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Barnaba e Marco - Paolo e Sila
ATTI DEGLI APOSTOLI
15:30-41
Essi dunque presero commiato e scesero ad Antiochia, dove, radunata la
moltitudine dei credenti, consegnarono la lettera.
Quando i fratelli l'ebbero letta, si rallegrarono della consolazione che
essa portava loro.
Giuda e Sila, anch'essi profeti, con molte parole li esortarono e li
fortificarono.
Dopo essersi trattenuti là diverso tempo, i fratelli li lasciarono ritornare
in pace a coloro che li avevano inviati. [Ma parve bene a Sila di rimanere
qui.]
Paolo e Barnaba rimasero ad Antiochia, insegnando e portando, insieme a
molti altri, il lieto messaggio della Parola del Signore.
Dopo diversi giorni, Paolo disse a Barnaba: «Ritorniamo ora a visitare i
fratelli di tutte le città in cui abbiamo annunciato la Parola del Signore,
per vedere come stanno».
Barnaba voleva prendere con loro anche Giovanni detto Marco.
Ma Paolo riteneva che non dovessero prendere uno che si era separato da loro
già in Panfilia, e non li aveva accompagnati nella loro opera.
Nacque un aspro dissenso, al punto che si separarono; Barnaba prese con sé
Marco e s'imbarcò per Cipro; Paolo, invece, scelse Sila e partì,
raccomandato dai fratelli alla grazia del Signore.
E percorse la Siria e la Cilicia, rafforzando le chiese.
(Atti 15:30-41)
***
Essi dunque presero commiato e scesero ad Antiochia, dove, radunata la
moltitudine dei credenti, consegnarono la lettera.
Quando i fratelli l'ebbero letta, si rallegrarono della consolazione che
essa portava loro.
…Essi dunque
cioè: Paolo, Barnaba, Tito, gli altri partiti da Antiochia per Gerusalemme
in occasione della Conferenza, e i delegati della chiesa di Gerusalemme:
Sila e di Giuda.
…
si rallegrarono della consolazione
Si rallegrarono per la consolazione (che ne ebbero);
insomma: la lettura della lettera li riempì di gioia e di coraggio.
Cosa portò loro gioia?
Due cose fondamentali:
-
Era stato riconosciuto ufficialmente che la Porta era stata aperta anche ai
gentili ed era chiaro per tutti che
Dio non ha riguardi personali; ma che
in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente gli è gradito.
Questa è la parola ch'egli ha diretta ai figli d'Israele, portando il lieto
messaggio di pace per mezzo di Gesù Cristo.
Egli è il Signore di tutti.
(Atti 10:34-36)
-
Erano liberi di servire il Signore
senza essere assoggettati alla schiavitù della Legge mosaica, come
d’altronde avevano imparato a conoscere il Signore nel Vangelo per mezzo
della predicazione di Paolo, Barnaba ed i fratelli profeti e dottori di
Antiochia.
***
Giuda e Sila, anch'essi profeti, con molte parole li esortarono e li
fortificarono.
È chiaro che il profeta qui non
è solamente uno che “predice l'avvenire”, come nel caso di Agabo:
In quei giorni, alcuni profeti
scesero da Gerusalemme ad Antiochia.
E uno di loro, di nome Agabo, alzatosi, predisse mediante lo Spirito che ci
sarebbe
stata una grande carestia su tutta la terra; la si ebbe infatti durante
l'impero di Claudio.
I discepoli decisero allora di inviare una sovvenzione, ciascuno secondo le
proprie possibilità, ai fratelli che abitavano in Giudea.
(Atti 11:27-29)
Giuda e Sila, profeti, sotto
l'azione dello Spirito Santo,
esortano e fortificano i fratelli.
Ora vi è diversità di doni, ma vi è un medesimo Spirito.
Vi è diversità di ministeri, ma non v'è che un medesimo Signore.
Vi è varietà di operazioni, ma non vi è che un medesimo Dio, il quale opera
tutte le cose in tutti.
Ora a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune.
Infatti, a uno è data, mediante lo Spirito, parola di sapienza; a un altro
parola di conoscenza, secondo il medesimo Spirito; a un altro, fede,
mediante il medesimo Spirito; a un altro, doni di guarigione, per mezzo del
medesimo Spirito; a un altro, potenza di operare miracoli;
a un altro, profezia; a un
altro, il discernimento degli spiriti; a un altro, diversità di lingue e a
un altro, l'interpretazione delle lingue; ma tutte queste cose le opera
quell'unico e medesimo Spirito, distribuendo i doni a ciascuno in
particolare come vuole.
(1 Corinzi 12:4-11)
***
Dopo essersi trattenuti là diverso tempo, i fratelli li lasciarono ritornare in pace a coloro che li avevano inviati.
[Ma
parve bene a Sila di rimanere qui.]
Paolo e Barnaba rimasero ad Antiochia, insegnando e portando,
insieme a molti altri, il lieto messaggio della Parola del Signore.
Erano parecchi i profeti e i dottori, in Antiochia come detto
precedentemente:
Nella chiesa che era ad Antiochia c'erano profeti e dottori: Barnaba,
Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaem, amico d'infanzia di Erode il
tetrarca, e Saulo.
(Atti
13:1)
E qui vediamo, che nonostante la presenza di due “colonne” come Paolo e
Barnaba, l’insegnamento era praticato insieme a
molti altri… …qui stride
parecchio lo stato di molte chiese del nostro secolo dove l’insegnamento è
delegato ad un “pastore” o ad un gruppo limitatissimo di persone.
Come impoveriamo, agendo in questo modo, la Chiesa del Signore!
L’apostolo Paolo stesso amava “essere consolato dagli altri fratelli”:
Dio, che servo nel mio spirito annunciando il vangelo del Figlio suo, mi è
testimone che faccio continuamente menzione di voi chiedendo sempre nelle
mie preghiere che in qualche modo finalmente, per volontà di Dio, io riesca
a venire da voi.
Infatti desidero vivamente vedervi per comunicarvi qualche dono, affinché
siate fortificati; o meglio, perché
quando sarò tra di voi ci confortiamo a vicenda mediante la fede che abbiamo
in comune, voi e io.
(Romani 1:9-12)
Ed insegna che l’ammonizione, l’edificazione e la consolazione è reciproca
nella Chiesa non unilaterale:
Ora, fratelli miei, io pure sono persuaso, a vostro riguardo, che anche voi
siete pieni di bontà, ricolmi di ogni conoscenza, capaci anche di
ammonirvi a vicenda.
(Romani 15:14)
Perciò, consolatevi a vicenda ed
edificatevi gli uni gli altri, come d'altronde già fate.
(1 Tessalonicesi 5:11)
Viviamo tutto questo?
Paolo e Barnaba, insieme agli altri fratelli della chiesa di Antiochia, insegnano e portano,
il lieto messaggio della Parola del Signore.
Il messaggio della Parola del Signore
è un messaggio
lieto per coloro che cercano
la verità… …per gli altri è un messaggio molto spiacevole…
…da evitare… …come consideriamo noi il messaggio della Parola del
Signore?
E’ illuminante il passo profetico di Osea:
Chi è saggio ponga mente a queste cose! Chi è intelligente le riconosca!
Poiché le vie del SIGNORE sono
rette; i giusti cammineranno per esse, ma i trasgressori vi cadranno.
(Osea 14:9)
Il lieto messaggio della Parola di Dio
è un messaggio che divide e fa male a chi è estraneo al “corpo di Cristo”,
ma è rigenerante, ristorante e fortificante per coloro che sono da Dio.
Paolo parlerà di questo duplice effetto della Sua predicazione ai fratelli
di Corinto:
Ma grazie siano rese a Dio che sempre ci fa trionfare in Cristo e che per
mezzo nostro spande dappertutto il profumo della sua conoscenza.
Noi siamo
infatti davanti a Dio il profumo di
Cristo fra quelli che sono sulla via della salvezza e fra
quelli che sono sulla via della perdizione; per questi, un odore di morte,
che conduce a morte; per quelli,
un odore di vita, che conduce a vita. E
chi è sufficiente a queste cose?
Noi non siamo infatti come quei molti che falsificano la parola di Dio; ma
parliamo mossi da sincerità, da parte di Dio, in presenza di Dio, in Cristo.
(2 Corinzi 2:14-17)
Anche Pietro ne parla in tale modo:
Accostandovi a lui, pietra vivente, rifiutata dagli uomini, ma davanti a Dio
scelta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per
formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici
spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo. Infatti si legge nella
Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion
una pietra angolare, scelta,
preziosa e chiunque crede in essa
non resterà confuso».
Per voi dunque che credete essa è preziosa; ma per gli increduli «la
pietra che i costruttori hanno rigettata è diventata la pietra angolare,
pietra d'inciampo e sasso di ostacolo».
Essi, essendo disubbidienti, inciampano nella parola;
e a questo sono stati anche destinati.
Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un
popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi
ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa;
voi, che prima non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi,
che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia.
(1 Pietro 2:4-10)
***
Dopo diversi giorni, Paolo disse a Barnaba: «Ritorniamo ora a visitare i
fratelli di tutte le città in cui abbiamo annunciato la Parola del Signore,
per vedere come stanno».
Paolo scrivendo ai corinzi rivela quali sofferenze e preoccupazioni aveva
per le chiese, non era semplice curiosità la sua:
Spesso in viaggio, in pericolo sui
fiumi, in pericolo per i briganti, in pericolo da parte dei miei
connazionali, in pericolo da parte degli stranieri, in pericolo nelle città,
in pericolo nei deserti, in pericolo sul mare, in pericolo tra falsi
fratelli; in fatiche e in pene; spesse volte in veglie, nella fame e nella
sete, spesse volte nei digiuni, nel freddo e nella nudità.
Oltre a tutto il resto,
sono assillato ogni giorno
dalle preoccupazioni
che mi vengono da tutte le chiese.
(2 Corinzi 11:28)
Come apostolo di Cristo, Paolo porta, oltre al peso delle sofferenze
proprie, un peso di paterna quotidiana sollecitudine per tutte le chiese e
per i loro membri.
Sono molte le chiese fondate da Paolo, e la loro crescita e
le loro condizioni spirituali gli
stanno a cuore in modo
assillante.
Le preghiere dell'apostolo per le chiese, per i loro conduttori e per i loro
membri stanno ad attestare quanto fosse vero l’affetto che provava per
tutti.
Ma Paolo aveva una coscienza pura in quanto sapeva di aver portato loro non
una sua convinzione, non se stesso ma
la Parola del Signore, come
scriverà ai fratelli di Corinto:
Noi
infatti non predichiamo noi stessi,
ma Cristo Gesù quale Signore, e quanto a noi ci dichiariamo vostri servi
per amore di Gesù…
(2 Corinzi 4:5)
***
Barnaba voleva prendere con loro anche Giovanni detto Marco.
Ma Paolo riteneva che non dovessero prendere uno che si era separato da loro già in Panfilia,
e non li aveva accompagnati nella loro opera.
Barnaba voleva mettere suo cugino alla prova un'altra volta; vedeva nella
diserzione di Giovanni detto Marco (cfr
Atti 13:13) delle circostanze attenuanti, che Paolo non voleva
riconoscere.
Paolo riteneva che per un'opera come quella che stavano per intraprendere,
necessitavano caratteri forti; e che un atto di debolezza qualunque avrebbe
potuto compromettere ogni cosa; quindi, di portarsi nuovamente Marco non ne
voleva sapere.
***
Nacque un aspro dissenso, al punto che si separarono; Barnaba prese con sé
Marco e s'imbarcò per Cipro; Paolo, invece, scelse Sila e partì,
raccomandato dai fratelli alla grazia del Signore.
E percorse la Siria e la Cilicia, rafforzando le chiese.
La contesa non fu lunga, ma senza dubbio aspra e dura.
Pare, dall’accenno alla raccomandazione dei fratelli, che i fratelli della
chiesa di Antiochia, nella contesa fra Paolo e Barnaba, prendessero
piuttosto la parte di Paolo.
Luca, che da ora innanzi si occupa esclusivamente dei movimenti di Paolo,
non ci dice più nulla degli altri missionari.
E’ da notare che ognuno dei due apostoli prende questa volta le mosse dalla
sua provincia natale. Paolo, dalla Cilicia; Barnaba, dall'isola di Cipro
(cfr
Atti 15:39).
Questa è l’ultima citazione di Barnaba nel libro degli atti degli apostoli.
Per Paolo, questo secondo viaggio doveva essere non un viaggio evangelistico,
ma quello che chiamiamo oggi con modo, moderno una "missione interna"; una
visita pastorale intesa a raffermare nella fede quelli che già credevano nel
Signore.
Ma l'uomo propone e Dio dispone; e Dio ha in serbo per il suo apostolo delle
cose molto più grandi di quelle che egli possa immaginare.
La diatriba tra Paolo e Barnaba offre diverse riflessioni:
- si può notare come Paolo possa aver agito con eccessivo rigore;
- si può notare Barnaba possa mostrare invece una certa debolezza per il
cugino, motivata appunto dai legami di sangue.
Quello che è interessante che Dio per mezzo di Luca non nasconde questo
avvenimento, ognuno dei due abbonda nel proprio senso; e la contesa mostra
un qualcosa della fragilità umana, anche negli apostoli.
Luca e in generale la Parola di Dio, mettono in evidenza sia le debolezze
che le virtù degli uomini di Dio.
La Parola è sincera; non ha riguardi personali; non vuole che una cosa: la
Verità, tutta la Verità, nient'altro che la Verità.
Vi sono però altre osservazioni da fare:
1)
La burrasca passa ed il cielo tornerà bello e sereno.
I due apostoli, momentaneamente separati, torneranno assieme per lavorare a
tutt'uomo alla gloria di quel Maestro,
"per il quale hanno messo e son
disposti a mettere ancora, la vita a repentaglio" (cfr
Atti 15:26).
Paolo farà ancora riferimento a Barnaba, quale apostolo, scrivendo ai
corinzi:
… O siamo soltanto io e Barnaba a non avere il diritto di non lavorare?
(1 Corinzi 9:6)
Ed anche Paolo e Marco torneranno assieme:
Vi salutano Aristarco, mio compagno di prigionia,
Marco, il cugino di Barnaba (a
proposito del quale avete ricevuto istruzioni; se viene da voi, accoglietelo),
e Gesù, detto Giusto.
Questi provengono dai circoncisi, e
sono gli unici che collaborano con me per il regno di Dio, e che mi sono
stati di conforto.
(Colossesi 4:10-11)
E l'affetto di Paolo per il giovane amico diventerà più caldo e più forte
che mai:
Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia
partenza è giunto.
Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la
fede.
Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto
giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti
quelli che avranno amato la sua apparizione.
Cerca di venir presto da me, perché Dema, avendo amato questo mondo, mi ha
lasciato e se n'è andato a Tessalonica. Crescente è andato in Galazia, Tito
in Dalmazia.
Solo Luca è con me.
Prendi Marco e conducilo con te; poiché mi è molto utile per il ministero.
(2 Timoteo 4:6-11)
2)
La contesa dei due apostoli fu un beneficio morale per Marco; fu una
salutare disciplina.
-
La severità di Paolo lo dovette trarre al ravvedimento, lo dovette umiliare,
lo dovette mettere in guardia contro altre possibili diserzioni; la bontà,
la condiscendenza, il tatto di Barnaba dovettero salvarlo dallo
scoraggiamento.
-
Barnaba dovette esser felice quando, più tardi, i fatti provarono che non
aveva avuto torto di dare una prova di fiducia a Marco, prendendolo con sè,
a costo di separarsi da Paolo.
-
Paolo dovette esser felice di potersi, stringere di nuovo il fratello
maturato.
3)
Dio sa sempre far concorrere all'avanzamento del regno di Cristo anche gli
errori e le debolezze dei figliuoli di Dio, seppe anche dall'evidente
male della contesa trarre più d'un bene:
Paolo e Barnaba, finora, avevano lavorato assieme in una direzione sola;
ora, dopo la contesa, ecco due viaggi, simultaneamente, in due direzioni
diverse; e non basta; invece di due missionari, ecco quattro
missionari al lavoro; invece di una coppia, cioè, ecco due coppie di
missionari, che partono nel medesimo tempo per luoghi differenti.
La scelta di portarsi Sila, fu comunque una scelta benedetta da Dio e si
dimostrò saggia per diversi motivi:
-
era un rappresentante autorevole della chiesa di Gerusalemme, incaricato di
portare le risultante della conferenza ad Antiochia ed era conosciuto;
-
era cittadino romano e pertanto libero di circolare senza troppi problemi (Cfr
Atti 16:38);
-
era un profeta (cfr Atti 15:32);
-
era istruito e conosceva il greco e probabilmente diventò il segretario di
Paolo, nonché di Pietro:
Perché il Figlio di Dio, Cristo Gesù, che è stato da noi predicato fra voi,
cioè da me, da Silvano e da
Timoteo… (2
Corinzi 1:19)
Paolo, Silvano e Timoteo alla
chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo:
grazia a voi e pace.
(1 Tessalonicesi 1:1)
Paolo, Silvano e Timoteo, alla
chiesa dei Tessalonicesi, che è in Dio nostro Padre e nel Signore Gesù
Cristo, grazia a voi e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.
(2 Tessalonicesi 1:1-2)
Per mezzo di Silvano, che
considero vostro fedele fratello, vi ho scritto brevemente, esortandovi e
attestando che questa è la vera grazia di Dio; in essa state saldi.
(1 Pietro 5:12)
***
Riflessioni su Barnaba
Tra gli innumerevoli personaggi positivi di cui ci parla la Bibbia, in
particolare nel Nuovo Testamento, spicca un uomo straordinario.
Egli si rese disponibile a farsi guidare dallo Spirito Santo che lo spinse a
compiere alcuni degli atti che cambiarono il corso della vita della nascente
Chiesa, cominciando da quella locale in Gerusalemme.
Stiamo parlando di “Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba”
(At 4:36a).
In realtà Barnaba era un soprannome con diversi significati:
·
alcuni credono che possa significare “Figlio dell’esortazione, o della
consolazione” (Atti 4:36b),
·
altri traducono il suo significato dall’aramaico
“bar nàbìah” che significa “figlio
del profeta”;
·
altri ancora ritengono sia piuttosto la traduzione di un nome pagano, di
derivazione babilonese, reso con “figlio del dio
Nabu” (lo stesso dio presente nella radice del nome del re
Nabucodonosor).
Il soprannome di Barnaba “Figlio dell’esortazione” con cui era
conosciuto tra i credenti non era casuale, e nemmeno gli era stato assegnato
dagli apostoli per una certa simpatia, ma perché probabilmente manifestava
costantemente nella sua vita atteggiamenti di consolazione e
d’incoraggiamento, che sono il reale significato del suo soprannome.
Questa attitudine, l’incoraggiamento,
non era l’unica nota positiva di questo straordinario credente, infatti,
Luca nel libro degli Atti, lo descrive come “un uomo dabbene, e pieno
di Spirito Santo e di fede”.
Con la guida dello Spirito Santo, cercheremo di conoscere meglio questo
testimone del quale la Scrittura ci ha trasmesso la conoscenza, con
l’intento di raccoglierne l’esempio che ci ha lasciato, nello stesso modo in
cui lui avrà sicuramente osservato e seguito il “perfetto esempio di
incoraggiamento”, cioè la figura e la persona del Signore Gesù Cristo.
Barnaba era un ebreo, della tribù di Levi, ed era nativo dell’isola di
Cipro, allora sotto dominio greco.
La storia biblica, nel libro degli Atti, ce lo presenta la prima volta a
Gerusalemme, pochi momenti dopo la morte e la resurrezione del Signore Gesù
Cristo.
Fonti antiche riferiscono che Barnaba, chiamato apostolo più volte dal libro
stesso degli Atti pur non appartenendo ai dodici, fu addirittura uno dei
settantadue discepoli di cui si parla negli Evangeli.
Il suo primo atto ricordato nella Parola è un gesto di generosità e di
altruismo per i “fratelli credenti”
più poveri dell’allora neonata chiesa di Gerusalemme:
Egli era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l’importo
deponendolo ai piedi degli apostoli (Atti
4:37).
Barnaba fece ciò con vero amore e volontariamente, seguendo l’impulso della
“grazia” e ripieno dello Spirito Santo.
Non sappiamo se il suo slancio fu conseguente al conoscere i bisogni della
chiesa a Gerusalemme, che stava attraversando una situazione critica dal
punto di vista economico a causa delle persecuzioni.
Forse era necessario che chi avesse delle disponibilità le mettesse in
comunione, ad esempio anche per il bene della testimonianza ma non ne
abbiamo la certezza; oppure la spinta era derivata da una scelta personale,
o addirittura collettiva, di avere ogni cosa in comune.
Egli mise in pratica i comandamenti ricevuti dal nostro “maestro
divino” e che sono indicati molto bene dall’apostolo Giovanni (ancora
prima che Giovanni li scrivesse):
Ma se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede il suo fratello nel
bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l’amore di Dio essere in lui?
(1
Giovanni 3:17)
Luca, nel seguito del libro degli Atti, aggiunge a questa primo cenno del
carattere e della persona di Barnaba altre informazioni utili, e così lo
descrive come “un uomo dabbene, e pieno di Spirito Santo e di fede”
(cfr Atti 11:24), ed è grazie a queste qualità che la sua autorità nella
chiesa locale di Gerusalemme cresce, e di questa autorevolezza ben presto ce
ne sarà bisogno.
Infatti, in quel periodo poco tempo dopo la Pentecoste, i cristiani di
Gerusalemme sono in apprensione perché in città era tornato Saulo da Tarso,
conosciuto da tutti come un fariseo zelante, nonché un persecutore spietato.
Saulo (Paolo) arrivò a Gerusalemme, dopo aver messo in subbuglio Damasco a
seguito della sua conversione e predicando nel nome di Gesù.
Paolo era in una situazione difficile, non era più dei Giudei, dai quali si
era dissociato; non era ancora della Chiesa, che di lui diffidava:
Paolo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi con i discepoli, ma tutti
avevano paura di lui, non credendo ancora che fosse un discepolo”
(Atti 9:26)
Barnaba vide questo “novizio” e
chissà cosa avrà pensato di lui, della sua fama terribile, e che dire poi
della sua conversione?
E se fosse tutto un trucco per distruggere la chiesa di Gerusalemme
dall’interno?
Questi interrogativi avranno riempito la testa di Barnaba, e non sappiamo
cosa poi gli fece cambiare idea.
Dalla sua storia personale successiva sappiamo che non era un tipo
facilmente influenzabile, e quindi cosa successe?
La capacità di ascoltare di Barnaba
è stata importante, sia nell’ascoltare le indicazione dalla Parola di Dio,
sia nell’ascoltare ciò che questo credente aveva da dire.
Era disponibile
non solo a ricevere un “uomo di nessuno”, ma si rese disponibile
anche ad ascoltarlo; d’altronde la Parola lo dice: “sia ogni uomo pronto
ad ascoltare…” (Giacomo 1:19).
Quello che accadde fu che Barnaba fu l’unico che ascoltò Paolo e gli
credette, mettendo in gioco il suo onore, e si diede da fare perché gli
fosse dato credito e affinché fosse accolto nella Chiesa:
Allora Barnaba lo prese con sé, lo presentò agli apostoli e raccontò loro
come durante il viaggio aveva visto il Signore che gli aveva parlato, e come
in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù”
(Atti 9:27)
Barnaba “garantisce” per lui, basta la sua parola, ed infatti: Saulo, che
poi si chiamerà Paolo, poté stare con loro e andava e veniva a
Gerusalemme, parlando apertamente nel nome del Signore. (cfr Atti 9:28)
È bello vedere come Barnaba prese con sé Paolo, esattamente come qualche
anno più tardi Aquila e Priscilla presero con loro Apollo per esporgli
più approfonditamente la via di Dio (cfr Atti 18:26).
Personalmente trovo in Barnaba e in Aquila e Priscilla lo stesso sentimento
amorevole nei confronti di un loro fratello “bisognoso” di cure e protezione
e consolazione e poi di sostegno, e di incoraggiamento.
Barnaba aveva una qualità meravigliosa, purtroppo molto rara intorno a noi,
ma che credo sia ancora oggi molto importante, egli sapeva INCORAGGIARE:
sempre, comunque, senza se e senza ma!!
Barnaba a ragione possiamo dire fosse appartenente al gruppo di coloro che
sanno “scoprire” e vedere il bene
che germoglia, anche se i segnali di vita di quel bene sono quasi
inesistenti.
Persone così sanno avvertire, “spiritualmente parlando”, la spinta alla
crescita anche quando il germe è ancora sottoterra, nascosto e improduttivo.
Sanno vedere aldilà del presente e del contingente, che a volte è fatto di
pochezza e miseria, ma come fece il Signore con Pietro sanno che Satana
chiede di vagliare i credenti ma essi pregano affinché la fede di questi
“bisognosi” non venga meno durante la prova (cfr Luca 22:31-32).
Un altro aspetto importante di Barnaba è che invece di dissodare e lavorare
i terreni per le “proprie”
ambizioni (o aspirazioni o fini o obiettivi), si dimostrò capace di
evidenziare e mettere in risalto il bene negli altri spingendoli a
germogliare e crescere, e partecipando attivamente ad attività comuni senza
porsi il problema dei “meriti”.
Persone come Barnaba (e prima di lui Pietro, e successivamente Paolo) furono
a pieno titolo credenti che, qualcuno, ha chiamato le “levatrici” della
chiesa, cioè del popolo di Dio, che lo Spirito di Dio stava generando.
Barnaba è una figura di primo piano nella fervente comunità cristiana
fiorita a Gerusalemme, dopo la Pentecoste,
Era sicuramente preparato, uomo dotato spiritualmente e adatto a compiere
grandi cose nell’opera di Dio.
Nulla in lui era casuale, né il suo amore, né il suo offrirsi agli altri, né
la sua disponibilità a spendersi, né la sua prontezza a farsi da parte.
Egli era un uomo che viveva ciò che aveva nel cuore, e che predicava ciò che
viveva.
La sua descrizione scritta da Luca: un uomo dabbene, e pieno di
Spirito Santo e di fede, è un dipinto meraviglioso delle sue
qualità.
Era un uomo dabbene,
cioè buono.
Ma di quella bontà che viene ed è prodotta da Dio stesso, perché “uno
solo è il Buono” (cfr Matteo 19:17)! Egli
rispecchiava il suo Dio e lo manifestava intorno a sé.
Era ripieno di Spirito Santo e di fede.
Credo si possano trovare qui, in questi tre aspetti, il segreto della vita
straordinaria di questo uomo di Dio:
·
Lo Spirito lo guidava,
·
la fede lo sosteneva
·
la bontà era la mano di Dio in lui “tesa” verso gli altri.
Erano queste le qualità necessarie per sostenere i gravosi compiti e
combattimenti insiti nel “mandato”.
La Scrittura, proprio volendo presentare le sue “qualifiche”
per quest’opera lo chiama apostolo, in senso
generale, per ben tre volte (Atti 14:4,14; 1 Corinzi 9:5-6).
La sua disponibilità non era rivolta solo verso i bisognosi tra i suoi
fratelli, ma si allargava anche a “chi”
aveva il più grande “bisogno” e,
cioè, quello di conoscere l’Evangelo la salvezza eterna in Cristo Gesù.
Al tempo della dispersione (la migrazione forzata dei Giudei da Gerusalemme
a causa della persecuzione) avvenne che la predicazione dell’Evangelo avesse
risultati straordinari, anche grazie alla prima grande evangelizzazione dei
Gentili, in Antiochia che a quei tempi contava circa 500.000 abitanti.
Non avrà quindi esitato a seguire l’invito della Chiesa e degli apostoli di
andare a “dare una mano” proprio
ad Antiochia (cfr Atti 11:22-26).
Anche in questa occasione Barnaba ci dà un bell’esempio
di ubbidienza e sottomissione.
Avrebbe potuto rimanere a Gerusalemme, dove viveva, ma egli preferì
“ubbidire a Dio” partecipando al piano del suo Signore.
Da Gerusalemme ad Antiochia
Arrivato sul posto, Barnaba avvertì immediatamente che quello era un terreno
adatto alla semina della Parola di Dio, e che questa semina era solo
all’inizio!
Così “da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede, si
rallegrò ed esortava tutti a
perseverare con cuore risoluto nel Signore” (Atti 11,23-24: si noti
l’allusione al suo soprannome nella menzione della sua azione di
“esortare”).
Barnaba era un uomo virtuoso, cioè pieno di virtù spirituali e con una fede
capace di reagire alle indicazioni dello Spirito Santo.
Barnaba “partì alla volta di Tarso per cercare Saulo e, trovatolo, lo
condusse ad Antiochia” (Atti 11:25-26).
Rimasero insieme per un lungo periodo in quella comunità ed istruirono molta
gente e, dopo un anno di lavoro per mezzo dello Spirito Santo, vi furono
così tante conversioni da far notizia, come si direbbe oggi in gergo
giornalistico.
Fu proprio lì, “ad Antiochia, che per la prima volta i discepoli furono
chiamati cristiani” (Atti 11:26).
Spesse volte proprio l’apostolo Paolo più avanti avrebbe fatto riferimento
all’importanza e all’utilità della “formazione”
dei credenti, e sappiamo che è questa una grossa spinta alla crescita sia
personale che comunitaria (cfr Filippesi 1:9 e Colossesi 1: 9 a 11).
Da Antiochia “insieme” verso il mondo intero
Ad Antiochia matura il piano per una missione in terra pagana, diretta
anzitutto alle comunità ebraiche, ma che poi si aprirà a tutti. Barnaba e
Paolo sono designati all’impresa (Atti 13:2) direttamente dallo Spirito
Santo.
Essi avevano con loro, come aiutante, un giovane indicato all’inizio come
“Giovanni detto Marco”, cugino di Barnaba, che secondo antiche
tradizioni cristiane sarà poi l’evangelista Marco.
Durante il primo viaggio missionario la guida dell’evangelizzazione ai
Gentili passò da Barnaba a Paolo.
Questo primo viaggio missionario tocca Cipro e una parte dell’Asia Minore e
portò grandi frutti spirituali ma anche fatiche, lotte e patimenti ai due,
che vennero puntualmente riportati alla chiesa che li aveva mandati al loro
ritorno, non solo per informarla ma per dare modo alla chiesa di gioire
rendendo grazie a Dio, e vedendo il frutto delle loro preghiere. (Atti
14:27).
Ad Antiochia di nuovo, poi a Gerusalemme
Durante la pausa tra il primo e il secondo viaggio missionario i due
testimoni non rimasero con le mani in mano. E come avrebbero potuto due
uomini del calibro di Paolo e Barnaba?
Fu un lungo tempo quello trascorso ad Antiochia, sempre pronti a predicare e
a lavorare per il Signore, ma ad un certo punto fu necessario mandarli a
Gerusalemme (verso l’anno 49) per la necessità di dirimere una questione
apparentemente pratica, ma che in realtà aveva a che fare con la sana
dottrina.
Qualcuno stava insegnando che se un credente non giudeo non si faceva
circoncidere non poteva essere salvato.
Si riteneva fosse necessario per costoro un passaggio “di
transizione” dal paganesimo attraverso il giudaismo e le sue osservanze,
per arrivare alla salvezza.
Questo punto di vista aveva creato discussioni, tant’è
vero che si era deciso di indire un “concilio”
proprio a Gerusalemme per discutere e dirimere la questione visti i diversi
punti di vista in contrapposizione.
Paolo e Barnaba furono incaricati, assieme ad altri due delegati Giuda detto
Barsabba e Sila meglio noto come Silvano, di
riportare le decisioni di quell’ incontro ad
Antiochia (Atti 15:22).
È da ricordare che l’allora Antiochia di Siria (ora in Turchia) era una
metropoli cosmopolita con una presenza importante e viva di cristiani in
costante e forte crescita.
Dopo il ritorno Paolo e Barnaba ritornarono alla loro abituale occupazione
nella chiesa, e cioè essi erano impegnati “insegnando
e annunciando la Parola del Signore” (Atti 15:35).
Da Antiochia “separati” verso il mondo intero
Ma la consacrazione iniziale ricevuta dallo Spirito Santo non poteva
rimanere “ferma” in quella città,
e così nuovamente Paolo propose di ritornare nelle chiese visitate, “per
vedere come stavano i credenti” (Atti 15:36).
Che bell’attenzione verso i loro fratelli, e
soprattutto che testimonianza dell’atteggiamento del vero
incoraggiatore che già si trovava anche in
Paolo.
Non era bastato loro di portare i fratelli lontani alla conoscenza
dell’Evangelo, e neppure nello spingerli alla salvezza, dando loro i primi
elementi della Parola.
Erano tante le spinte contrarie all’Evangelo, le passioni a cui il mondo li
sottoponeva e l’istinto del Signore Gesù abitava anche in Paolo e Barnaba,
per cui era necessario andare a consolare e “corazzare”
quei cari.
Il motivo del secondo viaggio missionario, che doveva vedere partire i due,
era semplice perché credo che entrambi avessero nel cuore e nella mente
un amore per quelle comunità che essi “per mezzo del Vangelo avevano
generato nel Signore Cristo Gesù” (1 Corinzi 4:15; 1 Tessalonicesi
2:7-8; 2 Corinzi 6:13).
Un amore che li portava quotidianamente a vivere “l’ansia
per tutte le chiese” (2 Corinzi 11:28), perché nel loro cuore
risuonavano i gemiti, i problemi, i dolori di tutte le comunità che vogliono
vivere in Cristo Gesù.
Mosso da quest’ansia apostolica proprio Paolo
disse a Barnaba: “Torniamo a visitare i fratelli in ogni città in cui
abbiamo annunziato la parola del Signore, per vedere come stanno” (Atti
15:36).
Lo scopo principale di questo secondo viaggio era proprio il desiderio di
rimettersi in contatto con quelle comunità da loro fondate, per
conoscerne lo stato reale in cui si trovavano, per stimolarle a crescere
maggiormente nella fede e nella carità, ed infine per rafforzare i legami di
intimità di queste comunità con la Chiesa che aveva contribuito alla loro
evangelizzazione.
L’ansia apostolica di Paolo fu subito condivisa da Barnaba ma un piccolo
dettaglio si frappose ed impedì che i due apostoli intraprendessero insieme
questo nuovo viaggio insieme (Atti 15:39).
Ritornando a lui, al nostro fratello Barnaba vediamo come fu pronto alla
spinta di partire per un secondo viaggio e prese, come compagno, Giovanni
Marco e, seguendo l’itinerario del primo viaggio, salpò per Cipro (Atti
15:39).
È l’ultima notizia
che gli Atti ci danno di questo grande apostolo della Chiesa primitiva.
In realtà ci fu un altro litigio tra Paolo e Barnaba:
Quando Pietro arrivò ad Antiochia, trovò Barnaba che, per non perdere i
tradizionalisti della comunità, si era messo assieme a lui a seguire ancora
le prescrizioni antiche dando l’impressione di appoggiarle.
Paolo senza mezzi termini li definì “ipocriti” (Galati 2:11-14).
Ovviamente, e come in ogni caso, la Parola non nasconde qualche lato “grigio”
o umano della personalità di questo grande uomo di Dio.
In quell’occasione non ubbidì alla voce dello
Spirito Santo, ma preferì piuttosto seguire l’influsso religioso di altri, e
così si astenne dal mangiare con i Gentili (Galati 2:13).
Questo dimostra che anche i grandi uomini di Dio, proprio perché uomini sono
sottoposti alle passioni e alle tensioni umane come altri, e possono cadere
quando non si lasciano guidare dallo Spirito Santo, e quando non vegliano
sulla loro vita.
Il seguito della storia …
In Paolo il ricordo del suo “incoraggiante”
amico rimase comunque talmente vivo e forte tanto che in ogni occasione
possibile lo mandò a salutare.
Tempo dopo, e probabilmente dopo essersi riconciliato anche con Giovanni
Marco, scrivendo sia ai Colossesi che a Filemone manda infatti i saluti
anche “di Marco” (e ai Colossesi precisa: “il cugino di Barnaba”).
Inoltre nella prima lettera ai Corinzi, l’apostolo ricorda che anche Barnaba,
come lui, si manteneva col suo lavoro (1 Corinzi 9:6).
Oggi c’è bisogno di uomini e donne come Barnaba nella Chiesa
Abbiamo visto come Barnaba fosse un uomo dedito all’incoraggiamento e alla
consolazione.
Barnaba era l’uomo dell’incoraggiamento e con il desiderio di recuperare
tutti e sempre, ed era così chiaro questo dono che i credenti avevano
perfino dimenticato il suo nome originario, Giuseppe, tanto era noto per
questa sua dote.
Sapeva vedere il bene, credeva al cambiamento nelle persone, dava fiducia.
Tutti noi credenti dovremmo cogliere il segreto, la sorgente del suo modo
diverso di “vedere e guardare” gli altri.
Questo modo di essere “amorevole”
è semplicemente un dono di Dio.
Persone come Barnaba non ambiscono a far “successo”
o “carriera” in ambito
spirituale.
Sono così innamorate della verità che, scoprendola, ne gioiscono e vogliono
farne parte agli altri senza tenere nulla per sé.
Consapevoli di essere creature, trovano normale che Dio sia pronto a
stupirle ad ogni angolo.
C’è bisogno di Barnaba nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie, ed è
fuori di dubbio che anche tra marito e moglie l’incoraggiamento è qualcosa
di fondamentale.
Oggi molti vogliono essere uomini o donne “di
punta”, ma pochi trovano gioia nell’incoraggiare e promuovere gli altri,
sapendo quando è il momento di andare a “mettersi
accanto” e poi disponibili anche “a
stare dietro” spingendo avanti gli altri, soprattutto nella (e con ) la
preghiera.
La preghiera, l’esempio e la disponibilità all’insegnamento sono ancora oggi
i potenti mezzi che Dio vuole usare, ma vogliamo essere usati noi da Dio per
il bene?
Il miglior bene che possiamo fare agli altri è pregare per loro!!
Abbiamo bisogno più che mai di Barnaba, di persone pacificate dentro, senza
ambizione gerarchica, forse con qualche svarione, non perfette, ma
persone che fanno “respirare” le
chiese, che danno coraggio ai giovani o ai deboli nella fede, che promuovono
il bene, e che sanno vederlo dove è magari appena germogliato.
Ci vuole un po’ di Barnaba in ogni anziano, in ogni responsabile, in ogni
genitore, in ogni credente!
Che il Signore ci dia di veder morire dentro di noi i virus dell’invidia e
della gelosia, veleno proveniente dal serpente antico e “uccisore”
delle comunità!
Che il Signore faccia quotidianamente “seccare”
la radice dell’egoismo che ci impedisce di vedere Dio all’opera nel mondo
anche attraverso gli altri!
Possiamo anche noi cominciare adesso a crescere tendendo verso l’esempio
perfetto del Signore Gesù Cristo.
C’è bisogno di dare fiducia e incoraggiamento oggi intorno a noi, seguendo
il più grande esempio che abbiamo davanti a noi, e cioè quello del Signore
Gesù Cristo.
Che ciascuno di noi possa essere definito e ricordato come:
“un uomo dabbene (buono),
e pieno di Spirito Santo e di fede”.
C’è bisogno di fratelli che, accantonato il desiderio di emergere, si
impegnino in un ministerio di incoraggiamento degli altri, risvegliando e
valorizzando doni trascurati.