
verso questo fratello non è quello di convincerlo…
nemmeno quello di condannarlo… è quello di accoglierlo…
ma non per sentenziare sui suoi scrupoli…
…per sottoporlo ad un continuo, esame critico sulle le sue particolari
opinioni sopra cose secondarie.
Il risultato di una stucchevole discussione in merito a questi argomenti non
servirebbe ad altro che ad un suo rattristamento… allontanamento, mentre una
accoglienza benevola lo
edificherà.
Paolo insegnava le medesime cose nella prima lettera ai corinzi:
Ma non in tutti è la conoscenza;
anzi, alcuni, abituati finora all'idolo,
mangiano di quella carne come se
fosse una cosa sacrificata a un idolo; e la loro coscienza, essendo debole,
ne è contaminata.
Ora non è un cibo che ci farà
graditi a Dio; se non mangiamo, non abbiamo nulla di meno; e se mangiamo
non abbiamo nulla di più.
Ma badate che questo vostro diritto non diventi un inciampo per i deboli.
Perché se qualcuno vede te, che hai conoscenza, seduto a tavola in un tempio
dedicato agli idoli, la sua coscienza, se egli è debole, non sarà tentata di
mangiare carni sacrificate agli idoli?
Così, per la tua conoscenza, è
danneggiato il debole, il fratello per il quale Cristo è morto.
Ora, peccando in tal modo contro i fratelli, ferendo la loro coscienza che è
debole, voi peccate contro Cristo.
Perciò, se un cibo scandalizza mio fratello, non mangerò mai più carne, per
non scandalizzare mio fratello.
(1 Corinzi 8:7-13)
…Uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l'altro che è debole, mangia
verdure.
Colui che mangia di tutto non disprezzi colui che non mangia di tutto; e
colui che non mangia di tutto non giudichi colui che mangia di tutto, perché
Dio lo ha accolto.
Chi sei tu che giudichi il domestico altrui?
Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone; ma egli sarà
tenuto in piedi, perché il Signore è potente da farlo stare in piedi.
L'Apostolo indica un primo caso in cui si manifesta la
debolezza della fede:
…lo scrupolo di mangiare cibo animale o carne.
Paolo approva sicuramente questa libertà… lo indicherà chiaramente in
seguito, ma vuole che di questa libertà se ne faccia un uso regolato dall’Amore…
…Colui
che mangia di tutto non disprezzi colui che non mangia di tutto…
come verso un povero superstizioso, di mente gretta, incapace di elevarsi al
concetto della libertà cristiana.
È una forte tentazione dei cristiani “forti” di disprezzare “i deboli”…
vorrebbero vederli crescere secondo i loro parametri… come loro (indice di
superbia)… ma questo non è affare loro, è l’opera di Dio… quindi
attenzione a disprezzare l’opera di
Dio compiuta nei fratelli deboli fino a quel momento!
La fede e la conoscenza sono progressive e non tutti arrivano immediatamente
a liberarsi da antichi concetti e da pratiche ritenute utili.
La risposta lapidaria di Paolo è:
Dio lo ha accolto… chi sei tu per non
accoglierlo?
Sembra ancora di sentire le parole di Pietro che doveva giustificarsi
davanti ai fratelli di Gerusalemme per avere battezzato Cornelio e la sua
famiglia:
Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato anche a noi che
abbiamo creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?
(Atti 11:17)
La risposta lapidaria di Paolo è:
Dio lo ha giustificato… chi sei tu
per giudicarlo?
…Chi sei tu che giudichi il domestico altrui?
Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone; ma egli sarà
tenuto in piedi, perché il Signore è potente da farlo stare in piedi.
Nessuno oserebbe entrare nella casa di un estraneo e giudicare la donna
delle pulizie che sta lavorando, sentenziando sul metodo, sulle energie
impiegate, sul tempo impiegato… perché osiamo giudicare il domestico della
casa di Dio nel suo servizio?
La condotta del servo riguarda il suo padrone.
…Uno stima un giorno più di un altro; l'altro stima tutti i giorni uguali;
sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente.
Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore; e chi mangia di tutto, lo
fa per il Signore, poiché ringrazia Dio; e chi non mangia di tutto fa così
per il Signore, e ringrazia Dio.
L'osservanza dei giorni di riposo giudaici verso i quali c’erano
alcuni che facevano differenza tra
giorni più o meno sacri, altri invece
stimavano tutti i giorni uguali.
Leggendo la lettera di Paolo ai Galati, possiamo notare come ci fossero
nella chiesa alcuni (di provenienza giudaica) che avevano conservato
l'osservanza dei giorni legali facendone una questione dottrinale:
Voi osservate giorni, mesi, stagioni e anni!
(Galati 4:10)
Anche nella chiesa di Colosse ci furono discussioni in tal senso:
Nessuno dunque vi giudichi
quanto al mangiare o al bere, o
rispetto a feste, a noviluni, a sabati, che
sono l'ombra di cose che dovevano avvenire; ma il corpo è di Cristo.
(Colossesi 2:16-17)
In Galazia ed in Colosse,
di questi aspetti se ne faceva
condizione di salvezza o di santità superiore, ed in quel caso Paolo
combatte l'errore che si annidava sotto quelle osservanze.
Davanti a queste condizioni che minavano il fondamento stesso del Vangelo,
Paolo si mostra assolutamente intransigente:
Se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia
anatema.
(Galati 1:9)
Ecco, io, Paolo, vi dichiaro che, se vi fate circoncidere, Cristo non vi
gioverà a nulla.
(Galati 5:2)
Ma in questo caso, la situazione è differente… si trattava di problemi di
coscienza personale... di
riguardo al Signore… per
questo Paolo, in questo caso dice:
sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente.
Per Paolo non è l’atto esteriore in sé che conta, è la motivazione che
spinge a fare l’atto che determina la reazione…
…se un atto si sostituisce alla Grazia di Dio è anatema…
…se lo stesso atto è fondato su una questione di rispetto personale è da non
giudicare.
Tanto il forte come
il debole hanno il dovere di
esaminare attentamente le ragioni per le quali agiscono in un modo piuttosto
che nell'altro.
Quindi
chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore; e chi mangia di tutto, lo
fa per il Signore, poiché ringrazia Dio; e chi non mangia di tutto fa così
per il Signore, e ringrazia Dio.
…Nessuno di noi infatti vive per se stesso, e nessuno muore per se stesso;
perché, se viviamo, viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo per il
Signore.
Sia dunque che viviamo o che moriamo, siamo del Signore.
Poiché a questo fine Cristo è morto ed è tornato in vita: per essere il
Signore sia dei morti sia dei viventi.
Questa espressione è un atto di riconoscenza di fiducia dell’apostolo nei
confronti della fratellanza… egli sta dichiarando che quello che decidiamo
nella nostra coscienza non è per compiacere a noi stessi o alla nostra
volontà ma per il Signore e per la Sua volontà.
…Ma tu, perché giudichi tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi tuo
fratello?
Poiché tutti compariremo davanti al tribunale di Dio; infatti sta scritto: «Come
è vero che vivo», dice il Signore, «ogni
ginocchio si piegherà davanti a me, e ogni lingua darà gloria a Dio».
Quindi ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio.
Dio solo è competente per giudicare la coscienza degli uomini ed i loro
atti, per questo tutti compariremo
davanti al tribunale di Dio.
Di questo Tribunale Celeste, Paolo ne parla anche ai corinzi, sempre in
riferimento al gradimento del servizio svolto:
Per questo ci sforziamo di essergli
graditi, sia che abitiamo nel corpo, sia che ne partiamo.
Noi tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo,
affinché ciascuno riceva la retribuzione di ciò che ha fatto quando era nel
corpo, sia in bene sia in male.
(2 Corinzi 5:9)
Poiché Dio è il Signore, il Giusto Giudice
(cfr 2 Timoteo 4:8),
nella Sua Signoria valuterà l’operato di tutti i suoi servi nel Suo
Tribunale,
dobbiamo tenere conto di questa realtà futura perché
dovremo rendere conto di quello che abbiamo fatto sia in bene e sia in male.
E’ bello vedere come Paolo si prepara con serenità e con una coscienza
libera da pesi e giudizi espressi senza avere ragione di farlo e con la
consapevolezza di avere espresso giudizi anche duri, quando era necessario
farlo:
Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia
partenza è giunto.
Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la
fede.
Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione. (2 Timoteo 4:6-8)
***
Ora, se a motivo di un cibo tuo fratello è turbato, tu non cammini più
secondo amore. Non perdere, con il tuo cibo, colui per il quale Cristo è
morto!
Ciò che è bene per voi non sia dunque oggetto di biasimo; perché il regno di
Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia
nello Spirito Santo.
Poiché chi serve Cristo in questo, è gradito a Dio e approvato dagli uomini.
Cerchiamo dunque di conseguire le cose che contribuiscono alla pace e alla
reciproca edificazione.
Non distruggere, per un cibo, l'opera di Dio. Certo, tutte le cose sono
pure; ma è male quando uno mangia dando occasione di peccato.
È bene non mangiare carne, né bere vino, né fare cosa alcuna che porti il
tuo fratello a inciampare.
Tu, la fede che hai, serbala per te stesso, davanti a Dio.
Beato colui che non condanna se stesso in quello che approva.
Ma chi ha dei dubbi riguardo a ciò che mangia è condannato, perché la sua
condotta non è dettata dalla fede; e tutto quello che non viene da fede è
peccato.
…Io so e sono persuaso nel Signore Gesù che nulla è impuro in se stesso…
E’ significativa questa espressione di Paolo,
egli sa ed è convinto nel Signore Gesù…
…così dovremmo imparare a ragionare!
E
Paolo sa ed è convinto
della
completa opera purificatrice del Signore Gesù
e della
funzione santificatrice della parola
di Dio e dalla preghiera,
come scriverà a Timoteo, evidenziando tra l’altro come
la degenerazione di questa libertà di pensiero
in coloro che
non hanno ben conosciuto la verità,
porterà, attraverso l’azione
degli spiriti seduttori e dottrine di demoni,
sviati dall'ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella
propria coscienza,
negli ultimi tempi
a scelte di disobbedienza:
Ma lo Spirito dice esplicitamente
che nei tempi futuri alcuni apostateranno dalla fede, dando retta
a spiriti seduttori e a dottrine di
demòni, sviati
dall'ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella propria
coscienza.
Essi vieteranno il matrimonio e
ordineranno di astenersi da cibi che Dio ha creati perché quelli che
credono e hanno ben conosciuto la
verità ne usino con rendimento di grazie.
Infatti tutto quel che Dio ha creato
è buono; e nulla è da respingere,
se usato con rendimento di grazie; perché
è santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera.
(1 Timoteo 4:1-5)
Paolo è un convinto della libertà cristiana e non lo può nascondere... …ma
al momento ha anche l’autocontrollo di saper aspettare chi, ancora nella sua
debolezza, non è arrivato ad una corretta conoscenza della verità!
Gesù stesso lo insegnò:
Chiamata a sé la folla, disse loro: «Ascoltate e intendete: non quello che entra nella bocca contamina l'uomo; ma è quello che esce dalla bocca, che contamina l'uomo!» (Matteo 15:10-11)
Perché egli sa anche che
se uno pensa che una cosa è impura,
per lui è impura.
Non bisogna quindi “forzare la coscienza del debole” per fargli fare una
scelta di cui egli non è ancora convinto… forse avremo vinto nella forma… ma
avremo rovinato la coscienza del fratello che rimarrà
turbato…
ora se a motivo di un cibo tuo
fratello è turbato, tu non cammini più secondo amore.
Non perdere, con il tuo cibo, colui per il quale Cristo è morto!
L'amore regola l'uso della libertà, limitandola nel rispetto del prossimo.
Per salvarlo, il Signore Gesù Cristo
svuotò se stesso, prendendo forma di
servo, divenendo simile agli
uomini; trovato esteriormente come un uomo,
umiliò se stesso, facendosi
ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce… (Filippesi 2:7-8)
…e noi non siamo disposti a rinunciare ad una cibo in nome della
libertà?
…Ciò che è bene per voi non sia dunque oggetto di biasimo; perché il regno
di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia
nello Spirito Santo.
Poiché chi serve Cristo in questo, è gradito a Dio e approvato dagli uomini.
Noi non siamo chiamati a fare sfoggio della nostra la libertà in Cristo…
…siamo chiamati a portare il Vangelo… …
perché il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è
giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo.
Il mangiare ed il bere sono pratiche che non toccano l'essenza del regno di
Dio che è spirituale!
Il regno che Dio vuole stabilire è al momento invisibile ed avrà il suo
completo svolgimento nei nuovi cieli e nella nuova terra e
quel regno
non consiste in vivanda né in
bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo.
E sono quindi
la giustizia, la pace e la gioia
nello Spirito Santo che dobbiamo promuovere!
E questo ci renderà
graditi a Dio (che si
compiacerà dell’esercizio della nostra fede in conformità al sentimento di
Gesù Cristo)
e approvati dagli uomini (che
saranno edificati)… …adempiendo così il grande comandamento duplice:
Gesù gli disse: «"Ama
il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con
tutta la tua mente". Questo
è il grande e il primo comandamento.
Il secondo, simile a questo, è: "Ama
il tuo prossimo come te stesso".
Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti».
(Matteo 22:37-40)
Non distruggere, per un cibo, l'opera di Dio.
È bene non mangiare carne, né bere vino, né fare cosa alcuna che porti il
tuo fratello a inciampare. Tu, la
fede che hai, serbala per te stesso, davanti a Dio.
Beato colui che non condanna se stesso in quello che approva.
Ma chi ha dei dubbi riguardo a ciò che mangia è condannato, perché la sua
condotta non è dettata dalla fede; e tutto quello che non viene da fede è
peccato.
Certo, tutte le cose sono pure
(in
materia di cibi)
ma è male quando uno mangia dando
occasione di peccato, ovvero esponendo un fratello ad
operare contro coscienza, quindi
se la tua libertà è buona… …è ancora meglio
non mangiare carne, né bere vino, né
fare cosa alcuna che porti il tuo fratello a inciampare… …
la fede che hai, serbala per te stesso… …goditi la tua libertà
davanti a Dio, che conosce il
tuo, cuore e ti dà questa convinzioni certa.
Chi possiede la fede illuminata e
forte in Cristo che lo porta a considerare ogni cosa pura in Lui non ha
bisogno dì professarlo ostentatamente in ogni occasione.
Trattando un argomento analogo in
1Corinzi 8-10, Paolo dopo aver fatto valere le ragioni della
carità, cita il proprio esempio di abnegazione, poi ricorda gli avvertimenti
contenuti nella storia d'Israele, concludendo con queste parole:
Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra
cosa, fate tutto alla gloria di Dio. Non
date motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla chiesa di Dio; così
come anch'io compiaccio a tutti in
ogni cosa, cercando non l'utile mio ma quello dei molti, perché siano
salvati.
Siate miei imitatori, come anch'io lo sono di Cristo.
(1 Corinzi 10:31 / 11:1)
Beato colui che non condanna se stesso in quello che approva…
beato colui che, nel fare quello che egli sa di poterlo fare in buona
coscienza, non si rende colpevole di scandalo verso il fratello…
egli non si sentirà accusato dalla
propria coscienza… …ma
chi ha dei dubbi riguardo a ciò che mangia è condannato, perché la sua
condotta non è dettata dalla fede; e tutto quello che non viene da fede è
peccato.
E’ interessante considerare come Paolo dichiari in modo inequivocabile qui
come non sono gli atti esteriori che rendono colpevoli e giustificano gli
uomini ma la fede che è in loro…
la sua condotta non è dettata dalla
fede; e tutto quello che non viene da fede è peccato.
***
Or noi, che siamo forti, dobbiamo sopportare le debolezze dei deboli e non
compiacere a noi stessi.
Ciascuno di noi compiaccia al prossimo, nel bene, a scopo di edificazione.
Infatti anche Cristo non compiacque a se stesso; ma come è scritto: «Gli
insulti di quelli che ti oltraggiano sono caduti sopra di me».
Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra
istruzione, affinché mediante la pazienza e la consolazione che ci
provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza.
Il Dio della pazienza e della consolazione vi conceda di aver tra di voi un
medesimo sentimento secondo Cristo Gesù, affinché di un solo animo e d'una
stessa bocca glorifichiate Dio, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo.
Perciò accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo vi ha accolti per
la gloria di Dio.
Infatti io dico che Cristo è diventato servitore dei circoncisi a
dimostrazione della veracità di Dio per confermare le promesse fatte ai
padri; mentre gli stranieri onorano Dio per la sua misericordia, come sta
scritto: «Per questo ti celebrerò
tra le nazioni
e canterò le lodi al tuo nome».
E ancora: «Rallegratevi, o
nazioni, con il suo popolo».
E altrove: «Nazioni, lodate tutte
il Signore; tutti i popoli lo celebrino».
Di nuovo Isaia dice: «Spunterà la
radice di Iesse, colui che sorgerà a governare le nazioni; in lui spereranno
le nazioni».
Or il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede,
affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo.
…i forti… chi sono?
Essi sono delle macchie nelle vostre
agapi quando banchettano con voi senza ritegno, pascendo se stessi;
nuvole senza acqua, portate qua e là dai venti; alberi d'autunno senza
frutti, due volte morti, sradicati; onde furiose del mare, schiumanti la
loro bruttura; stelle erranti, a cui è riservata l'oscurità delle tenebre in
eterno.
(Giuda 12-13)
…i
forti sono quelli che hanno
realizzato che la Grazia di Dio e la
Sua Giustizia non consistono in vivande, bevande o cose che sono destinate a
scomparire ma in Giustizia, Pace e Gioia nello Spirito Santo!
Se ai corinzi che lo avevano conosciuto, Paolo ha potuto scrivere:
Siate miei imitatori, come anch'io lo sono di Cristo.
(1 Corinzi 11:1)
Scrivendo ora ad una chiesa con cui non ha avuto relazioni personali, egli
non può citare il proprio esempio, ma non tralascia di indicare
quello di Cristo per insegnarci che
dobbiamo sopportare le debolezze dei
deboli e non compiacere a noi stessi e che ciascuno di noi compiaccia al
prossimo, nel bene, a scopo di edificazione.
L'esempio di Cristo
viene presentato sotto due aspetti:
1) Egli, per salvare gli uomini,
non compiacque a se stesso,
ma a Dio Padre.
Or noi, che siamo forti, dobbiamo sopportare le debolezze dei deboli e non
compiacere a noi stessi.
Ciascuno di noi compiaccia al prossimo, nel bene, a scopo di edificazione.
Infatti anche Cristo non compiacque a se stesso; ma come è scritto: «Gli
insulti di quelli che ti oltraggiano sono caduti sopra di me».
Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra
istruzione, affinché mediante la pazienza e la consolazione che ci
provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza.
Il Dio della pazienza e della consolazione vi conceda di aver tra di voi un
medesimo sentimento secondo Cristo Gesù, affinché di un solo animo e d'una
stessa bocca glorifichiate Dio, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo.
I forti
(tra i quali Paolo si schiera) sono quindi coloro che
hanno una fede abbastanza salda ed
illuminata da essere libera da scrupoli legali, come quelli riferiti a
cibi, bevande, giorni… …ma
questi sono chiamati a dimostrare la
loro fede più forte con l’esercizio dell’amore nei confronti di coloro
che sono più deboli… …e
non compiacere a noi stessi,
perché
l'amore non si vanta, non si gonfia, non
si comporta in modo sconveniente… ...soffre ogni cosa, crede ogni cosa,
spera ogni cosa, sopporta ogni cosa
(tratto da 1 Corinzi 13:4-7).
Il forte deve mostrare la sua forza non con uno sfoggio impietoso e con un
vano compiacimento in modo da umiliare il debole;
ma portando (sopportando)
con mansuetudine, con condiscendenza ed affetto, il carico che gli viene,
imposto dalla debolezza dei suoi fratelli.
Servire è (nel Vangelo) il vero segno della forza.
Gesù ce lo insegnò in modo chiaro:
Or prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta per lui l'ora
di passare da questo mondo al Padre,
avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda
Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù,
sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio
e a Dio se ne tornava, si
alzò da tavola, depose le sue vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse.
Poi mise dell'acqua in una
bacinella, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli, e ad asciugarli con
l'asciugatoio del quale era cinto.
Si avvicinò dunque a Simon Pietro, il quale gli disse: «Tu, Signore, lavare
i piedi a me?» … …Quando dunque
ebbe loro lavato i piedi ed ebbe ripreso le sue vesti, si mise di nuovo a
tavola, e disse loro: Capite quello
che vi ho fatto? Voi mi chiamate
Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. Se
dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi
dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Infatti
vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io. In
verità, in verità vi dico che il servo non è maggiore del suo signore, né il
messaggero è maggiore di colui che lo ha mandato. Se
sapete queste cose, siete beati se le fate.
(tratto da Giovanni 13:1-17)
…Ciascuno di noi compiaccia al prossimo, nel bene, a scopo di edificazione…
…proprio
secondo l’esempio di Cristo che è il modello perfetto del cristiano (Cfr.
Galati 6:2;
2Corinzi 8:9;
Filippesi 2:5;
1Pietro 2:21;
Ebrei 12:2).
Egli
non compiacque a se stesso,
non cercò la propria soddisfazione; anzi, per il bene eterno, degli uomini e
la gloria del suo Padre, egli accettò di essere
insultato e oltraggiato dai
nemici di Dio, adempiendo la Parola di Dio detta da Davide:
…gli
insulti di chi ti oltraggia sono caduti su di me.
(Salmo 69:9)
In questo salmo Davide descrive l'odio, l'abbandono, gli insulti e gli
oltraggi a cui la sua pietà ed il suo zelo per Dio, lo hanno esposto.
Gesù che è stato, come nessun altro
roso dallo zelo della casa di Dio,
ha provato, in modo superlativo, l'odio di cui parlava Davide che ne fu il
tipo imperfetto.
Avendo citato un passo dell'Antico Testamento dove son descritte le
esperienze dell'uomo pio, Paolo coglie di l'occasione per ricordare ai
cristiani quale miniera di insegnamenti utili all'edificazione comune sia
contenuta nelle Scritture dell'Antico Testamento,
poiché tutto ciò che fu scritto nel
passato, fu scritto per nostra istruzione, affinché mediante la pazienza e
la consolazione che ci provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza.
…Il Dio della pazienza e della consolazione vi conceda di aver tra di voi un
medesimo sentimento secondo Cristo Gesù, affinché di un solo animo e d'una
stessa bocca glorifichiate Dio, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo.
La preghiera conclusiva di questo primo aspetto dell’esempio di Cristo da
imitare è quindi una preghiera di intercessione per la concessione da parte
del
Dio della pazienza e della consolazione, di aver
nella chiesa un medesimo sentimento
secondo Cristo Gesù
(cfr Filippesi 2:1-8),
affinché di un solo animo e d'una stessa bocca glorifichiate Dio, il Padre
del nostro Signore Gesù Cristo.
Quando una Chiesa persegue tutta lo stesso obiettivo… …la
gloria di Dio… …le diversità secondarie non separano i cuori… …da
quella comunione di spirito esce una armonia di molti strumenti… …diversi e
bene accordati!
2) Egli, nel salvare il mondo, ha
accolto tutti gli uomini, giudei e greci, ciascuno con la propria
cultura e con le proprie convinzioni di coscienza.
Per realizzare questo ideale di un popolo di credenti di un solo cuore che
celebra la gloria di Dio,
dobbiamo però imparare ad
accoglierci gli uni gli altri.
Perciò accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo vi ha accolti per
la gloria di Dio.
Infatti io dico che Cristo è diventato servitore dei circoncisi a
dimostrazione della veracità di Dio per confermare le promesse fatte ai
padri; mentre gli stranieri onorano Dio per la sua misericordia, come sta
scritto: «Per questo ti celebrerò
tra le nazioni
e canterò le lodi al tuo nome».
E ancora: «Rallegratevi, o
nazioni, con il suo popolo».
E altrove: «Nazioni, lodate tutte
il Signore; tutti i popoli lo celebrino».
Di nuovo Isaia dice: «Spunterà la
radice di Iesse, colui che sorgerà a governare le nazioni; in lui spereranno
le nazioni».
Or il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede,
affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo.
Tutti i credenti devono essere animati da spirito di fraterna tolleranza e
bontà.
E qui l'Apostolo presenta un'altra volta
l'esempio di Cristo, il
quale, per conseguire
la gloria di Dio, ha accolto
a sè i peccatori senza distinzione di Giudei e di pagani, di ricchi, e di
poveri, di ignoranti e di dotti; di onorati o disprezzati dal mondo.
L'accoglienza misericordiosa
che Cristo ha fatta a tutti i membri della Chiesa individualmente
deve riprodursi nell'accoglienza
benevola reciproca in tutte
le relazioni della vita.
Se vi è qualche concessione da fare,
qualche antipatia da vincere,
qualche divario di opinioni da
accettare, qualche offesa da
perdonare… …una cosa ci deve innalzare al di sopra di tutte queste
miserie: la consapevolezza
dell'amore con il quale Cristo ci ha accolti.
Cristo ha accolto i circoncisi
(i giudei)
per confermare le promesse fatte ai padri… …confermando così
la Sua fedeltà e la Sua stessa
veracità… …e questo porta
gloria a Dio:
Per questo ti celebrerò tra le nazioni e canterò le lodi al tuo nome.
Cristo ha accolto altresì gli stranieri per la misericordia di Dio…
e questo porta gloria a Dio:
Rallegratevi, o nazioni, con il suo popolo.
Nazioni, lodate tutte il Signore; tutti i popoli lo celebrino.
…Isaia dice: «Spunterà la radice
di Iesse, colui che sorgerà a governare le nazioni; in lui spereranno le
nazioni».
Di fronte al quadro profetico di una umanità retta dallo scettro di Gesù
Cristo e celebrante le lodi del Dio della salvezza, l'Apostolo termina anche
questo secondo esempio con una seconda intercessione:
Or il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede,
affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo.
***
E
accogliere colui che non ha ancora
compreso pienamente questo (il
debole nella fede) è proprio l’esercitare
la
Giustizia, la Pace e la Gioia nello Spirito Santo.
Questo è l’atteggiamento che ci ha dimostrato il nostro Signore Gesù Cristo
e che, in qualità di Suoi discepoli, dobbiamo anche esercitare noi.
Ma questo passo può essere anche facilmente strumentalizzato da coloro (i
falsi dottori) che vogliono sovvertire il Vangelo di Cristo
volgendo la Grazia in dissolutezza,
sviando molti e
diffamando la via della Verità:
Però ci furono anche falsi profeti tra il popolo, come ci saranno anche tra
di voi falsi dottori che
introdurranno occultamente eresie di perdizione, e, rinnegando il Signore
che li ha riscattati, si attireranno addosso una rovina immediata.
Molti li seguiranno nella loro
dissolutezza; e a causa loro la via della verità sarà diffamata.
(2 Pietro 2:1-2)
Carissimi, avendo un gran desiderio di scrivervi della nostra comune
salvezza, mi sono trovato costretto a farlo per
esortarvi a combattere strenuamente
per la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre.
Perché si sono infiltrati fra di voi certi uomini
(per i quali già da tempo è scritta questa condanna);
empi che volgono in dissolutezza la
grazia del nostro Dio e negano il nostro unico Padrone e Signore Gesù
Cristo.
(Giuda 3-4)
La dissolutezza
è quella attitudine a rendere vana…
inutile qualcosa (nello specifico la Grazia di Dio), ed abbiamo in tal senso
dei seri avvertimenti ed insegnamenti:
- la dissolutezza è un’opera della carne:
Ora le opere della carne sono
manifeste, e sono:
fornicazione, impurità, dissolutezza,
idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese,
divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, orge e altre simili cose; circa le
quali, come vi ho già detto, vi
preavviso: chi fa tali cose non
erediterà il regno di Dio.
(Galati 5:19-21)
- è il modo di comportarsi dei
pagani, con
l’intelligenza ottenebrata ed
estranei alla vita di Dio e
deve caratterizzare la vita dei cristiani (che si differenziano dagli
increduli anche per questo):
Questo dunque io dico e attesto nel Signore:
non comportatevi più come si
comportano i pagani nella vanità dei loro pensieri,
con l'intelligenza ottenebrata,
estranei alla vita di Dio, a motivo dell'ignoranza che è in loro, a
motivo dell'indurimento del loro cuore.
Essi, avendo perduto ogni sentimento,
si sono abbandonati alla
dissolutezza fino a commettere ogni specie di impurità con avidità
insaziabile.
(Efesini 4:17-19)
Basta con il tempo trascorso a soddisfare la volontà dei
pagani
vivendo nelle dissolutezze,
nelle passioni, nelle ubriachezze, nelle orge, nelle gozzoviglie, e nelle
illecite pratiche idolatriche.
Per questo trovano strano che voi
non corriate con loro agli stessi eccessi di dissolutezza e parlano male di
voi.
(1 Pietro 4:3-4)
- è il risultato dell’essere ripieni dello spirito di questo mondo:
Non ubriacatevi! Il vino porta alla
dissolutezza. Ma siate ricolmi di Spirito…
(Efesini 5:18)
Per questa ragione ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine nelle cose
che rimangono da fare, e costituisca degli
anziani in ogni città, secondo
le mie istruzioni, quando si trovi chi sia irreprensibile, marito di una
sola moglie, che abbia figli fedeli,
che non siano accusati di dissolutezza né insubordinati.
(Tito 1:5-6)